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CAPITOLO 41

Il pomeriggio dopo una domestica venne in camera mia. «Signor Allen, la regina richiede la vostra presenza alla sala del trono.»

Perché mai la regina doveva vedermi? Forse per riprendermi sul fatto della conferenza? Ma perché aspettare tutto quel tempo? No, sicuramente era un'altra cosa.

«Non vi ha detto niente?»

Scosse la testa. «Ha solo aggiunto di dirvi che è molto urgente.»

«Capisco. Vado subito.»

Mi lasciò sola. Finii di prepararmi e con il cuore pesante mi presentai al suo cospetto.

Le feci un inchino. «Desideravate vedermi, Maestà?»

Capii che qualcosa non andava dal suo sguardo tagliente e accusatorio.

«È successo qualcosa?»

Mi lanciò alcune foto ai piedi. Le raccattai e, non appena gli occhi mi si appoggiarono sopra, rimasi di sasso: in quelle foto c'eravamo io e Thed la sera prima mentre ci baciavamo.

Divenni immobile, fredda come la pietra. Non potevo credere ai miei occhi. Qualcuno ci aveva spiato e aveva mandato quelle foto alla regina.

Mi sentii percuotere le viscere. Era ripugnante che qualcuno ci avesse guardato in un momento così intimo. D'un tratto la sera prima non mi sembrava più tanto magica.

Mi venne voglia di vomitare. La magia era stata macchiata, rovinata e nessuno l'avrebbe potuta risanare.

Alzai gli occhi dalle foto con le mani tremanti. Non mi preoccupai di lasciar cadere per terra le foto.

«Come le spieghi quelle foto, Allen?»

«Io... be'...»

Non sapevo cosa dire.

Sbuffò. «Sai, Allen, quando Theodore mi ha detto di essersi innamorato di un'altra ragazza, non mi aspettavo che quella ragazza fossi tu. Siete stati bravi a tenerlo nascosto.»

«Vostra Maestà... posso spiegare.»

«Davvero? Puoi davvero spiegarti? Cosa potresti dire? Che una buona guardia del corpo non bacia il suo cliente, nonché Principe Ereditario? Non mi sorprende che Theodore fosse così preso da te e che cercasse sempre di proteggerti anche quando non era opportuno. Non mi meraviglia nemmeno che volesse così disperatamente stare con te.»

Il mio cervello era vuoto. Mi estraniai dal mio corpo e ascoltai le parole della regina come se fossi un estraneo.

«Appena mi sono arrivate queste foto, ho fatto indagare le mie guardie su di te.»

Ritornai in me. Il cuore mi batteva fortissimo. Se davvero aveva fatto indagare su di me, allora non c'era davvero più niente che potessi fare per risollevare la mia reputazione.

Ero spacciata. L'ultima cosa che potevo fare era quella di pregarla di non farmi giustiziare per alto tradimento.

«E lo sai cosa ho scoperto?»

Feci di no con la testa, anche se già sapevo la risposta.

«Tante cose interessanti» prese un fascicolo e iniziò a sfogliarlo.

Mi mordicchiai l'interno della guancia con il sudore che mi scendeva dalla schiena.

«Per esempio... ho scoperto che in casa tua esiste un Ethan Allen, ma che ha smesso di andare all'accademia Wedarts dopo pochi mesi. La vera combattente in famiglia si chiama Alisa Allen ed è la gemella di Ethan. Suppongo sia tu. Ho notato anche che vostro padre era Arthur Allen, il capo delle guardie di vent'anni fa.»

«Sapevate di mio padre?»

«Lavorava qui ed era molto bravo. Poi si è licenziato. Da lì in poi non ho saputo più nulla. Sei tu Alisa?»

Abbassai la testa.

«Rispondimi!» urlò, agitando il fascicolo.

«Sì, Vostra Maestà.»

Mi scaraventò i fogli addosso. «Hai mentito sulla tua identità, fingendoti tuo fratello! Hai ingannato la corona e tutta Solaris! Dovresti essere giustiziata per alto tradimento!»

Il panico si diffuse dentro di me. Mi buttai a terra. «Vi prego, Vostra Maestà. Lo so che ho sbagliato, ma non l'ho fatto per ingannarvi.»

«E allora perché lo hai fatto?»

«Fin da quando sono nata, non navigavamo nell'oro e avevo costante bisogno di soldi. Soprattutto dopo che Ethan ha avuto un'incidente stradale e dovevo pagargli le medicine. Così, quando ho visto l'annuncio che la Corona stava cercando una guardia del corpo per il Principe Ereditario, ho deciso di tentare la sorte. Io e mio fratello ci siamo sempre assomigliati molto.»

«Mi hai ingannata senza ritegno più volte. Suppongo che anche mio figlio sapesse tutto, dato che ho scoperto che ti ha fatta dormire in camera sua per mesi dopo l'incendio.»

«No, no lui non c'entra niente.»

«Ci sono le prove! Osi negare ancora?»

Che senso aveva continuare a mentire? Eppure, sapevo che se la regina avesse scoperto che Thed era a conoscenza della mia identità, allora lo avrebbe punito severamente. Forse gli avrebbe tolto il titolo di Principe Ereditario. Questo non lo potevo accettare, a costo di essere giustiziata sul momento.

«Vi assicuro che lui non sapeva niente. È vero: ho dormito in camera sua, ma solo perché non voleva che il suo bodyguard gli stesse lontano in questo periodo.»

Rimase in silenzio.

«Anche se Theodore non sapeva nulla e tu eri mossa da buone intenzioni, non posso fare finta di niente. Non quando mi hai ingannata così. Un affronto in questo modo lo reputo allo stesso livello di una ribellione. Dovresti essere accusata di alto tradimento.»

Ecco giunta la mia fine. Sapevo che prima o poi sarebbe venuto tutto a galla, solo speravo non così presto. Credevo di avere ancora un po' di tempo. E invece, il destino mi aveva giocato uno scherzo crudele.

«Non posso credere di aver messo al fianco di mio figlio una persona così. Non posso credere che tu lo abbia manipolato in questo modo! Come lo hai convinto a baciarti? Volevi diventare la sua fidanzata per migliorare il tuo status sociale, eh?» picchiettò le dita sul trono d'oro e quel rumore mi fece venire i brividi.

«Niente del genere!» sollevai leggermente la testa «mi sono davvero innamorata di Theodore. Non ho mai avuto cattive intenzioni verso di lui. I miei sentimenti sono sinceri» provai a trattenere le lacrime ma ormai era tardi.

«Anche se fosse, non accetterò mai che una comune plebea sposi il Principe Ereditario! Men che meno una traditrice! Dovrei ucciderti e così eliminare il problema.»

Trasalii.

«Tuttavia, ora che ho scoperto che tuo padre era Arthur Allen ho deciso di non condannarti per alto tradimento. Lui era una persona devota al regno e tutti noi siamo in debito con lui. E in più riconosco le tue doti e il fatto che tu hai salvato molte volte la vita di Theodore. Quindi non ti giustizierò, né ti incarcererò a vita.»

Espirai l'aria che non mi ero accorta di star trattenendo. Forse avevo ancora una possibilità...

«Grazie per la vostra magnanimità, Vostra Maestà.»

«Naturalmente non lavorerai più per la famiglia reale e non rimarrai a Solaris.»

«Cosa?» dissi confusa.

«Sei esiliata, Allen. Non potrai mai più mettere piede a Solaris.»

Lo stomaco mi sprofondò. La testa cominciò a vorticarmi. «E come farò? Dove andrò?»

«Questi non sono affari che mi riguardano. Inoltre...»

Che altra condizione c'era?

«Dovrai lasciare Theodore. Utilizza il metodo che preferisci, ma lui deve dimenticarti e non ostinarsi a rincorrerti. Questo non deve avvenire.»

«Non posso farlo» il labbro iniziò a tremarmi.

Tutto ma non questo. Non potevo abbandonarlo così.

Sorrise, ma di un sorriso gelido che non arrivava agli occhi. «E invece lo farai. Gli spezzerai il cuore, se necessario. Ti farai odiare. Tutto per toglierti dalla sua mente. Se deciderai di non farlo, mi vedrò costretta a giustiziare per alto tradimento la tua famiglia.»

Urlai disperata: «No! Loro non c'entrano niente! Non potete farlo!»

«E invece posso eccome. Anche tuo fratello ha partecipato a questa tua farsa e pure lui dovrebbe essere giustiziato. È solo per la mia clemenza che non lo farò, a patto di seguire tutti i punti che ti ho detto.»

«Mi state ricattando?»

«Solo se deciderai di vederla così.»

Se avesse minacciato solo me, sarebbe stato un conto. Lo avrei accettato. Ma, siccome c'erano in gioco la vita della mia famiglia, non potevo rischiare. Per quanto mi spezzasse il cuore, non potevo coinvolgerli.

«Lo farò.»

«Meraviglioso. Ti do tempo fino al tramonto per prendere le tue cose e per parlare a Theodore. Dopodiché ti voglio fuori dal palazzo e fuori da Solaris. Puoi andare ora.»

«Grazie, Vostra Maestà.»

Mi fece un cenno distratto, mentre prendeva in mano alcuni fogli.

Mi inchinai e me ne andai prima che nuove lacrime mi solcassero il viso. Non le avrei dato questa soddisfazione.

Ero ancora scombussolata mentre tornavo nella mia camera. Dentro di me sentivo un groviglio di emozioni e il cuore mi pesava sempre di più ad ogni passo che facevo.

Sapevo che questo momento sarebbe arrivato.

Sapevo che prima o poi lo avrei dovuto lasciare.

Solo... speravo di avere più tempo. Volevo aspettare dopo la fine di tutta quella storia.

A quel punto avrei fatto un passo indietro e me ne sarei andata da Solaris anche senza l'intervento della regina.

Un odio profondo mi investì. Chi era stato a tradirci? Chi ci aveva spiati?

Raggiunsi la mia camera e incominciai a fare i bagagli. Ogni volta dovevo asciugarmi le lacrime che mi appannavano la visuale.

La gola mi bruciava a forza di ingoiare.

Dopo poco che avevo iniziato, il principe entrò dentro senza bussare. Feci appena in tempo ad asciugarmi una lacrima e ad apparire il più fredda e distaccata possibile.

Aveva un sorriso che gli illuminava i suoi bellissimi occhi.

"Scusa per non aver mantenuto la promessa. Non sono riuscita a salvare tuo padre" pensai.

Questo sarebbe stato uno dei miei maggiori rimpianti.

«Che cos'hai? È successo qualcosa? Stai male?»

Scossi la testa, incapace di aprire bocca. Sentivo come un nodo in gola che non voleva andarsene.

Mi venne vicino e mi prese le spalle. Mi scosse leggermente. «Parlami, Alisa! È successo qualcosa?»

Mi costrinsi a stare nella parte e a non scoppiare in lacrime raccontandogli tutto. Non sarebbe finita bene, se lo avessi fatto.

Lo guardai negli occhi e nel mio sguardo non c'era traccia di amore. Erano vuoti.

«Sto andando via.»

«E dove vai?»

«Via da Solaris.»

La sua presa vacillò. «Quando tornerai?»

«Non tornerò mai, Vostra Altezza.»

La confusione sul suo volto mi fece contorcere le viscere, ma non potevo permettermi di cedere.

«Non capisco... Che cosa è successo? Ho fatto qualcosa?»

«Non avete fatto niente.»

«Stai scherzando, allora? Dimmi che è uno scherzo.»

«Nessuno scherzo, Altezza. Sto preparando la valigia perché ho intenzione di lasciare Solaris domattina presto.»

Mi lasciò andare le spalle. «Ho sentito che hai parlato con mia madre. C'entra qualcosa? È stata lei ad ordinartelo? Se è così, non devi preoccuparti. Posso parlarle e...»

Lo interruppi. «Niente del genere» abbassai lo sguardo, troppo codarda per guardare la sua reazione. «Ero lì perché mi ha fatta chiamare. Ma lei non c'entra niente. Ho deciso che era arrivato il momento di andarmene.»

«Perché?» stava già piangendo.

«Perché pensate che io abbia accettato di diventare il vostro bodyguard? L'ho fatto per i soldi. Solo per quelli.»

«So che all'inizio lo hai fatto per quello, ma poi...»

«No. L'ho sempre fatto per quelli. Mi sono avvicinata a voi solo per acquistare la vostra fiducia. Vi ho fatto innamorare di me solo per rendermi le cose migliori a palazzo e per divertirmi.»

«Rifiuto di crederti. Questa non sei tu» il labbro gli tremava.

«Sapete quanto ci siamo divertiti io e i miei amici quando gli ho detto che quello sciocco del Principe Ereditario si era innamorato di me? Vi ho sempre detestato, ogni volta che alla televisione usciva fuori il vostro nome.»

Obbligai la mia voce a non vacillare. «Ogni volta che vi avvicinavate e sentivo il vostro calore... mi veniva da vomitare. Ho sopportato i vostri baci. Speravo sempre che faceste in fretta. Mi dà fastidio solo il fatto di vedervi, di condividere la stessa stanza, di parlare con voi.»

Nella mente mi risuonavano solo: Bugiarda. Ipocrita. Falsa.

«Non puoi dire sul serio. So che non sono vere queste parole. Non è possibile. Quello che abbiamo condiviso non può essere stato falso.»

«E invece è proprio così. Vi ho mentito tutto il tempo solo per ricevere lo stipendio da 4000 monete d'oro. Vi ho salvato la vita altrimenti mi avrebbero buttata fuori e a quel punto non lo avrei più avuto.»

Mi odiavo per ogni singola parola che mi usciva dalla bocca.

Scosse la testa ripetutamente. «Perché proprio adesso?»

«Ho trovato di meglio. E poi non voglio rimanere invischiata in una guerra.»

«Non è possibile» mi prese la mano. «So che non stai dicendo la verità. Io ti amo.»

Qualcosa dentro di me andò in pezzi.

«Parlami. Dimmi cosa c'è che non va. Insieme possiamo risolvere tutto. Farò qualsiasi cosa per te.»

Ed era proprio per questo che non potevo dirgli niente. Non volevo che rinunciasse al suo titolo o che litigasse con sua madre.

Scostai la mano e feci un passo indietro. «Ancora non capite? Non vi amo. Non vi ho mai amato. Avete visto solo la persona che vi ho voluto far vedere. In realtà non potrei essere più disgustata ora di stare qui con voi.»

«Quindi anche la promessa di aiutarmi a risolvere gli attentati era falsa?»

«Ve l'ho fatta solo per aumentare la vostra fiducia nei miei riguardi.»

«Bene, Alisa. Guardami negli occhi e dimmi che non mi ami. Dimmi che tutto quello che abbiamo passato era falso. Ci crederò solo se me lo dirai guardandomi.»

Alzai gli occhi e incrociai i suoi

Lo fissai, cercando di non apparire devastata.

Assunsi l'aria più disgustata e disinteressata che potevo. «Mi sono avvicinata a voi solo per usarvi e per poter avere più soldi e privilegi di quelli che mi spettavano. Mi sono sentita disgustata e nauseata ogni volta che sono rimasta al vostro fianco, ogni volta che mi avete baciata. Non vi ho mai amato e non lo farò mai.»

I suoi occhi si adombrarono. L'amore che gli avevo visto in tutte quelle settimane sparì all'istante, trasformandosi in odio puro.

Non gli avevo mai visto quella furia negli occhi, neanche nei confronti di Kendrick.

Strinse le mani a pugno. «Non posso credere di essere stato ingannato così dalla persona che amo più della mia stessa vita. Ero pronto a rinunciare al trono per te, Alisa. Alla cosa per la quale sono stato preparato per tutta la vita. Ero disposto a morire per te. Qualunque cosa.»

«Ma io no. Avreste dovuto stare più attento a chi vi circonda, Altezza.»

«Da ora in poi non ti voglio più vedere, Allen. Ti disprezzo profondamente e se mai ti ripresenterai a Solaris, non sarò così clemente. Vattene ora.»

Parole fredde. Vuote. Non c'era rabbia. Solo una profonda delusione. Lo avevo tradito nel profondo.

Avrei preferito che si arrabbiasse, che mi insultasse ma, invece, era rimasto fermo e immobile.

Questo mi trafisse peggio di una coltellata.

Mi girai di spalle e sentii il suo sguardò trapassarmi in mezzo alle scapole.

Poi sentii i suoi passi allontanarsi.

Lasciai andare tutta la tensione accumulata e, una volta che l'adrenalina lasciò il mio corpo, mi sentii totalmente svuotata.

Mi lasciai cadere per terra e mi rannicchiai sul pavimento duro.

Alla fine, ero riuscita nel mio intento: mi odiava profondamente.

Eppure, perché sentivo come una voragine nel petto? Perché mi sentivo pesante?

Permisi alle lacrime di bagnarmi il viso in un pianto silenzioso e disperato.

Era come se qualcuno mi avesse strappato il cuore dal petto, lasciandomi lì. Vuota e fredda. Terribilmente.

Mi chiesi se un giorno la sensazione sarebbe scomparsa. Non ottenni risposta.

...

«Ti hanno davvero cacciata?» esclamò Aileen mentre era seduta sul mio letto.

Feci di sì con la testa.

«Te lo avevo detto che questa farsa non avrebbe portato a niente di buono.»

«Stai zitta. Non è stata colpa di Alisa, ma della regina e del principe. Poteva benissimo aiutarti e farti rimanere!»

Ethan pareva più arrabbiato di me. Per poco non scoppiai a ridere.

«Theodore non c'entra: sono stata io a non dirgli niente e anzi gli ho spezzato il cuore, dicendogli parole orribili che non pensavo.»

«Perché lo hai fatto?»

«Non volevo che rischiasse il suo titolo per me. Se gli avessi detto la verità, sarebbe andato dritto da sua madre a pregarla di farmi rimanere e si sarebbe dato la colpa di tutto, anche di cose di cui non c'entra niente.»

«Potevi almeno cercare di non farti esiliare. Magari avrebbe capito.»

Non lo avrebbe fatto.

«E a quale scopo? Tanto sapevo che prima o poi le nostre strade si sarebbero divise. Era solo questione di tempo» tirai su col naso e trattenni le lacrime che minacciavano di scendere.

Alla fine, ero stata una codarda e non avevo lottato per la nostra relazione. Avevo fatto come quel signore che avevo incontrato all'ospedale.

Quella volta gli avevo detto che per me e Theodore sarebbe stato diverso, che non saremmo finiti in quel modo. Ora mi ricredetti.

«E poi la regina mi ha minacciata di condannarvi a morte, se avessi anche solo provato a non lasciare Thed.»

«È proprio una strega senza cuore» affermò la mia amica.

«Mi dispiace sorellona, davvero. Non ti meritavi un trattamento così dopo tutto quello che hai fatto per loro.»

«Non importa. Capisco la decisione della regina. Dopotutto l'ho ingannata.»

Aileen venne da me e mi abbracciò, singhiozzando. «Dove andrai adesso?»

«Mi recherò a Keasiria e poi deciderò dove andare. Qualcosa troverò.»

«Vengo con te.»

«Non essere sciocca» la guardai negli occhi e le asciugai le guance «devi mandare avanti la caffetteria e devi tenere d'occhio Ethan per me mentre non ci sono. Te lo affido.»

«Ehi! Non sono un bambino!»

Ma vidi che anche lui stava piangendo.

«Forza, vieni» lo abbracciai.

«Promettete che verrete a trovarmi?»

«Ovviamente lo faremo» risposero quasi insieme.

Rimanemmo tutti e tre abbracciati insieme fino a quando non bussarono alla porta.

Mi girai e vidi mi madre che mi guardava sulla soglia.

«Mamma!»

«Ali...»

Le andai incontro e la abbracciai. Lei era circa cinque sei centimetri più bassa di me ma, nonostante questo, dalla sua persona traspariva fierezza e orgoglio.

Un tempo era stata la donna più bella del regno. Poi l'età aveva fatto il suo corso, ma anche adesso era stupenda e non dimostrava gli anni che aveva, malgrado i lavori estenuanti che faceva.

Mi guardò con i suoi occhi celesti come il mare e disse: «Vieni qui dieci minuti.»

La seguii in salotto. Ethan ed Aileen fecero finta di non ascoltare. Li fulminai con lo sguardo.

Ci sedemmo sul divano.

«Mamma...» mi imbarazzava doverle dire che ero stata cacciata da Solaris «temo che dovrò partire fra poco. Ho l'aereo che parte tra un'ora.»

Un groppo in gola mi impedì di continuare.

«Oh, tesoro...»

«Ho fatto un casino, mamma. La regina mi ha esiliata per alto tradimento. Mi dispiace tanto» scoppiai in lacrime e le misi la testa sulla spalla. Mi accarezzò la schiena lentamente e dolcemente fino a quando non ebbi più la forza di piangere. Fino a quando non mi rimase solo una profonda delusione e tristezza.

«Non dire così. Non mi hai mai delusa.»

«Neanche quando prendevo gli abiti di Ethan per andare a combattere senza dirvi niente?»

Oramai avevo raccontato tutto anche ad Ethan e alla mamma.

Scosse la testa. «Nemmeno per quello. So che il combattimento è la tua vita e non ti ho fermata quando andavi in quella palestra né quando hai deciso di rischiare tutto, diventando il bodyguard del Principe Ereditario solo per aiutarci finanziariamente. Sono solo arrabbiata con me stessa per averti costretta a metterti in pericolo.»

«Tu non c'entri. L'ho deciso da sola. Non sopportavo l'idea di saperti sempre a lavoro giorno e notte. E poi, sinceramente, volevo farlo. Lo volevo tanto perché così mi sarei sentita più vicina a papà.»

«Arthur sarebbe stato orgoglioso di te. Si vantava sempre con i suoi amici di avere una figlia così brava nelle arti marziali. Diceva che un giorno lo avresti potuto battere.»

«Ma ho rovinato tutto.»

«Tutto si può aggiustare.»

Mi asciugò le lacrime e mi tolse i capelli dal viso.

«Non questo. Ho tradito la fiducia del principe. Non mi vuole più vedere. Adesso mi odia.»

«So che è difficile, ma sono sicura che prima o poi riuscirete a chiarirvi.»

Annuii, anche se non ne ero così tanto sicura.

«Lo spero tanto.»

«Forza adesso. Tirati su, Alisa. Non ho allevato una figlia che si piange addosso. Sei stata all'accademia Wedarts per dieci anni. Non dirmi che non sai affrontare le difficoltà.»

Mi alzai. «Hai ragione. Sono forte e riuscirò ad affrontare anche questo. Ma non potrò più tornare a Solaris fino a quando la regina non cambierà idea.»

Se l'avrebbe cambiata.

«Vorrà dire che verremo noi a trovarti» mi sorrise in un modo che non vedevo da molto tempo. Dalla morte di papà.

«Mi dispiace...»

«E di cosa?»

«Per aver condannato a morte papà. So che non dovevo andare in quel magazzino, ma l'ho fatto comunque per dimostrarvi che ero capace di combattere in maniera eccellente.»

Mi morsi un labbro. Non avrei dovuto nominare papà con mia madre. Le poche volte che lo avevo fatto, le era presa una crisi isterica e per poco non eravamo dovuti correre in ospedale.

Ma stavolta, stranamente, mi sorrise, le sue mani ruvide e calde presero le mie e disse: «Sciocchina. Non è stata colpa tua. Quello di tuo padre è stato un terribile incidente, ma anche lui in quel periodo non era tranquillo: mi diceva sempre di stare il più possibile a casa e di uscire sempre con qualcuno. Aveva paura di qualcosa, ma non mi disse mai nulla. Quindi probabilmente quel giorno non era neanche in sé ed è per questo che è rimasto ucciso. Non devi attribuirti la colpa perché non ne sei responsabile. Tuo padre sarebbe d'accordo con me. Non rovinarti la vita per questo, Ali. Non farlo».

«Ma vi ho condannati a questa vita!» esplosi, incapace di calmarmi.

Mi accarezzò una guancia e il suo gesto stranamente mi fece rilassare. «Non sei stata tu a farlo, tesoro. In un modo o nell'altro i soldi erano finiti e tuo padre non era più in grado di lavorare. Ci saremmo comunque ritrovati in questo stato con o senza l'incidente.»

Continuavo a pensare che, se non fosse stato per me, papà sarebbe stato ancora vivo, ma dentro mi sentivo improvvisamente più calma. Il rimorso e i sensi di colpa si erano attenuati un poco.

Le sorrisi. «Grazie.»

«E per cosa?»

«Per tutto. Ti voglio tanto bene.»

«Anch'io ti voglio tanto bene, tesoro. Vieni qui» mi avvolse in un abbraccio e io mi ci lasciai andare, dimenticandomi per un istante tutti i problemi e i rimorsi che mi attanagliavano lo stomaco in una morsa sempre più forte ad ogni minuto che passava.

...

«Il volo 143 Solaris-Keasiria sta per partire. Questa è l'ultima chiamata.»

Ero all'aeroporto già da un'ora, ma avevo aspettato l'ultimo momento per salire come se facendo così potessi cambiare quello che era successo.

Scossi la testa per togliermi dalla mente ogni desiderio che mi stava affiorando e mi affrettai verso l'aereo.

Arrivai sopra e mi sedetti al mio posto in terza classe. Tirai fuori le cuffiette e chiusi gli occhi per lasciarmi avvolgere da quella dolce melodia. Cercai di non pensare che già una volta ero salita su un aereo insieme al principe. Scacciai quel pensiero per non sprofondare ancora di più nella disperazione.

Per distrarmi, tirai fuori la fotografia che raffigurava mio padre, Anselm e Rodrick. Accarezzai la figura di mio padre, chiedendogli di darmi la forza per affrontare il futuro.

La osservai attentamente, immaginando il momento in cui era stata scattata: papà sarà stato felice? Ero sicura di sì.

Stavo per metterla via, non appena annunciarono che il volo stava per partire da lì a qualche minuto.

Inspirai profondamente quando notai un particolare nella foto che prima mi era sfuggito: sul collo di Anselm c'era un tatuaggio, lo stesso che avevo visto sul collo di Connor qualche tempo fa. Guardai meglio, ma non c'era niente da fare. Era proprio quello: una corona attraversata da una freccia.

Perché Connor e Anselm avevano lo stesso tatuaggio? Una coincidenza? Non era possibile. E poi Anselm era scomparso già da tempo. Cosa c'entrava Connor con lui?

Mi sembrava di averlo rivisto. Ne ero sicura.

La testa mi rimbombava, ma non potevo smettere di pensarci. Non quando c'erano in ballo centinaia di vite.

Chiusi gli occhi, ignorando le hostess che raccomandavano di allacciarsi le cinture perché tra due minuti saremmo partiti.

Aprii gli occhi di scatto.

Ricordavo chiaramente dove avevo rivisto il tatuaggio. Mi vennero i brividi e per poco non mi sentii male.

Dovevo fare qualcosa. Qualunque.

Mi alzai in piedi. «Aspettate!»

Tutti si girarono a guardarmi. Li ignorai e corsi verso lo sportellone.

«Ferma, signorina! Non puoi scendere ora» urlò un'hostess, rincorrendomi.

«È un'emergenza! Devo scendere.»

«L'aereo sta per partire. Vai a sederti.»

Mi buttai alla porta e iniziai a strattonarla. «Devo scendere. È una questione di vita o di morte. Non posso rimanere un minuto di più.»

Il panico si stava impossessando di me. «Vi prego. Non ve lo chiederei se non fosse davvero importante. Devo correre a palazzo ad informare la regina di una cosa fondamentale.»

Questo non era proprio vero, ma era meglio esagerare.

«Non posso farti scendere ora...»

«Vi prego... Devo davvero andare a palazzo. Ho delle informazioni importanti sugli attentati.»

La vedevo visibilmente perplessa e restia a credermi. «Signorina... questo è l'ultimo volo che la regina ha permesso di far partire prima di far chiudere definitivamente i confini.»

Lo sapevo. La regina aveva permesso di far ritornare a casa i turisti e altre persone che si trovavano a Solaris, ma questo era l'ultimo volo disponibile. Era un rischio troppo grande lasciare gli aeroporti aperti.

Se non avessi preso quel volo, per me sarebbe finita. Eppure, non mi importava.

La mia priorità era trovare lo Sterminatore e ormai c'ero molto vicina.

Arrivò il copilota nervoso e agitato. «Che succede qui? Perché state urlando?»

«Devo scendere. Ho delle informazioni sugli attentati da dire personalmente alla regina.»

«Apri. Lasciala andare» disse dopo qualche minuto di esitazione.

«Vi ringrazio moltissimo, signore.»

L'hostess aprì il portellone e per poco non mi buttai di sotto.

«Aspettate! Non ci sono le scalette!»

Intanto altre persone erano venute a guardare.

In un rapido salto raggiunsi il pavimento. Iniziai a correre, non preoccupandomi neanche di riprendere la valigia.

Ritornai all'aeroporto e mi sedetti un secondo a riprendere fiato. Tirai fuori il telefono e pensai di chiamare Theodore. Poi pensai che probabilmente non mi avrebbe risposto e che di sicuro non avevo il coraggio di affrontarlo, nemmeno per gli attentati.

Così, chiamai Kendrick.

Mentre il telefono squillava, il cuore mi batteva fortissimo e non facevo che riordinare insieme i pezzi del puzzle che ero sempre più vicina a risolvere.

Non rispose nessuno. Lasciai un messaggio in segreteria: «Kendrick, sono Ethan... ormai avrai saputo che tua madre mi ha esiliato a seguito... be'... di alcune foto che mi ritraggono con Theodore mentre ci... ecco... Comunque non è questo il punto. C'è una cosa che dovevo dirti da molto tempo ed è che... Ethan non è il mio vero nome o meglio... è il nome di mio fratello gemello. Mi chiamo Alisa, in realtà. So che sarai arrabbiato con me dopo questa rivelazione, ma aspetta e ascolta il messaggio fino alla fine: ho scoperto una cosa grossa, davvero grossa sugli attentati e c'entra con la tua guardia del corpo, Connor, e sono certa che lui è immischiato in tutta questa storia e con lo Sterminatore, il capo dei ribelli. Sono ancora a Solaris, ma non possiamo incontrarci ancora. Di' a Theodore quello che ti ho detto, anche se non vorrà sentire il mio nome. Mi dispiace se non ti posso dire di più, ma non ho molto tempo. Devo andare ad incontrare Connor per fermarlo prima che sia troppo tardi».

Dopodiché chiamai Connor.

«Ethan!»

«Incontriamoci.»

«Credevo che te ne fossi andato.»

«Non ancora. Ho bisogno di parlarti.»

Attese qualche secondo. «Va bene. Quando?»

«Fra mezz'ora in via Seaworld. Lì c'è un parchetto isolato dove potremmo parlare tranquillamente.»

Riattaccai.

Mi sentivo scombussolata, ma piena di energia e di rabbia. La talpa del castello mi era stata per tutto il tempo vicino e non me ne ero nemmeno accorta!

Quanto ero stata cieca?

Adesso davo un senso a tutte quelle volte che avevo visto Connor freddo e distaccato. Aveva sempre un'espressione glaciale che mi dava i brividi.

Mi sentii una vera stupida: come avevo fatto a non capirlo prima? Tutti gli indizi erano davanti a me.

Questa volta non mi sarebbe scappato!

Raggiunsi il parchetto circa cinque minuti prima e così mi sedetti su una panchina per riordinare le idee. Non c'era nessuno oltre a me.

Alle dieci esatte lo vidi arrivare, sbracciandosi per farsi vedere. Per fortuna ebbi l'accortezza di rimettermi il travestimento che tenevo in uno zainetto dietro le spalle.

Per il momento feci finta di niente.

«Ehi, Connor...»

«Ciao, Ethan! Come stai?» disse, sedendosi.

«Abbastanza bene.»

Aveva in mano due bicchieri. «Credevo che fossi andato via.»

«Dovevo prendere l'aereo, ma sono sceso perché dovevo parlarti urgentemente.»

Dal suo sguardo non traspariva nemmeno una traccia di paura o di sospetto.

«Prima tieni questo frullato alla fragola. L'ho preso poco fa.»

Se credeva che l'avrei bevuto, si sbagliava di grosso.

«Grazie.»

«Ebbene? Cosa dovevi dirmi di così urgente?»

La sua tranquillità mi stava facendo esplodere. «Ho scoperto chi è la talpa del castello reale.»

Il suo sguardo vacillò per un secondo, prima di ritornare come prima. «Davvero? Ma questa è una notizia fantastica! E perché non sei andato direttamente a palazzo?»

«Ora basta, Connor! Parliamoci chiaro. So chi è la talpa e lo sai anche tu. Non importa che continui a fingere. So che sei tu.»

Con la mano girò il bicchiere. Non sembrava spaventato o scioccato dalla mia scoperta. Perché era... divertito?

«È vero. Sei stata brava, Alisa Allen.»

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