la Lista
Pov Isabella/2013
Camminavo in quella foresta, da quasi un giorno, più o meno, Elijah mi precedeva ed ero contenta di avere lui come compagno di viaggio, perché probabilmente sarei uscita di testa in caso contrario.
Stavamo andando dai Cullen, così erano i patti, dopo che avevo spezzato l'osso del collo a quella loro amichetta rossa, Victoria.
Io dovevo "pentirmi" e finché non avessero deciso che non ero "perdonata" non sarei uscita da quel loro territorio.
Sbuffai nervosa, i Cullen non mi piacevano per nulla, tanto meno Carlisle, dopo che avevamo avuto una storia di mezzo tra il 1901 e il 1907.
Momentaneamente non me ne importava più nulla, né di lui, né del mondo. Certo nel '21 avevo spento i sentimenti ma chissene frega, vivo da troppo tempo, per poter star male per ogni idiota che mi capitava a tiro.
Quando la foresta iniziò a diradarsi, mi trovai a quasi mezzo chilometro dalla casa di quel clan di vampiri. Si erano situati in quello sputo di città nella penisola Olimpica, a un bel tot di chilometri dall'ultima città decente di quello stato di Washington, Fork che stava a qualche decina di chilometri dal Canada. Arrivati alla casa notai aspetti banalmente tipici di quel XXI secolo.
Vetrate di legno oscurate solo dalla parte interna, con più piani, alcuni ammezzati e alcuni no, con terrazze e anche un grosso sottotetto probabilmente usato come soffitta.
Mi ricordava casa mia ... casa mia, per quanto fosse più grande di quella e probabilmente molto più baroccata, mi dava la sensazione sempre più persistente che in quel secolo la linea guida fosse quello della fine del 1800, solo con più stile semplicistico.
Pensai che magari quando fossi riuscita a togliere di mezzo tutti quelli della mia lista, avrei potuto cercare io pure una casa simile, solo per sostituire a vecchi ricordi di casa mia, dei nuovi. Ma non mi persi in sentimentalismi, soprattutto perché di sentimenti, non ne avevo proprio più.
Elijah mi prese per mano, baciandomi su una guancia.
-verrò a vedere come va tra una settimana, più o meno, tu comportati bene Isabella, ti scongiuro-
Annuisco sospirando, mentre ormai siamo alla soglia. Mentre bussa guardo il mio riflesso sul vetro:
Gli stessi capelli castani che mi portavo dietro da troppo, dell'Ottocento sarebbero stati intrecciati in fini treccioline per poi affluire in altre e poi unirsi in una complicata acconciatura. Sarebbe stato scandaloso girare come giravo in quel momento; capelli sciolti che arrivavano quasi alla vita e nulla per nasconderli minimamente, vedermi coi capelli sciolti sarebbe stato diritto solo dell'eventuale marito, ma in quel ventunesimo secolo non c'era più né la dignità, né il pudore, né la depravazione cercando Dio e il suo perdono.
Gli occhi come al solito erano scuri truccati in modo raffinato, per farmi sembrare più incisiva e cattiva, anche se da soli qualcuno li avrebbe trovati quasi dolci e per questo li odiavo.
Portavo la mia camicia verde di seta cinese, sempre la stessa dal 1911 e dei jeans, altra cosa che hai miei tempi, sarebbe stata decisamente mal vista, le donne come me solo pompose gonne dai colori brillanti dovevano portare, se gli si scopriva anche solo una caviglia, era già considerata una oscenità. Ma quei jeans mi andavano a genio, c'era libertà di movimento e non ci volevano tre persone, per aiutarmi a infilarlo o anche solo legarlo. Niente cerimonie quel giorno, solo tacchi a spillo 15 che la gente etichettava da "sadomaso".
Ma me ne fregavo bellamente.
Ci venne ad aprire la dolce mogliettina del mio ex, della quale non conoscevo il nome né le qualità.
Nella mia lista nera, suo marito, Carlisle c'era, e la morte della rossa era solo un "danno" collaterale alla riuscita dell'intento.
Entrai con sdegno preceduta da quella e seguita da Elijah che probabilmente non mi staccava gli occhi di dosso. I miei tacchi alti risuonavano sul parquet chiaro e captai dal piano di sopra movimenti irrequieti a discapito di ciò.
Mi fecero sedere su una poltroncina di velluto e accavallai subito le gambe, alzando i sopraccigli con aria divertita e così disegnai sul mio volto un sorrisetto che chiarisse ciò. Ero divertita da come si stava mettendo la cosa, ero nella casa dell'uomo che volevo togliermi dalla coscenza, con il compito di restarci per chissà quanto tempo.
Ero faccia a faccia col figlio al prodigo, del quale non ricordavo né il nome né se fosse del mio vecchio amichetto o della innocente mogliettina che tanto innocente, in quel caso non sarebbe stata.
Si siede Carlisle e sorrido.
-perché Lizie?- mi chiede e mi scappa un ringhio cupo.
-non chiamarmi "Lizie"- ammonisco. -io ti ammazzo-
Lui deglutisce dando a ben vedere la sorpresa di ciò.
-te lo ho detto che te la avrei fatta pagare, la colpa è tua, io mantengo sempre la parola data, è indole della mia educazione-
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