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CAPITOLO 31




«Thed! Ethan!» esclamò euforica Alyson non appena varcammo la soglia del palazzo.

Saltò in braccio al principe, abbracciandogli il collo. «Sei troppo pesante adesso, Aly!»

«Sei stato via a lungo.»

«Lo so, ma mi sono ammalato e non sono potuto tornare a casa prima.»

«E perché è dovuto venire anche Ethan? Lui non poteva rimanere con me?»

«Allora è così, eh? Ti è mancato più Ethan di me.»

Fece il finto offeso e la rimise giù. Alyson, a quel punto, mi abbracciò.

«Mi siete mancati tutte e due allo stesso modo.»

«Anche tu mi sei mancata, Aly» dissi affettuosamente.

Prima che potessi proporgli di fare qualcosa insieme, un domestico venne da noi, rivolgendosi a me: «Mi dispiace interrompervi, ma Sua Maestà vuole parlare urgentemente con il signor Allen».

Ecco che c'eravamo. Adesso niente mi avrebbe salvata.

«È proprio necessario?» domandò Thed.

«Sì. Ha detto che era una questione nazionale.»

«Allora arrivo subito.»

Feci per seguirlo, quando il principe mi fermò: «Vengo anch'io».

«Non potete, Altezza» iniziò il domestico «la regina ha espressamente aggiunto che non poteva venire nessun altro, tantomeno l'erede.»

«Questa è una grande sciocchezza!» sbraitò serrando la mascella.

«Per favore, Vostra Altezza Reale... non mettetemi in una posizione scomoda.»

«Perché? Hai paura solo di mia madre? Non temi la furia del Principe Ereditario? Potrei farti decapitare per aver disobbedito agli ordini.»

Il ragazzo si buttò a terra. «P-Per favore, Altezza! Non fatelo. Non voglio disobbedirvi. Sto solo seguendo gli ordini.»

Presi il principe per un braccio, fermando la risposta che aveva sulla punta della lingua. «Basta. Non voglio che mi accompagniate. So cavarmela da solo e non penso che la regina possa essere così tremenda.»

«Allora non la conosci. Mi ha fatto una sfuriata mentre ero all'ospedale mezzo morto. L'ho fermata solamente dicendo che non avrei mai fatto più nulla di avventato, ma ti assicuro che è andata avanti per più di un'ora.»

Ecco. Questo non me lo aveva detto.

Sarei stata ben felice di portare con me un aiuto ma ero sicura che così facendo avrei solo peggiorato la mia situazione.

«Vorrà dire che ci rivedremo a cena, Altezza.»

«Ethan...»

«Va bene così. Se vuole vedere me allora okay. So affrontarla.»

Provavo a convincere più me stessa che lui.

«Se lo dici tu...»

«Alzati. Puoi andare ad accompagnare Ethan da mia madre.»

Il domestico si alzò con gambe tremanti, fece un rapido inchino e si avviò.

Mi inchinai anch'io, salutai la principessa, che intanto si era allontanata per andare dalla tata, respirai profondamente e seguii il domestico.

Sperai che le cose non si mettessero troppo male.

«Avanti» disse la regina dall'altro lato della porta.

«Aspetta qui» sussurrò il ragazzo.

«Vostra Maestà, il signor Allen è qui.»

«Fallo entrare.»

Mi chiamò e io entrai dentro il suo studio che in realtà avevo già visto una volta. Quando avevo preso la scheda di Robinson.

Sembrava passata un'eternità e invece erano solo alcuni mesi.

«Mi volevate vedere, Maestà?»

Fece cenno al domestico di lasciarci soli. «Accomodati pure, signor Allen.»

Tutta questa gentilezza mi stava mettendo un sacco di agitazione.

Finì di scrivere qualcosa al computer, incrociò le braccia sopra i fogli lì sulla scrivania e mi rivolse tutta la sua attenzione. «Ti ho fatto venire qui perché ho bisogno di chiarire alcune cose con te.»

«E quali sarebbero?»

«Credo che tu sappia che ho parlato con mio figlio in merito a quello che è successo un paio di giorni fa.»

La sua faccia era una maschera inespressiva. Mi chiesi se fosse umana.

Quel giorno non portava la corona, ma se lo avesse fatto le avrebbe conferito un'aria ancora più spietata e terribile. E quella di ora lo era tanto.

Ma rideva mai? Da quando l'avevo conosciuta, non l'avevo mai vista sorridere, figuriamoci ridere. Era come se tutte le emozioni fossero state aspirate via e al loro posto fosse rimasto un guscio vuoto.

Be' non tutte le emozioni: la rabbia c'era ancora e non la volevo di certo sperimentare sulla mia pelle.

«Il principe me lo ha detto poco fa.»

«Bene.»

Era fin troppo tranquilla.

«Conosci la storia della morte del mio secondo figlio?»

Cosa c'entrava questo? Perché aveva tirato fuori quella storia proprio ora?

«Ho sentito la storia dal principe.»

Annuì pensierosa. «E sai come è morto?»

«L'aereo su cui viaggiava il principe Xavier è precipitato, ma del suo corpo nessuna traccia.»

Sembrò sorpresa che conoscessi il nome di suo figlio.

«In realtà non si ritrovò neanche l'aereo. Entrambi erano scomparsi.»

Questa era interessante. Da come mi aveva detto Thed, l'aereo era stato ritrovato.

«Sono passati molti anni dalla tragedia ma ancora mi sembra ieri.»

Su questo aveva ragione. Anche per me sembrava successa ieri la tragedia di mio padre.

«Ma l'aereo e Xavier non sono mai stati ritrovati, lui potrebbe essere-»

«No. Non dire niente. Non voglio che crei false speranze quando non ce ne sono. Ho passato anni a convincermi che probabilmente lui era ancora vivo, ma ormai mi sono arresa alla verità dei fatti: Xavier, il mio caro Xavier è morto. Non voglio alimentare speranze nei miei figli. Soprattutto in Theodore.»

Thed era particolarmente legato a Xavier e questo peggiorava sicuramente le cose.

Ma se l'aereo non era stato ritrovato, forse... No. Xavier era morto. Punto.

La regina aveva ragione: non potevo creare false speranze.

«Con tutto il rispetto, Maestà... non capisco cosa c'entri il discorso del principe Xavier con quello che è successo ad Hardwall.»

Non mi preoccupai di nominare il villaggio, tanto ormai già lo sapeva.

«C'entra eccome, signor Allen. Thed è particolarmente incline ad aiutare il prossimo anche a scapito di sé stesso.»

«Dovrebbe esserne orgogliosa. Dopotutto diventerà re.»

«E lo sono moltissimo. Il punto è che non posso tollerare il fatto che siete andati ad Hardwall senza il mio consenso e per di più di notte con in arrivo una tempesta di pioggia.»

Si sistemò meglio sulla poltrona imbottita e continuò: «La tragedia di Xavier mi ha fatta diventare ancora più protettiva nei confronti dei miei figli. Non voglio che ricapiti più una cosa del genere. Non potrei sopportarla. Men che meno al Principe Ereditario. Mi capisci?»

«Perfettamente.»

Sentivo che stavamo per arrivare al dunque.

«Vuoi un po' di whisky prima di continuare il discorso?» si alzò dalla sedia e si diresse verso un tavolino. Si versò in un bicchiere un po' di alcolico e si rimise a sedere, bevendolo tutto d'un fiato.

Accidenti. Sua Maestà che beveva di prima mattina? Non me lo sarei mai aspettata.

«E in più» riprese «ora che il re è stato avvelenato dobbiamo essere più cauti che mai ad uscire. Non si sa mai chi si potrebbe incontrare. I traditori non vedono l'ora di avere tra le mani il mio erede» strinse un po'il bicchiere vuoto.

«Non dovete preoccuparvi di questo, Maestà. Ci sono io a difenderlo. Non gli succederà mai niente.»

«So che non metteresti mai la vita del principe in pericolo di proposito, ma involontariamente invece...»

«Non capisco...»

«Ma come non capisci?» alzò un po' il tono della voce. «Tu, un paio di giorni fa, non hai protetto a dovere il tuo principe e lui ha rischiato di morire.»

Stava esagerando: Thed non aveva rischiato di morire.

«Mi dispiace... ma non potevo proteggerlo dalla pioggia. È arrivata all'improvviso e ci siamo ritrovati sotto di essa.»

Sbatté il bicchiere sul tavolo e il suo gesto mi fece sobbalzare. «Dovevi prevenirla! Dovevi riportarlo al castello come nei programmi, senza deviazioni inutili.»

«Me ne rammarico molto, Maestà. Il principe non c'entra: sono stato io a convincerlo a recarsi lì perché avevo il desiderio di vedere alcuni amici che abitano lì.»

Il bicchiere tintinnò a causa della rabbia della regina. Fremeva di collera. I suoi occhi erano accesi d'ira e scattavano da una parte all'altra.

«E quindi il bodyguard personale del Principe Ereditario si mescola a quella... quella gentaglia.»

Strinsi i pugni fino a farmi diventare le nocche bianche. Ripensai al sorriso di Noah e alla gentilezza dei suoi genitori, ma anche alle altre persone che avevano accolto me e il principe calorosamente.

Provai a trattenermi ma senza riuscirci: «Quella che voi chiamate "gentaglia" con tanto disgusto fa parte del vostro regno che lavora per paghe vergognose senza lamentarsi. Il villaggio di Hardwall avrebbe bisogno di un sovrano che lo aiuti a progredire, invece che lasciarlo al proprio destino».

Rimase in silenzio per alcuni secondi. Assaporai la vittoria per aver lasciato Sua Maestà senza parole.

Durò poco.

Perse ogni espressione facciale e divenne una maschera assolutamente inespressiva. «Stai diventando sempre più audace, signor Allen. Questa volta chiuderò un occhio soltanto perché hai salvato la vita a mio figlio alcune volte. Ma se oserai rivolgerti a me in quel modo una seconda volta, non sarò così generosa. Chiaro?»

Avrei tanto voluto urlarle in faccia ciò che realmente pensavo di lei, fregandomene delle conseguenze. Purtroppo, però, mi servivano quei soldi.

Maledizione.

«Chiarissimo.»

«Bene. Ti punirò per non aver protetto il principe a dovere. Per i prossimi tre mesi ti verrà dimezzata la paga e quindi da 8000 monete d'oro diventeranno 4000. Inoltre te ne andrai da qui con un ammonimento: se dovessi venire a sapere che hai messo in pericolo mio figlio un'altra volta, verrai licenziato ed esiliato a vita. Intesi?»

«Sì, Vostra Maestà.»

«Perfetto, allora. Puoi andare.»

Riabbassò la testa su alcuni fogli e non mi degnò di un secondo sguardo.

Rimasi a fissarla con il cervello pieno di rabbia e delusione. Come poteva governarci un tale tiranno?

Alla fine, mi costrinsi ad alzarmi e a trascinare i piedi fino all'uscita. Non le feci alcun inchino. Forse avrei avuto problemi, ma non me ne importava niente.

...

«Allora?» mi chiese Thed una volta rientrata in camera sua.

«Vostra madre mi ha dimezzato lo stipendio per tre mesi e mi ha detto che, se risuccederà, mi esilierà.»

«Cosa?! Aspetta. Vado a parlarle e a farle rimangiare quello che ha detto.»

Partì come una furia verso la porta ma lo fermai prendendogli un braccio. «Lasciate stare. È andata sicuramente meglio di quanto credevo. E poi tre mesi non sono poi così tanti, no?»

«Non è quello che mi dà fastidio, ma il fatto che se la sia presa con te, quando è stata una mia decisione andare ad Hardwall.»

«Ma non ha tutti i torti. Dovevo proteggervi e non l'ho fatto.»

«Non è colpa tua se siamo rimasti sotto la pioggia.»

«Be' per la regina dovevo prevenirla.»

«Che sciocchezze.»

«Non la potete biasimare per il fatto di preoccuparsi per voi.»

«Non è quello che ho detto.»

«Comunque sia... non dovreste essere così impulsivo e poi non credo che la regina apprezzerebbe il vostro aiuto nei miei confronti. Non abbiamo un bel rapporto...»

Su questo penso che tutti avrebbero concordato con me.

«Voglio solo ricordarle che non può prendersela con te e che, se lo dovesse rifare, non me ne importerà un'accidenti se lei è mia madre o la regina.»

«Non avete paura che scopra l'identità della persona che vi piace?»

«Tanto meglio. A proposito di questo... non sopporto proprio più di dover celare la nostra relazione.»

Il mio cuore saltò un battito.

«Sapete che creerebbe uno scandalo.»

«Sono pronto ad affrontarlo» fece un passo verso di me.

«I cittadini potrebbero rivoltarsi.»

«Contro di te? E poi quelli che vogliono ribellarsi lo hanno già fatto. E se succederà troveremo una soluzione insieme» fece un altro passo.

Ingoiai un groppo in gola. «La regina potrebbe destituirti dal titolo di Principe Ereditario.»

«Non mi interessa. Se non posso averti, non ha senso mantenere il titolo.»

Calde lacrime mi sgorgarono fuori. Nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere.

Sentii il cuore riempirsi di così tanto amore che sarebbe potuto esplodere. Batteva un po' più forte ad ogni passo che faceva. Mi meravigliai che nessuno fuori lo sentisse.

Mi schiarii la voce, anche se apparve comunque tremante. «Siete sicuro che potreste rinunciare al vostro titolo? Per me?»

La cosa che avrei odiato più di tutte sarebbe stata quella di sentire bugie. Non avrei sopportato che mi avesse mentito o che poi non avesse mantenuto la promessa. Non gliene avrei fatte una colpa, ma da quel momento in poi non mi sarei più fidata.

Non ce l'avrei fatta.

«Non mi credi?» adesso era quasi a contatto con la mia pelle. A dividerci c'era solo qualche centimetro. Mi asciugò le lacrime e il suo tocco caldo e rassicurante mi mandò il cervello in pappa. Mi sfiorò con il pollice fin sotto la palpebra e un piccolo brivido di piacere mi risalì tutta la schiena. 

Mi costrinsi a concentrarmi sulle sue parole e non sul desiderio di assaporare le sue labbra che si muovevano piano, come se volessero stuzzicarmi.

«Vorrei farlo. Ma non penso che io sia una motivazione sufficiente per farvi abbandonare il titolo di Principe Ereditario e farvi perdere il diritto al trono. Non credo di avere questo potere.»

Si morse un labbro. «Chiedimelo.»

«Cosa?»

«Chiedimi di farlo. Adesso. Subito. Chiedimi di andare da mia madre a farmi togliere il titolo. In questo preciso istante.»

«Cosa? No! Perché dovrei farlo?»

«Perché devi essere assolutamente sicuro del fatto che farei qualsiasi cosa per te. Anche diventare un cittadino comune se è questo quello che desideri. Non devi pensare neanche per un momento di non essere abbastanza per me. Lo sei fin troppo e certe volte penso di non esserlo io per te.»

Furono le sue parole o forse il suo sguardo deciso e assolutamente sincero che sciolsero finalmente i grovigli che mi serravano il cuore. In quel momento fui del tutto certa delle sue reali intenzioni. I suoi occhi erano disperati, come se avesse paura che io non ricambiassi i suoi sentimenti, ma al tempo stesso ardevano di una fiamma pura che mi fecero pensare al fatto che, nonostante le difficoltà, lui avrebbe lottato per me.

Avremmo lottato l'uno per l'altra.

Mi sarei potuta fidare di Theodore. Anche se gli avessi rivelato il mio segreto, quello che mi stava logorando dentro a poco a poco.

«Sei tutto per me.»

Queste parole mi uscirono in modo talmente naturale e spontaneo che lasciarono il principe sbalordito e con la bocca leggermente aperta.

Non mi lasciò il tempo di leggergli meglio le emozioni che mise fine alla minima distanza che ci separava in un bacio bollente, disperato come se il mondo dovesse finire da un momento all'altro e a noi fossero rimasti solo quei pochi minuti per esprimere tutto il nostro amore.

Non ebbe niente di dolce e delicato. Era solo un groviglio di emozioni che si legavano e diventavano una cosa sola.

Intrecciò le mani alle mie, mentre con la lingua mi perlustrava la bocca centimetro dopo centimetro.

Trasalii e mi infransi come vetri che toccavano terra.

Mi sentivo così bene, libera da ogni pensiero negativo.

Mi cinse la vita con le mani e mi avvicinò ancora di più a sé. Ero così vicina che potevo sentirgli il petto che si alzava e abbassava a causa dell'affanno.

Poi smise di baciarmi e si allontanò. Mi prese per mano e mi condusse verso il letto.

Il cuore mi prese a battere all'impazzata nel momento in cui mi fece sedere.

Basta. Era arrivato il momento di dirglielo, prima che facessimo qualcosa di irreparabile.

Mi avrebbe odiata, ma non potevo più tenerglielo nascosto.

Eppure... sarebbe stato facile dirgli di smettere perché non mi sentivo pronta. Lui avrebbe capito e non avrebbe fatto niente per obbligarmi.

Il segreto sarebbe rimasto al sicuro.

Ma era davvero questo quello che volevo? Mentirgli ancora?

No, ovviamente ed era per questo che dentro di me sapevo che era arrivato il momento di confessare.

«Aspettate» mormorai.

Lui si fermò all'istante. Si sedette accanto a me.

«Che c'è? Ho fatto qualcosa che ti ha dato fastidio? N-Non lo vuoi anche tu? Se è così non preoccuparti. Forse ho corso un po' troppo. Non devi sentirti obbligato a fare niente che non vuoi» mi guardò con occhi sinceramente preoccupati e mi si strinse il cuore.

«Non è questo. È solo che... devo confessarvi una cosa.»

Parlai con voce ferma e decisa più di quanto mi aspettassi.

«Mi stai facendo preoccupare... dimmi.»

«Io... be' c'è una cosa che ho omesso di dire quando sono venuto a lavorare come vostro bodyguard.»

«E sarebbe?»

«In realtà... be'... non ho detto del tutto la verità sulla mia identità.»

Mi guardò sospettoso.

«Sapete... il nome che ho detto di avere è Ethan Allen, ma in verità questo è il nome del mio gemello. Il mio è Alisa Allen e sono una donna.»

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