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CAPITOLO 2

Uscii dal bagno e mi diressi verso la mia postazione per il round successivo.

Mi girai indietro più di una volta per controllare se quel ragazzo mi stesse seguendo, ma fortunatamente non c'era più.

Chissà da dove sbucava. Magari era nuovo da quelle parti.

Quando ripensavo al suo comportamento mi veniva voglia di cercarlo e di dargli un pugno in faccia. Come si permetteva di bloccarmi al muro e di intimidirmi in quel modo? Sicuramente non sapeva con chi avesse a che fare.

Fui riscossa dai miei pensieri al suono della piccola trombetta che segnava l'inizio dell'incontro. Il mio avversario era il doppio di me, le spalle, le gambe e il busto erano enormi con muscoli così tanto gonfi che mancava poco facessero esplodere i sottili vestiti che lo coprivano. I tatuaggi gli ricoprivano le braccia e le gambe e gran parte del collo. Mentre si riscaldava, mi lanciò un'occhiata assassina che mi provocò un brivido lungo la spina dorsale.

A primo impatto, guardandoci, naturalmente la sfavorita ero io; tuttavia, non bisognava lasciarsi ingannare dalle apparenze: mentre lo guardavo constatai che quell'uomo era tutto muscoli e nient'altro. Probabilmente aveva una grande forza, ma a causa della sua stazza non si sarebbe potuto muovere con agilità come invece avrei fatto io. Credeva di vincere. Ne era certo e proprio per questo non pensava che io avrei agito con astuzia e che probabilmente lui stesso avrebbe commesso qualche errore.

Entrammo dentro il ring e cominciammo a guardarci a debita distanza; poi l'uomo, con movimenti non troppo veloci, provò a darmi un pugno che io riuscii a schivare; lui allora iniziò ad assestarmi dei calci e dei pugni in tutte le parti del corpo. Non mi lasciava il tempo per controbattere e l'unica cosa che potei fare fu quella di proteggermi e di indietreggiare. Come avevo pensato, i suoi movimenti erano lenti e impacciati, ma molto forti; infatti, mi distrassi un secondo e lui con un pugno mi prese il viso, facendomi cadere a terra. Sputacchiai sangue. Non aspettò un momento che mi fu subito sopra pronto per darmi il colpo di grazia. Io però fui più svelta e, ignorando il dolore alla mandibola, gli sgusciai di lato e con un rapido calcio lo spostai più lontano. Mi rialzai ed evitai altri due affondi e con rapidità gli andai dietro, saltandogli sulla schiena.

A quel gesto le persone esultarono e gridarono il mio nome. Non potei evitare un sorrisetto.

L'uomo cercò in tutti i modi di scrollarmi di dosso, dette pugni alla cieca e scosse violentemente la schiena. Io però mi attaccai al suo collo, infilandogli le dita negli occhi. Urlò e si buttò a terra, facendomi rotolare a pochi centimetri. In una manciata di secondi mi tirai su e iniziai a controbattere mentre l'atleta era ancora steso a terra con le mani sugli occhi.

In breve, lo misi K.O.

Avevo vinto il primo round con solo qualche livido e ammaccatura. Fantastico!

Dal primo ne seguirono altri con due ragazzi più o meno della mia stessa altezza. Li vinsi entrambi. Alla fine, avevo vinto l'incontro con 3-0.

Dopo essermi cambiata e dopo aver mascherato il livido all'occhio, che già stava comparendo, con un po' di trucco, andai diretta alla specie di tavolo dove venivano fatte le scommesse e lì a sedere incontrai Adam: «Ehi, Adam. Quanti soldi ho guadagnato oggi?» chiesi scrutando il tavolo.

«Ciao, Ethan. Oggi in tanti hanno scommesso su di te. Stai diventando un'autentica celebrità.»

«Ne sono sicuro. Allora?» non vedevo l'ora di ritornarmene a casa sotto le coperte.

«Pensi sempre ai soldi tu, eh? Comunque, oggi hai guadagnato 500 monete d'oro.»

500?! Non avevo mai guadagnato così tanto. Di solito mi fermavo a poco più di 200. Per un momento non credetti alle mie orecchie; con quei soldi saremmo potuti andare avanti per settimane.

Dentro di me sapevo che grazie a quei soldi avrei potuto smettere per un po' di fare quei combattimenti, ma naturalmente prevalse la parte meno razionale di me. Avrei continuato indipendentemente dai soldi perché era l'unico modo che conoscevo per scaricare la rabbia che mi attanagliava il petto.

Rabbia per essere stata licenziata senza aver fatto niente per meritarlo.

Rabbia verso tutti quei nobili che mi squadravano dall'alto verso il basso solo perché non ero come loro.

Rabbia per la condizione di mio fratello che doveva rimanere a letto a causa di uno stupido incidente.

Rabbia per mia madre che in quel momento si ritrovava a fare i doppi turni in fabbrica con una paga quasi inesistente.

Rabbia per il semplice fatto di non poter fare di più.

No, l'unico modo che avevo per fare di più era proprio questo, al diavolo se fosse stato legale oppure no.

Uscii fuori dalla palestra e sul tragitto verso casa mi ricordai di chiamare mio fratello. Dopo due squilli rispose una voce impastata dal sonno: «Ciao, sorellina».

«Ehi, Ethan... stavi dormendo? Ti ho disturbato? Mi avevi detto di chiamarti una volta fatto.»

«Infatti, non stavo dormendo. Alisa... è quasi l'una, menomale mi avevi detto che per mezzanotte ti avrei ritrovata a casa e invece sei ancora per strada.»

«Scusa, ma è durato più di quanto pensassi.»

«Che cosa, Ali? Perché non me lo vuoi dire? Se stai facendo qualcosa di pericoloso per aiutarmi non serve. In qualche modo faremo anche senza.»

No, che non ce l'avremmo fatta e lo sapeva anche lui.

Prima che potessi rispondergli, sentii delle voci provenienti da un vicolo non molto lontano. Volevo farmi i fatti miei, ma riconobbi lievemente la voce del tizio che mi aveva sorpresa in bagno, così la curiosità prevalse e andai a sentire con chi stesse discutendo.

«Ti richiamo dopo, okay?»

«Cosa? Non stai tornando?»

«Ho una questione da risolvere» dissi di sfuggita.

«Eh? Aspetta, Ali-»

Gli riattaccai in faccia e mi andai ad appostare vicino alle due figure in nero.

Erano avvolte dall'oscurità, ma in qualche modo distinsi il ragazzo della palestra e un altro che parlavano sottovoce. Be' non tanto sottovoce dato che li sentivo benissimo.

Il ragazzo della palestra stava dicendo: «Quindi? Hai scoperto nulla sugli attentati della scorsa notte?»

Attentati? Quali attentati? Che cos'era successo la scorsa notte?

Il tizio misterioso scosse la testa mortificato: «No... mi dispiace, mio signore. Il responsabile non ha lasciato tracce. Il magazzino è andato a fuoco e con lui tutte le prove».

Anche a distanza riuscii a scorgere della tensione che bucava l'aria.

«Questo è un bel problema, era l'unica pista che avevamo.»

L'altro fece... un inchino? Dovevo per forza aver visto male.

«Mi dispiace, mio signore... se vorrete punirmi, lo accetterò. Non sono stato abbastanza attento e la notizia è trapelata.»

Mio signore? Chi era il ragazzo del bagno?

«Non esagerare, Thomas, non è stata colpa tua e in ogni caso adesso sappiamo che a palazzo c'è una spia. Basterà scovarla per arrivare agli attentatori. Dobbiamo solo attendere un altro po'.»

Palazzo? Dove viveva questo "signore"?

«Sono ai vostri ordini.»

«Non fare niente per ora. Aspetta che le acque si calmino e poi vedremo.»

«Sì, Vos-» lo zittì prima che completasse la frase.

Avevo per sbaglio spezzato un rametto sotto i mei piedi e lui lo aveva sentito.

«Ho sentito qualcosa... aspetta» si avvicinò al punto in cui mi trovavo.

Trattenni il respiro e mi schiacciai il più possibile alla parete. Pregai che non potesse sentire il rumore del mio cuore che mi entrava nelle orecchie.

Giunse a pochi metri dal mio nascondiglio e in quell'istante chiusi gli occhi, aspettando che mi scoprisse. Se quello lo chiamava signore un motivo ci sarà stato. E se avesse avuto delle intenzioni malvagie? Ma allora perché si dava tanto da fare per scovare degli attentatori? Forse perché gli intralciavano gli affari?

Proprio quando credetti nel peggio, squillò il suo cellulare e rispose.

«Pronto? ... Arrivo subito.»

Detto questo si allontanò insieme all'altro uomo.

Non so per quanto tempo rimasi nascosta lì. Forse per minuti o anche per una mezz'ora; il fatto era che avevo paura che uscendo da lì lo potessi incontrare da qualche parte.

Alla fine, mi rilassai e anche il battito del mio cuore diminuì. Uscii e ancora un po' tremante mi diressi dalla parte opposta a quella che gli avevo visto prendere.

Avevo in testa un sacco di domande senza risposta e mentre ritornavo a casa cercai di dargli un senso. Senza successo.

...

Fui svegliata da un paio di mani che mi scuotevano furiosamente. Aprii di scatto gli occhi, ma dovetti richiuderli a causa della troppa luce che mi investiva la visuale. Dopo una manciata di minuti mi ci abituai e mi ritrovai davanti una figura che mi scrutava da vicino.

Mi svegliai completamente alla vista di Aileen che mi metteva sotto il naso due pezzi di carta.

Ancora un po' insonnolita mi misi a sedere e ne presi uno in mano.

Era un invito formale per una festa privata che si sarebbe tenuta alle 21 a casa di un certo Harry. Non capivo che cosa significasse. Perché Aileen aveva due inviti per una festa?

«Che cosa significa?»

«Non riesci ancora a capire, Alisa? Siamo state invitate a una festa dentro una delle ville più lussuose di tutta Solaris!»

«E questo l'ho capito, ma come hai fatto ad averli? Per quanto ne so non conosci nessun Harry» chiesi un po' confusa.

«E infatti è così. Forse e dico forse... li ho comprati da un tizio che li vendeva online.»

«Aileen» dissi con il tono da ramanzina.

«E dai! Ci serve un po' di divertimento e poi ti assicuro che sono autentici.»

«Quanto li hai pagati entrambi?» non volevo saperlo.

«100 monete d'oro. Ma ti assicuro che era un affare!» ammise.

«100 monete d'oro?! Aileen! Erano tutti i tuoi risparmi! Mi avevi detto che li avresti conservati per qualcosa di importante» ero allibita.

«Ed è qualcosa di importante questo! Ali... hai bisogno di un po' di svago, sei sempre in cerca di soldi e questo non fa bene alla tua salute. Devi distrarti e cosa meglio di una festa può farlo?» si stampò sulle labbra un sorriso smagliante che mi fece sospirare sconfitta. Tanto il danno era stato ormai fatto.

Continuò a parlare: «Allora? Mi accompagnerai?»

Chiusi gli occhi per un momento e la prima cosa che mi venne in mente fu quella di declinare, ma poi mi ricordai che la mia amica aveva speso tutti i suoi soldi per compare i biglietti e così accettai un po' titubante.

In effetti, mi serviva un po' di divertimento.

Prima di andarsene dal mio appartamento, ci accordammo di ritrovarci alle 18 per prepararci insieme. Diciamo che era stata lei quella che aveva insistito.

Il punto era che non mi piacevano molto le feste dove le persone ballavano, bevevano troppo o assumevano ogni tipo di droghe. Mi servirono molte rassicurazioni da parte di Aileen che disse che non ci sarebbero state tutte quelle cose. Alla fine, quasi mi convinsi.

Dopotutto era una festa chic, per nobili, o no?

Passai la mattinata a cercare un lavoro, ma inutilmente: sembrava quasi che tutto quello che trovavo mi respingesse a prescindere da quello che dicevo o facevo.

Alle 15 ero stremata, ma in qualche modo, quando arrivò Aileen per andare a fare shopping per la festa, ritrovai un po' di vigore e la seguii fra i negozi.

Per la festa mi comprai un vestitino rosso, forse un po' troppo attillato e corto che mi copriva gran parte del collo. Ci abbinai un paio di scarpe oro con un tacco abbastanza alto e una borsetta che si abbinava benissimo con il mio outfit.

I capelli decisi di tenerli sciolti in morbide onde dorate.

Aileen, invece, optò per un vestito rosa pallido lungo con lo spacco su una gamba, con scarpe talmente alte che mi meravigliai quando se le provò e disse che ci si sarebbe trovata benissimo. Decise di raccogliere i capelli da una parte con un fermaglio di brillantini. Anche lei comperò una borsetta oro da tenere in mano.

Al termine dello shopping, del parrucchiere e anche dell'estetista perché la mia amica aveva insistito nel dire che senza unghie non potevamo essere perfette, il conto era salatissimo e avevo prosciugato gran parte dei miei risparmi. Aileen, però, mi rincuorò, affermando che conciata in quel modo sarei stata un vero schianto.

Non potevo darle tutti i torti.

Ritornammo a casa mia che erano già le 18:00. Iniziammo a prepararci e per le 20:00 eravamo già pronte.

Ci guardammo allo specchio e rimanemmo senza fiato: sembravamo due persone totalmente diverse.

Quando ci facemmo vedere da mio fratello, lui fece finta di avere un infarto: «Aileen... che ne hai fatto di mia sorella? E chi è questo splendore qui di fianco a te?»

«Sempre il solito stupido» dissi, lanciandogli un cuscino.

La mia amica e io lasciammo l'appartamento e con un taxi ci dirigemmo verso la mega villa di lusso.

«Ali... sei pronta per questa serata?» le brillavano gli occhi, accentuati dal mascara.

«Non lo so... questo vestito mi pizzica e me lo sento un po' troppo stretto.»

Non ero perfettamente a mio agio in quello stato.

«Non preoccuparti, è solo una tua impressione. Sono sicura che appena entreremo da quella porta, ti sentirai un'altra.»

Lo speravo con tutto il cuore.

Il taxi si soffermò davanti a una casa enorme piena di gente che parlava fra di loro in abiti eleganti; non avevo mai visto niente del genere. Era una villa talmente grande che non sapevo come avrei fatto a non perdermici subito: l'esterno era illuminato da alcune luci multicolore e si poteva sentire la musica che rimbombava da dentro. Intorno alla villa si estendeva un magnifico parco con due piscine, una con addirittura l'idromassaggio, un campo da tennis, un campo da calcio e da golf.

I giardini erano stracolmi di statue fatte con gli alberi, c'erano vialetti e ogni tipo di comfort.

Rimasi talmente estasiata che dovetti domandare ad Aileen: «Sei sicura che questo non sia il palazzo reale?»

«Sicurissima. La reggia è vicinissima al castello e da qui la si può vedere benissimo.»

Poi aggiunse: «Ma ti immagini, Alisa? Siamo nella dimora di un duca e ho sentito dire che ci sarà anche il Principe Ereditario con la sua fidanzata».

Non mi era mai interessato granché della famiglia reale, ma soprattutto del Principe Ereditario: lo consideravo un nobile spocchione e vanitoso, al quale interessava solamente partecipare a feste nel suo castello.

Ogni volta che ci pensavo mi venivano i conati di vomito: la sua unica preoccupazione era quella di decidere l'abito da indossare, mentre gran parte del regno moriva di fame.

Un vero schifo.

Mentre riflettevo, Aileen esclamò: «Alisa, forza! Andiamo!»

Accennai un sì e scendemmo dal taxi, inspirai a fondo e un po' titubante raggiunsi Aileen che si era già immersa tra la folla.

Di solito in posti come questi, anche se non li frequentavo spesso, assumevo una personalità un po' più chiusa e cercavo in tutti i modi di apparire fredda e distaccata. Provavo a non distinguermi tra la folla e a non interagire molto con le persone. Tutto questo perché sapevo che agli aristocratici non fregava un bel niente del parere o delle chiacchiere dei poveracci; ti sparlavano alle spalle non appena giravi lo sguardo e quindi a cosa sarebbe servito dire qualcosa, se poi tutto quello che nominavi veniva considerato spazzatura?

No, avevo imparato che era inutile provare a essere diversa, tanto quella gente non ti avrebbe mai trovato alla loro altezza, neanche se avessi fatto fortuna.

La mia amica, invece, era di un altro parere: lei credeva che tutti avessero una possibilità e vedeva sempre il meglio negli altri, nonostante la schermissero di continuo.

Beata lei che ci credeva ancora!

A volte avrei voluto avere un po' del suo ottimismo.

Malgrado l'ambiente della villa era strabiliante, io mi districai velocemente da un gruppo di donne che presupposi fossero delle contesse o baronesse e mi posizionai al tavolo delle bevande e mi presi un drink per riuscire a sopportare tutta la serata.

Appoggiai un gomito sul bancone e mi girai a guardare la folla. In effetti, la festa non assomigliava per niente a quelle a cui ero solita partecipare: c'erano gruppetti di persone che parlottavano piano, tra loro passavano alcuni camerieri che portavano degli stuzzichini e delle bibite. Alcuni ballavano nell'enorme pista da ballo posta proprio al centro della sala.

Sapevo di aver detto che odiavo le feste troppo chiassose, dove giravano droghe e ubriachi, ma sicuramente sarebbero state molto più divertenti di questa, perché, dopo una mezz'ora che ero lì, stava diventando davvero noiosa. I partecipanti erano per lo più anziani ricchi che parlavano male degli altri.

Un vero mortorio!

Stavo per levare le tende e tornarmene a casa, quando la musica si fermò e tutti si zittirono. All'inizio non ne capii il motivo ma poi vidi affacciarsi dalla scalinata due persone, un ragazzo e una ragazza. Qualcuno urlò: «Sua Altezza Reale il Principe Ereditario Theodore di Solaris con la sua fidanzata lady Alexandra di Grimavele».

Una volta presentati, scesero lentamente la scalinata a braccetto.

Che ingresso trionfale!

Per quanto i loro movimenti fossero fluidi, percepivo una sorta di freddezza mentre si tenevano sottobraccio.

Forse una mia impressione. Sicuramente solo una mia impressione.

Ora le cose si stavano facendo davvero interessanti; bevvi un altro drink e ispezionai meglio quei due nobili: il principe era in smoking nero, con i capelli neri tirati all'indietro; gli occhi, nonostante non fosse molto vicino, riuscii a vederli di sfuggita: neri come la morte.

La lady era l'opposto: vestita totalmente di bianco e con un vestito ampio sul fondo e stretto in vita che le arrivava fino ai piedi; aveva un paio di guanti che non avrei potuto comprare neanche se per tutta la vita avessi fatto la cameriera; portava i tacchi, ma comunque era più bassa del principe. Portava i capelli castani raccolti in uno chignon alto con una mini-coroncina di diamanti. Era tutta ingioiellata, truccata e con un enorme sorriso stampato in faccia. Entrambi portavano due maschere d'oro.

Be' tanto valeva che si sposassero subito, tanto erano già vestiti!

Sbuffai e mi girai, bevendo altri due bicchieri.

La gente moriva di fame e loro si presentavano a una festicciola conciati in quel modo! Incredibile.

Per la frustrazione, mi voltai e decisi di andarmene il prima possibile, anche perché cominciavo a non reggermi più in piedi a causa dei troppi bicchieri.

Ne avevo bevuti già più di dieci.

Barcollai, ma ancora abbastanza lucida, arrivai fino alla porta. Stavo per evadere da quella prigione dorata, quando mi ricordai di Aileen.

Dove si trovava in quel momento? Non la vedevo dall'inizio della serata.

Sospirai e iniziai a cercarla fra i meandri della villa. Finalmente la individuai mentre stava parlando con altre ragazze. Pensai che almeno lei si stesse divertendo.

Ero sul punto di lasciarla stare e di tornarmene a casa da sola, quando ascoltai parte della conversazione con le altre lady, tra le quali c'era anche la fidanzata del principe. La stavano prendendo in giro per l'abito?

Credetti di aver capito male, ma poi udii meglio le parole di Alexandra: «Tesoro, dovresti lasciarti vestire da noi. Questo abito non ti sta bene e sicuramente è fatto con materiale scadente. Chi è lo sciocco che te lo ha confezionato?»

La mia amica balbettò: «Be'... nessuno. L'ho comprato io con i miei risparmi. Non potevo permettermi di meglio».

«Capisco... quindi non sei ricca?»

«... No.»

Fecero delle piccole risatine. Questo mi mandò in bestia. Come si permettevano di insultare l'abito della mia amica solo perché non era fatto da uno stilista? Chi erano loro per giudicare?! Non mi importava niente se una era fidanzata con il Principe Ereditario. Non si doveva permettere e basta.

Strinsi così forte i pugni che le nocche divennero bianche, poi, senza neanche rifletterci su, presi un bicchiere con del liquido dentro e mi avvicinai a grandi passi al gruppo.

Non appena la mia amica mi vide, accennò un timido sorriso che io non ricambiai, tanto ero presa dal momento.

Mi fermai davanti alla fidanzata del principe e dissi con un ghigno: «Lady Alexandra, vedo che vi piacciono molto i vestiti costosi. Controlliamo con che materiale "chic" è fatto il vostro».

Detto questo le versai tutto il bicchiere direttamente nella scollatura dell'abito.

Al diavolo la discrezione.

Il colore bianco assunse un colorito giallognolo.

Alexandra spalancò la bocca e strabuzzò gli occhi incredula. Tutti i presenti si girarono a guardare la scena: alcuni sembravano sorpresi, altri fecero delle facce arrabbiate, mentre c'era chi ridacchiava.

Non potei evitare una risatina perché la lady cercava in tutti i modi di coprirsi mentre le guance le diventavano di un colore rosso abbastanza acceso. Non seppi constatare se fosse per la vergogna o per l'arrabbiatura.

Aileen era stupita, ma allo stesso tempo mi ringraziò, mimando con le labbra la parola.

La reazione che però mi stupì più di tutte fu quella di Sua Altezza: invece di accorrere verso la sua fidanzata, che intanto se n'era andata insieme alle sue amiche, e soccorrerla, mentre diceva alle guardie di arrestarmi, rimase in disparte e sghignazzava con le braccia incrociate.

In realtà non potevo veramente sapere cosa stesse facendo perché in quel momento non ero del tutto in me. Mi sentivo la testa annebbiata e non ero del tutto lucida.

Così, non mi accorsi che il principe sopraggiungeva proprio davanti a me.

Non ricordo precisamente la nostra conversazione, ma sono sicura che lui disse: «Be' ero sicuro che questa festa fosse noiosa, ma ora dovrò ricredermi. Non avevo mai visto quell'espressione sul viso di lady Alexandra; non potrò assicurarvi, però, che lascerà correre questa vostra mancanza di rispetto» ingoiò un sorso di whisky e mi guardò con quei suoi ardenti occhi neri.

Nonostante avesse una maschera, che gli dava un'aria ridicola, mi sembrava di averlo visto da qualche parte, ma avevo talmente mal di testa che avrei facilmente confuso i volti.

Biascicando un po' le parole risposi: «Non ho paura di lei! Nessuno può insultare la mia amica, neanche la fidanzata del principe. Affronterò ogni guardia reale che osi sfidarmi».

«Siete molto agguerrita. Posso sapere il vostro nome?»

Stavo per dirglielo, quando la testa iniziò a farsi pesante e a girare terribilmente. L'unica cosa che ricordo era che tutto davanti a me si annebbiò fino a diventare completamente nero. Proprio quando credevo di stare per cascare a terra due braccia forti mi sorressero e mi presero in braccio. Intravidi due occhi neri che guardavano in avanti.

Poi persi conoscenza.

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