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CAPITOLO 40

«Da quello che ho scoperto risulta che Anselm Turner ha frequentato in gioventù persone poco raccomandabili, ma che, nonostante ciò, si è tenuto sempre fuori da guai, tranne una volta che ha dovuto scontare una piccola pena in carcere per aver fatto una rissa in un bar. Ma a parte questo niente di sospetto.»

«E quando spariva per settimane dove andava?» domandai a Thomas con il fiato sospeso.

«Non sono riuscito a trovare niente. È stato bravo a nascondere le sue tracce. Solo...»

«Cosa?»

«So per certo che si recava fuori dai confini di Solaris, ma ogni volta in un punto diverso. Poi più niente. Le sue tracce spariscono. Sembra quasi che non sia mai esistito.»

Un autentico buco nell'acqua.

Thomas notò la mia espressione delusa e mi mise una mano sulla spalla. «Non preoccuparti. Qualcosa troveremo. Un uomo non può scomparire così nel nulla, no? Prima o poi scopriremo la verità.»

Il problema era che il re non aveva tutto quel tempo.

«Il principe è al castello?»

Fece di sì con la testa. «L'ho lasciato nella stanza del re.»

Erano più di due settimane che avevamo fatto ritorno a Solaris e il sovrano aveva avuto un peggioramento. Era da allora che non vedevo quasi più Thed perché se ne stava al capezzale del re per ore.

Nelle poco tempo che lo vedevo, mi era sembrato l'ombra di sé stesso: era sempre giù di morale e si irritava per qualsiasi cosa. Non mangiava quasi per niente ed erano vani i tentativi di Thomas di fargli mettere in bocca qualcosa.

Si sforzava solo con me e così ogni giorno gli portavo i piatti in camera del re e quasi lo costringevo a buttare giù il cibo.

Provavo anche a farlo ridere e a tirargli su il morale.

Le prime volte aveva provato a cacciarmi, ma vedendo che non mi arrendevo, alla fine aveva desistito.

Malgrado i miei sforzi, però, non lo vedevo migliorare più di tanto.

Sarei voluta rimanere insieme a lui per dargli conforto e invece, per mia grande fortuna, dovevo adempiere alla mia punizione che la regina mi aveva dato un paio di mesi prima.

Fino a quel momento ero riuscita a evitarla, ma ero guarita e il nostro viaggio si era concluso. Ormai niente poteva salvarmi.

E perciò erano già due settimane che sorvegliavo le vie di Firststar come una semplice guardia. Ero insieme a dieci ragazzi più o meno della mia stessa età con a capo un uomo sulla quarantina che mi guardò con disprezzo sin dal mio primo ingresso.

La prima cosa che mi disse fu: «Spero che questa tua permanenza qui possa schiarirti le idee e farti concentrare meglio sul tuo compito, Allen».

Avrei tanto voluto rispondergli a tono, ma optai per ingoiare l'affronto per evitare di peggiorare la mia situazione.

«Lo farò, signore.»

Da quel momento in poi non mi disse più nulla.

E io non gli detti motivo di farlo.

«Digli che probabilmente non potrò tornare questa sera» dissi a Thomas.

«Non credo che la prenderà bene.»

«Non è colpa mia se mi fanno fare anche il turno serale oggi!»

«Va bene, va bene. Glielo dirò.»

Ricominciammo a pattugliare sotto il sole cocente di fine maggio. Avevo la parrucca caldissima e sotto i capelli legati stretti mi prudevano un sacco. Il sudore mi colava giù dal collo e sotto la divisa. Le armi pesavano, ma per fortuna ero abituata a questo genere di temperature: spesso quando ero all'accademia ci avevano fatto restare in piedi sotto il sole di agosto per ore senza acqua né cibo con almeno dieci chili di armi addosso. Qualcuno era crollato, ma io resistevo sempre fino alla fine.

Subito dopo ci facevano fare una corsetta e poi ci mandavano in classe a fare lezione.

All'inizio era stata veramente dura, ma poi ci avevo fatto l'abitudine e cinque o sei ore non le sentivo neanche più.

E così era anche in quel momento: sudavo e mi sentivo tutta appiccicosa, ma non stanca.

Le strade erano tranquille. Le persone passeggiavano allegramente mentre si dirigevano verso i negozi o verso le abitazioni.

Nell'aria sentivo profumo di fiori provenienti dal campo e la musica di sottofondo che animava le vie. Gli uccellini cantavano una dolce melodia sopra gli alberi e, per un attimo, godendomi quel suono, mi dimenticai di tutto il caldo che stavo provando.

Poi un'auto ci ostacolò il cammino.

Sopra il tettuccio c'era la bandiera di Solaris. Sapevo che era la macchina di Sua Altezza ben prima di vederlo scendere.

Ci inchinammo con un ginocchio poggiato per terra.

Thed era vestito bene, portava i capelli all'indietro tenuti con il gel e aveva un'espressione glaciale in volto.

Era tanto che non lo vedevo così e per un secondo stentai a riconoscerlo.

Mise le mani dietro la schiena e si rivolse al nostro capo: «Buongiorno, signore. Voglio vedere il mio bodyguard.»

Il suo tono era troppo calmo. Un orecchio attento avrebbe percepito una minaccia velata.

«Allen suppongo, Vostra Altezza.»

Tutti si girarono a fissarmi e io sarei voluta sprofondare.

«Proprio lui.»

«Adesso Ethan Allen è in servizio e non è consono che lasci la sua posizione.»

Sbuffò e sentii che l'aria si stava surriscaldando più di quanto già non fosse. «Decido io se il mio bodyguard deve stare in servizio o meno, signore. Trovo assurdo che debba fare il turno serale quando ha ben altri compiti da portare a termine.»

«Sua Maestà ha dato specifiche indicazioni. Non posso andare contro un suo ordine diretto.»

«Neanche se ve lo ordina il Principe Ereditario?»

Lo vidi combattuto. Capivo come si sentiva. Non poteva opporsi alla regina, ma neanche guadagnarsi l'odio del Principe Ereditario.

Era tra due fuochi e in un modo o nell'altro ne sarebbe rimasto bruciato. A meno che non intervenissi.

«Vostra Altezza.»

Vedendomi, i suoi occhi si illuminarono. In due rapide falcate mi raggiunse. «Ethan!»

«Vostra Altezza» ripetei.

«Forza, andiamo. Non puoi fare il turno serale. Non lo permetterò.»

Feci un passo indietro. «Non posso disubbidire alla regina.»

«Non preoccuparti di questo. Parlerò io con mia madre.»

«Non posso comunque. Vostra madre è stata chiara: o sconto la mia pena per intero, oppure posso dire addio alla mia posizione.»

Contrasse la mascella. «Sai bene che non hai fatto niente per meritarlo.»

«Non importa. Devo farlo e lo farò. Con o senza il vostro consenso.»

Nessuno fiatava. Erano tutti sicuri che dopo un simile affronto, il principe si arrabbiasse e me la facesse pagare.

Qualcuno sgranò gli occhi, altri li socchiusero e qualcuno si allontanò come per ridurre la furia di Thed.

Ma lui, invece, sospirò sconfitto e incrociò le braccia. «Devi sempre andarmi contro, eh? Avrei preferito avere il mio bodyguard al castello per proteggermi, ma se lui preferisce rimanere al freddo della notte, non posso di certo impedirglielo.»

Girò sui tacchi e si allontanò. Chiuse la portiera della macchina e partì a gran velocità.

Rimasi a fissare l'auto che se ne andava, fino a quando il capo non venne da me. «Sei stato un incosciente, Allen. Avrebbe potuto considerare il tuo affronto come un'offesa e sbatterti in prigione, altro che licenziamento.»

«Lo conosco bene. Per quanto appaia freddo e tagliente, è una persona che non metterebbe mai in carcere qualcuno che non se lo merita. Ha un buon cuore. Non lo avrebbe mai fatto.»

«Se lo dici tu... Puoi andare ora.»

Mentre gli passavo davanti, non potei evitare di vedere un leggero sorrisetto che gli era spuntato agli angoli della bocca.

...

Erano le ventitré di sera e in effetti l'aria si era raffreddata notevolmente. Soffiava un venticello freddo che mi fece venire i brividi in tutto il corpo.

Ad un certo punto, notai il principe Kendrick che mi veniva incontro. «Ethan!»

«Ken... che ci fai qui?»

Il resto del gruppo mi guardò stranito. Ops... forse mi ero dimenticata di chiamarlo con il suo titolo e di usare il "voi". Ma comunque era stato lui a dirmi più volte di non essere formale nei suoi riguardi.

Li ignorai.

«Ho pensato che questo fosse un momento perfetto per invitarti a bere qualcosa in un bar qui vicino. A che ora stacchi?»

«Tra mezz'ora.»

«Perfetto. Allora ti aspetto qui nelle vicinanze.»

Non appena se ne andò, i ragazzi mi dettero alcune pacche sulle spalle. Poi uno di loro si rivolse a me: «Non pensavo che fossi così in confidenza sia con il Principe Ereditario che con il generale.»

«È vero!» iniziò un altro «dovresti dirci il tuo segreto!»

«Non c'è nessun segreto» mi affrettai a puntualizzare.

«Non è possibile! In qualche modo ti devi essere ingraziato entrambi.»

Avevo i loro sguardi puntati addosso e mi sentii arrossire per la vergogna. Ero a disagio e non sapevo come rispondere dato che non sapevo neanche io come avevo fatto ad "ingraziarmeli". E se anche lo avessi saputo, di certo non sarei andata a dirlo a loro.

Grazie al cielo, il capo guardò torvo il gruppo di ragazzi e loro si rimisero in fila senza aggiungere nulla.

«Se non sbaglio siete ancora in servizio. Per i pettegolezzi dovrete aspettare di avere finito. Ci siamo intesi?» il suo tono era severo e non ammetteva repliche.

Da lì in poi nessuno osò dirmi più niente.

...

«E così ti hanno domandato perché sei così in confidenza con me?» esclamò Ken, tracannando il secondo bicchiere di champagne.

Eravamo in bar piccolo ma accogliente, dove nessuno sembrava conoscere il volto di Sua Altezza.

Anch'io avevo già bevuto il secondo bicchiere di vodka, ma ancora mi sentivo lucidissima.

«Sì... ma poi il capo li ha ripresi e così non ho potuto dire niente.»

«Altrimenti cosa avresti detto?»

«Che non sapevo perché mi tratti con così tanta confidenza. Tu che cosa risponderesti ad una domanda così?»

Si mise a ridere. «In realtà non lo so nemmeno io.»

«Allora siamo a posto!» buttai giù il terzo bicchiere e ne chiesi un quarto al barman.

«Sai, Ethan... mi ricordi molto Thed.»

«Davvero? Che cosa avrei in comune con lui? Non è che ti stai ubriacando?»

«No, no dico sul serio. Mi ricordi davvero lui. Avete modi di fare simili, siete impulsivi, testardi, ma allo stesso tempo avete un grande cuore. Sai... quando Thed non mi detestava avevamo un rapporto d'amore e odio: litigavamo spesso e di solito ero io ad andare da lui a chiedergli scusa. A volte, dopo una litigata, senza farsi vedere, mi lasciava nel piatto un pezzo del suo cibo preferito oppure lasciava in camera mia un suo giocattolo. Forse è per questo che sono entrato così in confidenza con te: mi ricordi molto lui negli anni in cui non ce l'aveva a morte con me.»

«Non ti ho mai lasciato niente nel piatto.»

«È vero, ma ho visto come ti stai impegnando per aiutare la mia famiglia a scovare gli attentatori e a salvare nostro padre. È davvero nobile da parte tua e spesso mi chiedo perché lo stai facendo.»

«Sento che lo devo fare. È una cosa che riguarda tutta Solaris e ormai mi ci sento immerso fin sopra il collo.»

Nel vero senso della parola.

Approfittai dell'argomento per togliere finalmente ogni sospetto che nutrivo nei suoi confronti. Cercai di concentrarmi, nonostante la testa cominciasse a essere più leggera e a girarmi. «Ken... potresti dirmi che cosa ci facevi la sera dell'incendio a Solaris? E negli altri posti che ha detto Theodore?»

Bevve un lungo sorso di champagne e lo appoggiò delicatamente sul bancone. Ingoiò pesantemente e si girò dall'altra parte. Credetti davvero che non mi avrebbe più risposto e che avessi distrutto l'atmosfera che si era creata. Stavo per chiedergli scusa, quando lui parlò: «E così hai anche te dei sospetti...»

Misi le mani in avanti. «No, no! Non è così. È solo che devo escludere il maggior numero di persone.»

«Non devi dire niente. Hai ragione a dubitare di me, dopotutto è vero quello che dice Thed: c'ero nei giorni in cui sono avvenuti gli attentati, ma non per il motivo che pensa lui. Ero arrivato in anticipo perché dovevo davvero risolvere dei problemi con gli approvvigionamenti dell'esercito. Però non è l'unico motivo... quella notte ero in quella palestra per scaricare l'agitazione che avevo in corpo.»

«E come mai?»

«Nell'accampamento, tre settimane prima di ritornare a casa, era scoppiata una lite improvvisa tra alcuni soldati e una decina di loro hanno iniziato a combattere. I viveri erano finiti e si davano la colpa a vicenda, capisci? Il problema è che uno di questi ha esagerato e ha ferito un soldato che poi ho scoperto colpevole della scomparsa del cibo. Lo aveva venduto al nemico e il ricavato lo aveva speso nelle scommesse. Erano più volte che lo minacciavo di buttarlo fuori, ma a lui non interessava perché, venendo da una famiglia nobile, era sicuro di essere intoccabile. Alla fine, però, quest'altro soldato lo ha ferito gravemente. So che lui è una brava persona e che è stato solo uno sfortunato incidente; perciò, ero in città a mettere a posto la faccenda. Non c'entro niente con gli attentati, Ethan, davvero.»

Stranamente gli credevo. Sarà stata colpa dell'alcool o del suo tono della voce, ma ero sicura che quello che aveva appena detto fosse la verità. Kendrick non si sarebbe mai mischiato con i ribelli. La sua confessione non fece che confermare quello che già, in cuor mio, sapevo.

Sospirai sollevata e finalmente mi sentii sciogliere un peso che mi gravava sul cuore.

«Ti credo, non preoccuparti. Sei riuscito a risolvere?»

Annuì abbozzando un sorriso. «Ho parlato con la famiglia e li ho convinti a non sporgere denuncia. Per fortuna il nobile adesso è fuori pericolo e si sta riprendendo. Ovviamente il soldato dovrà essere punito adeguatamente, ma ci penseremo più avanti alla punizione più adatta. Sono rimasto d'accordo con la famiglia di pagare una somma proficua per le cure e per il risarcimento.»

«Di quanto?»

«500000 monete d'oro. D'altro canto, loro hanno promesso di risarcire l'esercito degli approvvigionamenti e di punire il figlio adeguatamente.»

«E perché non volevi che nessuno lo sapesse?»

«Volevo risolvere la situazione senza mettere in mezzo mia madre. Non volevo creare scompiglio più di quanto non si fosse creato e così sono sempre rimasto vago su quello che facevo qui a Solaris.»

«Glielo dirai?»

«Certamente. Sono stato già da mia madre e le ho detto tutto quello che ho fatto. Lei era risentita per il fatto di non averla coinvolta, ma poi ha detto che ho dimostrato di essere un buon generale.»

«E con tuo fratello?»

Abbassò la testa. «L'ho detto anche a lui prima di venire da te... all'inizio non mi credeva e così ho dovuto mostrargli alcune prove. Alla fine, ha accettato il fatto e ha mormorato alcune scuse.»

«Ma crede ancora che sia stato tu quello che ha danneggiato l'aereo su cui viaggiava Xavier?»

Annuì. «Penso che nessuno possa togliergli dalla testa questa convinzione.»

A meno che non scoprissi la verità.

Restammo nel bar a bere ancora e dopo l'ottavo bicchiere di vodka e dopo due di champagne, avevo la testa leggerissima e le gambe non mi reggevano più. Mi girava tutto e non riuscivo più a formulare dei pensieri coerenti.

«Tuo fratello è davvero bellissimo» bofonchiai, chiudendo gli occhi e facendo una risatina.

«Lo credi davvero?»

«Oh, sì... E siccome lui è bellissimo, anche tu non sei niente male» gli misi una mano sulla spalla.

«Mi fa piacere sentirtelo dire. Neanche tu sei niente male.»

«Grazie...» misi il gomito sul bancone e sulla mano aperta ci appoggiai il mento.

Continuai: «Una volta Thed mi ha detto che volevi conquistarmi perché ti piacevo.»

Cercai di guardarlo negli occhi, ma la luce del bar mi dava troppo fastidio.

Notai il suo irrigidimento sulla sedia.

«Aveva ragione?»

«All'inizio sì. O meglio... pensavo di sì. Poi ho capito che i miei sentimenti non erano amore, ma soltanto una profonda affinità che neanche io sapevo da dove provenisse. Ero molto confuso in quel periodo. Adesso non più. Per me sei un grande amico, Ethan, e niente di più.»

Parlai senza neanche riflettere: «Menomale, allora. Sei anche tu un grande amico per me, ma niente di più. Il mio cuore è già impegnato» portai una mano sul petto, proprio nel punto dove il cuore batteva.

«Con Thed?»

Che guaio avevo fatto? Che mi passava nel cervello? Perché lo avevo detto? E cosa avrei risposto ora? Non riuscivo neanche più a mettere insieme due parole.

«No, no! Come potrei? Lui è il mio cliente» tirai su il braccio e poi lo feci ricadere giù.

Non lo vidi del tutto convinto. «Ho visto come vi guardate.»

«E come ci guardiamo?»

La nostra conversazione fu interrotta dall'arrivo dell'ennesimo bicchiere che avevo ordinato. Lo presi e me lo portai alla bocca prima che Ken me lo rubasse di mano.

«Basta bere. Sei ubriaco.»

Come a dargli la conferma, mi venne il singhiozzo.

Mi prese il polso e mi fece alzare. «Dai andiamo. È ora che tu ti riposi.»

«Noooo! Sto benissimo. Non sono u-u-ubriaco.»

Barcollai in avanti e per poco non caddi. «Certo che lo sei. Forza andiamo.»

«Ma tu n-n-on l-o sei.»

«Perché so quando fermarmi.»

Mi mise il braccio sopra le sue spalle e mi aiutò ad uscire dal locale.

«Posso benissimo andare a casa da solo.»

Perché il cielo girava?

«Se Thed lo venisse a sapere non me lo perdonerebbe mai.»

«Ma lui non è qui» provai a restare lucida, ma era difficile quando le voci mi arrivavano ovattate.

«Come no? Sono qui.»

Una figura scura mi piombò all'improvviso davanti tanto da farmi urlare dalla sorpresa.

«A lui ci penso io. Non preoccuparti. Tu vai a casa.»

«Ne sei sicuro?»

«Sicurissimo. Lo porto a letto.»

Sì. Mi ci voleva proprio un bel letto su cui dormire.

Osservai Sua Altezza e mi scappò da ridere.

«Perché ridi?»

«Sei così buffo quando sei arrabbiato.»

Ritornai seria. «Perché sei arrabbiato?»

Mi ignorò e mi sollevò in braccio. «Mettimi giù!»

Per quanto mi sforzassi di ribellarmi, non avevo forze.

Chiusi gli occhi e quando li riaprii Kendrick non c'era più. La testa mi faceva malissimo e mi veniva da vomitare.

Eravamo in macchina e Thed era al posto del guidatore. «Stai meglio?»

«Sto bene.»

Sbuffò irritato.

«Sei arrabbiato?»

«A te cosa sembra?»

Gli puntai un dito contro. «Non puoi impedirmi di uscire con tuo fratello.»

«Credi che sia arrabbiato per questo?»

«E allora per cosa?»

Strinse le mani al volante. «Non importa... Pensa a tornare in te.»

«Sono già in me.»

Dopo pochi secondi, il desiderio di vomitare divenne una necessità. «Fermati.»

«Perché?»

«Devo vomitare.»

«Cosa?! Adesso?!»

Misi una mano sulla bocca.

«Aspetta! Siamo quasi arrivati.»

Troppo tardi. Vomitai tutto per terra.

Una stanchezza asfissiante mi pervase anche l'anima.

Chiusi gli occhi solo per un secondo, il tanto che bastava per non vedere la faccia del principe.

Fu più di un secondo.

...

«Ali... Ali... Alisa!»

Mi svegliai di botto. La superficie su cui ero appoggiata era morbida e riconobbi la camera del principe. Ero stesa sul suo letto.

La testa mi doleva tantissimo. Era come se centinaia di spilli mi si fossero conficcati nel cranio.

Anche le altre parti del corpo erano intorpidite.

Non mi ricordavo granché della sera prima, solo alcune parti di quando conversavo con Ken. La sua confessione era tra le cose che rammentavo perfettamente. Per fortuna.

Il resto era velato da un'ombra scura che mi annebbiava la mente.

Misi a fuoco la camera e notai subito Thed davanti al letto seduto su una sedia con l'accappatoio infilato addosso.

Mi coprii totalmente con la coperta, sperando che non mi avesse notata.

«Dormito bene, mia principessa?»

Lentamente mi scoprii e cercai di tirarmi su. «Sì. Perché sei vestito così?»

Le guance scottavano e ormai non era più dovuto all'alcool della sera prima.

«Non ti ricordi?»

Scossi la testa.

«Be' ieri sera, dopo che sono gentilmente venuto a raccattarti da un bar ubriaca fradicia, hai vomitato nella mia macchina e poi, quando ti ho preso in collo per portarti dentro il castello, lo hai rifatto addosso ai miei vestiti. Così ti ho messa a letto e poi sono andato a farmi una doccia.»

Evitando di commentare quello che avevo fatto, dissi: «E perché non ti sei ancora rivestito?»

«Volevo farlo, ma poi ho preferito rimanere a controllarti per evitare che facessi qualche altro disastro.»

«Non era necessario.»

In risposta ebbi solamente un sorrisetto divertito.

«E Kendrick?»

«Suppongo sia a casa sua.»

«Perché eri arrabbiato ieri sera?»

«A parte il fatto che ti sei ubriacata in un bar in mezzo al nulla?»

«Ti ho dimostrato più volte che so badare a me stessa» risposi seccata.

«Credimi: ieri sera avresti scambiato una pistola per un delizioso dolcetto.»

Ero ridotta davvero in quel modo?

«C'era Kendrick insieme a me.»

«Anche lui non era proprio lucido.»

«Comunque...» cambiai discorso «che cosa ci facevi lì a quell'ora?»

«Il mio caro fratellino mi ha mandato un messaggio alle due di notte per dirmi di venirti a prendere perché lui non se la sentiva di guidare.»

«Pensi sempre che sia un ribelle?»

«So perché era a Solaris in quei giorni, ma rimane il fatto che ho trovato il pezzo di motore dell'aereo nella sua camera.»

«Forse qualcuno lo ha messo lì di proposito.»

«Forse...» sussurrò, non del tutto convinto.

«In ogni caso... alzati, dai.»

«Perché? Dove andiamo?»

«Devi prepararti per l'evento che si terrà fra un'oretta.»

Mi tirai su, incuriosita. «Che evento? Non era in programma niente oggi.»

«Non dirmi che preferisci rimanere nel mio letto tutta la mattina.»

Distolsi lo sguardo imbarazzata.

«Be' anch'io vorrei rimanere qui, ma credimi: questa cosa ti piacerà.»

«Di cosa si tratta?»

Mi alzai dal letto e mi detti una sistemata.

«Oggi io e Alexandra ci lasciamo ufficialmente durante una conferenza stampa.»

Rimasi spiazzata. Era oggi?

«Non ne sapevo niente.»

«È stato deciso all'improvviso. Non ho avuto modo di dirtelo.»

Non potei fare a meno di essere felice: finalmente Thed e lady Alexandra si sarebbero lasciati ufficialmente. Nonostante ciò, sicuramente ne sarebbe nato uno scandalo.

«Ci sarà da divertirsi.»

«Non hai paura dello scandalo?»

«Ovviamente mi dà fastidio che per un po' di tempo tutti i giornalisti ci staranno col fiato sul collo più del normale, ma per il resto non sono preoccupato dal momento che ho te.»

Mi scoccò un bacio sulla guancia.

Volevo avere il suo stesso ottimismo. Tuttavia, non potevo evitare di avere un brutto presentimento.

Vedendomi preoccupata, Thed disse: «Non starci troppo a pensare. Rilassati.»

La faceva facile lui.

...

Entrammo dentro una delle stanze del castello tutta arredata per la conferenza stampa. C'erano decine di giornalisti, telecamere e qualche sedia. Davanti a quest'ultime si stanziava una postazione dove sarebbero dovuti stare Thed e Alexandra.

«Tu aspettami qui» mi disse il principe mentre andava a parlare con alcuni giornalisti.

Dopo una decina di minuti, entrò la regina, i genitori di Alexandra e Alexandra stessa.

La lady era vestita con una camicetta e dei pantaloni neri, era truccata leggermente e teneva i capelli sciolti sulle spalle.

La sua espressione era indecifrabile, dura come la pietra.

Ci inchinammo tutti. La sovrana mi lanciò appena un'occhiata, mentre Alexandra mi scrutò senza battere ciglio. Non mi guardava più con disprezzo, almeno all'apparenza. Sapeva che se avesse continuato per quella strada, sarei stata ben felice di rivelare che assumeva droga. Per ora non lo avevo detto a nessuno, nemmeno a Sua Altezza.

Ma le cose potevano sempre cambiare.

La regina e i genitori di Alexandra si sedettero subito, mentre lei andò vicino a Theodore a parlare con i giornalisti.

Poi la conferenza stampa incominciò.

«Vostra Altezza» prese la parola la prima giornalista «ci avete detto di venire così all'improvviso perché dovevate fare una comunicazione importante con lady Alexandra. Di che cosa si tratta?»

Mi avvicinai di più per vedere meglio.

I fotografi scattavano foto e una telecamera riprendeva in diretta.

«Buongiorno a tutti. Oggi io e lady Alexandra vi abbiamo convocato per rendervi partecipi di una cosa che abbiamo deciso.»

Alexandra fece una smorfia, così fulminea che credetti di essermela immaginata.

«Io e Alexandra ci siamo lasciati. Abbiamo deciso di mettere un punto alla nostra relazione. Per questo, porgo le mie scuse a Keasiria, alla famiglia di Alexandra e a tutta Solaris per questa decisione improvvisa.»

Tutti i presenti si guardarono un attimo come per sapere se fosse uno scherzo.

Poi esplose il caos.

I giornalisti cominciarono a fare domande uno sopra l'altro e ad avvicinarsi di più; i fotografi sembravano impazziti: scattavano foto una dietro l'altra, tanto che non riuscivo più a vedere altro se non la luce del flash. Mi schermai gli occhi con la mano e notai le facce arrabbiate dei duchi e quella imperscrutabile della regina.

Un gruppo di guardie, che proteggeva la regina, intimò ai giornalisti di non rivolgersi alla sovrana, ma solo al principe.

Che bel modo di aiutarlo.

Thed era impassibile davanti alle innumerevoli domande che gli arrivavano. «Calmatevi, signori. Risponderò alle domande, ma solo una per volta.»

Nel giro di una manciata di secondi, la stanza affondò in una calma apparente.

Un giornalista prese la parola: «Il vostro fidanzamento con lady Alexandra doveva trasformarsi in matrimonio. Come mai avete deciso di lasciarvi?»

«Abbiamo capito che non eravamo fatti l'uno per l'altra e così abbiamo preferito non continuare con il fidanzamento.»

Si intromise un altro: «Ma questo matrimonio doveva servire per rafforzare i legami di Solaris con Keasiria in vista degli attentati che continuano ad infiammare il regno».

«I legami tra i due regni sono solidi anche senza matrimonio.»

I giornalisti, uno dopo l'altro, fecero delle domande. «Cosa vi succederà dopo la rottura?»

«Alexandra tornerà a casa. Ovviamente i nostri rapporti rimarranno ottimi.»

«Lady Alexandra... come avete preso questa rottura? È stata anche una vostra decisione?»

«Sua Altezza e io abbiamo capito che non era nostro desiderio sposarci e così abbiamo agito di conseguenza. Non mi pento di quello che ho fatto.»

Fredda e decisa. Dalle sue parole non traspariva neanche un'emozione. Eppure, era molto convincente. Per poco non ci credetti pure io.

«Vostra Altezza... non avete paura che questo improvviso cambio di programma possa destabilizzare gli equilibri, già molto precari, di Solaris?»

«Non capisco la domanda.»

«Non avete paura che così facendo possiate alimentare il dissenso e l'aumento dei casi di attentati?»

«Non capisco proprio come annullare il matrimonio con Alexandra possa aumentare il dissenso. È una cosa che riguarda solo noi e di certo non intaccherà il regno. Perciò i cittadini non devono preoccuparsi.»

«Ma di sicuro lo scandalo che seguirà, potrà essere utilizzato per danneggiare il regno» disse una giornalista davanti.

«Ho pensato anche a questo e ho provveduto a rafforzare la sicurezza ai confini e in ogni strada del regno.»

«Vostra Altezza... non avete pensato che i cittadini vogliano sapere perché il loro principe si sia lasciato con la sua fidanzata quando il mese prima apparivano così affiatati?»

Lo sguardo di Thed lo trafisse. «E cosa suggerisci, quindi?»

«Di rivelare il vero motivo della vostra rottura.»

«Ho già detto tutto quello che va saputo. Non ho annunciato altro che la verità.»

«Che cosa ne pensate, lady Alexandra? Perché sembra che a questa conferenza non abbiate parlato molto.»

«Sono d'accordo con Sua Altezza. Tutto quello detto fino ad ora, non è altro che la verità.»

E poi un altro: «Forse di mezzo c'è un'altra persona? Vostra Altezza... vi siete lasciato per stare con un'altra donna?»

Per la prima volta il suo sguardo vacillò. «Questo non ti riguarda.»

«Quindi è vero. Vi siete innamorato di un'altra e così avete lasciato lady Alexandra. E poi, con tutto il rispetto, riguarda tutto il popolo di Solaris il matrimonio del Principe Ereditario e futuro re.»

Tornò il caos più totale. C'era chi dava ragione al giornalista e chi continuava a tartassare il principe di domande. Istintivamente mi avvicinai di più al palco, come per proteggere Thed da eventuali minacce.

«Come vi siete sentita quando Sua Altezza vi ha tradita? Sapete con chi? È una nobile oppure una del popolo?»

Alexandra ridusse gli occhi a due fessure. «Non so di che cosa stai parlando. Thed non mi ha mai tradita.»

I giornalisti, però, non demordevano. Il caos era così tanto che non capivo più chi stesse parlando o quali fossero le domande.

Vidi Alexandra e Theodore in crisi e così non potei fare altro che andare dalla regina per pregarla di aiutarli.

«Sì, Ethan? Che cosa c'è?»

Non ero neanche arrivata da lei.

«Dovreste aiutarli.»

La duchessa sbuffò.

«Tu dici?»

«Non sanno più come fare.»

«Si sono messi loro in questa situazione e sono loro che devono risolverla.»

La situazione stava degenerando. «E se dovessero fare un disastro?»

«Tu che cosa proponi?»

La sua tranquillità mi stava mandando in bestia.

«Dovreste fermare la conferenza.»

«E diventare lo zimbello del mio stesso regno? Sei troppo ingenuo, Ethan.»

Guardai la duchessa e il duca in cerca di un supporto che, naturalmente, non arrivò.

Be' me lo aspettavo. Che cosa mai avrei potuto ottenere da gente come loro?

«Quindi non farete nulla?»

«Non per il momento.»

Me ne andai con il desiderio di sbattere i piedi per terra per la frustrazione.

Ritornai al mio posto, notando come il principe stesse cercando di far ritornare la calma, senza successo.

La gente era come impazzita.

Ed io mi sentivo impotente.

«Come possiamo fidarci ancora del nostro principe ed essergli leale, se è il primo a non essere leale verso la sua fidanzata?»

«Oppure» fece un altro «forse è stata Lady Alexandra a tradirlo.»

La situazione stava peggiorando.

Guardai un'ultima volta la regina, ma lei era fissa a guardare la scena impassibile.

Bene. Se lei non avesse fatto nulla, allora sarei intervenuta io.

Salii sul palco e mi misi davanti a loro, presi il microfono e sibilai: «La conferenza stampa finisce qui. Grazie per le domande, ma Sua Altezza e lady Alexandra hanno finito. Potete andare via tutti» riappoggiai il microfono e li trascinai giù, malgrado la folla continuasse a scattare foto e a parlare.

Il principe mi guardava con ammirazione, mentre Alexandra con stupore.

Be' dopo questa mia bravata probabilmente mi sarei aggiudicata altri tre mesi come semplice soldato a controllare la capitale, se non di peggio. Ma ne era valsa sicuramente la pena.

«Sei stato incredibile, Ethan!» esclamò Thed.

«Sì sì, niente male», aggiunse Alexandra.

«Ho fatto solo il mio dovere.»

«Vostra Altezza!» urlò Thomas con il fiatone, arrivando di corsa.

«Che succede, Thomas?»

«Dovete venire a vedere. È successa una cosa che non vi piacerà.»

Corremmo fuori. Vidi subito che qualcosa non andava. Le persone che erano dentro il castello, ora si trovavano fuori, tutti con un volantino stretto in pugno. Lo stesso per tutti.

Strabuzzai gli occhi. Dal cielo stavano piovendo decine di volantini.

Ne raccolsi uno e lessi le poche righe:

La Corona è tutta una menzogna. La regina vi tiene segrete un sacco di cose.

Volete un esempio? Il vostro caro re sta per morire.

Vi hanno sempre mentito e credono che siate dei poveri creduloni da ingannare spudoratamente.

A partire dal Principe Ereditario che ha preferito la sua felicità personale rispetto al bisogno del suo popolo.

Se volete davvero rimuovere il marciume che si annida dentro il castello reale, ribellatevi.

Impugnate le armi e seguiteci in una rivoluzione. Una guerra che metterà fine a tutti i vostri problemi. Sul trono ci deve stare una persona che ha davvero a cuore la sorte dei suoi sudditi. Una persona come il nostro signore.

Vogliamo la libertà.

Seguiteci se anche voi desiderate una Solaris più libera.

Una vita più libera.

Rabbrividii leggendo il volantino. Come era possibile che lo Sterminatore avesse fatto una cosa così? Che cosa ne sarebbe derivato? I cittadini lo avrebbero davvero seguito?

Thed accartocciò il volantino e lo ridusse a brandelli.

«Sono stati davvero furbi a far circolare questa spazzatura durante la conferenza stampa.»

«Che cosa intendete fare?»

«Thomas, vai a verificare da dove sono arrivati questi volantini e fai in modo di sbarazzartene il prima possibile. Trova anche la fonte e distruggila.»

«Sì, Vostra Altezza.»

«Alex... tu puoi andare a casa. È meglio se rimani con un profilo basso per alcuni giorni, il tempo affinché le acque si calmino.»

«Si potranno davvero calmare?» mormorò, andandosene.

Me lo chiedevo anch'io.

Mi avvicinai al principe, prendendogli una mano. «Non preoccuparti. Il popolo di Solaris sa bene che non devono seguire quei ribelli.»

«Me lo auguro, altrimenti sarà un vero disastro.»

...

I successivi due giorni li passammo a cercare di contenere lo scandalo che effettivamente era nato dopo la conferenza e dopo i volantini.

Tutti i giornali riportavano la notizia della rottura del fidanzamento tra Thed e Alexandra. Ma quello era il meno perché in prima pagina c'erano i seguenti titoli:

Possibile guerra civile all'interno del regno?

I cittadini impugneranno le armi?

La Corona reale del regno di Solaris è davvero destinata al tracollo? Questo "signore" prenderà davvero il potere?

Il re sta per morire?

Il palazzo era in agitazione e la regina aveva dato l'ordine di cercare i responsabili e di condannarli direttamente a morte.

Fortunatamente ancora non sembrava che la popolazione avesse preso sul serio gli annunci e per ora la situazione era in stallo. Ma per quanto?

Se davvero era in arrivo una guerra civile, chi avrebbe seguito i ribelli? La Corona sarebbe sopravvissuta?

Una sera, mentre ero in camera, venne il principe. «Posso entrare, mia principessa?»

Era tutto trafelato e ansimante.

«Che succede?»

«Thomas ha trovato la fonte di quella spazzatura. L'ha distrutta.»

«E gli artefici?»

«Alcuni di loro sono stati arrestati, ma si rifiutano di dire chi è il loro capo. Sono stati anche identificati. Nessuno di loro è nato a Solaris, ma ci hanno vissuto per gran parte della loro vita. Domani verranno giustiziati.

«Mia madre ha preparato l'esercito e ha rafforzato la sicurezza in tutti i posti. Ha chiuso i confini e adesso nessuno può entrare o uscire. Ha introdotto il coprifuoco e ha intimato a tutte le persone che, se prenderanno parte alla rivolta, verranno giustiziati immediatamente per alto tradimento. Gli ha anche detto di rimanere il più possibile a casa per la loro protezione. Qualcuno ha protestato, ma alla fine pare che tutti abbiano capito la situazione. Non so sinceramente quanto possa durare.»

«Mi dispiace per tutto quello che sta succedendo. Se non fosse stato per me, a quest'ora non ci sarebbe stato niente...»

«Non dirlo neanche!» mi prese la testa e mi costrinse a guardarlo negli occhi. «Sarebbe successo comunque. Non è colpa tua, mia principessa. Non dirlo neanche per sogno. Sei la cosa più bella che mi sia mai capitata.»

Annuii, leggermente rincuorata.

«E proprio per questo ho intenzione di portarti in un posto» mi guardò con sguardo malizioso.

«E dove? Tra poco ci sarà il coprifuoco.»

«Non preoccuparti. Non rischiamo niente. Rimarremo nei confini del palazzo.»

Prima che potessi trovare altre scuse, mi prese la mano e mi portò fuori nei giardini.

Giungemmo fino ad una spianata dove erano piantati decine di fiori. Era un prato meraviglioso e da lì si poteva vedere benissimo il cielo stellato, senza neanche una nuvola.

«Dove mi hai portata?»

«Da qui abbiamo una vista spettacolare verso il cielo. Vieni siediti qui vicino a me» si sedette sul prato e io lo imitai.

Mi prese la mano e intrecciò le sue dita con le mie. «Lì c'è la stella polare e se guardi attentamente puoi vedere anche alcune costellazioni.»

Dopo poco le trovai. «Sono bellissime.»

«Quand'è il tuo compleanno?»

Tra tutto quello che era successo, mi ero dimenticata che tra qualche mese ci sarebbe stato il mio compleanno.

«Il quattro ottobre.»

«Allora quel giorno sarà il più bello di tutta la tua vita, mia principessa.»

Sorrisi. «E il tuo, Thed?»

«A novembre.»

«Quindi farai una mega festa.»

«Non mi interessa se sarà grande o piccola. L'importante è che tu mi faccia un regalo particolare...»

Mi girai a guardarlo. «E che cosa vorresti?»

«Ti vorrei nel mio letto per tutto il giorno.»

«Maniaco.»

«Non dirmi che non lo vorresti.»

«Se ti dicessi che lo vorrei anch'io, cosa faresti?»

Lo fissai con aria di sfida.

«Non ti conviene scoprirlo.»

«Ne sei sicuro?»

Si avvicinò fino a ritrovarci con i nasi a pochi centimetri. Scese con lo sguardo fino alle mie labbra. «Adesso quale sarebbe la tua prossima mossa?»

«Non lo so... credevo ti piacesse sorprendermi.»

Si morse un labbro. «Hai ragione. Mi piace sorprenderti.»

Un attimo dopo fu sulle mie labbra. Prima mi baciò delicatamente, poi andò ad approfondire il bacio sempre di più, fino a quando non sentii altro che lui.

Danzò con le dita sopra la schiena, mentre con l'altra mano mi teneva la testa. Mi lasciò una scia di baci sul collo. Gemetti per il piacere e mi abbandonai completamente a lui.

«Sei del tutto mia, principessa. Totalmente» sorrise sul mio collo e mi alzò la maglietta per continuare la sua perlustrazione anche più in basso...

Dovetti fare uno sforzo sovrumano per restare concentrata. «Fermati» riuscii finalmente a dire.

Si interruppe. «Che cosa succede?»

Invece di rispondere a parole, lo feci con i gesti: gli alzai la maglietta e gli toccai i muscoli. Lo sentii irrigidirsi sotto il mio tocco. Sorrisi soddisfatta. Lo baciai profondamente e poi passai alla gola. Inclinò il collo per permettermi di fare di meglio e ingoiò molte volte prima che il corpo si sciogliesse.

«Se continui così, non potrò trattenermi.»

«E invece dovrai fare il bravo perché a breve dobbiamo rientrare.»

In una sola mossa, mi girò sulla schiena e me lo ritrovai sopra. Sgranai gli occhi, mentre il vento mi solleticava il viso.

«Abbiamo tempo.»

«Ma non abbastanza.»

Alla fine, si arrese e mi lasciò andare. Si stese di fianco a me e allungò un braccio in modo che io potessi mettermici sopra. Mi portò a sé e mi abbracciò.

Quanto avrei voluto che questo momento non finisse mai. Eppure, entrambi sapevamo che a breve saremmo dovuti ritornare alla realtà e all'imminente guerra.

Al solo pensiero un brivido mi scese dalla schiena e dovetti scacciarlo a forza.

Restammo così. Abbracciati a guardare le stelle e a parlare per un tempo che mi parve infinito, ma che probabilmente durò meno di un'ora.

«Dobbiamo rientrare.»

«Hai ragione, mia principessa. Permettimi solo una cosa.»

Prima che avessi il tempo per chiedergli spiegazioni. Mi prese in collo e mi fece volteggiare.

«Che cosa fai?»

«Ti sto facendo volare.»

E in quel momento risi. Risi e buttai fuori ogni preoccupazione perché, in fondo, potevano tutte aspettare.

Fu una sensazione bellissima. Una che sapeva di libertà e di felicità.

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