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CAPITOLO 37

Presa da una rabbia feroce, non controllai più i miei istinti. Presi l'ultimo pugnale che tenevo addosso, me lo rigirai una volta tra le dita e con uno sguardo omicida lo lanciai una volta verso l'assassino.

Il colpo lo centrò perfettamente in un occhio e lui morì prima ancora di cadere per terra.

Strillai dalla rabbia che avevo in corpo e mi accucciai vicino al principe.

Gli presi la testa tra le mani e gliela cullai, bagnandoli il volto con le mie lacrime.

«Svegliati. Sono qui con te, Thed. Andrà tutto bene.»

Glielo ripetevo di continuo, come se, facendolo più volte, alla fine potesse avverarsi.

Lui aprì debolmente gli occhi e allungò una mano verso la mia guancia. «Stai bene, mia principessa?»

«Sì, sì sto bene. Grazie a te.»

«Allora posso morire in pace.»

«Che cosa dici?! Non morirai! Non lo permetterò mai.»

Mi riscossi e gli controllai la ferita. Era messa male, davvero molto. Non potevo toglierli il pugnale per paura di peggiorare la situazione e avevo perso il cellulare per chiamare aiuto.

Come avrei fatto?

E poi perché questa situazione mi sembrava terribilmente familiare?

Anche mio padre era stato in queste condizioni poco prima di morire tra le mie braccia. Una tremenda sensazione mi investì, ma decisi di ignorarla.

Thed non era mio padre. Per lui c'era ancora speranza. Non sarebbe finita così.

Provai a tamponargli il taglio meglio che potevo, mi inzuppai le mani del suo sangue, ma non mi importava. Volevo solo che guarisse, che non stesse così male.

Se avessi potuto, mi sarei sacrificata volentieri per salvarlo.

«Rimani con me, ti prego. Non lasciarmi» le lacrime mi impedivano di parlare bene.

Sbatté le palpebre lentamente e avvicinò una mano per asciugarmi gli occhi.

«Non vado da nessuna parte, mia principessa.»

All'improvviso mi venne voglia di sapere perché continuasse a chiamarmi con quel titolo. Era una domanda stupida da fare, ma sentivo che me ne sarei pentita amaramente se non gliela avessi fatta in quel momento.

Lo feci anche per costringerlo a parlare e per impedirgli di addormentarsi.

«Perché mi chiami principessa?»

Mi guardò e gli scappò una risatina che però fu soffocata da dei colpi di tosse. «P-Perché sei una principessa, Alisa. La mia principessa. E anche se non te ne rendi conto, lo sei.»

Non era la risposta che mi sarei aspettata e sinceramente non l'avevo nemmeno capita più di tanto.

Lui, però, non aveva ancora finito. «Ma soprattutto...» tossì.

«Non devi parlare per forza.»

«No. Devo farlo.»

Rimasi in silenzio ad aspettare che riprendesse fiato. «Ma soprattutto, voglio che tu sappia che chiamarti in quel modo ti sigilla.»

Adesso ero ancora più confusa. «In che senso?»

«Sei totalmente mia. Appartieni a me e voglio che tu faccia parte per sempre della mia vita.»

Lo stomaco mi sprofondò più e più volte.

«Te l'ho mai detto che sei bellissima vestita così?»

Cercai di accennare un sorriso. «Mi stai prendendo in giro? Chi mai può considerarmi bella in questo stato?»

«Io. E la mia opinione vale molto più di tante altre.»

«Perché sei il Principe Ereditario?»

Scosse debolmente la testa. «No. Perché ti amo, Alisa. Ti amo così tanto che certe volte sento di poter esplodere, a volte non riesco neanche a trattenerlo e vorrei gridarlo ai quattro venti, ad ogni finestra di Solaris. Ti amo così tanto che quasi sempre mi domando perché non ti ho incontrata prima e penso di non essere abbastanza per te.»

«Che sciocchezze dici?» risposi tremante «sei assolutamente abbastanza per me.»

Sorrise, ma l'attimo dopo incominciò a tossire e a sputacchiare sangue.

«Stai male? Non parlare. Non devi sforzarti.»

Lo aiutai a mettersi meglio. «Non preoccuparti. Non mi sforzo a dirti quello che provo, mia principessa, e sono contento di sentirti dire che per te sono abbastanza. Mi chiedo che cosa ho fatto per meritarti! Non sai quanto mi rende felice questo. Adesso posso anche morire.»

Chiuse gli occhi.

La mano che stringeva la mia si allentò e la lasciò cadere sull'erba.

«Thed?» lo chiamai.

«Thed?» provai più forte.

«Thed! Thed! Svegliati! Forza! Non puoi farmi questo!»

Singhiozzai su di lui, sul corpo che non si muoveva. Provai a fermargli l'emorragia, ma il sangue non voleva arrestarsi.

D'un tratto, presa dalla rabbia e dal terrore, scaraventai il ricevitore che portavo all'orecchio e che non funzionava dall'attacco.

Eravamo soli. Completamente.

Non dava segni di vita.

Gli feci il massaggio cardiaco per non so quante volte.

Non volevo fermarmi. Non poteva finire così.

Non doveva.

Il destino non poteva essere così crudele.

Doveva salvarsi. In qualche modo lo avrei aiutato. A costo di morire.

Ma come potevo anche solo trasportarlo fino al castello? E poi chi mi diceva che i ribelli erano stati sconfitti?

Con entrambe le mani strappai un lembo della mia camicia e tremando strappai dal corpo il coltello che gli si era conficcato dentro la schiena. Dopodiché gli chiusi la ferita con il lembo.

Gli controllai il battito. Lieve. Molto lieve. Quasi assente.

Lo stavo perdendo e in quel momento non ne ero nemmeno del tutto consapevole.

Gli sussurrai parole dolci per tutto il tempo, come se servissero per trattenere la sua anima dentro il corpo.

Probabilmente servivano più a me che a lui.

All'improvviso, però, sentii dei passi che ci raggiungevano.

Credetti che fossero ribelli e così mi armai di una pistola sull'erba e aspettai che arrivassero.

Che si facessero sotto. Li avrei sistemai io: prima li avrei uccisi e poi gli avrei staccato pezzo dopo pezzo ogni parte del corpo. Carne dopo carne. Fino a quando non sarebbe rimasto più niente di loro. Solo un ricordo lontano.

Misi il dito sul grilletto, ma quando riconobbi la voce di Aileen, il mio cuore perse un battito.

Davvero erano lei ed Ethan?

«Sono qui» la sentii dire.

Poi vidi arrivare un gruppo numeroso di guardie e alcuni medici che corsero incontro a noi.

Ethan e Aileen erano davvero qui? Non stavo sognando?

La pistola mi cadde di mano e intorno a me tutto divenne lontano, molto lontano.

Non sentivo i medici che mi parlavano, le guardie che mi intimavano di staccarmi dal principe, di Aileen che si era lanciata a terra e piangendo mi domandava se stessi bene, Ethan che raccontava ad alcune guardie quello che era successo.

Mi sentivo incredibilmente calma. Tutta la paura e il terrore erano scomparsi. Ero totalmente indifferente.

Poi qualcuno mi scosse violentemente. Da lì in poi le voci tornarono nitide, il dolore si ripresentò come una fitta lancinante e penetrante che, se non mi fossi già trovata per terra, mi avrebbe buttata giù e annientata pezzo dopo pezzo.

«È in stato di shock. Dovete tirargli via Sua Altezza.»

Incredibile. Non mi ero neanche accorta di tenerlo stretto al petto.

Una parte di me non voleva separarsene. Volevo tenerlo stretto a me per sempre e impedirgli di commettere altre sciocchezze.

Quanto sarei voluta tornare indietro nel tempo e cancellare l'ultima mezz'ora per riscriverla con un finale diverso.

Sbattei le palpebre più volte. «Dovete aiutarlo.»

Lo lasciai andare e subito i medici poterono intervenire.

«Gli ho fatto il massaggio cardiaco» sussurrai.

Loro, però, si dicevano alcune cose tra di loro. Capii solamente che la situazione era tragica, ma che ancora era vivo e forse c'era una chance.

Poi mi concentrai sulla mia amica che mi teneva le mani sulle guance. «Ali! Ali! Guardami. Sono io. Aileen.»

Forse in quel momento la vidi per la prima volta: aveva profonde occhiaie che le solcavano il viso tutto sporco di fango e sangue. Non sembrava avere ferite, ma il suo sguardo era terrorizzato e preoccupato come non l'avevo mai visto.

«Sto bene.»

«No, che non stai bene. Dai alziamoci.»

Accorse anche Ethan ad aiutarci.

E proprio lì mi resi conto che non me ne importava niente se qualcuno avesse scoperto il mio segreto. Non quando Theodore rischiava di morire. Se fosse successo, tanto sarebbe valso raggiungerlo.

Ma davvero sarebbe stato questo quello che avrebbe voluto?

I miei pensieri erano confusi, ma su una cosa ero sicura al cento per cento.

«Vengo sull'ambulanza insieme a Sua Altezza.»

«No che non lo farai. Sei ferita e non puoi nemmeno camminare. Figuriamoci seguire il principe fino all'ospedale per poi rimanere su una sedia ad aspettare per ore e ore» disse mio fratello.

Mi girai a guardarlo. «Non darmi ordini. Se non posso salire su quell'ambulanza con il principe allora eviterò anche di farmi controllare la ferita. E poi chissà... potrei sempre morire per dissanguamento.»

Aprì la bocca per controbattere, ma la mia espressione seria lo fece desistere.

«Bene. Fai come vuoi. Tanto non si può parlare con te» detto questo se ne andò.

Mi affrettai a seguire la barella, ignorando il dolore lancinante alla gamba e senza aspettare il parere dei medici, salii sull'ambulanza di fianco a Thed.

D'altra parte, loro non mi dissero nulla.

Rimasi seduta sull'ambulanza, tenendo stretta la mano di Thed per tutto il tempo. I medici gli controllavano la pressione, il battito e parlavano a voce alta.

Io, però, non sentivo nulla.

Avevo addosso solo una sensazione di freddo.

Ogni tanto alzavo lo sguardo per vedere Thed con la mascherina dell'ossigeno attaccata al viso e alcuni dottori e infermieri che cercavano di tenerlo in vita.

Poi uno di loro mi riscosse dai miei pensieri. «Signore... potreste dirci come è successo?»

«Un ribelle lo ha pugnalato alle spalle, dopo che mi aveva impedito di aiutarlo.»

Non aggiunsi altro e neanche l'infermiera lo fece.

Arrivammo in ospedale e in maniera rapidissima fu portato in sala operatoria.

Lo accompagnai fino alla porta, ma poi mi fermarono.

«Non potete andare con lui.»

Lo sapevo. Eppure, non faceva meno male.

Mi lasciai cadere pesantemente su una sedia e aspettai per qualche ora.

Ad un certo punto, un infermiere entrò nella sala d'attesa e mi squadrò. Il suo sguardo si fermò maggiormente sulla ferita alla gamba. Non doveva essere un bello spettacolo.

«Siete qui ad aspettare il Principe Ereditario?»

Accennai un sì.

«È ancora sotto i ferri e ho sentito dire che la regina non può venire a causa di alcuni impedimenti al castello, anche se la rivolta è stata sedata.»

Per fortuna!

«Ci sono state vittime?»

Scosse la testa. «Non lo so. Però ci sono stati molti feriti che stanno portando qui. Da quanto ho capito sono anche gravi. Perlopiù nobili. Ci stiamo preparando ad accoglierli.»

Ticchettai le dita sul metallo duro della sedia sovrappensiero. Come avevano fatto ad entrare? Chi li stava aiutando? Quanti feriti c'erano stati? E i morti?

«Tuttavia...» riprese «credo che dovreste farvi medicare quella ferita. Non è messa molto bene e probabilmente servono anche alcuni punti.»

«Mi hanno sparato, ma il proiettile è uscito e la ferita non sanguina quasi più. Sto bene.»

«Come volete. Ma, se posso darvi un consiglio... fareste meglio a medicarvela. Per evitare almeno il rischio di infezioni.»

Mi passò una garza e un po' di disinfettante. Lo presi un po' esitante. «Grazie.»

«Se volete dei punti basta andare in un ambulatorio.»

«Non serviranno.»

Mi sorrise e se ne andò.

Non volevo lasciare Thed neanche per un secondo.

Trattenendo il respiro, sfasciai la gamba dal lembo di camicia di Theodore. Mi sarebbe piaciuto tanto urlare perché il sangue si era rappreso sulla stoffa e aveva ricominciato a sanguinare un pochino.

Ci passai sopra il disinfettante e ci misi la garza pulita. Poi mi stesi su due sedie e, senza volerlo, mi addormentai.

Mi svegliai di soprassalto e mi guardai intorno. Per quanto avevo dormito?

Strofinai gli occhi ancora assonnati e mi accorsi di alcune figure che erano lì a sedere e che prima non c'erano.

Non appena le riconobbi, per poco non feci un salto in aria. «Thomas! Kendrick! Che cosa ci fate qui?»

«Ethan...» incominciò Thomas «sono arrivato prima che ho potuto. Ero di guardia alle porte del palazzo quando è successo e ho cercato di raggiungere il principe, ma ho dovuto aiutare gli altri e quindi ho ritardato. Mi dispiace tantissimo» abbassò la testa e una lacrima gli solcò il viso.

«Non preoccuparti. Non è stata colpa tua. Hai fatto quel che dovevi.»

«Ma il mio dovere è di salvaguardare il principe e ho fallito!»

«Non potevi di certo lasciare quelle persone al loro destino. E lo sai bene che Sua Altezza non avrebbe gradito sapere che avevi rinunciato a salvare degli innocenti pur di soccorrere lui. Quello non te lo avrebbe mai perdonato.»

Alzò leggermente la testa e mi guardò attentamente. «Forse hai ragione... Sei ferito?»

«Non è niente di grave. Solo una piccola ferita. E tu, Kendrick? Perché non sei in una stanza di questo ospedale a riposare?»

Cambiai velocemente argomento per evitare di dover dare altre spiegazioni.

«Ci sono stato e fin troppo direi. Quando ho saputo che mio fratello era ricoverato in gravi condizioni non sono potuto restare un minuto in più in quella stanza. Mi stava soffocando! Quando sono arrivato, Thomas era già qui e ha detto che l'operazione non era ancora terminata.»

«Quante ore sono passate?»

«Da quando sono qui... due ore e mezza» disse Thomas.

Già due ore e mezza?!

Mi stiracchiai tutta indolenzita e cercai di alzarmi. La gamba mi lanciò una fitta talmente forte che dovetti risedermi.

«Ti fa male? Vuoi che chiami qualcuno?»

«No, grazie Kendrick. Sto bene davvero. Sono solo un po' stanco.»

«Puoi andare a casa, Ethan. Qui ci siamo noi.»

«Non ci penso neanche! Voglio rimanere qui ad aspettare che l'operazione a Sua Altezza finisca e che sia fuori pericolo» risposi scandalizzata.

«Ne sei davvero sicuro?» mormorarono quasi insieme.

«Al cento per cento. Piuttosto... ci sono stati morti?»

Thomas annuì. «Sono morti alcuni domestici e sette invitati. La rivolta è stata sedata e tutti i ribelli sono stati uccisi, a parte qualcuno che è riuscito a scappare. I feriti, però, sono stati circa una cinquantina. La maggior parte è ricoverata qui in gravi condizioni, il resto li hanno portati in un altro ospedale.»

Rimanemmo in silenzio, ognuno chiuso nei propri pensieri.

«Avete scoperto in che modo sono entrati?» dissi dopo un po', ignorando la fitta di dolore che provavo al pensiero di tutti quei morti e di quei feriti.

Rabbrividivo ogni volta che pensavo che quelle persone erano andate lì per divertirsi o per lavorare e la loro vita era finita in modo inaspettato, nel modo più ignobile possibile.

Ken scosse la testa. «Probabilmente qualcuno deve avergli aperto i cancelli in un momento nel quale c'erano meno guardie a controllare. Ma ancora non ne siamo sicuri.»

Chi poteva essere il traditore? Chi avrebbe potuto avere la possibilità di farlo? Forse un invitato? Oppure un cameriere?

«E la regina?»

«Non ha riportato ferite. Ora sta cercando di trovare i colpevoli e ha mandato qui un sacco di guardie per tenere d'occhio la camera del principe e l'ospedale stesso, nel caso in cui i ribelli vogliano finire quello che hanno incominciato.»

Chiusi gli occhi, cercando di calmare il mal di testa che mi stava tartassando la nuca. Sentivo freddo in tutto il corpo e non solo per il vuoto nel petto che provavo.

Era del tutto reale.

«Dovresti farti medicare per bene la ferita, Ethan» disse Ken.

Forse aveva ragione.

«Va bene...» mi arresi «solo... avvertitemi quando saprete qualcosa.»

«Certo.»

Feci per alzarmi e per andare verso uno di quegli ambulatori che mi aveva consigliato l'infermiere, ma fui fermata dalla porta che si apriva e dalla quale uscì il dottore che evidentemente aveva operato Thed.

Gli andai incontro con il cuore che mi martellava fortissimo nel petto. «Allora? Come è andata l'operazione?»

Si toccò la fronte e si stropicciò gli occhi prima di aprire bocca. «L'intervento è andato bene. La pugnalata non ha preso il polmone, anche se ha rischiato di morire dissanguato. Tuttavia, adesso è fuori pericolo. È ancora addormentato, però. Ci vorranno alcune ore prima che si riprenda.»

Sospirai sollevata. Sembrò quasi che un macigno si fosse sollevato dal mio petto e che adesso potessi respirare meglio.

«Posso vederlo?»

«Dorme ancora e di fatto gli estranei non potrebbero entrare.»

«Non sono un estraneo. Sono la sua guardia del corpo. Entrerei per proteggerlo da minacce esterne.»

Mi guardò titubante, quindi Ken intervenne: «Ethan sta dicendo la verità. È davvero la sua guardia del corpo. Garantisco io per lui.»

«Ma, Altezza...»

«È un ordine, dottore. Non credo vogliate disubbidire a un ordine diretto da parte di un principe e di un generale.»

Faticavo ancora a pensare a Kendrick come al generale che aveva combattuto sulle montagne per salvaguardare la pace in tutti gli stati. Per fortuna la guerra che stava infuriando si era conclusa con una pace.

Mi ricordavo che era scoppiata a causa di alcune faide interne che avevano portato all'odio tra i due popoli per alcuni anni.

«No, no Altezza. Signore...» si rivolse a me «potete entrare nella camera di Sua Altezza.»

«Vi ringrazio molto, dottore.»

Se ne andò e io aspettai che avesse svoltato l'angolo per ricominciare a parlare. «Thomas, Ken... potete anche andare a riposare. Ci penso io al principe. Rimarrò insieme a lui finché non si sveglia e poi anch'io me ne andrò a dormire.»

«Ne sei sicuro, Ethan? Non mi sembri in forma.»

«Sto benissimo ora che so che il principe non corre più rischi.»

Mi guardarono entrambi, ma alla fine si arresero.

«Bene, allora. Domattina tornerò a darti il cambio, va bene?» disse Thomas.

Gli feci di sì con la testa.

Kendrick mi guardò con sguardo apprensivo ed ero sicura che stesse per aggiungere qualcosa, ma poi lasciò perdere.

...

I macchinari suonavano un bip continuo. Sui monitor comparivano dei numeri che indicavano i battiti del cuore e la pressione.

Sul letto c'era Thed profondamente addormentato, collegato ai macchinari tramite dei fili.

Non portava il tubo per respirare.

Mi avvicinai piano al suo letto come se avessi paura di disturbarlo o di fargli del male.

Lo guardai dritto negli occhi, scrutandolo attentamente: era più magro di quanto mi ricordassi, il suo volto non aveva un bel colore e i capelli gli ricadevano spettinati sulla fronte, appiccicati tra di loro. Portava una camicia, da cui si intravedeva la fascia che gli chiudeva la ferita.

Mi pianse il cuore vederlo in quello stato.

Mi sedetti su una sedia vicino al letto e gli presi la mano, intrecciando le mie dita con le sue.

Appoggiai il gomito sul materasso e misi il mento sulla mano aperta. Chiusi gli occhi solo per un secondo.

Li spalancai di scatto, guardandomi in giro in preda al panico.

Dov'era il principe? Non era morto, vero?

Lo trovai ancora profondamente addormentato. Per un secondo avevo temuto il peggio.

Feci dei grandi respiri per cercare di riprendere il controllo del mio corpo.

Mi tirai su, guardandomi la gamba. Era messa male. La garza era zuppa di sangue e la ferita mi pulsava un sacco.

Forse era davvero l'ora di farsi mettere dei punti.

Stavo per alzarmi, quando vidi che Thed stava corrucciando le sopracciglia e che lentamente apriva gli occhi.

Mi fiondai su di lui. «Thed! Come stai? Mi senti?»

Si guardò intorno spaesato e poi incrociò il mio sguardo. «Alisa?»

«Sono io. Come ti senti?»

«Aiutami a mettermi meglio.»

Feci come aveva detto. Gli alzai il cuscino e lo aiutai a sistemarsi un po' più in alto.

Digrignò i denti per il dolore.

«Chiamo i dottori.»

In breve, ero già stata buttata fuori dalla camera ed ero di nuovo su una di quelle sedie dure ad aspettare che finissero.

Mi parve un'eternità, ma alla fine potei rientrare nella stanza e vidi Sua Altezza meglio rispetto a prima. Aveva ripreso colore e anche dalla voce mi sembrò che stesse meglio.

«Mia principessa...»

«Thed.»

Chiuse gli occhi.

«Che cosa fai?»

Mi avvicinai al letto e mi sedetti sul bordo.

«Sto assaporando il mio nome sulle tue labbra. Ha un suono decisamente migliore pronunciato da te.»

«Sei sempre il solito sbruffone» gli lanciai un leggero pugno sulla spalla.

«Come stai?»

«A parte il fatto che mi sento come se mi fossero passati sopra con un treno, bene. Sono pieno di antidolorifici, ma nel complesso poteva andarmi peggio.»

«Non dirlo. Per poco ho creduto...»

«Non pensarlo nemmeno» si fece serio «non potrei sopportare l'idea di non poterti più vedere.»

«Perché l'hai fatto? Quella pugnalata era indirizzata a me.»

«Ne è valsa la pena, mia principessa. La vera morte sarebbe stata quella di perderti. In quel modo, avrei perso davvero.»

Repressi le lacrime che volevano uscire. «Vuoi che ti porti qualcosa? Hai fame? Sete?»

Mi alzai e per poco la gamba non mi cedette. Barcollai, sentendomi incredibilmente leggera.

«Alisa! Che cos'hai?!»

«Sto bene.»

Mentivo. Non stavo affatto bene.

«Non è vero. Che cos'hai alla gamba? Perché è tutta rossa?»

Accidenti! Non doveva vedere la garza ormai macchiata di sangue.

«Non è niente... solo un graffio.»

Mi girai e feci per andarmene, quando mi prese per il braccio e mi tirò a sé, facendomi spazio sul letto.

Era davvero forte per essere ferito.

«Fammi vedere.»

Mi arresi anche perché non avevo più le forze per controbattere. L'unica cosa a cui riuscivo a pensare era alla nausea e alle vertigini che cominciavo a sentire.

«Ti hanno sparato.»

Annuii.

«E nessuno ti ha applicato dei punti per richiudere la ferita?»

«Non è andata proprio-»

«Infermieri» sbraitò, furente di rabbia.

Troppo tardi.

Due infermieri entrarono dentro e, vedendo lo sguardo furente del principe, abbassarono gli occhi e si inchinarono mestamente.

«Siete due degli infermieri che hanno soccorso i feriti durante l'attacco al castello?»

«Sì, Vostra Altezza» rispose uno di loro, sudando.

Tirai una manica della camicia di Thed per intimargli di smetterla, ma lui non mi ascoltò. «Quindi perché non avete curato la ferita di A- della mia guardia del corpo?»

Mi fissarono e io avrei voluto sprofondare. Ero stata io a rifiutare che mi applicassero i punti.

«Ci dispiace, Vostra Altezza... ma il signore non ha voluto e quindi...»

«Quindi cosa?! Avreste dovuto curarlo indipendentemente dalla sua volontà» sbatté un pugno sul letto e le sue pupille si dilatarono.

«Vostra Altezza! Calmatevi adesso.»

«No che non mi calmo, Ethan! Non quando la tua vita è in percolo a causa di due negligenti!»

Iniziarono a tremare. «C-Ci dispiace, Altezza...»

«Non me ne faccio nulla delle vostre scuse!»

«Principe!» urlai «li state spaventando!»

«Che si spaventino pure! Anzi... potrei fare molto peggio. Un bel licenziamento seduta stante, eh? Che cosa ne dite?»

Si buttarono in ginocchio, supplicando pietà. «Vi prego, Vostra Altezza. Non licenziateci. Faremo qualsiasi cosa.»

«Non mi interessa. Guardie.»

No. Non stava mica per licenziarle davvero?

Alcune guardie entrarono. «Portate fuori dall'edificio questi due infermieri. Che non si facciano più vedere.»

Sgranai gli occhi. Dovevo fare qualcosa. E alla svelta.

«Fermi» dissi.

«Che fai, Ethan?»

«Vostra Altezza... sono stata io ad insistere per non farmi curare. Questi due neanche sapevano della mia esistenza! Se ve la dovete prendere con qualcuno, allora fatelo con me.»

Mi guardò per alcuni secondi, ma alla fine sospirò. «Bene. Potete lasciarli andare.»

Se ne andarono talmente velocemente che sembrarono dei fulmini.

Mi concentrai sul volto arrabbiato del principe per non pensare al dolore tremendo che provavo.

«Thed...»

«Zitta. Non voglio sentire una parola.»

Rimasi in silenzio mentre faceva entrare altri medici per farmi controllare la ferita.

«È messa male, ma per fortuna non si è infettata e non rischia di perdere la gamba. Alcuni punti dovrebbero bastare.»

"Menomale" pensai sollevata.

«Grazie, dottore» replicai.

Mi mise sei punti senza anestesia e ogni volta strinsi i pugni per non urlare dal dolore. Poi me la ripulì e infine mi ci applicò una garza.

«Fra tre settimane ricordatevi di venire qui in ospedale per togliere i punti.»

Feci di sì con la testa.

«Vostra Altezza... devo controllarvi la ferita per vedere se è tutto a posto.»

Mi guardò e capii dove il medico volesse andare a parare.

«Forse è meglio se prima esco. Dopotutto vorrete un po' di privacy.»

«Fermo. Puoi restare, Ethan. Non sforzarti la gamba quando non è necessario. E poi non è un segreto.»

«Ma, Altezza...»

«No. Non voglio sentire ragioni.»

Sbuffai, incrociando le braccia sul petto.

«Procedete pure, dottore.»

«Bene. Come desiderate, Altezza.»

Lo aiutò a mettersi seduto e a togliersi la camicia. Alla vista del petto nudo di Thed, le guance mi si imporporarono e dovetti per forza distogliere lo sguardo.

«Che c'è, Ethan? Non riesci a guardarmi?»

«Non è questo.»

«No? Quindi non ricordi quel giorno sull'erba del giardino? Pensavo che la mia immagine ti fosse rimasta impressa mentre-.»

«Basta! Che cosa dite?»

Non stava bene di cervello se andava a raccontare così sfacciatamente quello che avevamo fatto quel giorno.

«Ti vergogni, per caso?»

«Non ho detto questo.»

Il dottore ci guardava allo stesso tempo incuriosito e perplesso. Sarei voluta sprofondare e non riemergere più tanta era la vergogna.

«Avevo capito diversamente, caro Ethan.»

«Allora dovreste ascoltare meglio.»

Sorrise in modo arrogante. «Come sempre mi stupisci.»

«Neanche il rischio di morire vi ha abbassato l'ego?»

Pensavo di averlo pensato, ma dalle facce stupite del dottore e del principe capii che l'avevo detto ad alta voce. Mi misi una mano sulla bocca e distolsi lo sguardo, sperando che facessero finta di niente.

Thed allargò ancora di più il sorriso, mentre il medico fece davvero finta di niente perché disse: «La ferita sta bene. I punti sono in ordine e fra qualche settimana, più o meno come il signor Allen, potrete farveli togliere. Ma fino ad allora entrambi dovrete fare meno sforzi possibili e riposare.»

«Lo faremo sicuramente, vero Ethan?»

«Sì sì.»

Quando se ne fu andato, mi scagliai contro il principe. «Che cosa ti passa per la mente?! Dovevi proprio alludere a quel giorno?»

«Perché? Che cosa avrei detto?»

«Fai anche finta di niente?»

«Certo che no, mia principessa. Voglio solo fartelo ammettere.»

«E hai quasi rivelato la mia identità solo per questo?»

«Non ho detto niente di compromettente. Ma comunque il mio desiderio è che tu dica che quel giorno sei diventata mia e che lo sarai per sempre.»

«Non lo dirò mai» borbottai.

Mi prese per un braccio e mi attirò a sé. I nostri visi erano così vicini che potevo sentire il suo respiro solleticarmi le labbra. Ingoiai la saliva di traverso.

«Dillo» si avvicinò ancora di più fino a quando i nostri nasi quasi si scontrarono.

Come potevo non farlo? Mi guardava in un modo talmente esplicito e provocatorio che andai a fuoco parecchie volte prima di ritrovare l'uso della parola.

«S-Sono diventata tua quel giorno e lo sarò per sempre.»

Accennò un sorriso. «Adesso il mio desiderio è stato appagato.»

«Perché non volevi essere curata?»

Il cambio così repentino del discorso mi destabilizzò tanto che per qualche istante non seppi neanche più come rispondere. «Come?»

«Perché non ti sei fatta mettere i punti, prima?»

«Che cosa c'entra questo discorso ora?»

«C'entra eccome.»

Ritornai in me. «Non volevo allontanarmi fino a quando non avessi saputo se la tua operazione fosse andata bene. Neanche per farmi mettere i punti.»

Mi guardò insicuro per alcuni istanti. «Perché non me lo hai detto prima?»

«Non la reputavo una cosa importante.»

«Non dirlo neanche per scherzo. Tutto ciò che ti riguarda è importante.»

Una piacevole sensazione si irradiò dalla pancia in tutto il corpo.

«Comunque, adesso non importa. Me li hanno applicati, no?»

«Non è questo il punto. Non devi mai più fare una cosa del genere. Non dovrai mai più mettere la tua salute davanti alla mia, capito?»

«Ma sono la tua guardia del corpo.»

«Non mi interessa. Prima di tutto sei la mia fidanzata. Non voglio saperti mai in pericolo, va bene?»

Mi sarei potuta sciogliere lì davanti alla parola "fidanzata", ma cercai di mantenere il controllo.

«Va bene, ma non te lo prometto.»

Mi guardò stupito, ma poi si mise a ridere. «Vuoi sempre fare di testa tua, eh?»

«Non posso assicurarti che metterò me stessa al primo posto quando c'è in gioco anche la tua vita.»

«Neanche se te lo chiedessi altre mille volte?»

«Nemmeno fra un milione.»

Senza neanche rendermene conto, premette le sue labbra contro le mie e mi attirò a sé. Spalancai gli occhi dalla sorpresa.

Si staccò quasi subito.

«Che f-» fui interrotta da un gruppo di guardie che marciarono all'interno della stanza, seguite dalla sovrana in persona.

Mi alzai repentinamente dal letto, come se fossi stata scottata da dei carboni ardenti e mi inchinai davanti alla figura imponente della regina, vestita in maniera impeccabile, come se non avesse minimamente risentito della tragedia appena successa.

«Buongiorno, Vostra Maestà.»

Mi guardò per un secondo, poggiando lo sguardo sulla ferita alla gamba e subito dopo mi ignorò totalmente.

«Theodore... come stai?»

«Bene, mamma. E voi?»

Sbaglio o c'era del sarcasmo nella sua voce?

«Ho dovuto riorganizzare le difese al castello e sovrintendere al conteggio dei danni, dei morti e dei feriti. I colpevoli sono morti, ma alcuni sono riusciti a scappare. Ma comunque sto bene.»

Schioccò una mano e una guardia le prese la sedia e la posizionò in modo che lei potesse sedervisi sopra.

Alzai un sopracciglio stupita e allo stesso tempo disgustata: davvero si faceva posizionare anche la sedia? Come poteva parlare così tranquillamente dei morti e dei feriti quando loro erano in quello stato solo perché erano voluti andare alla sua festa?

«Dev'esserci qualcuno a capo di tutto questo. E poi qualcun altro deve aver fatto entrare quei ribelli dentro le mura, altrimenti con tutte le guardie che c'erano, non sarebbero riusciti a fare un passo.»

«Non preoccuparti di questo ora. Pensa solo a riposare. Se ne stanno già occupando.»

Thed si innervosì e strinse la mascella. «E allora che mi dite di tutti quei morti e feriti?»

«Sto pagando personalmente le cure di tutti quelli che sono rimasti feriti e per quanto riguarda i morti... be'... ho già posto le mie condoglianze ai famigliari e li ho risarciti profumatamente.»

«Quindi pensate che siano i soldi l'unica questione?»

«E che cosa vorresti che facessi?»

«Sicuramente non liquidare il dolore dei famigliari dandogli soldi, ai quali sicuramente non mancano.»

Si mise a ridere, ma di una risata fredda, vuota. «Quindi vorresti che facessi da psicologa a quelle persone? Non ho proprio tempo per queste sciocchezze.»

«E allora per cosa avete tempo?»

Il viso della regina si infiammò. «Ho delle questioni di stato da risolvere, Theodore! E non intendo giustificarmi con te. Ho ascoltato i lamenti e i pianti di tutti i nobili e delle famiglie dei camerieri. Mi sono scusata e gli ho persino regalato ingenti somme e loro hanno accettato senza battere ciglio. Potevano rifiutare, no? Non li obbligavo a prenderli o a perdonarmi. Li hanno presi e basta. Ho solo fatto quello che dovevo, Thed. Niente di più.»

Il principe rimase in silenzio, anche se vedevo la rabbia montargli dentro ad ogni respiro.

Del resto, la regina aveva detto che si era scusata con le famiglie, ma dalla voce non sembrava poi così dispiaciuta. Probabilmente non credeva che fosse colpa sua, nonostante le avessero detto più volte che una festa in un momento come questo era da sconsiderati.

Siccome non replicava, la sovrana riprese la parola: «Piuttosto...» si rivolse a me, incrociando le gambe e le braccia. «Non ti avevo forse detto che ti avrei licenziato se avessi messo di nuovo la vita di mio figlio in pericolo?»

Il sangue mi si gelò nelle vene. Cercai di scrollarmi, ma le parole non mi uscirono. Erano come bloccate in gola.

«Ethan non c'entra niente. Mi sono ferito perché l'ho voluto io.»

Sbuffò e si girò nuovamente a guardare Thed. «Theodore... il signor Allen è la tua guardia del corpo. Viene pagato per proteggerti e se non adempie a una tale richiesta, allora non può rimanere a lavorare qui.»

«Mamma! Cosa dite? Non potete fare questo!»

«Oh, sì che posso. Gli avevo dato un avvertimento, ma ti ha rimesso in pericolo. Quando sono entrati quei ribelli sembrava più spaventato di te! E poi ti ha portato in giardino dove il pericolo era anche maggiore. Non posso tenere un'incompetente tra i miei dipendenti.»

Accidenti! Cosa avevo fatto? Non avrei dovuto cercare le prove, lasciando Ethan da solo a vedersela con tutti quei ribelli. Mi dovevo aspettare che la regina mantenesse sempre la parola data.

Tuttavia, non potevo arrendermi. Non potevo mandare tutto all'aria alla prima difficoltà. In qualche modo dovevo riguadagnarmi la fiducia della regina. Questo lavoro era troppo importante e in più dovevo portare a termine la missione che avevo deciso di intraprendere a mio rischio e pericolo.

«Lo sapete anche voi, mamma, che Ethan è il miglior combattente e che non potreste mai trovare uno migliore di lui.»

«Può anche darsi che sia bravo, ma di sicuro è sostituibile.»

«Vostra Maestà...» finalmente trovai il coraggio per intervenire «so bene che non ho portato a termine il mio compito e che vi ho profondamente delusa.»

Si girò a guardarmi, ma stranamente non mi interruppe.

«E avete ragione quando dite che dovreste licenziarmi seduta stante.»

«Ethan!» disse sconvolto Thed.

«Ma non credo che vi converrebbe licenziarmi ora che ci sono i traditori che cercano di abbattere le difese e di conquistare il regno. Questo gli dimostrerebbe solo che la loro tecnica sta funzionando e che ci stanno indebolendo.»

Ci pensò e a me dette un briciolo di speranza.

«Non capisco come questo possa accadere se ti licenzio. Non fai parte della famiglia reale.»

«È vero, ma sono la guardia del corpo personale di Sua Altezza e quindi sono molto vicino a lui. È come se facessi parte della stabilità della famiglia reale. Se un membro se ne va, parte della stabilità crolla e così i traditori avrebbero più possibilità di introdursi nelle falde create. Dimostrerete che non vi fidate neanche più dei vostri alleati e così alimenterete soltanto l'ego degli attentatori e li spingerete a voler vincere.»

«Ethan ha ragione, mamma. In questo momento non è opportuno farci vedere divisi. Dobbiamo giocare d'astuzia e dimostrarci un passo avanti a loro per trovarli.»

Non sembrava del tutto sicura. «Hai comunque messo la vita di mio figlio in pericolo, Ethan Allen.»

Abbassai la testa sinceramente mortificata. «Mi dispiace. Non ho svolto bene il mio lavoro, Vostra Maestà. Non ho difeso a dovere il mio principe» mi inginocchiai, sotto lo sguardo stupito e scioccato di Thed.

Prima che la regina potesse rispondere, Thed si intromise: «Mamma... Ethan ha svolto un eccellente lavoro, invece. L'ho costretto io ad andare nel giardino perché volevo dare una mano, nonostante mi avesse supplicato di restare al sicuro. Ha solo eseguito gli ordini. E poi si è preso una pallottola al mio posto per proteggermi, dopo aver salvato la vita a Kendrick.»

«Hai salvato la vita a Kendrick?» mi domandò come per volere la conferma.

«Sì, Vostra Maestà... suppongo di sì.»

«E poi» riprese Thed «non è stato lui a mettermi in pericolo, ma io stesso. Mi sono preso la pugnalata perché lo volevo io. Ethan ha cercato di mettersi in mezzo, ma l'ho respinto.»

La sovrana sgranò gli occhi, furente di rabbia. Si alzò persino dalla sedia per guardarlo meglio negli occhi. Thed, però, non sembrava affatto intimorito dalla madre e anzi, gli occhi brillavano come stelle.

«E perché lo hai fatto?»

«Non sopportavo l'idea che rimanesse ancora ferito dopo la pallottola» lo disse con una tale calma e naturalezza che sembrò una cosa normalissima.

La regina rimase per la prima volta senza parole. Pareva incapace di rispondere. Era solo curiosa e stupita. «Non capisco perché.»

«Detesto il fatto che altre persone vicine a me debbano sopportare una simile tortura solo per aiutarmi.»

«È il suo lavoro, Theodore.»

«E allora? Non credo che Ethan voglia morire» fece spallucce.

Si mordicchiò un labbro. «Non so proprio come devo fare con te. Non mi hai mai dato problemi e adesso non fai altro che andarmi contro! E tutto questo per un semplice bodyguard!»

Sbuffò infastidito. «Il "semplice bodyguard" che intendete, cara mamma, è quello che ha salvato l'erede al trono molte volte.»

«Bene» si arrese infine «non lo licenzierò se è questo che vuoi, ma di sicuro avrà una punizione.»

«E sarebbe, Maestà?»

Si rivolse a me con gli occhi duri come l'acciaio. «Ti sarà diminuita la paga da 8000 monete d'oro a 4000 per sei mesi e in più dovrai lavorare come semplice guardia che sorveglia le vie della capitale per tre mesi e, naturalmente, il tuo impiego come bodyguard continuerà. Dovrai riuscire a conciliare tutto, Allen, altrimenti neanche le parole tue o di mio figlio potranno farmi cambiare idea sul tuo licenziamento.»

«Vi ringrazio, Vostra Maestà, per la vostra magnanimità.»

«Alzati adesso. Sei ferito e la tua nuova occupazione ti attende.»

Mi rialzai a fatica, appoggiandomi al letto.

Nello stesso momento, una guardai entrò tutta trafelata all'interno della stanza e sussurrò alcune parole all'orecchio della sovrana. Sbiancò e iniziò a tremare. Seppi per certo che non si trattava di buone notizie.

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