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CAPITOLO 44

Theodore lo guardava senza dire niente. Lo stava studiando per capire chi si trovasse davvero davanti a lui. Era stupefatto e confuso.

Aprì diverse volte la bocca senza dire una parola. La sua maschera del perfetto indifferente andò in mille pezzi.

«Tu... sei... no, non può essere.»

«E invece sì, Thed. Sono proprio io.»

«Ma non è possibile. Non puoi essere tu Xavier. Lui è morto sei anni fa.»

«E invece sono qui, Thed. Sono il tuo Xavier. Non sono mai morto.»

«Non è possibile» si mise le mani sulla testa e iniziò a scuoterla e ad urlare a squarciagola.

«Ho passato sei anni a pensare che il mio fratellino fosse morto, che il caro e dolce Xavier fosse morto mentre tornava a Solaris per venire a vedere come stavo. E invece ti ritrovo qui: a puntare una pistola alla testa e ad immobilizzare la mia guardia del corpo con uno sguardo omicida e spento che prima non ti avevo mai visto. Non puoi essere davvero tu. No. Di sicuro sei un impostore che finge di essere mio fratello defunto» le mani gli tremavano e saettava lo sguardo prima da un lato all'altro.

«Niente affatto, Thed. Può confermartelo anche la tua fidanzata: lei lo ha scoperto prima di tutti e me lo ha detto chiaro in faccia.»

«È vero?»

Accennai un sì. «L'ho scoperto collegando i puntini. Ho anche scoperto che Connor era la spia del palazzo. È stato lui a fare tutto, ad iniziare col convincere tuo fratello ad ascoltare lo Sterminatore e a mettere il pezzo d'aereo danneggiato in camera di Kendrick.»

Era disgustato e orripilato.

«Devo dare ragione ad Alisa. Connor era la mia spia e mi ha aiutato tantissimo in questi anni. Peccato, però, che lei lo abbia ucciso.»

«Lo hai davvero fatto?»

«Sì... circa mezz'ora fa.»

Era stupefatto e stranamente... orgoglioso?

«Anche dopo tutte le mie torture, è riuscita a far fuori Wilson, dei miei sudditi e il mio caro Connor. Notevole, no?»

Strinse la mascella. «L'hai torturata?» una furia incontrollata gli si incendiò negli occhi. Ero sicura che lo avrebbe aggredito, ma poi si calmò.

«Perché? Perché lo hai fatto? Ti ho sempre voluto bene, Xavier... ho sofferto così tanto quando ti hanno dato per morto. Non mi sono mai ripreso» la voce gli tremava, nonostante provasse a nasconderlo.

Lo Sterminatore fece una risata amara. «E credi che mi importi che il principino perfetto, viziato da tutti, un debole che un giorno dovrebbe diventare re, abbia pianto il suo fratellino che era destinato a rimanere confinato dietro la sua ombra?»

«È quindi per questo che hai deciso di seguire le richieste dello Sterminatore? Per spodestarmi e diventare il nuovo erede al trono?»

«Oh, no no... il mio intento era quello di uccidervi tutti, in modo da essere l'unico a detenere il potere e governare su tutta Solaris e poi iniziare delle guerre espansionistiche.»

«Vuoi devastare gli altri regni e stati solo per un tuo desiderio egoistico? È questo che sei diventato? Non ti riconosco più, Xavier. Non sei più mio fratello.»

«Il mio maestro mi ha detto la verità, mi ha insegnato tutto quello che sapeva in modo che potessi seguire il suo esempio.»

«E scommetto che il tuo maestro fu Anselm Turner» lo disse con un tale disprezzo che mi vennero i brividi.

«Esatto. È stato lui ad aprirmi gli occhi.»

«No, Xavi... lui ti ha solo usato e plasmato per i suoi scopi. Voleva solo una marionetta da usare. Ti sei fatto abbindolare, ma puoi ancora uscirne. Io ti posso aiutare. Posso farti tornare quello di un tempo. Fatti aiutare» avanzò di un passo.

«Non ho bisogno di alcun aiuto, Vostra Altezza. Non ho mai avuto bisogno di te. Ho trovato finalmente me stesso, il mio vero io. Non ho bisogno che il caro Thed arrivi in mio aiuto e mi liberi dai malvagi.»

Silenzio.

C'era un silenzio soffocante che mi raggelò le ossa.

«Vuoi sapere un segreto?» iniziò Xavier, accennando un sorrisetto. «La sera prima del viaggio siamo andati in quel localino a festeggiare e mentre ero lì decisi di non portarti in vacanza perché ero sicuro mi avresti ostacolato riguardo alla visita al mio maestro. Così, misi nel tuo bicchiere un po' di veleno, il necessario per stenderti al tappeto, ma non per ucciderti. Ancora ti volevo bene prima di capire che nel mio cuore non c'era posto per una cosa così futile. Il veleno l'avevo inventato io. Nessuno dei dottori si accorse che eri stato avvelenato. Geniale, no?»

L'odio e la disperazione che vidi dentro gli occhi del principe mi fece rabbrividire.

La persona che gli stava più cara lo aveva tradito, quella per cui aveva pianto per tutti questi anni, avendo anche gli incubi e gli attacchi di panico, credendo che fosse colpa sua. Che fosse lui quello che doveva morire.

Mi resi conto che anch'io lo aveva tradito e che non avevo trovato un altro modo per salvare la mia famiglia. Lui mi aveva aperto il cuore e io avevo preferito spezzarglielo con parole orrende. Ero stata codarda. Mi vergognavo moltissimo e non potevo sopportare l'idea che, nonostante tutto, lui fosse venuto fin lì rischiando addirittura la sua vita pur di salvarmi.

Non se lo meritava una persona egoista come me. Avrei preferito che Xavier mi uccidesse, piuttosto che vedere Thed soffrire.

Avevo fallito miseramente la mia missione di proteggerlo.

Ma adesso avrei fatto diversamente. Avrei usato tutta la forza che mi rimaneva per salvarlo.

«Sei stato tu ad avvelenare papà? Era tuo il veleno che i medici non sono riusciti a identificare?»

«Ovviamente. Quel veleno doveva essere per la regina, ma qualcosa è andato storto. Poco importa. L'importante è che uno dei monarchi deve morire per indebolire ancora di più la corona. Il veleno era quello che ho usato per te, solo potenziato e studiato per uccidere lentamente. Esiste solo un antidoto al mondo che ho sviluppato io stesso e solo io so dove si trova.»

Intravidi una catenina sotto la maglietta, ma era troppo nascosta per vederla bene. Robinson aveva ragione: l'antidoto ce lo aveva addosso lo Sterminatore. E io dovevo prenderlo. In un modo o nell'altro.

«Devi dirmi dove si trova! Se non lo vuoi fare per me almeno fallo per nostro padre.»

«Non è più mio padre. Come tu non sei più mio fratello. Ho smesso di volerti bene da parecchio tempo, ormai.»

Una lacrima cadde sul suo viso, ma la scacciò. «Ma io ti voglio ancora bene, Xavi. Sono anni che ho sperato di ritrovarti vivo.»

Fece spallucce. «Non sono più quello di un tempo e forse non lo sono mai stato.»

Il volto del principe tornò impassibile. «Che cosa vuoi per liberare Alisa? Posso darti tutto quello che desideri.»

«Non fatelo, Vostra Altezza! Andatevene!»

Mi ignorò e io avrei tanto voluto sbattere i piedi per terra.

«Ora sì che ragioniamo. Posso darti due opzioni: la prima è che tu e la Corona abbandoniate ogni desiderio di difendervi dal mio attacco e che mi lasciate il trono. Io in cambio farò vivere la tua fidanzata. La seconda è che tu non voglia lasciare il trono e così io me lo prenderò con la forza, uccidendo un sacco di persone e in più la tua fidanzata morirà qui.»

«Non puoi farlo davvero! È una follia!»

Fece un sorrisetto sarcastico. «Mantengo sempre quello che dico. Saldo sempre i conti in sospeso.»

«Sei un mostro, Xavier! Non posso credere che tu sia diventato così. Non sei più mio fratello.»

«Il tempo scorre, Thed. Più parli e più perdi le tue due opzioni.»

Imprecò e si morse il labbro così forte da farsi uscire il sangue.

«Altezza! Non fatelo. Non ne vale la pena. Non potete rischiare. Vi prego» lo guardai con occhi supplicanti, ma lui era troppo agitato anche solo per far caso alle mie parole.

«Stai zitta» sibilò lo Sterminatore.

«Vai al diavolo.»

Mi torse il braccio così forte che mi sentii male.

«Non farle del male» lo supplicò.

«Inginocchiati allora. Mostrami il tuo rispetto e accetta il patto. A quel punto la lascerò andare.»

«No. Non fatelo. Non voglio che mi salviate. Ricordate le parole che vi ho detto? Valgono ancora. Non vi amo» la voce, però, diceva il contrario.

Mi fissò per alcuni istanti e poi si lasciò cadere in ginocchio.

«Bene. Adesso prostrati.»

Strinse i denti, ma lo fece.

Perché? Perché si doveva umiliare così solo per me? Che cosa avevo di speciale?

«Sei contento ora?» ringhiò.

«Accetta il mio patto, Thed. Fallo per mettere fine alle sue sofferenze.»

Basta. Non sopportavo più questa situazione. Non potevo rimanere a guardare mentre Thed metteva in pericolo tutti solo per salvarmi.

Con le poche forze che mi rimanevano, quando meno se lo aspettava, riuscii a liberarmi dalla sua stretta e a sferrargli un calcio dritto nel petto che lo fece indietreggiare, ma non cadere.

Veloce come un fulmine, Thed si alzò e mi venne incontro, prendendomi le braccia.

«Stai bene? Sei ferita?»

«Sto bene.»

Lo Sterminatore si riprese anche troppo velocemente per un calcio di quelle proporzioni. Ansimava leggermente, ma questo non gli impedì di scagliarsi contro di me, dandomi un pugno dritto nello stomaco. Mi accasciai al suolo, incapace anche solo di respirare.

«Sei debole, Alisa. Non puoi battermi in queste condizioni.»

Mi rimisi in piedi a fatica, mentre Thed cercava di afferrarlo da dietro e di tenerlo fermo.

Xavier lo schivò tutte le volte, torcendogli un braccio e dandogli una pedata sulla schiena.

Gli andai incontro e da lì in poi ci furono un aggroviglio di pugni, calci e spinte.

Non usava la pistola. Forse voleva avere la soddisfazione di ucciderci con solo le sue forze.

«Non vuoi ancora arrenderti?»

«Mai.»

«Peggio per te dato che il patto, dopo la tua bravata, è saltato. Non mi farò scrupoli a prendermi il trono con la forza e poi uccidervi lentamente.»

«Non lo farai mai finché sarò in vita.»

«A questo possiamo rimediare subito.»

Si scagliò contro di me e, bloccandomi la gamba mentre cercavo di assestargli un calcio rotante in faccia, me lo girò fino a sentire le ossa che si rompevano.

Urlai dal dolore e mi presi il piede tra le mani. Vidi subito l'angolazione sbagliata e così tentai di rimetterlo a posto. Trattenni le urla, ma non potei evitare di gemere e di sussultare.

Era forte, agile ed efficiente. Turner gli aveva insegnato bene, ma sapevo che mi temeva più di quanto si rendesse conto lui stesso perché si era preso il disturbo di indebolirmi prima di affrontarmi.

Thed si rimise in piedi e con una mossa gli scagliò un calcio alle giunture delle ginocchia. In risposta ebbe solo un pugno in faccia che gli fece sputare sangue.

«Lasciatelo stare!» sbraitai furiosa.

Mi prese per i capelli e tirò all'indietro. I tagli che c'erano ricominciarono a sanguinare e il dolore alle tempie aumentò notevolmente.

Mi fece cadere per terra e mi dette delle pedate sulle costole. Mi protessi la testa, ma già avevo le vertigini e tutto intorno a me si stava oscurando.

Non avevo più forze. La mia concentrazione era rivolta a tutte le parti doloranti del mio corpo che chiedevano solo pietà.

Ma non potevo arrendermi. Non adesso. Anche a costo di morire.

Gli presi il piede prima che avesse l'opportunità di schiacciarmi il petto e lo rovesciai in modo che tutto il corpo lo seguisse. Mi misi sopra di lui e gli bloccai le mani al suolo, conficcandogli le unghie rimaste nella pelle.

«Cosa vorresti fare adesso, Alisa?» mi guardò divertito e assolutamente tranquillo, come se mi avesse già in pugno.

«Voglio uccidervi, Sterminatore.»

«Ne avrai di strada da fare, allora.»

Si divincolò dalla mia stretta ferrea. «Non potete scappare.»

Sbuffò. «Sei davvero forte, Alisa. Dovresti davvero diventare mia alleata.»

«Non ci penso neanche.»

Persi un secondo la presa e lui ne approfittò.

«Peccato» sfoderò un coltello che teneva in tasca e mi graffiò la pelle.

In un batter d'occhio mi ritrovai nella sua posizione di qualche attimo prima.

«Usate un'arma. Siete un vigliacco.»

«Perché? Ognuno combatte con quello che ha.»

Mi avvicinò il coltello alla gola, facendomi un graffio sulla clavicola. «Potrei stare ore a provare le lame dei miei coltelli e pugnali sulla tua pelle. Sarebbe un bellissimo spettacolo vederti urlare e contorcere dal dolore.»

«Siete uno psicopatico.»

«Tutte le mie vittime hanno detto così prima di morire.»

Un brivido mi scosse in profondità. Che fosse giunta davvero la mia ora?

«Che cosa farete?»

La lama del pugnale brillava alla luce del sole come se morisse dalla voglia di essere usata.

Lo Sterminatore sorrise crudelmente. «Oh, lo vedrai.»

Mentre alzava il pugnale in aria, pronto per essere usato, chiusi gli occhi. Era davvero giunta la mia fine. L'unico desiderio che ancora avevo era quello di sapere il principe al sicuro e felice. Non chiedevo altro.

Mentre la lama scendeva, salutai mentalmente tutti i miei cari, preparandomi all'impatto.

Sentii uno sparo che mi fece aprire gli occhi di scatto.

Thed si trovava dietro lo Sterminatore con in mano la sua pistola.

Il sangue mi schizzò sui vestiti e sul viso, ma ero troppo confusa per farci attenzione.

«La mia pistola...»

«Era per terra» si limitò a dire lui.

Gli aveva sparato ad una spalla.

«Non devi mai più toccarla.»

«Credi che un misero sparo nella spalla possa fermarmi?»

«Ovviamente no» dissi io «ma una ferita alla gola sì. Gli presi il pugnale dalle mani e con un colpo unico gli tagliai la gola prima che potesse anche solo pensare a quello che stava succedendo.

Il sangue mi finì in bocca e il corpo senza vita di Xavier mi si accasciò sopra.

Me lo tolsi di dosso e con qualche difficoltà mi alzai.

Il principe lasciò cadere a terra la pistola e mi raggiunse. «Alisa!»

Mi abbracciò forte, ma si ritrasse quasi subito come se avesse preso la scossa. Mi guardò fisso negli occhi. «Come stai?»

«Potevo stare peggio.»

Cambiai argomento. «Kendrick vi ha detto del messaggio che gli avevo mandato?»

«Sì... me lo ha fatto ascoltare e ho dovuto dargli molte spiegazioni. È incredibile che Connor fosse il traditore.»

«Non ci potevo credere nemmeno io.»

«Che cosa ti ha fatto?»

Gli raccontai brevemente la storia.

«Mi dispiace non averti protetta come ti avevo promesso.»

Si sentiva in colpa. «Non è colpa vostra. Ho deciso da sola di incontrarlo. La colpa è solo mia.»

Nonostante non gli leggessi più quella rabbia e delusione nel volto come l'ultima volta che ci eravamo parlati, i suoi modi erano ancora freddi e formali.

Sospirai.

Prese in mano il cellulare e digitò qualcosa.

«Che cosa state facendo?»

«Chiamo Kendrick. Gli avevo detto che lo avrei fatto non appena avessimo immobilizzato o ucciso lo Sterminatore. Lui e la guardia reale si sono appostati poco distanti da qui. A proposito... dove si trova il rifugio dei ribelli?»

Glielo dissi.

«Sottoterra? Adesso capisco perché non eravamo mai riusciti a trovarlo.»

Chiamò Kendrick e gli riferì quello che gli avevo detto. «Stanno andando là. Tra poco sarà tutto finito.»

«Vostra Altezza... nel rifugio c'è anche Robinson e la bambina della signora Johnson.»

Gli raccontai per filo e per segno quello che aveva fatto per me e che mi aveva promesso di fare: cioè di portare la bambina al sicuro.

«Inoltre, è stato lui a rivelarmi che l'antidoto del veleno di Sua Maestà si trova attaccato al collo dello Sterminatore» presi la catenina e la passai a Thed che se la mise delicatamente in tasca.

«E questo dovrebbe farmi cambiare idea? Vorresti che fosse lasciato in pace e che non venisse punito per quello che ha fatto?»

«Con Patricia avete chiuso un occhio.»

«Ma solo perché l'ha fatto per salvare la vita di sua figlia! È una situazione differente e poi lei si è licenziata da parecchio ormai.»

In effetti, se ne era andata dicendo che aveva trovato di meglio. Io, però, pensavo che l'avesse fatto solo perché non poteva più lavorare per coloro che volevano uccidere i sovrani.

«Ma se la bambina si trova lì, vuol dire che Patricia non è riuscita a ripagare il debito.»

«Oppure l'hanno tenuta loro, continuando a ricattarla.»

«A maggior ragione la presenza di Robinson è importante. Inoltre, se non ci fosse stato lui, probabilmente sarei già morta.»

Fremette di collera. «Non dirlo. Non puoi fidarti davvero di lui.»

«E infatti non mi fido, ma mi ha dimostrato sincerità in cambio dell'assoluzione. Mi ha anche confessato che è stato costretto a lavorare per loro.»

«Mi immagino lo abbia fatto per nascondere un suo delitto.»

Non replicai.

«Ci penserò. Se davvero porterà in salvo Emely durante il caos che fra poco arriverà, ci penserò davvero.»

«Vi ringrazio, Vostra Altezza.»

«Dobbiamo andare ora. Ti accompagno in ospedale per farti controllare tutte quelle ferite.»

«Non è necessario, davvero. Sto bene. Posso andarci da sola. Avete già fatto tanto per me... e so che vi ho spezzato il cuore, l'altro giorno... io... volevo chiedervi scusa...»

Non so quanto potessero fare effetto le mie parole, ma ci tenevo davvero. Al di là di tutto. Probabilmente non le avrebbe accettate, ma dovevo farlo.

«Vorrei tanto crederti, Alisa... ma in questo momento non ci riesco.»

«Lo capisco. Non mi farò più vedere da oggi in poi. Arrivederci, Vostra Altezza.»

Il mio cuore diceva: "Fermati" "Digli che lo ami, che non vuoi andartene, che non pensavi seriamente quelle cose".

Il corpo, però, si girò e si allontanò.

Feci alcuni passi in avanti zoppicando, quando sentii tra gli alberi un fruscio. Presupposi che fosse uno dei soldati della guardia reale, venuto per il principe. Ascoltando meglio, tuttavia, sentii che questi passi erano agitati e terrorizzati.

Il mio corpo si mise in allerta e Thed si avvicinò a me. «Che succede, Alisa?»

«Sento dei rumori...»

«Probabilmente è un animale. Dopo tutto il rumore che abbiamo fatto, è normale che abbiano paura.»

Forse aveva ragione, ma non riuscivo a togliermi una sensazione di disagio.

«Per ogni evenienza ti accompagno.»

Ero troppo stanca per discutere. «Va bene.»

Camminammo in silenzio, a distanza di sicurezza. La tensione era tagliente come una lama. Thed aveva chiamato suo fratello per chiedergli come stavano andando le cose. Lui aveva risposto che il rifugio era totalmente nelle mani della Corona. Thed, inoltre, gli disse che stavamo andando verso la strada e che mi avrebbe portata in ospedale.

Dalla voce del principe traspariva una nota di calore e affetto, inusuale quando parlava con Ken. Magari le cose tra loro sarebbero migliorate col tempo.

Lo speravo tanto.

Eravamo quasi al limitare del bosco, ormai si intravedevano le insegne stradali, quando davanti a noi ci apparve uno dei ribelli con la maschera bianca.

Aveva il respiro affannoso e in mano teneva una pistola.

Mi bloccai.

La puntò addosso a Thed. «Tutta la monarchia deve morire!» urlò prima di sparare.

Non ci fu abbastanza tempo per capire che cosa fare. L'unica cosa che avevo chiara in quel momento era che il principe non poteva morire, che non avrei sopportato un'altra situazione come quella della festa. Avrei fatto qualsiasi cosa per salvarlo.

Anche morire.

All'accademia mi piaceva un sacco allenarmi con i proiettili: scongiuravo un altro allievo di spararmi mentre prontamente scansavo il proiettile. I maestri mi punivano sempre duramente per questo mio comportamento pericoloso, ma ogni volta gli sentivo una nota di ammirazione nella voce che mi spingeva a rifarlo di nuovo.

Ogni tanto mi beccavo una pallottola, ma erano talmente rare che si potevano contare sulle dita di una mano.

Be' quella che mi presi nel bosco si aggiunse a quelle dell'accademia, anche se non avevo fatto niente per scansarla. Anzi... mi ero buttata davanti al principe, in modo che prendesse me e non lui.

«Alisa!» lo sentii gridare.

Ma io ero troppo concentrata sul ribelle per sentirlo. Presi un coltello dal fodero e glielo lanciai contro, centrandolo perfettamente in mezzo agli occhi.

Mi guardai in basso, controllando dove lo sparo mi avesse presa. La testa mi girava, vedevo tutto appannato a causa del sangue che mi sgorgava fuori dallo stomaco velocissimo.

Ci piazzai una mano sopra, cercando di fermare l'emorragia.

Sputai sangue prima di cadere per terra. Per fortuna Thed mi sorresse prima che battessi la testa.

«Ali! Rispondimi!»

Lo misi leggermente a fuoco. «Finalmente vi ho potuto ripagare per l'ultima volta.»

«No, no non dire così» con una mano tremante mi premette sopra la ferita, sporcandosi del mio sangue.

«Non potevo sopportare» tossii sentendo un bruciore che mi si irradiava dalla ferita in tutto il corpo, lasciandomi senza fiato «che voi moriste. Sono io quella che se lo merita.»

«No, non è vero. Hai fatto così tanto per me.»

Gli sorrisi e con una mano sanguinante gli asciugai le lacrime che gli bagnavano il viso.

«Non lasciarmi, Alisa. Non te lo permetto.»

«Sapete...» girai leggermente la testa, strizzando gli occhi che minacciavano di chiudersi «all'inizio vi odiavo. Pensavo che foste uno di quei principi viziati che si divertivano alle spalle del popolo. Poi vi ho conosciuto veramente e ho capito che mi sbagliavo. Mi sbagliavo su tutto. Vi ho rivolto delle parole così malvagie perché ero una codarda e avevo paura di attaccarmi troppo a voi. Sapevo che prima o poi voi mi avreste lasciata per una nobile e vi stareste stancato e dimenticato di me. Così ho cercato di allontanarvi.»

«Non lo avrei mai fatto. Mai. Ti amo troppo. Sei tutto per me. Sei più importante di qualsiasi altra cosa.»

«Solo dopo ho capito il terribile errore che ho fatto. Ho compreso che non posso vivere senza di voi, che siete un pezzo della mia anima e non posso farne a meno. Tuttavia...»

Tossicchiai sangue e capii che la mia ora stava arrivando. Non mi mancava molto tempo.

Mi cullò.

«Il destino ha deciso che non possiamo vivere insieme.»

«Me ne frego di quello che dice il destino. Vivremo a lungo insieme.»

«Sarebbe il mio sogno poter rimanere accanto a voi per sempre.»

«E allora combatti. Non puoi arrenderti proprio ora!»

«Mi sento stanca...» chiusi gli occhi.

«Aprili, Alisa! Apri questi dannati occhi! Non puoi farmi questo!»

Urlò di dolore e mi spinse contro il suo petto.

«Vi auguro di vivere una vita piena e felice, Vostra Altezza. Vi auguro di trovare la persona che amate e diventare un buon re.»

«Che sciocchezze dici? Sei tu la persona che amo. E smettila di darmi del "voi" Te l'ho già detto che voglio il "tu".»

A quelle parole sorrisi. Forse avevo ancora una possibilità di essere perdonata.

«Ti amo, Thed. Avrei dovuto dirtelo da un po', ma non ne ho mai avuto il coraggio.»

Mi accasciai contro il suo petto, mentre provava a scuotermi. «Mia principessa! Svegliati! Non farmi questo! Anch'io ti amo. Non sai quanto! Voglio vivere per sempre con te. Invecchiare insieme, regnare insieme.»

Avrei tanto voluto rispondergli che erano i miei stessi desideri, ma la bocca era come incollata e ormai la sua voce mi appariva come un lieve fruscio lontano.

L'ultima cosa che sentii furono le sue urla disperate che chiamavano aiuto. Sembrava quasi che qualcuno gli stesse dilaniando l'anima.

Non avrei avuto rimpianti in questa vita. Mi ero liberata da quel peso.

Sul mio viso apparve un lieve sorriso.

Finalmente potevo morire in pace.

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