CAPITOLO 26
Sanchez aveva lo sguardo fisso su di me tanto da mettermi a disagio.
Cercai di riprendere il controllo della situazione, facendogli capire che non ero qualcuno con cui scherzare. «Perché avete voluto parlare con me?»
«Siete così carino a chiedermelo. Ne terrò conto durante la mia esecuzione.»
Sbuffai. «Perché il principe Kendrick non è potuto rimanere?»
«La sua presenza non era necessaria e mi stava innervosendo con la sua agitazione.»
«Tutto qui? Niente di più?»
«Perché? Che cosa ci dovrebbe essere di più? O forse speravate che sotto ci fosse qualcosa di molto più grande? Forse un segreto...»
«Niente affatto.»
Probabilmente mentiva, ma decisi di cambiare argomento. «Eravate voi uno di quelli che ha fatto l'attentato nel giardino reale?»
«Suppongo che io sia uno di "quelli", dato che mi trovo qui.»
«Perché dopo non avete più parlato?»
«Non avevo niente di interessante da condividere.»
«Mentre adesso ce l'avete?»
«Certamente... per esempio... voi e il principe Kendrick siete molto uniti. Vi parlate in modo informale come se tra voi ci fosse del tenero...»
«No!» risposi indignata. «Questi non sono argomenti che vi riguardano» mi ricomposi.
«Come volete» si appoggiò allo schienale della sedia con apparente tranquillità.
«Il signor Perez era con voi?»
«Speravo che l'eroe avesse domande più interessanti da rivolgermi.»
«Non sono un eroe e voi siete tenuto a rispondere alle domande che vi porgo, senza lamentarvi.»
«Scusate, signor Allen... ma proprio non riesco a chiamarvi in altro modo. Dopotutto siete voi quello che ha salvato il Principe Ereditario da morte certa, sacrificandosi oltre tutto.»
«Ho fatto quello che avrebbe fatto chiunque nella mia situazione.»
«Vi assicuro che non tutti sono santi come vi immaginate» mi sorrise e quel semplice gesto mi trasmise una certa inquietudine.
Decisi di lasciar perdere e di fargli domande veramente importanti.
«Chi altri c'erano con voi e Perez?»
«Molti, ma non vi dirò i nomi... Sono solidale con i miei compagni, anche in punto di morte.»
Sapevo che non avrebbe fatto nomi, ma valeva la pena provarci.
«Dove si trova la vostra base?»
«In molti luoghi. In realtà ci muoviamo spesso. Non abbiamo un punto fisso.»
«Allora dove si trovava la vostra ultima base?»
«E chi lo sa? Sono mesi che non sento nessuno. Per quanto mi riguarda potrebbero essersene andati anche in capo al mondo.»
Mi morsi un labbro sconsolata. Per ora il mio interrogatorio non stava portando risultati e a breve sarei dovuta andar via.
Mi spremetti le meningi alla ricerca di una qualsiasi domanda alla quale non avrebbe potuto non rispondere.
«Mi dispiace se vi sto facendo perdere tempo. Non voglio deludervi, ma forse non sono la persona giusta con cui parlare. Dovreste rivolgervi a qualcun altro...»
«Sapete se nel castello reale ci siano degli infiltrati?»
«Naturalmente ci sono, altrimenti come avrebbero potuto appiccare l'incendio? Prima che me lo chiediate: non so chi siano.»
«Non è possibile che non sappiate niente!»
«Francamente anche se lo sapessi, non ve lo direi. Tuttavia, questo non lo so per davvero. All'interno della squadra non ero proprio uno con una carica alta. Le informazioni importanti non passavano di certo a me e né a Perez.»
In effetti, aveva ragione: se fossero stati importanti, di certo qualcuno dei ribelli avrebbe fatto in modo di liberarli per evitare che informazioni importanti passassero in mani estranee. Loro, invece, erano stati lasciati al loro destino.
«Sapete qualcosa su dei lavori che servivano per accalappiare informatori?»
«Oh, sì. Tuttora ci sono, ma non è più così facile trovarli.»
«E come mai?»
«Ci sono stati dei problemi con quelli nuovi.»
Come per esempio la signora Johnson.
«Conoscete la vera identità dello Sterminatore?»
A quella domanda, il viso imperscrutabile di Sanchez vacillò. Dapprima divenne bianco e poi sgranò gli occhi.
Finalmente avevo scovato il suo punto debole!
Quando parlò, la sua voce tremò un po': «C-Come avete saputo di lui?»
Quindi era un lui...
«Ho le mie fonti. Chi è lo Sterminatore?»
«Qualcuno con cui non volete avere niente a che fare, fidatevi.»
«Chi è davvero?» insistetti.
«Non lo sa nessuno. Tiene la sua identità segreta persino ai suoi compagni. Poche persone sanno chi è veramente. È colui che dà ordini e che punisce chi non li esegue. Dicono che una volta un tizio non uccise una famiglia perché gli sembrava una cosa troppo orribile e allora lo Sterminatore ha ucciso lui e ha dato da mangiare la sua carne durante il pranzo. Tutti ne erano ignari, ma quando si venne a sapere scoppiò un putiferio e da allora tutti eseguono i suoi ordini senza fiatare.»
Repressi l'istinto di vomitare e continuai: «E la famiglia?»
«Dette l'ordine a qualcun altro di ucciderla senza pietà. È un uomo con cui nessuno vorrebbe anche solo parlare. Ha agganci ovunque e una volta dentro il mirino è impossibile scampargli.»
«Se è così terribile perché non ve ne siete andato?»
«Non capisci» pareva allo stremo delle forze «quando sono diventato un ribelle volevo rivoluzionare Solaris, non di certo andare ad uccidere la gente senza motivo. Più di una volta ho avuto il desiderio di abbandonare tutto, ma non ho mai potuto. Lo Sterminatore conosce ogni segreto mio, della mia famiglia e dei miei amici. Mi ricatterebbe e in più ho giurato con il sangue di rimanere fino alla morte.»
«Cioè avete fatto un vero giuramento tagliandovi?!» ero allibita e sempre più disgustata.
«Sì. Ama queste cose. Dice che le trova divertenti e funzionali.»
«Ma allora lo avete incontrato almeno una volta.»
«Sì, una volta. Indossava una maschera e aveva un modificatore per la voce. Tuttavia, sono più che sicuro che fosse un uomo sui ventitré-ventiquattro anni.»
Perlomeno sapevo con chi avevo a che fare. Almeno in parte.
Rimasi imprigionata nei miei pensieri per qualche minuto e quando ritornai alla realtà, era già il momento di andare via. Una guardia mi stava richiamando.
«Grazie, signor Sanchez, per le informazioni.»
Stavo per alzarmi, quando lui mi prese per un braccio, bloccandomi: «Signor Allen... mi dispiace di non potervi dire chi sono gli altri ribelli con una carica più alta della mia. Non li conosco nemmeno io. Hanno giurato di non rivelare a nessuno la loro identità e alla base portavano sempre una maschera bianca...»
E la maschera bianca ritornava...
Non aveva ancora finito di parlare: «Dovete stare attento a chi vi sta intorno a palazzo. Non tutti sono quello che dicono di essere e inoltre lo Sterminatore una volta ha accennato a voi. Ho sentito che gli ricordate qualcuno che odiava in passato... di più non so dirvi».
Avevo ancora tante cose da chiedergli e quelle informazioni non avevano fatto altro che lasciarmi ancora di più nel dubbio.
In ogni caso, lo salutai consapevole che quella sarebbe stata la prima e ultima volta che parlavo con il signor Sanchez.
...
«Allora? Che ti ha detto?» domandò curioso Ken.
Gli raccontai brevemente il nostro dialogo mentre viaggiavamo di ritorno al castello.
Una volta finito, la sua espressione era perplessa e scettica. «E tu gli credi?»
«Non lo so... Potrebbe avermi detto un mucchio di bugie oppure tutta la verità.»
In realtà non sapevo come interpretare le sue ultime parole. Diceva che a palazzo non tutti erano ciò che raccontavano di essere. Chi erano allora?
L'ultima frase mi aveva lasciata davvero senza fiato: "E inoltre lo Sterminatore una volta ha accennato a voi. Ho sentito che gli ricordate qualcun che odiava in passato". Che cosa aveva voluto dire con ciò? Perché allo Sterminatore sarei dovuta importare qualcosa? E chi era la persona che odiava?
Così tante domande mi affollavano la mente che non sapevo metterle in ordine. Speravo che mentisse, ma una parte di me, la più profonda, mi diceva che quello che avevo sentito non era altro che la verità.
«Secondo me non dovresti prendere come oro colato ciò che dice quell'uomo. Ti ricordo che è un ribelle.»
«Non puoi dirlo. Non hai visto con che faccia lo affermava. Secondo me non mentiva o comunque parlava di cose che per lui sono vere.»
Non potevo togliermi dalla mente una pulce: e se fosse stato Kendrick la talpa che si celava all'interno del palazzo? Dopotutto lo credeva anche Theodore.
Questo avrebbe spiegato anche la testardaggine con cui Sanchez lo aveva buttato fuori. Che sapesse che era lui la spia?
Mi girai a guardare Kendrick con nuovi occhi. Gli osservai la mandibola, i lineamenti degli occhi e del naso; osservai il modo nel quale guardava fuori dal finestrino e si massaggiava la tempia. E se questi fossero tutti segnali di preoccupazione e di colpevolezza? Per un principe sarebbe stato facile spiare all'interno del suo stesso palazzo... e poi non destava particolari sospetti con quella sua faccia sempre sorridente. Una spia perfetta, se ci si pensava.
Inoltre, il giorno dell'incendio lui era a Solaris e lo avevo incontrato in palestra prima dell'incidente... e se fosse stato lui l'artefice delle fiamme? Avrebbe avuto tutto il tempo che gli serviva per mettere a punto il piano.
Scossi la testa per eliminare le mie stupide congetture. Che cosa mi saltava nella testa? Kendrick non avrebbe potuto far male a nessuno. Aveva combattuto sulle montagne per aiutare la popolazione degli Arfosi. Se c'era una persona di cui mi potevo fidare quella era di certo il principe Kendrick di Solaris.
Però, questo non toglieva il fatto che in futuro sarei stata molto più attenta nei suoi riguardi, non facendomi scappare neanche un indizio.
...
«Finalmente sei arrivato!» esclamò Theodore una volta scesa dall'auto.
«Ve lo avevo detto che dovevo prendere qualche giorno di ferie.»
«Sì... ma nella telefonata non mi dicevi che ci sarebbe stato anche il mio caro fratellino.»
«Buon pomeriggio anche a te, caro Thed.»
«Mi sono fatto riaccompagnare perché Kendrick aveva bisogno di un passaggio» mentii.
«Ma davvero? E guarda caso ha incontrato proprio te.»
«Una coincidenza. Solamente una coincidenza.»
«Esatto. Ha ragione Ethan.»
Prima che Theodore fronteggiasse ancora di più Kendrick, lo presi per un braccio e lo trascinai dentro, nella sua camera.
«Si può sapere cosa vi prende?»
«Non capisco» incrociò le braccia.
«Non fate il finto tonto. Perché siete geloso di vostro fratello?»
Arrossì leggermente. «Non sono geloso di nessuno! Non voglio che ti stia tra i piedi. Non sai quali siano i suoi piani.»
«Che piani?»
«Probabilmente ha a che fare con gli attentati e in un modo o nell'altro lo scoprirò.»
«Perché ne siete così sicuro? Che cosa ha fatto per odiarlo così tanto?»
«Non sono discorsi da fare in questo momento. Sarai stanco per il viaggio. Ti lascio riposare.»
«Perché state rimandando il discorso?»
«Non sono affari che ti riguardano» rispose freddo.
«Sì, se i vostri litigi tirano in ballo anche me. Esigo una risposta, Altezza.» Non avevo mai parlato così al principe e in un primo momento temetti che potesse prendersela e andarsene ancora più infuriato di prima.
Tuttavia, abbassò le spalle e il suo viso divenne triste e molto tirato. «Ti ho già parlato di mio fratello Xavier...»
«Sì...»
Xavier era il secondogenito della famiglia reale che sei anni prima era morto a causa di un disastro aereo.
«Dopo che l'aereo fu dichiarato scomparso, frugai nella camera di Kendrick e trovai un pezzo del motore dello stesso aereo...»
Sgranai gli occhi incredula. «Quindi voi mi state dicendo che vostro fratello di sedici anni avrebbe manomesso il motore dell'aereo per farlo precipitare?!»
«Detta così sembra un'idiozia... ma ti assicuro che il pezzo faceva parte dell'aereo e per qualche strano motivo si trovava dentro la camera di Kendrick. Provai a chiedergli spiegazioni, ma lui fece finta di nulla, dicendo che non sapeva di che cosa stessi parlando.»
«Non hai detto niente ai tuoi genitori?»
«Oh, sì che lo feci. Ero disperato e ogni giorno mi incolpavo sempre di più per la scomparsa di Xavier. Se solo non mi fossi ammalato, lui non sarebbe tornato prima e a quest'ora sarebbe stato ancora qui...»
Una lacrima silenziosa gli rigò la guancia. Gliela asciugai con il pollice mormorando: «Non è stata colpa vostra. Non potevate saperlo e di certo non potevate impedire di ammalarvi».
«Invece sì...» sussurrò perso nel vuoto.
Stavo per domandargli cosa intendesse, ma lui riprese il filo del racconto.
«Ma quando portai mia madre dentro la camera di Kendrick, non trovai niente. Il pezzo d'aereo era come sparito, scomparso nel nulla. Tentai di spiegarlo a mia madre, ma lei disse che era normale vedere cose inesistenti dopo la morte di una persona cara perché ormai Xavier era stato dichiarato morto.»
«Non vi credette nessuno?»
Scosse la testa. «Negli anni accantonai la mia idea e mi convinsi di aver immaginato ogni cosa, tuttavia...»
Fremevo dalla voglia di continuare a sapere, ma detti tempo a Theodore di ripescare dalla sua memoria i ricordi tutt'altro che piacevoli.
Gli presi una mano per rassicurarlo e dirgli che c'ero, che non stava affrontando tutto questo da solo.
«Adesso, dopo tre anni che è stato via per combattere su Nivermore, ritorna senza dire niente e scopro da altri che è stato visto qui a Solaris già da parecchie settimane, nascondendo la sua identità. Dice che era qui per gli approvvigionamenti, ma allora che bisogno c'era di nascondersi? Adesso i dubbi che avevo provato ad accantonare sono riaffiorati e non mi fido di lui.»
In realtà a questo ci avevo pensato anch'io...
«Non credete che abbia detto la verità?»
«Può darsi, ma non me la racconta giusta.»
«Se davvero fosse coinvolto, perché dovrebbe distruggere il suo stesso regno?»
«Per potere, forse? Oppure vuole rovesciare la nostra famiglia e governare lui da solo, dopotutto, senza Xavier, rimango solo io prima della corona.»
«Credi che a sedici anni abbia escogitato un piano così rischioso e abbia volontariamente ucciso suo fratello solo per il potere?»
Era del tutto improbabile.
«Ho visto fare cose orribili a ragazzini di sedici anni.»
No, in questa storia qualcosa non tornava. Troppi dubbi e punti interrogativi.
«Se fosse vero, Xavier come avrebbe fatto a viaggiare senza intoppi fino alle sue mete, ma precipitare solamente al ritorno?»
«Mi sono interrogato anch'io su questo punto e la risposta che ho trovato è stata una: fortuna. Xavier ha avuto fortuna all'andata, ma al ritorno quella stessa fortuna si è esaurita.»
Per quanto ci pensavo, proprio non ce lo vedevo un ragazzino di sedici anni a manomettere un aereo, a meno che qualcuno non lo avesse incastrato per qualche motivo. Perché il misterioso tizio avrebbe voluto uccidere proprio Xavier? E a quale scopo incastrare Kendrick? Forse per metterlo in cattiva luce con Theodore? Per distruggere il loro legame?
«Avete prove che incastrino vostro fratello?»
«No... ancora niente. Ma di sicuro le troverò e a quel punto pagherà per tutto quello che ha fatto» i suoi occhi trasmettevano un odio talmente profondo che mi fece venire i brividi.
Aprii la bocca per controbattere, ma Theodore mi precedette: «Adesso devo andare. Ho degli impegni importanti da fare, tra cui cercare una cura per mio padre».
«A proposito... come sta il re?»
«Come sempre. È profondamente addormentato, ma adesso non rischia di morire. Tuttavia, se non troveremo una cura entro poco, potrebbe non svegliarsi.»
Un motivo in più per accelerare la mia ricerca.
...
«Ciao, Ethan!» mi salutò Oliver la mattina dopo.
«Ciao!»
Ero andata a cercarlo per sentire se avesse fatto progressi con le sue ricerche.
«Hai trovato altri indizi per scovare il capo dei ribelli?»
«Io e Connor non siamo arrivati a niente in questi giorni. Siamo in un vicolo cieco.»
«Capisco... Avete qualche informazione nuova dall'ultima volta che ci siamo visti?» che risaliva alla mia degenza a casa di Kendrick.
«Abbiamo cercato e chiesto in giro e l'unica cosa che abbiamo scoperto è che molte persone, perlopiù quelle senza tanti soldi, si rivolgevano a dei volantini che offrivano loro un lavoro redditizio. Abbiamo cercato uno di questi volantini ma non abbiamo trovato niente.»
Interessante. Era la stessa cosa che mi aveva detto Sanchez.
«Avete pensato ad un motivo?»
«Siamo giunti alla conclusione che magari questi tizi dei manifesti abbiano trovato tutti i dipendenti che gli servivano e che abbiano eliminato gli annunci. Probabilmente non c'entrano niente con i ribelli. Un totale buco nell'acqua.»
«Sai dove si trova il principe Kendrick?»
«Sua Altezza ha detto che non vuole essere disturbato.»
«E dai! Dimmi dov'è! Non te lo chiederei se non si trattasse di una cosa davvero importante.»
«E va bene, ma non dirgli che te l'ho detto io.»
«Non preoccuparti. Sarò muto come una tomba!»
Oliver era una persona davvero adorabile, ma certe volte aveva troppo a cuore tutto ciò che riguardava le regole.
«E va bene... allora Sua Altezza si trova nella sua villa insieme a Connor per discutere di cose private.»
Lo ringrazierai frettolosamente e sfrecciai con la macchina in direzione della villa.
Suonai il campanello due volte, ma ancora nessuno era venuto ad aprirmi. Mi chiesi perché un domestico ci dovesse mettere tanto.
Stavo per risuonare quando la porta si aprì, rivelando la figura possente e muscolosa di Kendrick.
«Buongiorno, Kendrick» lo salutai con un sorriso.
«Buongiorno, Ethan... Che cosa ci fai qui?»
«Sono venuto perché ho urgentemente bisogno di parlare con te.»
«Adesso sarei impegnato con Connor... Se puoi ritornare dopo...»
«Le cose che ho da dirvi possono anche aspettare, Altezza» esclamò Connor, affacciandosi alla porta.
«Ne sei sicuro?»
«Sicurissimo. Torno dopo. Arrivederci, Ethan» nel suo tono di voce percepii una nota di irritazione, ma non ci feci molto caso.
«Arrivederci, Connor.»
Aspettammo che si allontanasse e poi Ken mi fece cenno di entrare. «Accomodati. Fai come se fossi a casa tua.»
«Ti ringrazio ancora per quella volta che mi hai ospitato dopo quell'incidente.»
«Non devi ringraziarmi. L'ho fatto volentieri.»
Gli sorrisi sinceramente e ci accomodammo su uno dei morbidissimi divani del salotto.
«Allora? Di cosa dovevi parlarmi?» abbassò il tono della voce come se avesse paura che qualcuno ci potesse sentire «hai fatto qualche nuova scoperta sulla tua indagine?»
«Diciamo che ho scoperto qualcosa di interessante che però non so se possa servire per le mie indagini. È per questo che sono venuto qui.»
«Dimmi tutto.»
«Ho parlato con tuo fratello circa... be'... sugli avvenimenti che hanno portato alla morte...»
Non sapevo che effetto potesse fargli il nome di suo fratello dopo tanto tempo. Poteva reagire male? Oppure si sarebbe infuriato con me perché gli avevo ricordato quel dolore dopo tanto tempo?
«Xavier» finì al posto mio.
Nel suo sguardo c'era una sorta di dolore remoto e profondo, ma niente a che vedere con la devastazione di Theodore. Kendrick sembrava che avesse accettato la sua morte e che fosse andato avanti. A Theodore, invece, si leggeva in volto il dolore ancora fresco, come se la tragedia fosse avvenuta da poco, come se quei sei anni si annullassero ogni volta che si parlava di lui.
«Sì... ecco... il principe è stato così gentile da dirmi le circostanze della sua morte e da questo ho scoperto anche il suo... be'...»
«Odio e disprezzo verso di me?»
«Non l'avrei descritto proprio così.»
«Ma è quello che è. Non ci sono parole migliori per dire che mio fratello maggiore mi odia per quello che crede sia successo sei anni fa.»
«Mi ha spiegato i suoi sospetti.»
«Scommetto che è partito subito spiegandoti la storia sul pezzo di motore trovato in camera mia.»
E così non se ne era scordato...
«Dice che in camera vostra si trovava un pezzo di motore dell'aereo del principe Xavier, ma che scomparve non appena portò la regina a vederlo.»
Fece un sorriso triste. «Senti, Ethan... so che Thed è tuo cliente e che vi lega una profonda amicizia... ma non devi credere a tutto quello che dice perché spesso, durante una tragedia, si può attribuire la colpa a chiunque pur di mettersi in pace il cuore.»
Ero perplessa. «Credete che Sua Altezza menta?»
«Assolutamente no! Dico che i suoi ricordi possano essere confusi a causa del lutto. Posso dirti che a manomettere il motore non sono stato né io e né nessun altro. Avevo sedici anni all'epoca! Come avrei potuto anche solo pensare una cosa del genere?»
Quello su cui avevo riflettuto anch'io.
Vedendomi taciturna, riprese: «Xavier era una bravissima persona dal cuore d'oro. Avrebbe fatto di tutto per noi e questa è stata una vera tragedia. Thed non è riuscito a superare il lutto e ancora cerca di trovare un colpevole quando la sola colpa ce l'ha il destino che ha deciso così.»
«Non credete che qualcuno possa aver danneggiato l'aereo?»
«Sinceramente no. E non dovrebbe pensarlo neanche lui perché tutto ciò lo sta distruggendo.
«Xavier era fantastico con me e con Alyson, ma era davvero legato a Theodore. Erano come gemelli. Si assomigliavano tantissimo e li distanziava solamente un anno. Spesso i nostri genitori non li riconoscevano neanche e questo lo usavano per fare scherzi e per scambiarsi d'identità.»
Era come assorto nei ricordi e notai un barlume di felicità affiorargli in viso.
«Mi ricordo di un episodio avvenuto molti anni fa: Thed e Xavier avevano dieci e nove anni. Ci trovavamo tutti vicino al lago e loro due giocavano a rincorrersi. Eravamo tutti così felici che nostra madre prese la macchina fotografica e ci raffigurò in quel momento. Poi fece una foto solo per Thed e Xavier ancora sporchi di fango. È stato uno dei pochi momenti che abbiamo passato tutti insieme senza scannarci a vicenda.»
«Forse perché eravate troppo piccoli?»
Rise di gusto. «Si potrebbe mettere così, ma ti assicuro che riuscivamo a litigare anche da piccolissimi.»
Quell'episodio mi ricordava qualcosa... ma certo! La fotografia in camera di Theodore. Rappresentava proprio quel momento.
«Quindi» ricominciò «Thed è devastato dalla perdita e cerca di colmare quel vuoto incolpando me con le sue assurde deduzioni. Non c'entro niente con gli attentati e non farei del male a nessuno, men che meno alla mia famiglia.»
Per quanto potessi convincermi del contrario, vedevo lo scintillio di sincerità nei suoi occhi. In quel momento seppi, senza ombra di dubbio, che Kendrick non c'entrava niente con tutto quello che stava succedendo.
Se davvero il pezzo di motore era nella sua stanza qualcun altro ce l'aveva messo per confonderci. Oppure, semplicemente, aveva ragione Ken: Theodore si era immaginato tutto a causa del lutto e ancora il suo cervello non voleva ammetterlo.
«Se mai riuscirai a convincerlo che suo fratello non è coinvolto con i ribelli, digli di venire da me per parlare e per chiarirci davanti ad un bell'alcolico pesante che in quel caso farebbe bene a tutti e due.»
No. Nel suo sguardo non c'era niente di malvagio o di falso. Solo la pura sincerità. O era molto bravo a mentire oppure tutto ciò che voleva era ricongiungersi con il solo fratello che gli rimaneva.
Era triste, profondamente amareggiato e dispiaciuto che Theodore ce l'avesse a morte con lui.
Come si dovrebbe sentire una persona che sa che un suo famigliare, sangue del suo sangue, darebbe la vita per vederlo soffrire? Non potevo nemmeno immaginare la disperazione che gli covava dentro da anni. Sperai solo che Theodore aprisse gli occhi, che si accorgesse finalmente di tutto e che potessero fare pace una volta per tutte.
Mi invitò a rimanere per un aperitivo ma declinai gentilmente l'offerta, dicendogli che avevo da fare.
Infatti, mi stava aspettando una meravigliosa cena all'insegna del divertimento con tutta la famiglia reale al completo (tranne il re che era ancora addormentato nella sua camera).
Da quella volta che Theodore aveva fatto una scenata davanti a tutti, ero riuscita ad evitare altre cene, pranzi o colazioni, ma questa volta mi aveva detto che sperava partecipassi e che aveva in serbo una sorpresa per me. Gli chiesi spiegazioni, ma aggiunse solo che era una cosa che doveva fare da tanto tempo. Punto. Non aveva detto altro.
E così adesso mi ritrovavo al fianco di Thomas in piedi vicino alla porta. Oliver e Connor si trovavano dall'altro lato della porta e parlottavano sottovoce.
L'atmosfera era tesa e non solo perché la regina mi lanciava occhiate di fuoco, ma anche perché tutti fissavano il posto vuoto all'altra estremità del tavolo. Il posto destinato al re.
Anche Alyson era assorta nei propri pensieri e mangiava a stento. Alla fine, fu lei ad interrompere la quiete che si stava facendo sempre più asfissiante: «Papà si rimetterà presto?»
«Certo, Aly... Sta solo un po' male. Vedrai che fra qualche giorno si riprenderà» disse Theodore.
Alyson notò la voce spezzata e titubante del fratello. «Dici sul serio?»
«Ovviamente.»
Non gli credeva.
«Allora, Thed...» cambiò discorso la regina «come vanno le cose con le nozze?»
Ogni volta la voce decisa e ammaliante della regina mi faceva saltare un battito. Sapevo che sarebbe bastato che alzasse un dito contro di me per essere spacciata con o senza il principe pronto a difendermi.
Odiavo questi momenti! Perché Thed aveva insistito ad avermi lì? Che sorpresa aveva in serbo?
«A proposito di questo, Teddy caro... ti dovrei far vedere alcuni addobbi floreali che ho scelto personalmente dal fioraio.»
«Le nozze si terranno fra due mesi» continuò la sovrana.
Due mesi. Due mesi e Theodore non sarebbe stato più mio, a meno che non rompesse il fidanzamento come aveva già proposto di fare...
«Anche se papà non potrà presenziare?» disse Ken scettico.
«Vostro padre sta abbastanza male, ma non vorrebbe che si annullasse il matrimonio per colpa sua.»
Theodore batté un pugno sul tavolo. «Non è giusto. Dovremmo aiutarlo invece di pensare al matrimonio. Ogni giorno perso è uno in meno a-»
«Adesso basta!» gridò la regina prima che Sua Altezza dicesse troppo.
«Le nozze si terranno. Questione conclusa.»
Con ciò ricominciarono tutti a mangiare.
Dopo qualche minuto, Thed posò la forchetta e sussurrò ad Alyson: «Potresti lasciarci soli?»
«Non voglio.»
Ridusse gli occhi a due fessure. «Neanche se ti prometto che dopo ti compro un bel gelato?»
«Se ci aggiungi anche le caramelle, abbiamo concluso un accordo.»
«E va bene, piccola furbetta. Affare fatto» si strinsero le mani e la piccola principessa venne accompagnata alla porta dalla tata.
Mentre se ne andava mi fece un cenno di saluto con la mano e io ricambiai.
«Allora, Thed? Di cosa devi parlarci?» eruppe la sovrana.
Lui, con tutta calma, si pulì la bocca al tovagliolo, bevve tutta l'acqua nel bicchiere e ripose le posate per bene sul tavolo. Questo suo comportamento mi stava mettendo ancora più agitazione e dalla tensione dentro la stanza, pensai che non fossi la sola. «Ho deciso che non posso sposarti, Alex.»
L'intera sala da pranzo ammutolì in un silenzio innaturale. Non sentivo volare nemmeno una mosca.
Spalancai gli occhi incredula. Questa era la sorpresa? Tutto avrei pensato tranne di questo. Non credevo che Theodore avesse la faccia tosta di rompere il fidanzamento su due piedi davanti a tutti, durante una cena.
Anche Connor e Oliver erano meravigliati, tranne Thomas: rimase immobile senza mutare espressione. Questo mi fece capire che lui già sapesse della sorpresa.
«C-come vuoi rompere il fidanzamento? Stai scherzando, vero?» disse Alexandra con un filo di voce.
«Non sto scherzando affatto. Non possiamo continuare questa messinscena.»
«Theodore! Cosa credi di fare?! Spezzare una promessa due mesi prima delle nozze?» ruggì la regina.
«Quale messinscena? Io ti amo, Teddy!»
Lady Alexandra scoppiò a piangere e per un momento, solo per un momento, mi dispiacque per lei.
«No, Alex... tu non mi ami. Ami l'idea che ti sei fatta di me. Ormai il nostro fidanzamento è diventato un'abitudine che non riesci a dimenticare. Qualcuno però deve darci un taglio.»
«Ma come... stavamo bene... Ho fatto qualcosa di sbagliato?»
«No, non hai fatto niente di sbagliato. Semplicemente ho capito che il matrimonio è un errore per tutti e due.»
«C'è un'altra?» lo guardò dritto negli occhi con le labbra che le tremavano dalla rabbia.
«Non è questo il punto. Il problema non è questo. Io non ti amo, non ti ho mai amata. Ti voglio bene come una sorella, siamo cresciuti insieme. Come potrei stare con la mia sorellina?»
«Come pensi di risolvere la questione con il popolo, eh Theodore?» si intromise la sovrana con voce pungente.
«In seguito terrò una conferenza stampa nella quale dirò che il fidanzamento è saltato senza specificare le motivazioni.»
«Questo matrimonio deve servire per dare speranza ai cittadini, per fargli avere aspettative sul futuro.»
«E allora il mio di futuro?» esplose «non pensate ai miei di desideri? Vorreste un figlio condannato all'infelicità con una donna che non ama solo per preservare le apparenze? Al popolo servono certezze e realtà, non menzogne.»
«E quindi adesso vorresti saperne più di me su Solaris?»
«No. Quello che dico è che il popolo non se ne fa di niente di un re infelice!»
Prima che gli animi si infuocassero di nuovo, Ken suggerì: «Forse è meglio se lasciamo discutere Thed e Alex da soli, dopotutto questa cosa riguarda loro in primis. Poi penseremo al resto. Che cosa ne dite, mamma?»
«Bene. Però, questa conversazione non finisce qui.»
Detto questo la sovrana, Ken e le sue due guardie del corpo lasciarono la stanza con passo rapido.
«Potete congedarvi anche voi adesso» il principe si rivolse a me e a Thomas.
Ci avviammo alla porta.
«Aspetta, Ethan.»
Mi girai a guardarlo. «Quando avrò finito qui, ho bisogno di te nelle mie stanze. Devo parlarti urgentemente, quindi non andare via.»
«Certamente, Vostra Altezza Reale.»
Mentre richiudevo le porte, sentii le parole di Alexandra, smorzate dal pianto: «Perché mi vuoi abbandonare? Che cosa ho fatto di sbagliato?»
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro