CAPITOLO 6
Strabuzzai gli occhi in cerca di una qualunque alternativa valida. Non poteva essere davvero il principe! Non potevo davvero aver dato un calcio al futuro re!
Quasi mi venne da ridere per tutta quella situazione surreale, ma riuscii a contenermi.
Ritornai in me quando Patricia si schiarì la voce. «Signori, oggi non solo affronterete l'ultima prova per il lavoro da guardia del corpo, ma verrete anche osservati attentamente da Vostra Altezza, il quale vi giudicherà in base alle vostre prestazioni.»
Nessuno fiatò, nemmeno Robinson. Tutti erano concentrati sul principe. Ad alcuni tremavano le mani e sudavano già da prima di iniziare il combattimento. La tensione era palpabile, dopotutto non accade tutti i giorni di essere giudicati da un principe.
Be' se avessi anche avuto solo una piccola possibilità di vincere il torneo e di diventare bodyguard, sarebbe sfumata ora che sapevo che il tizio a cui avevo dato un calcio e che avevo sfidato in un corridoio, era il giudice della competizione, nonché la persona alla quale dovevo dare la mia vita, sempre se avessi vinto, certo.
Le possibilità di una vittoria, adesso, erano pari a zero.
Non appena mi avesse visto in volto, mi avrebbe scartata senza ripensamenti... oh, e poi mi avrebbe incarcerata immediatamente dopo aver capito che ero la stessa persona della festa.
Accidenti a quella festa!
Poteva darsi che non mi riconoscesse, ma quanta fortuna avrei avuto?
Sicuramente avrebbe fatto due più due ed eccomi dietro le sbarre della più piccola e più deplorevole cella...
Provai a scacciare i terrificanti pensieri del mio cervello e a concentrarmi sulla situazione: il principe e la sua guardia del corpo si misero da una parte e dopo la signora Johnson disse di posizionarci in fila così che la bella "statuina" potesse constatare il primo a dover affrontare la prova.
Grandioso! Avrebbe dovuto decidere anche l'ordine!
Mentre ci disponevamo in fila in modo che lui potesse guardarci, cercai di abbassare la testa e di nascondere il viso meglio che potevo, ma ovviamente il suo sguardo si soffermò subito su di me.
Mi guardò sorpreso e per un momento mi parve confuso, ma poi mi fece un sorrisetto malizioso e capii subito di essere spacciata.
«Vorrei che ad iniziare fosse quel ragazzo al centro. Quello più magro e basso di tutti.»
«Signor Allen, puoi fare un passo avanti per favore?»
«Certo» strinsi i denti e pregai che andasse tutto bene.
«Bene signor...» domandò quella specie di principe.
«Ethan... Ethan Allen.»
«Sei certo di poter gareggiare? Non mi sembri particolarmente muscoloso o altro.»
Mi guardava con quel sorriso che gli avevo visto altre volte e mi venne il voltastomaco. Davvero arrogante!
I suoi occhi scuri mi scrutarono attentamente, ma io non mi sentivo per niente intimorita.
Sostenni il suo sguardo mentre replicavo: «Non vi preoccupate, Vostra Altezza, so quello che faccio».
«Ma davvero? Quello è un taglierino o per caso è la mia vista che ha problemi?»
Lo fulminai con lo sguardo e sbuffai.
«Avete visto benissimo, Altezza. Ho scelto apposta il taglierino, lavoro meglio con gli oggetti piccoli e affilati.»
Naturalmente mentivo, ma di certo non avrei ammesso a lui che me lo ero ritrovato come unica arma.
Sentii gli altri ridacchiare sottovoce.
«Benissimo allora. Signor Allen, procedi pure con la dimostrazione.»
Sussurrò qualcosa al suo compagno, ma non recepii niente del dialogo perché ero troppo concentrata sui trenta tizi che stavano appena entrando.
Erano tutti alti e possenti, portavano in mano almeno due pistole e nella cintura quattro coltelli. Avevano in volto una maschera ed erano tutti quanti vestiti di nero.
Perché avevano il viso coperto? E perché avevano tutti almeno sei armi?
Faceva parte della prova? Come avrei potuto sconfiggerli con un semplice taglierino?
Provai a rilassare i muscoli e a stabilizzare il respiro che intanto si stava facendo più forte. Rammentai tutti gli insegnamenti che avevo acquisito quando facevo la scuola di arti marziali.
«Quindi, Patricia... sono questi gli esperti? Non avevi detto che dovevano portare un'arma ciascuno?» mormorò il principe.
Patricia, però, si era irrigidita e stava tremando. Negli occhi le balenò una sorta di paura. Non rispose al principe, ma si buttò a terra, mettendosi le mani sopra la testa. Che cosa significava?
Prima che potessi capirci qualcosa, quelle persone iniziarono a sparare in aria e le armi non sembravano poi così finte.
Rimasi paralizzata al mio posto; questi tizi misteriosi dissero: «A terra! O spariamo!»
Se questa era la prova, erano stati davvero bravi a costruirla perché pareva veramente realistica.
Tutti si inginocchiarono immediatamente, tranne me. Che facevano? Così avrebbero perso. Nessuno mi prestò la minima attenzione.
La guardia del corpo del principe intervenne subito, mi superò con un balzo e iniziò a combattere contro di loro.
Era veramente bravo: con la spada riusciva a farli arretrare e a farli cadere.
Era sangue quello?! Vero sangue?!
Uno di loro, con passi lenti, riuscì a non farsi vedere dalla guardia e si avvicinò al principe mentre quest'ultimo stava cercando di scappare. Era orribilmente spaventato. Provò a contrattaccare, ma quello gli puntò un pugnale alla gola.
«Fermo! Altrimenti lo uccido!» si rivolse al bodyguard.
La guardia del corpo si bloccò con le mani in alto. In quel momento capii che tutto quello che stava succedendo non era una recita o una dimostrazione di alcun tipo. Era la realtà. Dei tizi stavano minacciando seriamente il Principe Ereditario.
Da lì in poi si mosse tutto velocissimo: un secondo attentatore andò dietro al principe e lo incitò a muoversi, puntandogli una pistola alla testa; nel mentre capitava questo, io avevo in testa un turbine di pensieri. Che cosa potevo fare? Be', di sicuro non avevo la possibilità di rimanere a ragionare perché a breve il principe sarebbe morto; così, guardai per una frazione di secondo il taglierino e senza ripensamenti lo scagliai al cuore di quello con la pistola. Ci misi molta forza e incredibilmente l'arma si conficcò perfettamente nel cuore, facendolo cadere a terra.
In tre secondi mi ero lanciata nel combattimento insieme agli altri che intanto si erano alzati. Dovevo arrivare al principe prima che quel tizio gli tagliasse la gola di netto. Mi feci strada fra le persone, atterrando quanti più possibili attentatori. Adesso non mi consideravano poi così tanto un rammollito. Nella confusione non vidi Robinson, ma non ci feci molto caso perché dovetti dare un pugno a un tizio.
Evitai un paio di pallottole e con qualche mossa precisa arrivai davanti a Sua Altezza. Lui mi guardò perplesso e allo stesso tempo sollevato. Comunque, non potei stare molto a guardare la sua reazione perché il tipo mi urlò: «Fermo! Altrimenti lo ucciderò davanti ai tuoi occhi».
Facevano dei passi indietro in modo da allontanarsi sempre di più. Sicuramente gli attentatori non si aspettavano che andasse a finire così. Credevano che sarebbe stata un'operazione facile.
Osservai i dintorni in cerca di qualunque cosa che mi potesse aiutare a fermarlo. Diciamo che ero disperata, il cuore mi martellava nel petto e avevo i vestiti inzuppati di sudore e di sangue proveniente da alcuni tagli.
Alla fine, il mio sguardo si rivolse a Oliver che intanto stava combattendo contro cinque attentatori. Lui mi osservò per un secondo ed è come se ci fossimo parlati telepaticamente perché lui mi fece un impercettibile cenno col capo e poi mi lanciò un piccolo pugnale. Lo afferrai al volo e prima che potessi pensarci due volte lo lanciai, senza guardare, alla testa dell'attentatore.
Quello gridò ma dopo poco si afflosciò al suolo, perdendo la presa sul coltello. Il principe si liberò e mi venne incontro, ma prima che arrivasse, le guardie reali fecero irruzione e in breve circondarono Sua Altezza, portandolo al sicuro.
Io rimasi ferma al mio posto, ansimante ancora per lo sforzo. Mi tenevo fermo un braccio e solo allora mi resi conto di avere una profonda ferita da spada. Provai a toccarla, ma siccome mi faceva malissimo, smisi subito. Si stava già infettando e anche di brutto.
Improvvisamente mi sentii terribilmente stanca e scossa: come era possibile che ci fosse stato un attentato dentro il palazzo reale? E poi nel bel mezzo di una prova? Forse quei tizi sapevano che il principe avrebbe partecipato?
Facevo un grande sforzo per rimanere lucida e concentrata, ma ad un certo punto non ebbi più la forza di reggermi sulle gambe, figuriamoci di pensare logicamente!
La vista mi si appannò totalmente, cercai di fare qualche passo in avanti ma vedere era quasi diventato impossibile.
Infine, la mia visuale divenne tutta nera fino a farmi sprofondare nelle tenebre.
Mi risvegliai di soprassalto su una superficie morbida; il mio corpo era tutto indolenzito e il taglio nel braccio pulsava fortissimo. Mi chiesi se si fosse infettato o avvelenato perché, oltre a quello, anche altri parti del corpo mi bruciavano. Gli occhi erano iniettati di sangue, ma riuscii comunque a distinguere i contorni del giardino reale, ormai solo una distesa di corpi maciullati. A breve i soccorsi sarebbero arrivati e mi avrebbero portata in ospedale. A quel pensiero mi sentii leggermente risollevata, nonostante ciò, un'orribile consapevolezza si fece strada dentro di me: in ospedale sicuramente avrebbero scoperto il mio travestimento e quanto sarebbe passato prima di essere rinchiusa in una cella? No, non potevo rischiare tutto così. Dovevo andarmene il più velocemente possibile.
Mi sforzai di alzarmi e finalmente, dopo vari tentativi, mi rimisi sulle gambe un po' traballanti. Sputacchiai sangue sull'erba e feci alcuni passi. Dove sarei potuta andare conciata in quel modo? In strada la gente mi avrebbe vista e chi mi garantiva che non telefonassero alla polizia o all'ambulanza?
Ero fregata, ma non me ne preoccupai molto a causa delle enormi fitte alla testa. Cercai di camminare e di allontanarmi dal giardino; tuttavia, cascai più di una volta e alla fine ero così sfinita che non avevo neanche la forza per pensare. Il taglio continuava a sanguinare e la vista si appannava sempre di più. Non avrei potuto fare cinque passi, figuriamoci attraversare tutta la città e arrivare a casa.
In quell'istante mi arresi. Ero troppo esausta per elaborare un piano. Se mi avessero scoperta, pazienza. In quelle condizioni non potevo preoccuparmi anche del travestimento!
Stavo per morire. Me lo sentivo.
Ero sul punto di chiudere le palpebre e di abbandonarmi alla sensazione di sollievo che avrei provato una volta lasciato questo corpo, quando un paio di voci ovattate mi sopraggiunsero all'orecchio. Non sapevo cosa aspettarmi. Chi mi stava chiamando e scuotendo con così tanta violenza?
«Ethan! Ethan! Svegliati! Rimani con me!»
Un paio di occhi scuri mi stavano osservando. La figura aveva il viso corrugato ed era anche lui tutto sporco di sangue. In ogni caso, non vidi altro perché sprofondai di nuovo nell'oscurità.
...
Ripresi conoscenza lentamente. Mi sentivo decisamente meglio: la testa non mi faceva più male e anche il braccio era quasi del tutto passato.
Lo guardai. Era totalmente bendato insieme ad altre ferite più piccole.
Ero distesa su qualcosa di soffice, ma non capivo come ci fossi arrivata.
Dove mi trovavo? Chi mi aveva salvata?
La stanza era enorme, ero stesa su un letto a baldacchino e intorno a me c'era di tutto da un armadio a sette ante a una specchiera gigantesca. Non ero mai entrata in una camera di quelle dimensioni e con quei colori sgargianti. Era tre volte casa mia!
Provai a tirarmi su, ma una fitta enorme al capo mi fece desistere; dopotutto non ero guarita del tutto.
All'improvviso entrò dentro un uomo con un camice bianco. Presupposi fosse il dottore.
«Vedo che vi siete svegliato... signore.»
Dopotutto non avevano scoperto che ero una ragazza. Sospirai sollevata.
«D-dove mi trovo» la mia voce era leggermente roca e strozzata.
«Siete in una delle stanze degli ospiti del palazzo reale.»
Ero dentro il castello? Chi mi ci aveva portata?
Stavo per chiederlo, quando il dottore mi precedette, come se avesse capito la mia curiosità.
«Vi ha soccorso Sua Altezza Reale. Lui vi ha salvato portandovi qui ed è rimasto al vostro fianco per tutto il tempo, ma poi la regina lo ha richiamato per delle questioni urgenti.»
Davvero era stato lui a salvarmi? Per quale motivo lo aveva fatto?
Stavo per domandarglielo, ma per l'ennesima volta mi anticipò: «Avete riportato un brutto taglio al braccio destro. L'arma che vi ha trafitto era avvelenata. Per fortuna esiste un antidoto altrimenti avrei dovuto amputare tutto il braccio. Oltre a questo, avete numerose contusioni e una piccola commozione cerebrale. Il principe è arrivato giusto in tempo, un minuto in più in quelle condizioni e sareste morto».
Mentre parlava mi stava cambiando la flebo e il bendaggio alle ferite. Davvero l'arma era avvelenata? Avevo rischiato davvero tanto.
«Dottore... quando sarò dimesso?»
Non volevo restare un minuto in più in quella stanza, odiavo essere in debito con una persona tanto odiosa come il principe. Fra tutti, dovevo davvero essere salvata da Sua Altezza?!
«Oh... non lo chieda a me. Il principe vuole l'ultima parola.»
Ovviamente.
Prima che potessi replicare qualunque cosa, la porta della stanza si aprì di scatto e un ragazzo entrò quasi correndo.
Era vestito di tutto punto, portava un maglioncino a collo alto e un paio di pantaloni di velluto. Aveva i capelli tirati all'indietro e con gli occhi scrutò tutta la stanza fino a che il suo sguardo si posò su di me. Distolsi la vista imbarazzata.
«Dottore... non vi avevo espressamente detto di far venire qualcuno a chiamarmi quando Ethan si fosse svegliato?»
«M-mi dispiace, Altezza... ma vostra madre ha detto che-.»
«Non mi importa un'accidenti di quello che dice mia madre!» urlò.
La temperatura della camera si alzò. Faceva un caldo terribile.
«Per favore potreste lasciarci da soli?» si rivolse al medico, calmandosi un po'. Davvero arrogante.
«Certamente» si inchinò velocemente e se ne andò.
E così ero rimasta in compagnia del famoso Principe Ereditario, temuto da tutti per i suoi modi poco gentili e glaciali. Grandioso.
Come sarebbe potuto andare peggio di così?
Il principe si andò a sedere su una sedia lì vicina al letto; incrociò le braccia e le gambe. In tutto questo non aveva mai rimosso gli occhi da me.
Ci guardammo reciprocamente per alcuni attimi e poi lui ruppe il ghiaccio tanto velocemente da farmi prendere quasi un infarto. «Allora? Non devi dirmi niente?»
«Cosa dovrei dirvi?» cercai di tirarmi su, il tanto che bastava per guardarlo negli occhi.
«Non lo so... magari un grazie per averti salvato?»
«Non avevo bisogno di essere salvato.»
«Ah no? Forse ho visto male, ma mi sembravi leggermente svenuto sull'erba» aveva in viso un piccolo ghigno che sparì subito non appena controbattei: «Non lo so cosa avete visto, ma sicuramente merito un grazie dopo che vi ho soccorso da quei due attentatori».
Sembrava restio a pronunciare qualunque parola, così dovetti dargli un'ulteriore spintarella. «Diciamo anche che fossi svenuto sull'erba... ciò è avvenuto perché vi ho aiutato, o sbaglio? Se fossi rimasto in disparte, non mi sarebbe successo niente di male e voi non sareste dovuto intervenire.»
Scoppiò a ridere e non ne capii il motivo. La situazione era seria, come poteva fare così?
«Che c'è tanto da ridere?»
«Sei proprio bravo a rigirare le situazioni in tuo favore, eh? Comunque, ti concedo di non ringraziarmi. Per questa volta siamo pari.»
Io avevo rischiato tutto pur di salvarlo! Lo avrei dovuto dire io che eravamo pari!
Nonostante ribollissi di rabbia, ingoiai l'orgoglio e cambiai argomento. «Che fine hanno fatto gli altri candidati?»
«Sono ricoverati in ospedale. Stanno bene, non hanno riportato delle grosse ferite.»
Questo mi rincuorò un po'.
«Sapete per caso chi fossero quelle persone?»
«No, non ancora. I miei genitori stanno investigando.»
Pareva abbastanza sicuro delle proprie parole, ma qualcosa mi diceva che non stesse raccontando tutta la verità.
«Era sicuramente un attentato. Chi l'ha organizzato e perché?» domandai.
«E io che ne posso sapere? Ero lì con te!» divenne rosso per lo sforzo, ma comunque era rimasto una maschera imperscrutabile. Non avrei ricavato niente facendo così. Dovevo cambiare tattica.
«Avete certamente ragione... dopotutto siete stato quasi ucciso» si rilassò sulla sedia, tuttavia non avevo ancora finito. «Ad ogni modo, un dubbio mi sorge spontaneo... se davvero non sapete niente dell'origine dell'attentato, come mai vi ho sentito parlare proprio di questo qualche settimana fa con la vostra guardia del corpo? Ho sentito parlare di un certo magazzino andato a fuoco...»
Colpito e affondato! Il principe era rimasto senza parole. Apriva la bocca per poi richiuderla immediatamente senza emettere alcun suono.
Girò lo sguardo prima da me e poi a perlustrare la stanza e infine ritornò a me. Mi guardò di sbieco e dopo alcuni secondi mormorò: «E quindi hai origliato la nostra conversazione?»
«Be', non ho proprio origliato... diciamo che sono finito lì per caso e sono stato costretto a sentire. Questo non toglie il fatto che voi sapete più di quanto diate a vedere.»
«Potrei farti arrestare per aver origliato il principe, lo sai?» credeva di aver vinto, ma ancora non avevo tirato fuori la mia ultima carta.
«Potreste farlo, è vero... ma in tal caso come spieghereste la vostra presenza fuori dal castello a mezzanotte passata e per di più in una palestra di incontri clandestini?»
«Be', Ethan... niente da dire. Sei proprio bravo a incastrare le persone, peccato che il tuo piano abbia una piccola falla.»
«E sarebbe?»
«Che anche tu eri lì e in più ti ho trovato mentre uscivi dal bagno delle ragazze» pronunciò "uscivi" con parecchia enfasi come a sottolineare che avrebbe detto una bugia per salvarsi la reputazione perché pure lui era entrato nel bagno delle donne!
Che falso! Un doppiogiochista!
«E poi sai... non è il massimo dare un calcio al futuro re» mi osservò malizioso, aggiustandosi una ciocca che gli era sfuggita dal gel.
«Volete giocare sporco?!»
«Io?! Sei tu che hai iniziato.»
Mi sedetti sul letto, ignorando il capogiro. Non avrei mostrato alcuna debolezza davanti a un manipolatore.
«Quindi... signor Allen... è meglio che non provi a fare il furbo con me. Ricordati: ho sempre io il coltello dalla parte del manico. E per tua informazione io e Thomas non stavamo dicendo niente di importante... solo di un magazzino andato a fuoco. Ormai succede ovunque; perciò, non preoccuparti e riposati. Ne hai bisogno dopo il veleno.»
Ero rimasta in silenzio. Avrei tanto voluto strangolarlo e riportarlo in vita per poi rifarlo mille volte ancora.
Sua Altezza si alzò e piano si avvicinò alla porta chiusa, la aprì forte con entrambe le mani. Si affacciò fuori e pensai che finalmente se ne stesse andando, lasciandomi da sola, ma lui si girò a guardarmi con i suoi enormi occhi scuri come la notte ed esclamò: «Non appena sarai guarito, la signora Johnson ti aspetta per firmare il contratto».
Dato che io non replicavo, continuò: «Mi raccomando... tieni da parte i calci e la curiosità per i nemici».
Detto ciò, si dileguò, lasciandomi totalmente spiazzata.
Battei le palpebre più e più volte per assicurarmi che non fosse stato solamente un sogno; mi detti un pizzicotto sul braccio ancora incredula. Il dolore che provai mi fece capire che tutto questo era la realtà.
Mi avevano scelta fra centinaia di proposte. Avevo vinto! Avevo dimostrato a tutti che anche una donna era in grado di proteggere il Principe Ereditario.
Se non fossi stata attaccata a dei fili, avrei saltato per tutta la stanza; mi limitai a sprofondare sul letto, urlando dalla gioia e a muovere freneticamente braccia e gambe. Chiusi gli occhi e assaporai il momento in cui quelle 4000 monete d'oro sarebbero state in mio possesso.
Certo, avrei dovuto sottostare all'arroganza del principe, ma suppongo che non si potesse avere tutto nella vita. Sopportarlo sarebbe stato solo un piccolo ostacolo che mi separava da quei bellissimi soldi. Sentivo già il loro richiamo.
Non avrei mai pensato che quella giornata mi avrebbe portato dei vantaggi. Ripensando all'attentato... chi l'aveva organizzato? Perché qualcuno voleva uccidere il principe? Come mai sembrava che lui sapesse qualcosa ma che non osava rivelarmi? Per paura, forse?
Mentre riflettevo su queste domande, mi ritornò alla mente un piccolo particolare di quello scontro: ero intenta a disarmare alcuni attentatori e vicino a me vedevo gli altri candidati che cercavano di combattere, nonostante le ferite che gli venivano inflitte; avevo la vista coperta dal sangue che mi gocciolava da una ferita alla testa, ma in ogni caso avevo notato che Robinson non era fra i presenti. In realtà non lo vedevo da quando erano arrivati in giardino quelle persone.
Veramente strano.
Perché non era lì? Che avesse a che fare con quell'attacco? Be' non mi sarei stupita granché, dopotutto era un criminale. Ma perché lo avrebbe dovuto fare? Qual era il suo movente?
Non potevo assolutamente accettare che un truffatore mettesse a repentaglio la vita del principe e per quanto lo detestassi, niente e nessuno mi avrebbe fermata dal mio compito. Ne andava del mio lavoro. Se non l'avessi protetto a dovere mi avrebbero licenziata e addio 4000 monete d'oro. Per un po' lo avrei dovuto sopportare e assecondare; quindi, mi dissi di mantenere la calma ad ogni sua provocazione, anche se ci credevo poco anch'io.
Per quanto riguardava Liam Robinson, lo avrei smascherato a tutti i costi. Ora che lavoravo al castello sarebbe stato molto facile investigare e se Sua Altezza non avesse voluto rivelare niente, allora avrei scoperto da sola cosa nascondesse.
Soddisfatta per la notizia e decisa a fare giustizia una volta per tutte, mi girai da un lato del letto e piano piano mi addormentai col sorriso sulle labbra.
...
«Credevo che fossi morta!» esclamò Aileen, una volta che fui ritornata a casa per prendere le mie cose per poi trasferirmi a palazzo.
Il giorno prima avevo firmato il contratto con la signora Johnson malgrado non fosse particolarmente felice di questa situazione. Continuava a lanciarmi occhiatine furtive e ostili per tutta la mia visita e al momento della firma mi ripeté mille volte le clausole del contratto.
«Sapete che il contratto avrà validità per la vita? E se vi licenzierete, dovrete ripagare tutti gli stipendi versati.»
«Sì, ho visto. Ma non ho intenzione di licenziarmi.»
«Ci sono delle regole da seguire in quanto bodyguard, come quella di accompagnare il principe ovunque vada oppure rimanere di guardia fuori dalla sua porta anche per ore senza muoversi.»
«Ho visto anche quello. Non è un problema per me, davvero» finsi un sorriso per apparire calma, quando non lo ero affatto. Avevo letto il contratto e alcune regole mi sembravano inutili e insensate. Tuttavia, apparii estremamente sicura di me stessa e così Patricia smise di mettermi pressione. Sperava che avrei desistito, ma si sbagliava: non avrei mai rinunciato per niente al mondo, non dopo tutto quello che avevo sùbito per arrivarci!
Per il resto del tempo io e Patricia rimanemmo in silenzio, ma ogni tanto la scoprii che mi fissava per poi distogliere velocemente lo sguardo.
Ci salutammo con una stretta di mano fredda e ritornai nella stanza. Stavo molto meglio e infatti il giorno dopo andai a casa dove ad attendermi trovai mio fratello e la mia migliore amica, entrambi con espressioni preoccupate e accigliate.
«Pensavamo che fossi morta!»
Richiusi la porta e mi sedetti accanto a loro prima di rispondere. «Mi dispiace... non volevo che vi preoccupaste inutilmente.»
«Preoccuparci?! Alisa... ci hai fatto prendere quasi un infarto quando abbiamo sentito in televisione che durante l'ultima prova c'era stato un attentato e che non si conoscevano le condizioni dei candidati.»
«Lo so e mi dispiace per non avervi chiamato... solo che dopo tutto quello che era successo mi è proprio passato di mente.»
A quel punto Aileen fece una risatina isterica e si rivolse a Ethan: «Hai sentito, Ethan? Ad Alisa è passato di mente di chiamarci. E noi che abbiamo passato questi giorni a telefonare a palazzo per sentire le sue condizioni! La prossima volta non ci scomoderemo per cose come queste.»
«Ragazzi... avete ragione ad avercela con me. Ho sbagliato, ma non l'ho fatto apposta. Vi prego di perdonarmi. Vi prometto che non succederà più» sperai che non ci sarebbe stato bisogno di mantenere quella promessa.
Dopo una breve pausa ricominciai a parlare: «E comunque potevate anche chiamarmi, eh?»
«Pensi che non ci abbiamo provato?!» esclamò indignato mio fratello.
«Eri sempre irraggiungibile. Nessuno voleva dirci niente, ci ripetevano che erano informazioni riservate» aggiunse Aileen.
Mi sentii malissimo: loro erano stati in pensiero per me per tutti questi giorni, non sapevano dove battere la testa, mentre io ero rimasta comodamente stesa su un letto per giorni. Ero stata ferita e quindi ne avevo il diritto, ma in ogni modo mi sentii in colpa per non avergli almeno detto che stavo bene.
«Come stai?» mormorò Ethan.
«Sto bene ora... mi sono procurata solo qualche graffio» dissi felice per il cambiamento del discorso.
Evitai di aggiungere che ero stata avvelenata e che avevo avuto una piccola commozione cerebrale, oltre ai numerosi tagli e lividi.
«Come mai c'è stato un attacco? Che cosa volevano quei tizi da voi?»
«Probabilmente desideravano uccidere il principe. Era lui il vero bersaglio dell'attentato.»
«E come lo sai?» replicò Aileen con voce inquisitoria.
Non potevo più nascondere quello che era successo e quindi gli raccontai per filo e per segno tutto ciò che sapevo, tralasciando le parti in cui mi ero fatta quasi uccidere.
Inclusi nella spiegazione anche il salvataggio che avevo fatto al principe e lui a me.
«Wow! Incredibile!» dissero loro in coro una volta che ebbi finito.
«Sei stata nella stessa camera del principe?» mormorò Aileen con gli occhi che le luccicavano.
«Sì, ma quella è stata la parte peggiore. È veramente insopportabile, menomale che non è più venuto a trovarmi dopo la prima volta.»
Ethan era immerso nei suoi pensieri e guardava fuori dalla finestra e perciò provai a farlo tornare tra di noi.
«Terra chiama Ethan. Terra chiama Ethan» si girò a guardarmi sbattendo le palpebre. «A cosa stai pensando?»
«Stavo ragionando sull'attentato.»
«Oh, mio fratello che ragiona, questa mi è nuova.»
Mi lanciò un'occhiataccia.
«Non ti sembra strano che abbiano scelto proprio quel momento per attaccare?»
«No, il principe era disarmato, senza molte guardie e in più era distratto a guardare me che stavo per fare la figura dell'incapace. Non avrebbero potuto trovare istante migliore.»
«Sì... ma è comunque strano. Insomma, il principe si trovava nel giardino del palazzo reale sorvegliato dalle guardie se pur distanti. Avrebbero rischiato di morire e di non concludere nulla.»
«Come è stato grazie a me.»
«Ma non avevano messo in conto che ci saresti stata tu. Ti hanno sottovalutata, non ti hanno ritenuta una minaccia.»
«Dove vuoi andare a parare, Ethan?» disse spazientita la mia amica.
«Voglio dire che loro hanno attaccato proprio quel posto in quel momento perché forse desideravano farsi conoscere dalla gente. Sapevano che il loro scontro sarebbe arrivato su tutti i canali se avesse funzionato o meno. Vogliono visibilità così da incutere timore nella gente. Vogliono dimostrare che nessun posto è sicuro, neanche la reggia reale; desiderano far capire che non li fermeranno neanche tutte le guardie del corpo di questo mondo e che quindi è inutile che mettano un altro bodyguard a Sua Altezza perché tanto neppure una persona li fermerà» si fermò a riprendere fiato.
«Secondo me ti fai troppi film mentali» valutò Aileen, sorseggiando una tazza di tè.
Anch'io avrei voluto credere alla mia amica, ma qualcosa mi diceva che, con molta probabilità, avesse ragione Ethan.
Per alleggerire l'atmosfera che si era fatta un po' pesante, gli raccontai che mi avevano presa come guardia del corpo.
«E ce lo dici così?! Da ultimo?»
«Non ne ho avuto il tempo, Aileen. Mi avete attaccata non appena ho varcato la soglia.»
«Sapevo che ce l'avresti fatta, sorellina! Sei un osso duro, niente ti può sconfiggere!» Ethan mi abbracciò forte.
«E adesso che farai?» domandò la mia amica con le lacrime agli occhi. Per quanto cercasse di fare l'indifferente, si vedeva chiaramente che odiava l'idea che dovessi lasciarla.
«Devo trasferirmi a castello. Entro domani devo aver portato tutta la mia roba per iniziare il turno.»
«Di già?! Non ti hanno dato più tempo?»
«Purtroppo, no... c'è bisogno che inizi a lavorare subito, soprattutto di questi tempi. Qualcosa mi dice che quello non sarà stato l'ultimo attentato.»
Cercai di rimanere calma, ma mi riuscii a stento. Ancora ero sconvolta per quello che era successo e una microscopica parte di me avrebbe voluto abbandonare tutto e lasciarsi questa storia alle spalle. Sapevo anche, però, che non lo avrei mai fatto neanche se fossero avvenuti attacchi ogni giorno.
La sera, pronti i bagagli con dentro il necessario per alcuni giorni (il resto sarei venuta a prenderlo in un secondo momento), salutai per l'ultima volta Ethan e Aileen e mi addentrai verso il palazzo reale, non conoscendo ancora a cosa sarei andata incontro.
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