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CAPITOLO 4




Come prima cosa, la mattina dopo, mi precipitai ad inserire la mia candidatura direttamente sul sito ufficiale.

Ci allegai il mio curriculum, o meglio quello di Ethan che era molto più variegato del mio, e ci aggiunsi le informazioni personali con i documenti.

Sperai che tutto fosse perfetto e che non avessi dimenticato niente di importante.

Passarono due giorni e ancora non avevo ricevuto risposta di alcun tipo. Cercavo di rassicurarmi, dicendomi che ancora era presto e molto probabilmente ne avevano così tante che ancora la mia neanche l'avevano guardata.

Dopo cinque giorni, iniziai a preoccuparmi. E se non avessero ricevuto la mail? Oppure l'avevano scartata perché non era abbastanza "promettente"?

Aprivo la posta ogni ora nella speranza di ricevere una risposta positiva o negativa. Ormai non importava più, bastava che qualcuno mi rispondesse perché l'ansia era ormai alle stelle.

Allo scadere della settimana ero così preoccupata e nervosa che praticamente non toccavo più cibo. Mi mangiavo le unghie tanto da averle così corte da farmi uscire il sangue. Ero sicura che mi avessero scartata. Ogni volta che arrivava un messaggio avevo il terrore che fosse un rifiuto da parte del castello.

Mio fratello provava a rassicurarmi, ma purtroppo senza risultati. Ero un fascio di nervi e mi arrabbiavo per ogni minima cosa.

Aileen cercava di distrarmi portandomi in giro per il centro, ma io non riuscivo a rilassarmi, mi sembrava di vedere ovunque e-mail di rifiuto: attaccate alle vetrine, sui palazzi, alle finestre delle abitazioni...

Stavo letteralmente impazzendo.

Dopo otto giorni, quando ormai mi ero data per vinta, finalmente, arrivò la tanto attesa lettera.

«È arrivata» dissi semplicemente ad Ethan e ad Aileen.

Mamma non c'era di nuovo, ma comunque avevo deciso di non dirle niente fino a quando non avessi ricevuto una risposta.

«Che stai aspettando? Aprila. È più di una settimana che sei nervosa e agitata e sinceramente non ti sopportavo più» disse il mio fratellino.

A quelle parole, gli diedi uno scappellotto dietro la testa e lui si massaggiò il punto interessato.

«Come sei manesca.»

«Ne vuoi ancora?!»

«Basta! Siete proprio due bambini. Alisa, per favore, puoi dirci il responso?» esclamò gentilmente la mia amica.

Con le mani tremanti, aprii lentamente la e-mail e chiusi gli occhi. Avevo il cuore che mi martellava nel torace. Era così forte che avevo paura mi potesse uscire fuori.

Inspirai profondamente e rammentai a me stessa che non importava se mi avessero rifiutata, in qualche modo avrei trovato altro.

Ma cosa con una paga di 4000 monete d'oro? Per quanto detestassi ammetterlo, avevo bisogno di quel lavoro più di ogni altra cosa. Non volevo e non potevo lasciarmelo scappare.

Riaprii gli occhi.

Immediatamente fui investita dalla luminosità accecante dello schermo e dovetti attendere qualche secondo per permettere alla mia vista di mettere a fuoco.

Lessi velocemente il contenuto del messaggio, chiusi il telefono e lo appoggiai sul tavolo. A quel punto, le mie gambe non mi ressero e stavo per cadere per terra, ma fortunatamente Aileen ed Ethan mi sorressero e mi fecero sedere.

Ero intontita, il mio cervello era completamente fuori uso. Non sentii niente quando mi scossero per vedere se stavo bene, né quando Ethan, sempre se fosse lui perché la sua voce mi arrivò da molto lontano, disse: «Allora?! Alisa! Ti senti bene? Sei stata accettata o no?»

All'ennesimo scossone, ritornai in me. Sbattei le palpebre e ancora frastornata accennai un sì.

Sia Aileen che Ethan esultarono e mi dettero delle pacche sulle spalle; la mia amica mi abbracciò forte e mi chiese: «Che hanno detto? Parteciperai a un colloquio?»

«In realtà non molto: il messaggio sembrava prestampato e diceva solamente che ero stata ammessa alla fase due. Mi hanno dato un appuntamento: giovedì alle dieci a palazzo.»

«E basta? Non hanno detto altro?» chiese allibito mio fratello.

«No... niente.»

«Be' allora non resta che aspettare giovedì» mormorò la mia amica.

Pensai che non avrei resistito fino a giovedì e invece, per mio grande stupore, arrivai al giorno fatale.

Mi svegliai alle sette e mi preparai di tutto punto. Decisi di indossare vestiti comodi e pratici, gentilmente offerti dall'armadio del mio adorato fratellino.

Mi appuntai nella mente di comprare alcuni abiti maschili: dopotutto non potevo continuarli a rubare ad Ethan perché alla fine non avrebbe saputo più cosa mettersi.

Mi lavai e mi legai i capelli in una crocchia strettissima sulla testa, poi mi infilai la parrucca di capelli veri (per acquistarla avevo dovuto farmi in quattro durante gli incontri). Assomigliava moltissimo ai capelli di mio fratello: corti, biondi e con alcuni ricciolini. Simili ai miei. Come ultima cosa, mi misi le lenti a contatto celesti.

Adesso io e mio fratello eravamo davvero identici. Eravamo quasi inquietanti.

«Come sto?» domandai ad Ethan una volta vestita. Erano le nove e a breve sarei partita.

«Sembri la mia copia sputata.»

«Allora sono orribile» gli feci un sorrisetto.

In risposta mi lanciò un cuscino.

Presi un taxi e dopo mezz'oretta, a causa del traffico, mi ritrovai davanti all'enorme palazzo di Solaris. Era così grande che quasi avevo paura ad entrarci. E se mi fossi persa là dentro? Probabilmente non avrei mai più trovato l'uscita.

Fortunatamente avevo con me una cartina con segnate tutte le stanze e le varie aree del castello. Sperai di non incrociare il principe: e se mi avesse riconosciuta? Quel giorno alla festa portava una maschera ed io ero truccata pesantemente, ma se per caso avesse capito che in realtà ero una donna? Non sarebbe finita per niente bene.

Ero travestita e questo andava a mio favore, ma sarei riuscita a non farmi identificare?

Cercai di non pensare ai possibili disastri anche perché, se avessi ottenuto il lavoro, sarei rimasta sempre a contatto con il principe e quindi in un modo o nell'altro ci avrei dovuto parlare.

Prima non avevo pensato a questo dettaglio, presa com'ero dalla prospettiva di 4000 monete d'oro. Adesso però cominciavo a preoccuparmi.

Un rivolo di sudore mi scese lungo la schiena, ma ormai era tardi per i ripensamenti.

Non mi sarei tirata indietro proprio ora.

Inspirai a fondo e iniziai ad attraversare i giardini fino a salire le scale che mi condussero alle porte del maestoso palazzo.

Non appena varcai la soglia, rimasi paralizzata: l'atrio era bellissimo con i suoi tappeti, i vasi, le statue, i dipinti alle pareti, le volte e le colonne altissime. Rimasi letteralmente senza fiato; non ero mai entrata dentro un castello, ma questo era veramente incredibile.

Sembrava quasi di essere ritornati ad uno o due secoli prima.

Prima che potessi ispezionarlo meglio, mi si presentò davanti una donna sulla quarantina con in mano una cartellina.

«Buongiorno. Sono la signora Johnson, l'incaricata per le selezioni del bodyguard per Sua Altezza Reale. Voi dovreste essere il signor Ethan Allen.»

Aveva parlato così velocemente che fu difficile stargli al passo, ma comunque accennai un sì.

«Magnifico! Allora seguitemi. Gli altri vi stanno aspettando» si incamminò su per le scale.

Attraversammo varie stanze fino a ritrovarci in una di queste non molto grande e con dieci sedie appostate davanti ad una grande scrivania. Mi sembrò quasi di essere ritornata a scuola.

«Prego, signore» mi indicò l'ultima sedia libera. Quella proprio davanti alla scrivania vuota.

Magnifico, così sarei saltata subito all'occhio.

Mi accomodai e guardai attentamente gli altri nove candidati: in generale erano tutti più grandi e grossi di me; a primo impatto incutevano un certo timore, ma non mi soffermai sulle apparenze.

Due del gruppo erano identici, con capelli rossi e occhi grigi. Sorridevano a tutti cercando di apparire amichevoli. Presupposi fossero gemelli. Sapevano che poi avrebbero dovuto essere rivali?

Un uomo muscoloso con numerosi tatuaggi anche in faccia che probabilmente sarebbe stato più bravo a fare il criminale che la guardia del corpo, si rivolse a me: «Come ti chiami, ragazzino?» aveva tre o quattro denti d'oro.

Non lo biasimavo per avermi chiamato "ragazzino", dopotutto ero davvero il suo opposto, ma comunque la mia voce risultò un pizzico stizzita nella risposta: «Ethan Allen. E tu?»

«Oliver Parker. Non sembri un tipo che qualcuno vorrebbe come guardia del corpo.»

«Be', Oliver... dipende da che cosa intendi con guardia del corpo. Secondo me una guardia del corpo deve anche sapersi mimetizzare a dovere e non penso che si possa fare con tanti tatuaggi e con tanti muscoli. E poi è meglio essere un po' più deboli ma agili e astuti che fortissimi ma senza un briciolo di cervello.»

A quel punto mi sarei aspettata di tutto, dopo tutte quelle frecciatine mi sarei almeno aspettata un pugno. Ovviamente mi sarei difesa a dovere; tuttavia, Oliver si mise a ridere e disse con un sorriso: «Suppongo che la lingua non ti manchi. Mi piaci, ragazzo. Sai come difenderti anche con le parole e ti assicuro che non è da tutti» mi dette una pacca su una spalla e proseguì: «Ma ti consiglio di non dire una di queste cose agli altri perché non so come potrebbero reagire.»

«Chi sono gli altri?» domandai, girandomi intorno.

«Allora... i gemelli mi sembra si chiamino... quello con i capelli tirati all'indietro Jacob Davis, mentre quello con i riccioli James Davis.

Poi c'è quel tizio che si sta pavoneggiando perché un tempo aveva vinto una qualche gara di sollevamento pesi. Si chiama Robert Miller.

«Ci sono Joel Wilson e William Taylor che dicono essere migliori amici super ricchi di un altro Stato anche se io ci credo poco. Damian White che sta sbavando davanti Robert insieme a Micheal Clark. E l'ultimo della fila è Liam Robinson che a parer mio è il peggiore perché si dice che fuori da qui, un tempo, sia stato un genio della truffa. Spero che la famiglia reale non lo prenda se non vuole problemi» me li indicò a uno a uno.

In effetti, quel Robinson non ispirava tanta sicurezza: aveva i capelli neri tirati all'indietro e gli occhi di un verde profondo, come se fossero pronti a ingannarti da un momento all'altro. La forma del volto era leggermente squadrata e le guance non troppo piene. Si inumidiva le labbra sottili con fare provocatorio e si vedeva che era sicurissimo di avere la vittoria già in pugno.

Be', si sbagliava di grosso.

Non mi sarei arresa tanto facilmente.

Prima che potessi aggiungere altro, entrò dentro la stanza la stessa signora che mi aveva accompagnata. Si piazzò a sedere dietro la scrivania e disse, con un enorme sorriso stampato sulla faccia: «Buongiorno, signori, scusate per l'attesa. Se siete qui è perché siete stati scelti fra innumerevoli candidature. Diciamo che siete i dieci prescelti.»

Fece una risatina, ma siccome nessuno l'assecondò, proseguì come se nulla fosse: «Ovviamente solamente uno di voi potrà essere preso come guardia del corpo del principe».

A quel punto il tizio che si chiamava Robert Miller domandò: «E in che modo uno di noi verrà scelto?»

«Ottima domanda, signor Miller. Dovrete affrontare una prova scritta e tre pratiche.»

A quelle parole tutti spalancarono la bocca, disapprovando quello che la signora Johnson aveva appena detto.

«Silenzio. Non temete: saranno prove basate sui requisiti fondamentali per diventare un bodyguard. La prova scritta è incentrata su domande a risposta multipla o aperta dove vi chiederanno un po' di storia di Solaris e le regole da seguire a palazzo. I cinque di voi che supereranno la prova, verranno ammessi a quelle pratiche.»

Davvero ci sarebbe stata una prova scritta? Non ero mai stata molto portata per lo studio e spesso confondevo gli eventi storici. Quando ero a scuola mi addormentavo durante le lezioni e perciò non mi era rimasto molto nella mente.

Mi sentii spacciata, ma cercai di mantenere un tono imperscrutabile mentre chiedevo: «E quali saranno le prove pratiche?»

«Vorrei dirvelo, ma purtroppo dovete rimanere all'oscuro fino al giorno stabilito, dove poi vi verrà svelato. Vi basti sapere che queste prove metteranno in pratica tutta la vostra forza, resistenza e precisione. Il candidato che alla fine delle tre prove avrà totalizzato il punteggio più alto diventerà la nuova guardia del corpo di Sua Altezza Reale.»

Sussurri di dissenso invasero l'aula, ma io ero troppo occupata a metabolizzare queste nuove informazioni.

Davvero ci sarebbero state quattro prove? Le tre pratiche quanto sarebbero state dure e difficili?

In realtà, non mi preoccupavano molto quelle pratiche perché sapevo di potermela cavare, ma con quella scritta avevo i miei dubbi. Sarebbe stato tremendo rimettersi a studiare per un test.

Inspirai a fondo e mi concentrai sulle parole di Oliver che intanto aveva cominciato a parlare: «Quando verrà svolta la prova scritta?»

«Questo sabato alle 9. Per le prove pratiche vi verrà detto lo stesso sabato. Adesso vi consegnerò il libro che dovrete studiare per il test.»

Cosa?! Sabato?! E come avrei fatto a studiare un intero libro per sabato?! Pensavo di avere più tempo...

La signora Johnson passò fra le sedie e ci consegnò il volume di ben 400 pagine scritte fitte fitte!

Si intitolava: "Il Manuale di Solaris – come essere un bravo bodyguard".

Grandioso. Ero fregata ancor prima di iniziare.

Neanche nei miei sogni avrei potuto studiare un libro di 400 pagine in soli due giorni! (Considerando anche oggi, ovviamente).

Dopo una decina di minuti, ci alzammo e uscimmo dalla stanza. Ero talmente sovrappensiero che non mi accorsi neanche che Oliver mi diceva: «Ethan! Ethan!»

«Oh sì scusami... Che c'è?»

«Sono sicuro che ce la farai con il test. Ci vediamo sabato» mi dette una pacca sulla spalla e se ne andò.

Almeno avevo trovato una persona gentile in mezzo a tutto quel caos.

Passai il resto della giornata a crogiolarmi nella disperazione. Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a memorizzare niente della storia del regno. C'erano troppe date e un sacco di guerre inutili che riguardavano la successione al trono o semplicemente l'approvazione di una legge.

L'unica cosa che mi ricordavo fu che Solaris, all'inizio, faceva parte di un impero, ma poi grazie a Engelus I si staccò definitivamente, diventando indipendente. Questo accadde migliaia di anni fa, ma come ho detto con le date facevo schifo; perciò, non mi ricordavo neanche l'anno preciso.

Fantastico!

Oltre a questo, nel manuale c'erano anche numerose regole da seguire. Per esempio: si doveva sempre rimanere almeno un passo indietro rispetto al principe, oppure era d'obbligo portare sempre lo smoking durante gli eventi ufficiali.

Per di più, Ethan non mi aiutava affatto, ma anzi diceva di avere da fare urgente, quando in realtà se ne rimaneva in camera a dormire!

E pensare che era stata pure una sua idea!

Alle 2 di notte non sapevo dove battere la testa: avevo gli occhi appannati e sbadigliavo di continuo. Mi misi le mani fra i capelli e mi lamentai sconsolata.

Come avrei fatto a imparare tutto quel volume se non riuscivo neanche a ricordarmi le regole o le nozioni di storia più facili?

Non avevo chiuso occhio tutta la notte e il giorno dopo ero così stanca che non mi reggevo neanche in piedi.

Vedendomi così, Ethan mi disse: «Sembri un cadavere, sorellona».

«Sono stata tutta la notte a studiare, ma ancora non mi ricordo niente.»

«Be' me lo dovevo immaginare. Non sei mai stata un fenomeno per lo studio.»

«Non sarò brava a memorizzare le informazioni, ma ti ricordo che ho un'ottima mira!»

Gli lanciai il libro e lo presi dritto nello stomaco.

«Anche troppa... avresti potuto rompere il libro.»

«Sarebbe stato meglio, almeno non mi sentirei in dovere di presentarmi domani a quell'esame» affossai la testa sul tavolo.

«Non ti dispiacere, ho un ottimo consiglio da darti.»

«E sarebbe?» non alzai la testa.

«Ti ricordi come ho passato quel famoso test dell'ultimo anno di superiori?»

«Sì... dicevi che era difficilissimo e solo il 10% delle persone lo completano alla prima. Io ho fallito tre volte prima di superarlo con la sufficienza. Ti ho scongiurato di dirmi il tuo segreto, ma tu continuavi a ripetermi che non ne avevi, ma era solo perché avevi studiato come un matto.»

«Be'... non è andata proprio così. Può darsi che abbia mentito un pochino...»

«Che cosa vuoi dire?» corrugai la fronte.

«Forse e dico forse... mi sono fatto aiutare da un'applicazione nata da qualche anno dove metti il nome del test e lui ti dà tutte le possibili domande.»

«Cosa?! Tu hai fatto cosa?! Hai imbrogliato? Non sapevo neanche potesse esistere un'applicazione di questo tipo.»

«In effetti, è difficile da trovare. Ma se sai cosa cercare, allora è facilissima. Me l'ha consigliata un amico.»

«E non hai pensato di dirmelo?! Vedevi che mi disperavo giorno dopo giorno e che avevo già fallito tre volte! Potevi condividere l'applicazione con me! E invece no... hai preferito vedermi fare la figura dell'incapace» mi girai dall'altro lato, delusa e amareggiata.

«Mi dispiace, non volevo che poi ne approfittassi.»

«E chi ha detto che ne avrei approfittato?! Mi hai deluso Ethan, non me lo sarei mai aspettata da te.»

«E dai! Non fare così. Ho sbagliato... ma l'ho fatto con le migliori intenzioni. E poi ormai è acqua passata; ti assicuro che me ne pentirò per il resto della mia vita.»

«Se vuoi il mio perdono devi aiutarmi con questo esame» iniziai.

«Affare fatto!»

«E poi... per due mesi devi diventare il mio schiavo personale.»

«Cosa?!»

«Devi accettare, altrimenti non ti considererò più mio fratello e anzi... ti farò patire le peggiori pene dell'inferno. Ti consiglio di non tentennare. Sai che non sto bluffando.»

Fece una smorfia, ma alla fine abbozzò un sì con la testa.

«Perfetto! Allora? Come si usa quest'applicazione magica?»

Passammo l'intero giorno a studiare l'app e a capire qualcosa dal libro. Alla fine, imparai gran parte delle regole e delle nozioni storiche, ma grazie all'app non dovetti studiarmele tutte quante che erano decisamente il doppio o il triplo di quelle che avevo già memorizzato.

Il giorno dopo mi presentai nell'aula insieme agli altri nove candidati.

Non appena Oliver mi notò disse: «Chi si rivede!».

«Credevi che avessi mollato?»

«Non potrei mai, ho visto subito che sei un osso duro.»

Prima che potessi rispondere, entrò dentro la signora Johnson che annunciò, abbastanza trepidante: «Oggi si terrà la prima prova per diventare la guardia personale di Sua Altezza.»

Passò fra i banchi e consegnò a tutti un foglio con alcune domande a risposta multipla o aperte.

«Avete un'ora da... ora!» reimpostò l'orologio.

Lessi alcune domande e risposi prontamente. Poi, però, mi bloccai alla domanda numero sei: "In che anno, il re Zagarath III istituì il parlamento che poi fu abolito due anni dopo?"

Sgranai gli occhi. Chi poteva ricordarsi una data così precisa?

Era impossibile. Neanche con tutto l'impegno del mondo sarei riuscita a ricordarmi una maledetta data!

Passai alle domande successive e tutto sommato arrivai in fondo e, a parte qualche risposta imprecisa o assente, avevo fatto quasi tutti i quesiti.

Allo scadere del tempo, riconsegnai il foglio e mi stiracchiai.

Menomale che avevo avuto quell'app! Sennò avrei anche potuto non presentarmi direttamente. Le domande erano veramente difficili e complesse.

Una volta che tutti ebbero consegnato i propri fogli, la signora Johnson, con il suo solito ampio sorriso in volto, esclamò: «Bene. Siccome avete finito tutti il test, è arrivato il momento di svelare la data per la prima prova pratica, alla quale solo cinque di voi potranno partecipare».

Aspettò che le parole ci fossero entrate bene in testa e proseguì: «Si terrà mercoledì prossimo alle dieci. Non vi posso dire ancora su che cosa si baserà, ma posso aggiungere che la prima prova metterà in pratica la vostra resistenza allo sforzo per un periodo prolungato».

Che cosa ci avrei dovuto fare con questi inutili indizi? Poteva essere qualunque cosa!

Espirai a fondo e guardai anche gli altri, ma le loro espressioni non mostravano alcun'emozione. Sembravano delle maschere imperscrutabili.

Con chi avevo a che fare?! Con dei serial killer?!

Al solo pensiero rabbrividii e mi strinsi nelle spalle.

Dopo quel breve dialogo, ci salutammo e ognuno se ne andò.

La signora Johnson disse che i risultati sarebbero arrivati il giorno dopo, sulla propria mail.

Mentre mi stavo dirigendo all'uscita, mi accorsi di dover andare d'urgenza al bagno, così provai a cercare qualcuno a cui chiedere indicazioni. Stranamente, però, non c'era nessuno nei paraggi, perciò mi decisi di arrangiarmi e di trovarlo da sola. Percorsi vari corridoi ed entrai in alcune stanze.

Possibile che in un castello così grande non ci fosse neanche un bagno?!

Purtroppo, mi ero dimenticata la cartina a casa e ora non sapevo dove andare a battere la testa.

Alla fine, mi arresi all'inevitabile e preferii tornarmene all'ingresso perché avevo paura di perdermi. Ma quando mi girai intorno, mi resi conto che ormai mi ero già persa.

Grandioso!

Stavo camminando attraverso un corridoio e davanti a me c'erano alcuni domestici.

«Scusatemi... sapete dirmi dove si trova l'ingresso?»

Loro però non mi prestarono la minima attenzione e se ne andarono dalla parte opposta.

Proprio dei maleducati! I sovrani avrebbero dovuto scegliere meglio il personale di servizio.

Non sapevo dove andare e dopo altri minuti sprecati a gironzolare nella speranza di non essere arrestata come nemico, sentii dietro di me una voce: «Posso aiutarti?»

Mi girai e rimasi letteralmente senza fiato: davanti a me c'era lo stesso ragazzo che avevo visto nel bagno delle ragazze qualche settimana prima.

In quel momento non era vestito di nero, ma lo avrei riconosciuto ovunque. Aveva la sua stessa espressione e lo stesso taglio di capelli. Assomigliava tantissimo anche al principe, ma sicuramente non poteva essere lui, anche se alla festa portava una maschera.

In effetti, tutto tornava: quel Thomas lo aveva chiamato signore, quindi doveva essere una persona importante e chi più importante di un nobile?

Ci guardammo intensamente per un paio di secondi, dove ebbi la certezza che anche lui mi avesse riconosciuta.

«Ancora tu?!» esclamò incrociando le braccia.

Ritornai in me e dissi: «Che cosa ci fai qui?»

«Questa domanda la dovrei fare io a te! Questa è casa mia.»

Quindi era un nobile che abitava a casa del principe. Che fosse in una qualche difficoltà?

Lui non aspettò una risposta e mi si avvicinò, prendendomi un gomito. Cercai di divincolarmi ma la sua presa era ben salda. Decisi che era più prudente non agire in modo azzardato.

«Devi andartene subito! Non so che cosa tu ci faccia qui, ma questo non è il tuo posto» mi guardò corrugando la fronte.

Sbuffai e mi guardai intorno, poi piazzai i miei occhi dentro i suoi e lo osservai in cagnesco.

«Ah no? E quale sarebbe il mio posto?» la mia voce era più aspra di quanto mi aspettassi.

«Non lo so... forse il tuo posto è dietro le sbarre per aver assistito ad incontri clandestini e per essere entrato nel bagno delle ragazze...» mi dette uno strattone.

Era stranamente forte, ma non mi lasciai certo intimidire da quel particolare. Questo personaggio era solo uno sbruffone che credeva di sapere tutto.

«Sbaglio o c'eri anche tu a quegli incontri che odi tanto? O magari preferisci la parte in cui sei entrato dentro il bagno?»

Rimase a corto di parole e mi sembrò che la sua voce traballasse.

Avevo centrato il tiro.

«Non è la stessa cosa... ero lì per un motivo ben preciso.»

«Del tipo?»

«Non sono certo affari tuoi!»

Strattonai a mia volta il braccio per cercare di scrollarmelo di dosso. Mi procurai solo una fitta lancinante al gomito. Non voleva lasciarmi e se avesse continuato così non mi avrebbe lasciato altra scelta che fargli del male. Era l'ultima cosa che volevo dal momento che lui abitava nel palazzo e io stavo disperatamente cercando di ottenere il lavoro proprio lì.

Non distogliendo mai lo sguardo, riprese il discorso: «Non so perché tu ti trovi qui, ma devi andartene subito se non vuoi essere messo in prigione. È vietato vagare per il castello senza un motivo».

«Non ho bisogno dei tuoi consigli. So benissimo che non posso stare qui. Infatti, oggi avevo un impegno importante con-»

Mi fermò mettendomi una mano sulla bocca.

«Zitto.»

Prima che potessi protestare, sentii dei rumori che si avvicinavano. Cercai di divincolarmi dalla sua presa, ma lui con un movimento rapido svoltò l'angolo e si appiattì al muro. Con una mano mi teneva ancorata al suo petto, mentre con l'altra mi bloccava la bocca.

In quella posizione potevo sentire il battito del suo cuore accelerato e i muscoli tesi. Non osai muovermi di un millimetro perché avevo paura che qualcuno ci potesse scoprire.

Percepii che i passi si stavano avvicinando e cominciai a sudare freddo, poi fortunatamente li sentii allontanarsi lentamente.

Non appena il pericolo fu scampato, mi liberai dalla sua presa e infuriata gli gridai contro: «Che cosa stavi cercando di fare?!»

«Calmati... non volevo farti niente. Ti stavo solo salvando dalla prigione.»

«Perché dici così?»

«Quella che è appena passata è la regina e ti assicuro che non è molto indulgente verso gli estranei.»

«Ho un buon motivo per essere qui, mi sarei spiegato e poi-»

Mi bloccò con un cenno della mano.

«E poi ti avrebbe buttato in prigione. Credimi. Sarebbe andata così.»

«Chi sei per sapere queste cose?»

Assunse un ghigno divertito che a me fece ancora di più andare in collera.

Come si permetteva di trattarmi così?! Non eravamo della stessa classe sociale, ma non poteva rivolgersi ad un altro essere umano in quel modo! Non era di certo un dio!

Ignorò la mia domanda e cambiò argomento: «Scommetto che stai cercando l'entrata».

Accennai un sì.

«Come sospettavo. Tieni.» Mi passò una cartina del palazzo - la stessa che avevo dimenticato a casa - e poi riprese il discorso: «Grazie a questa non ti perderai di nuovo, ma spero vivamente che questa sia l'ultima volta che ti vedo. Non vorrai che tu abbia la lingua un po' troppo lunga, o no?»

«È una minaccia?» risposi indignata.

«Un consiglio più che altro.»

Detto questo fece una sorta di inchino che mi fece stringere i pugni fino a farmi diventare le nocche bianche.

Quanto avrei voluto assestargli un bel pugno a quel suo bel faccino!

Se ne andò, prendendo un corridoio diverso da quello a cui dovevo andare io.

Su un fatto, però, aveva ragione: mai e poi mai lo avrei voluto rivedere.

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