CAPITOLO 12
Arrivai in giardino e ci trovai già una moltitudine di persone intente a parlottare fra di loro. Alcune avevano un'aria spaventata, altri avevano ancora bende su alcune parti del corpo.
Notai anche una persona in sedia a rotelle con entrambe le gambe ingessate. Lo avevo rivisto nelle cucine e presupposi che fosse un cuoco.
Per quanto mi riguardava, anche io avevo ancora alcune bende intorno alle braccia e al fianco. La polmonite e l'infiammazione erano quasi del tutto passate, ma comunque il dottore mi aveva raccomandato di restare a riposo e di parlare poco. Spesso mi chiedevo come nessuno in ospedale si fosse accorto che in realtà fossi una ragazza. Forse lo avevano scoperto, ma avevano preferito non dire niente? Magari ero passata inosservata? Abbastanza improbabile, così mi convinsi della prima supposizione. Ma allora perché tenerlo segreto? Mi ripromisi che un giorno di questi sarei andata in ospedale e avrei parlato sinceramente con il medico per capire quali fossero le sue intenzioni. Non volevo correre alcun rischio.
I miei pensieri furono interrotti dalla voce calma ma decisa della regina.
Ogni volta che apriva bocca mi metteva addosso i brividi.
La folla si zittì all'istante e tutti guardarono la regina attaccata a un microfono posto su un piccolo palchetto. Accanto a lei c'era il principe, il re e la piccola principessa. Non vidi il fratello di Theodore. Forse ancora non era tornato al castello.
«Buongiorno a tutti» cominciò «mi dispiace riunirvi qui senza tanto preavviso. Alcune settimane fa c'è stato un terribile incendio come voi ben sapete che ha distrutto gran parte del palazzo reale, soprattutto alcune aree. Crediamo che dietro a questo disastro ci siano dei ribelli che mirano alla sicurezza e all'ordine di questo regno. Non dovete preoccuparvi perché siamo già alla ricerca di queste persone e quando le troveremo farò patire loro le peggiori pene dell'Inferno.
«Mi rammarico ogni giorno per la perdita di vite umane che ha comportato questo incendio e per questo sono vicina a tutte le famiglie che hanno perso un caro. In questi giorni di lutto voglio assicurarmi che tutti voi abbiate l'assistenza necessaria; perciò, tra un giorno o due a tutti voi verranno consegnate 5000 monete d'oro per le cure che vi servono.»
Fece un respiro profondo, mentre la gente tratteneva il respiro. Alcuni la ringraziavano silenziosamente, altri erano scioccati per la notizia che probabilmente dietro c'era un attacco terroristico.
«So che in questo momento per molti di voi non sarà facile riprendere il lavoro e che alcuni si licenzieranno perché non sono più sicuri della sicurezza del castello. Non posso farci niente a chi vorrà licenziarsi, ma posso dirvi che ciò che è successo non ricapiterà più e vi invito caldamente a non andarvene poiché la corona ha bisogno di tutti voi.»
Come faceva a promettere che non sarebbe mai più ricapitato?
Una ragazza con il braccio ingessato alzò la mano.
«Sì?»
«Vostra Maestà... come potete prometterci che non ricapiterà più ciò che è successo? Ci sono già stati due attentati dentro le mura. Come potete sapere che non ce ne sarà un terzo?»
Molti erano d'accordo con lei.
«Infatti, nulla è certo di questi tempi, ma vi posso assolutamente garantire che il palazzo è stato fortificato sia dentro che fuori e che, ora come ora, è il posto più sicuro. Non posso forzarvi a rimanere qui e di certo non posso farvene una colpa se vorrete andare via; tuttavia, in questi tempi duri abbiamo bisogno del supporto di tutti. Vi posso solo invitare a non abbandonare il vostro regno in un momento come questo.»
Un altro ragazzo disse: «Vostra Maestà... chi pensate ci sia dietro questi attentati?»
«Ancora non lo sappiamo, ma i nostri agenti li stanno già cercando e sicuramente li troveranno entro pochi giorni.»
Vidi il principe alzare gli occhi al cielo.
Siccome nessuno aggiungeva niente, la regina proseguì: «Le disposizioni delle stanze sono cambiate per chi vorrà rimanere qui. Purtroppo, la maggior parte delle stanze riservate al personale sono andate distrutte e così dovremmo arrangiarci con quelle che sono rimaste».
Trasalii. «Esiste nel palazzo un'area riservata alle emergenze. Rimane un po' nascosta e non è compresa in questa struttura. Si trova un po' più a sud rispetto a questa e purtroppo non è molto grande. Conta all'incirca una ottantina di stanze perché era stata costruita per le emergenze. Fino a quando il palazzo non sarà interamente ristrutturato, prego il personale affinché alloggi in questa piccola tenuta. In ogni stanza vivranno circa sette persone; naturalmente gli uomini e le donne saranno divisi. Potrà essere una soluzione un po' drastica e difficile da accettare, ma sono sicura che voi tutti sarete accomodanti e capirete la difficile situazione in cui ci troviamo.»
A quel punto esclamazioni di sgomento invasero il giardino, ma io ormai non riuscivo più a sentire niente. Ero talmente stupefatta e ipnotizzata che il mio unico pensiero era: come avrei fatto ora?
Era impensabile per me anche solo pensare di vivere insieme a sei uomini nella stessa stanza! Come avrei fatto a mantenere il segreto?
Il cuore mi batteva fortissimo mentre mi spremevo il cervello affinché trovasse una soluzione. Non ne vedevo nessuna.
I palmi delle mani e la fronte sudavano, mi torcevo le dita e mi mordicchiavo il labbro fino a fargli uscire un rivolo di sangue. Mi girava la testa e per un istante vidi tutto appannato.
La voce del sovrano mi fece ritrovare un briciolo di autocontrollo. «Siamo davvero rammaricati per questa soluzione, ma finché non troveremo di meglio, vi pregherei di avere pazienza. Naturalmente per farci perdonare a tutti quelli che vorranno rimanere con noi, raddoppieremo la paga.»
Avrei ricevuto 8000 monete d'oro?! Dove avrebbero trovato i soldi per aumentare gli stipendi a più di quattrocento persone quando c'era da ricostruire mezzo palazzo?
In ogni caso, ero troppo confusa per preoccuparmene.
Come avrei fatto ora? Di certo non avrei potuto dormire nella tenuta e ritornare a casa ogni giorno era impensabile perché c'era troppa strada da percorrere. L'unica soluzione possibile era dimettersi, ma così facendo avrei gravato ancora di più sulle spalle di mia madre che solo in questo periodo si sentiva un po' meglio. Senza contare che le medicine per mio fratello costavano un sacco e senza il mio stipendio sarebbe stato ancora più difficile comprarle.
Non ci voleva! Proprio ora che neanche in palestra c'erano così tanti lottatori con cui gareggiare!
Mi sarei dovuta arrangiare e trovarmi un impiego da qualche altra parte. Ma quanto mi ci sarebbe voluto?
Disperata, mi presi la testa tra le mani, reprimendo qualche lacrima che stava già scendendo involontariamente.
Mi concentrai sul re che aveva appena ripreso a parlare: «Per chi volesse rimanere, lo dovrà far sapere con una mail entro due giorni. Noi risponderemo con il numero della stanza che occuperete e con la cifra del nuovo stipendio. Grazie a tutti per la collaborazione. Vi auguro un sereno proseguimento della giornata».
A questo punto i reali si diressero verso il castello e per un piccolo istante mi parve di vedere Theodore rivolgermi un'occhiata.
Quando se ne furono andati, la folla cominciò a sciamare. Rimasi imbambolata ancora incredula di ciò che era appena successo, ma alla fine mi toccò andare.
...
Con i piedi pesanti e con un macigno sopra il cuore, la mia decisione era stata presa. A casa avevo passato tutta la notte a pensarci e non avevo detto niente ad Ethan e ad Aileen.
Ethan, una volta rientrata, mi era venuto incontro sorridente e mi aveva abbracciata. «Ali! Come stai?»
Vedendo la mia faccia, aggiunse: «Che ti è successo? Sembra che tu abbia visto un fantasma!»
«Niente... niente. Sono solo un po' stanca.»
Non sapevo come dirgli che fra non molto sarei stata una disoccupata. Ci sarebbe rimasto malissimo, ma non potevo fare altrimenti.
La mattina dopo ero pallida come un cadavere e mi sforzai di sorridere un po' e di non farmi vedere in quelle pessime condizioni. Non so se ci fossi riuscita, tuttavia alla fine arrivai al castello. La prima cosa che avrei fatto sarebbe stata quella di cercare il principe e di dirgli che tra non molto non sarei più stata la sua guardia del corpo.
Dopotutto mi sembrava giusto dirglielo e non farglielo scoprire da qualcun altro.
Andai diretta verso la sua stanza e bussai.
Dopo un po' sentii una voce dire: «Avanti».
Entrai sicura nella sua stanza. Non poteva di certo impedirmi di andarmene, no? Non ero la sua servetta! E in fin dei conti mi convinsi che forse era meglio così: in questo modo non dovevo più subire le sue cattiverie giorno e notte.
Gli avrei detto di trovarsi un nuovo servetto da trattare come animale da compagnia. Così mi posizionai proprio di fronte a lui che si trovava sdraiato sul letto e mi guardava con un sorrisetto malizioso sulle labbra.
«Buongiorno, Ethan, quale buon vento ti porta qui a quest'ora?»
Mi schiarii la voce. «Buongiorno, Vostra Altezza... Sono venuto qui oggi perché ho una cosa importante da dirvi.»
Non la smetteva di fissarmi con quel suo sorrisetto fastidioso. Non si mosse di un millimetro dal letto.
«Dimmi. Non farmi rimanere così sulle spine.»
Inspirai profondamente. Era giunto il momento. Mi ero preparata il discorso da dirgli la sera prima e ovviamente questo non includeva la verità. Mi sarei inventata una bugia. In questo modo non avrei dovuto dire il vero motivo del mio licenziamento.
«Ho deciso di licenziarmi.»
Ormai lo avevo detto. Non potevo tornare indietro.
A quel punto il principe smise di sorridere e si alzò a sedere con le gambe incrociate. Mi guardò con occhi indagatori e io non potei fare altro che distogliere lo sguardo.
«E perché mai vuoi licenziarti?»
«Io... io...»
Oh, ma perché sotto il suo sguardo mi dovevano sempre morire tutte le parole di bocca?
Feci un respiro profondo e ripresi con voce più sicura: «Non mi sento più a mio agio a lavorare in luogo soggetto così tanto ad attentati terroristici».
Detta a voce alta pareva una scemenza. Dopotutto venivo pagata per proteggere il principe da attentati terroristici! Che avevo nella testa quando avevo pensato a questa scusa?
Lui mi guardò di sbieco, ma mi affrettai ad aggiungere: «E poi devo stare con mia sorella e con mia madre che in questo periodo non stanno affatto bene. Non c'è nessuno che si occupa di loro e quindi devo farlo io».
Lui indugiò qualche secondo e poi si sdraiò nuovamente sul letto. Che stava facendo?! Mi stava letteralmente facendo andare fuori di testa! Era il suo modo per mettermi in difficoltà?
Mi conficcai le unghie nel palmo della mano per trattenermi dall'urlargli in faccia.
«Solo questo? Non devi dirmi altro?»
Scossi la testa. Non aveva niente da dire? Ero stata il suo bodyguard per settimane e a lui non gliene importava niente se me ne andavo? Incredibile! Adesso capivo quanto gliene importasse delle persone! Mi avrebbe sostituita senza ripensamenti!
Alla fine, però, era meglio così per tutti.
Cercai di nascondere la delusione sul volto e lentamente mi allontanai dalla stanza perché il principe non stava aggiungendo niente.
Stavo per aprire silenziosamente la porta per andarmene, quando lo sentii dire: «Fermo là! Ti ho detto per caso che eri stato congedato?»
Stupita, ritornai da lui. «Mi dispiace, Vostra Altezza... Siccome non dicevate altro, pensavo che potessi andare via.»
«Stavo riflettendo sulla motivazione del tuo licenziamento. Perché ho l'impressione che quello che mi stai dicendo siano frottole?»
Sbiancai e iniziai a sudare. «Io... uhm... Perché dite questo?»
«Be' non è da te andartene solo perché nel palazzo c'è stato un attentato. Mi dispiace se tua sorella e tua madre stanno male, ma sento comunque che sotto ci sia qualcos'altro che non vuoi dirmi.»
Non sapevo che rispondere. Ero così confusa e imbarazzata che la bocca mi rimase saldamente chiusa.
Non mi accorsi neanche che il principe si stesse avvicinando a me. Quando me ne resi conto era già a pochi centimetri dal mio viso e io istintivamente feci qualche passo indietro fino a sbattere contro il muro.
Il cuore mi martellava nelle costole, ma lui non la smetteva di guardarmi e di avvicinarsi al mio viso. Non avevo la forza per respingerlo (o forse non volevo?) e così quando si avvicinò ancora di più alle mie labbra, credevo che mi avrebbe baciata. Invece, si accostò al mio orecchio e mormorò: «Hai un buon odore per essere un uomo. Non è che ti metti qualche tipo di profumo?»
Lo respinsi via dandogli una spinta. Come potevo essere così stupida?! Si stava di nuovo prendendo gioco di me!
«Vostra Altezza... da domani dovrete procurarvi una nuova guardia del corpo perché io non sarò più in servizio. Ero solo venuto a dirvelo.»
«Oh, non che non lo farai. Non te lo permetterò di certo.»
Che cosa voleva dire con questo?
«Non me lo potete impedire, Altezza. Purtroppo, non posso più lavorare qui e a breve farò la lettera di licenziamento.»
Non riuscivo più a stare in quella stanza. Mi sentivo soffocare. Mi affrettai verso l'uscita, ma il principe mi fermò prendendomi un braccio.
«Che cosa fate?!»
«Non penso che la tua famiglia possa fare a meno di uno stipendio così vantaggioso se davvero è ridotta in questo modo. Oggigiorno le cure costano parecchio e una paga da 4000 monete d'oro non fa che agevolare il pagamento. Dimmi la verità, Ethan... è successo qualcosa? Ho fatto qualche cosa che ti ha messo così tanto a disagio da voler andare via?»
Il suo sguardo triste e quasi disperato mi fece tentennare. Mi stavo quasi per ammorbidire e cedere, ma poi mi ricordai che se gli avessi detto il mio segreto, mi avrebbe sbattuta in carcere. Perciò mi scrollai di dosso la sensazione e ripresi: «Non avete fatto niente di sbagliato. Non posso davvero più lavorare per voi, Vostra Altezza... Mi dispiace, ma non potete impedirmi di andarmene».
Lui strinse i denti. «Bene. Se è quello che desideri allora va bene... Mi raccomando di versare i soldi entro la prossima settimana.»
Quali soldi?!
«Che soldi? Non devo versare neanche una moneta d'oro.»
«Ma come? Non ti ricordi che il contratto prevedeva che al momento del licenziamento avresti dovuto ridare indietro tutti gli stipendi versati?»
Sbiancai. Cavolo! Non me lo ricordavo proprio di questa clausola! Adesso dove li avrei presi tutti quei soldi?
Vedendo la mia faccia, incurvò leggermente le labbra in una specie di ghigno e si adagiò di nuovo a sedere sul letto.
«Non è giusto! Non posso neanche decidere di licenziarmi senza che voi mi togliate tutto!» assomigliava più a un lamento disperato.
«Non è colpa mia. Hai firmato tu il contratto. Lo sapevi di questa clausola» rispose calmo.
Strinsi i pugni, ma non potei che dargli ragione: avevo firmato io il contratto nonostante lo avessi letto attentamente più volte.
E adesso?
«In ogni caso» riprese «non devi preoccuparti. Puoi sempre rimanere a lavorare qui e non dovrai pagare neanche una moneta d'oro. In caso contrario... be'... non so quanto sia vantaggioso per le cure di tua sorella e di tua madre se avrai questo debito con la famiglia reale.»
Mi aveva in pugno e lo sapeva perfettamente! Che infido!
Ingoiai la rispostaccia che avevo in gola e chiusi gli occhi. La testa mi rimbombava nelle orecchie e sentivo caldo in tutto il corpo. Non potevo andare a vivere con sei uomini nella stessa stanza! E non potevo licenziarmi perché altrimenti avrei dovuto pagare tutti i miei stipendi!
«Va bene. Avete vinto. Rimango qui.»
Decisi che per ora era meglio fargli credere che avessi ceduto e poi in qualche modo mi sarei licenziata senza dover pagare. Mi sarei rivolta a chiunque.
«Benissimo! Non potevi fare una scelta migliore!» si alzò nuovamente.
L'unica cosa che in quel momento volevo fare era quella di andarmene il più velocemente possibile da lì e confrontarmi con la mia amica. Magari avrebbe trovato lei una soluzione dato che per un periodo di tempo aveva studiato Legge.
Mormorai qualche parola e mi diressi velocemente alla porta. Ce la stavo quasi facendo, quando Theodore mi fermò. «Ritorna qui. Non ho finito di parlare.»
Che cosa voleva ora?
«Ti ricordi che qualche tempo fa avevi rubato una mappa e poi distrutta? E io, invece di cacciarti per aver danneggiato una reliquia, ti ho perdonato, ma in cambio mi dovevi un favore?»
E come dimenticarlo? Era il mio primo giorno e già era andato tutto a rotoli.
«E allora?»
«E allora è il momento di ripagare il debito.»
Incrociai le braccia. «Che cosa volete che faccia?»
«Hai già un posto dove abitare dopo che la tua stanza è stata distrutta nell'incendio?»
«No... cioè il re ha detto che tutti i dipendenti dormiranno in quella tenuta a sud del palazzo, ma io...»
Non sapevo come rispondere. Non potevo certo dire che non volevo dormire con sei uomini perché ero una donna, no?
«Non importa quello che ha detto il re. Da domani verrai a stare qui insieme a me. Non voglio discussioni, devi ancora ripagarmi e questo è ciò che voglio che tu faccia.»
Rimasi letteralmente spiazzata e incredula: avevo sentito bene? Il principe voleva che una guardia del corpo dormisse nella sua stessa stanza?
Non avrei mai abitato nella sua camera! Già era stato strano quando mi ci ero risvegliata una mattina! Immaginiamoci tutte le mattine! No, era una cosa impensabile. Non lo avrei mai fatto! Neanche per tutto l'oro del mondo.
Stavo per obiettare quando ripensai alle mie alternative: dormire con sei uomini sconosciuti nella stessa stanza oppure pagare più di ottomila monete d'oro di stipendi versati per il licenziamento. Non era una prospettiva bellissima.
Così, pensai un secondo alla sua offerta. Non era male. Certo me lo sarei dovuta sorbire tutti i giorni compresa la notte, ma almeno era già qualcuno che più o meno conoscevo.
Mi morsi l'interno del labbro per l'indecisione.
«Allora? Non dici nulla? Sei rimasto così spiazzato?»
«Perché?» mi uscii poco più che un sussurro.
Lui fece spallucce. «Un bravo bodyguard dovrebbe proteggere il suo cliente in ogni momento e come può farlo se si trova tutto da un'altra parte?»
Volevo urlargli che non intendevo di certo fargli da guardia anche di notte; tuttavia, mi trattenni e accennai lievemente un sì con la testa.
«Allora ci stai?»
Avrei tanto voluto dirgli che non accettavo e che non volevo il suo aiuto. Naturalmente, però, avevo un disperato bisogno di aiuto e in quel momento la sola àncora di salvataggio era la sua proposta.
Che nervi!
Accettai.
«Benissimo! Allora da domani ti trasferirai qui.»
«E come faccio a dirlo alla regina?»
«Non preoccuparti di questo. I miei genitori non lo devono sapere per forza: basterà che tu faccia finta di abitare in quella tenuta. Nessuno lo verrà mai a sapere.»
Il suo piano mi sembrava un po' troppo rischioso, ma non avevo voglia di litigare.
«Va bene... Ma sappiate che è solo una soluzione temporanea finché non trovo di meglio.»
«Certamente.»
A quel punto tutta la stanchezza mi si riversò addosso e la testa ricominciò a martellarmi nelle tempie. Ed era solo mattina!
«Arrivederci, Vostra Altezza.»
Andai verso la porta. Il principe, prima che la chiudessi, mi disse: «A domani, compagno!»
Mi richiusi la porta alle spalle ma non prima di aver visto un enorme ghigno comparire sul suo viso.
In che guai mi ero appena cacciata?
...
Ovviamente il giorno dopo mi toccò portare tutti i miei oggetti personali da sola in camera del principe. Non avevo potuto dire niente ad Aileen e ad Ethan perché sicuramente non mi avrebbero appoggiata (forse Ethan, ma probabilmente mi avrebbe presa in giro per il resto dei miei giorni, così preferii non raccontargli niente).
Traslocai il più velocemente possibile, cercando di recuperare quante più cose dalla mia vecchia stanza. Gran parte degli oggetti erano andati distrutti, ma qualcosina, come qualche vestito, ero riuscita a salvarla.
Scesi le rampe di scale, evitando che mi cadessero addosso le travi del soffitto e raggiunsi, carica di roba (perché le cose che mi mancavano me le ero ricomprate), la camera del principe.
Mi aspettavo di trovarci lui o almeno Thomas e invece era deserto. Poteva anche degnarsi di accogliermi, eh! Non sapevo neanche dove appoggiare le scatole!
Posai le buste sul pavimento e mi sedetti sul letto. Mi guardai intorno meravigliata: la camera era enorme, il letto morbido come una piuma, il pavimento in parquet dorato che donava un tocco scintillante all'ambiente; alle pareti erano appesi alcuni quadri e sul comodino notai una fotografia particolare: raffigurava due bambini più o meno della stessa età che guardavano l'obiettivo con un enorme sorriso sulle labbra.
Uno dei due assomigliava tantissimo al principe, ma l'altro non lo avevo mai visto. Che fosse il misterioso fratello? Oppure Kendrick? No, no Theodore e Kendrick si detestavano. Non era possibile che avessero fatto quella foto con quelle facce così felici. O magari avevano litigato da adulti e in quella foto ancora si volevano bene?
Mi scervellavo così tanto su quella fotografia che non mi accorsi neanche che la porta si apriva di scatto. Scattai in piedi con la foto in mano.
«Vostra Altezza... finalmente siete arrivato.»
Lui, per venirmi incontro, inciampò su una busta. «Che cosa ci fanno qui tutte queste scatole?!»
«Me lo avete detto voi di traslocare di mattina presto quando ancora nessuno mi avrebbe potuto vedere.»
«So quello che ho detto. Potevi almeno aspettarmi? Almeno ti avrei fatto vedere dove mettere le tue cose.»
Che cosa stava dicendo? Non avevo trovato nessuno nella camera!
«Altezza, non vi ho trovato nella stanza. Che cosa avrei dovuto fare? Ritornare nell'ala del castello distrutta dalle fiamme e aspettare i vostri comodi? Oh, e magari farmi anche travolgere da una trave pericolante?»
Il mio tono era leggermente sprezzante.
Theodore arrossì un pochino e rimase senza parole.
«Non... non intendevo dire quello.»
«E allora cosa volevate dire? Vi ricordo che mi avete quasi costretto a trasferirmi qui.»
Sorrise senza aggiungere altro.
Stavo per andare a disfare le valigie, quando Theodore cambiò totalmente espressione: il sorriso gli morì sulle labbra e assunse un colorito biancastro.
Che cosa gli prendeva?
Con uno scatto improvviso mi raggiunse e prima che potessi fare qualsiasi cosa, mi strappò di mano la cornice con dentro la fotografia.
Era talmente pallido che per un attimo pensai che potesse svenire da un momento all'altro.
Mi sventolò la cornice davanti al naso. «Perché l'avevi in mano?!»
«Non capisco... Che cosa ho fatto?»
«Perché tenevi questa fotografia in mano?» il suo tono di voce era leggermente strozzato.
«L'ho vista lì e ho pensato di...»
«Cosa?! Avevi pensato di fare cosa?! Quando ti ho permesso di stare qui, non avevo specificato che potevi anche toccare le mie cose!»
Che voleva dire? Mi aveva praticamente supplicata di venire lì!
Questa volta non mi trattenni. «Che cosa volete insinuare, eh?! Che vi abbia in qualche modo costretto ad ospitarmi?! Vi ricordo che siete stato voi quello che mi ha pregato di non andarsene!»
«Questo non toglie il fatto che tu possa fare come ti pare in camera mia!»
Perché se la prendeva tanto per una fotografia?
«Non stavo facendo niente di così scandaloso! La prossima volta che non volete che vi guardi le fotografie sul comodino, allora sarà meglio che le togliate!».
Non seppe rispondere alla mia affermazione.
Ero così infuriata! Un attimo prima si prendeva gioco di me e nell'altro mi accusava di fare chissà cosa. Se non voleva che vedessi quella fotografia, doveva pensarci prima e levarla.
Ormai stavamo urlando e per fortuna i domestici sarebbero arrivati più tardi.
«Non voglio che tocchi le mie cose senza prima chiedermelo, va bene?» disse in modo più tranquillo.
«Lo stesso vale per voi.»
«Bene. Allora siamo d'accordo.»
Stava per aggiungere qualcosa, ma Thomas entrò di tutta fretta nella stanza e non si meravigliò nemmeno di vedere gli scatoloni sparsi sul pavimento e le nostre facce rosse per lo sforzo di gridare. In realtà, non fui neanche tanto sicura sul fatto che mi avesse vista.
«Vostra Altezza... dovete venire. È urgente.»
Lui si girò nella mia direzione e controvoglia disse: «Va bene arrivo. Ethan... al mio ritorno ti farò vedere dove mettere le tue cose e ti farò vedere anche dove dormirai».
Non mi dette il tempo di replicare perché se ne andò via con Thomas.
Naturalmente ero arrabbiata nera con lui, ma non riuscivo a non pensare alla cosa urgente che doveva dirgli Thomas. Sapevo di dovermi fare i fatti miei, tuttavia non stavo più nella pelle di scoprire di che cosa si trattasse.
Non volevo spiarli. Ma pensai che almeno questo me lo doveva dopo la sfuriata insensata. Così, dopo qualche minuto, uscii nel corridoio e per fortuna li vidi dirigersi fuori dal castello. Li seguii senza farmi vedere.
Ormai camminavano da almeno un quarto d'ora e sembrava che non arrivassero mai al luogo in questione. Giravano ogni volta gli stessi punti del giardino reale e stavo cominciando a scocciarmi. Stavamo facendo praticamente il giro del palazzo!
«Ma quanto ci mettono?» sussurrai tra me e me.
Ad un certo punto Theodore si bloccò improvvisamente e si girò d scatto.
Riuscii per un pelo a nascondermi dietro un cespuglio.
Quando ero sicura che avrebbero ricominciato a camminare, il principe parlò: «Ora puoi venire fuori, Ethan.»
Rimasi impalata per lo stupore. Come era possibile che mi avesse già scoperta?
Sperai che pensasse di aver visto male e che riprendesse a camminare. Non avevo voglia di spiegargli il motivo per il quale mi trovavo lì.
Naturalmente lui non cedette così facilmente.
«So che ti sei nascosto in quei cespugli.»
Strinsi le labbra.
«Forza. Esci» aggiunse Thomas.
Anche lui ci si doveva mettere?!
Ormai consapevole di essere stata scoperta, uscii pianissimo dal cespuglio di rose. Avevo dei tagli in tutto il corpo. Tempo solo sprecato!
Mi avvicinai a loro che mi guardavano accigliati. In quel momento volevo diventare una formica e scomparire in un qualche specie di buco.
«Che cosa ci facevi in quel cespuglio?» mi domandò il principe.
«Niente... Volevo solo raccogliere una rosa e per sbaglio ci sono finito dentro.»
La mia bugia appariva ridicola anche alle mie orecchie.
«Ma davvero? E come mai sei venuto proprio qui a raccogliere le rose? Se non mi sbaglio ce ne sono un po' anche davanti al palazzo.»
«Che strana coincidenza che anche tu ti sia trovato nel nostro stesso luogo» rincarò la dose Thomas.
Non è che si erano messi d'accordo?
«Vi siete messi d'accordo, per caso? Va bene! Se proprio lo volete sapere vi ho seguiti per vedere che cosa stavate combinando.»
«Non ti avevo detto di aspettarmi in camera?»
Il principe sembrava più che altro divertito e questo mi dava veramente sui nervi.
«Non sono il vostro cagnolino che quando gli ordinate di rimanere in un posto lui ci sta!»
«Hai ragione... Il mio cagnolino non fa mai quello che gli dico. Se ne va sempre in giro e tutti i miei tentativi di educarlo sono andati in fumo.»
Non capivo a chi si riferisse. Mi stava davvero paragonando al suo cane?
Thomas non riusciva a mantenere la faccia seria e dopo questa specie di battuta iniziò a ridere sotto i baffi.
Non ce la feci più. «Non sono il vostro cane! Non mi interessa se non riuscite a educarlo!».
«Calmati, Ethan... nessuno voleva offenderti. Io e Thomas ci stavamo solo chiedendo perché ci stessi seguendo. Tutto qui.»
Tutto qui. Che simpatico!
«Volevo solo sapere perché siete usciti come dei ladri dal palazzo e perché continuavate a camminare avanti e indietro attorno al castello.»
Lui sospirò come se mi stesse per spiegare una cosa così semplice che anche un bambino ci poteva arrivare.
«Ultimamente gli attentati a Solaris sono moltiplicati. Solo ieri sono saltate due centrali elettriche che ha lasciato senza elettricità gran parte delle persone. È da quando questi attacchi sono iniziati che io e Thomas stiamo indagando per scoprire chi c'è dietro.»
«Non capisco ancora perché giravate intorno al palazzo, chini a guardare per terra.»
Ora fu Thomas a parlare: «Mentre ritornavo al palazzo, ho trovato nascosto sotto l'erba alcune tracce di polvere da sparo. Così sono corso a dirlo a Sua Altezza».
«E perciò ora stavate seguendo le tracce per vedere dove finiscono?»
Annuirono entrambi.
Senza chiederlo mi unii a loro e insieme continuammo a seguire le tracce.
Ripresi a fare domande. «Voi lo sapete chi potrebbero essere gli attentatori?»
«No... Ogni volta che avevamo degli indizi, loro si sono dileguati velocemente e non ci è mai stato modo di verificare le fonti» rispose Thomas.
«Avrete pur qualcosa!»
«In effetti qualche indizio c'è. Abbiamo scoperto che operano in almeno due o tre per gruppo e che il loro obiettivo principale è Sua Altezza. Alcuni di loro portano una maschera, ma per ora non siamo riusciti a trovare altro.
«Abbiamo paura che qualcuno del palazzo sia coinvolto in tutto ciò perché altrimenti sarebbe stato impossibile per loro entrare dentro le mura.»
«Nient'altro?»
«Purtroppo no.»
A quel punto, mi sentii in dovere di dirgli anch'io ciò che avevo scoperto.
Gli raccontai della misteriosa telefonata della signora Johnson, del dialogo dei due servitori che avevo udito tempo prima e anche dei miei sospetti riguardo il coinvolgimento di Liam Robinson e la misteriosa chiacchierata di quest'ultimo con un tizio in ospedale. Tenni per me la parte riguardante il fascicolo e l'imminente incontro tra quei due.
Volevo verificare da sola se davvero Robinson fosse coinvolto.
Alla fine della mia spiegazione, il principe, che era stato tutto il tempo zitto e avvolto nei propri pensieri, si girò di scatto verso di me con un certo luccichio negli occhi.
«E così hai scoperto tutte queste cose da solo?»
«Sì, Vostra Altezza.»
«E io che pensavo che fossimo in alto mare. Con le tue informazioni io e Thomas potremmo svelare il responsabile di questi attacchi!»
Mi mancava un pezzo.
«Voi e Thomas?»
Vedendo la situazione divenire alquanto surriscaldata, Thomas si scusò, dicendo che doveva fare una telefonata e così avanzò di molti passi davanti a noi fino a scomparire quasi del tutto. Codardo.
«E chi altri sennò?» mi rimbeccò Theodore.
«Altezza... Sono stato io a scoprire tutte queste cose. Merito almeno una ricompensa.»
«E che cosa vorresti?»
«Voglio contribuire alla ricerca degli attentatori.»
Si paralizzò di colpo.
«Forse non ho capito...»
«E invece avete capito benissimo. Voglio aiutarvi.»
«Non ci penso neanche a coinvolgerti in questo mistero. È già troppo che inconsapevolmente tu abbia ricavato tutte queste informazioni. È troppo pericoloso.»
Ridussi i miei occhi a due fessure e sbottai: «Non sono un bambino. Posso benissimo proteggermi da solo».
«Ci saresti solo da intralcio. Meno persone sono coinvolte e meglio è, fidati.»
«Ma davvero? Be' si dà il caso che io conosca le arti marziali meglio di voi e quindi tecnicamente siete voi quello di intralcio, Altezza.»
Ero determinata a convincerlo.
Mi guardò storto, ma non disse altro.
«E poi...» continuai «volete mettere in conto tutto quello che scoprirei? Se da solo ho fatto così tanto, immaginatemi insieme a voi due.»
«Non puoi. Forse ora non stai ragionando lucidamente, ma quello che mi stai proponendo è un suicidio. Non sappiamo cosa stiano architettando. È già troppo il coinvolgimento mio e di Thomas, credimi.»
«Non ho paura di qualche attentatore.»
«E invece dovresti. Non si fanno scrupoli a uccidere e anche se quello che dici è vero, cioè che le tue arti marziali sono ottime, vorrei proprio vederti alle prese con trenta o quaranta soldati addestrati. Ti annienterebbero subito.»
Sbuffai e voltai lo sguardo. «E allora voi no?»
«Non preoccuparti per noi. Abbiamo i nostri mezzi.»
Incrociai le braccia offesa, meditando su una possibile strategia per convincerlo. Optai per la carta della minaccia.
«Scommetto che vostra madre sarebbe felicissima di scoprire che il suo principino va in giro a dare la caccia a degli attentatori, quando l'unica cosa che deve fare è rimanere a casa per proteggersi.»
Lo vidi stringere la mascella e i pugni e pensavo di averlo smosso, ma poi si rilassò. «Non ci provare. La carta della minaccia non funziona con me. Puoi andarlo a dire ai quattro venti che vado in giro a cercare attentatori. Non mi farai cambiare idea, quindi arrenditi.»
«Altezza... non eravate voi quello che diceva che il ruolo di un bravo bodyguard era quello di proteggere sempre il suo cliente con la vita? Non è lo stesso in questo caso?»
Indugiò qualche secondo ed ero lì per credere che avrebbe ceduto e invece...
«Infatti, il ruolo di un bodyguard è quello di aiutare il suo cliente, ma solo se gli viene esplicitamente chiesto. Ethan... ora come ora non ti sto chiedendo di fare delle indagini perché non ho bisogno di te. Basta Thomas.»
Delusa e amareggiata non risposi e girai lo sguardo altrove.
Che idiota! Gli offrivo volentieri il mio aiuto e lui invece di esserne riconoscente, mi liquidava in quel modo?
Avrebbe dovuto inginocchiarsi e pregare che io gli dessi una mano! Entrambi erano in un vicolo cieco e solo con il mio aiuto si erano leggermente smossi!
Ma questa non sarebbe stata l'ultima volta che mi sarei fatta coinvolgere in quella storia. Oh, no... avrei indagato. Eccome se lo avrei fatto. Avrei fatto tutto da sola e poi, una volta racimolate abbastanza prove, gliele avrei spiattellate in faccia e a quel punto mi avrebbero supplicata di perdonarli e di entrare in squadra.
Raggiungemmo velocemente Thomas e insieme finimmo di seguire le tracce.
«Qui non ci sono più» disse il principe.
«Come mai si fermano così all'improvviso?»
«Forse non avevano più polvere da sparo?» provò a replicare Thomas.
«Non credo... Forse le tracce sono sparite. In questi giorni ha nevicato molto... È già tanto se siamo arrivati fino a qui.»
Il principe si avvicinò un po' di più alle tracce che rimanevano. «Si sono stoppate proprio nel punto in cui ci sono i miei alloggi. Adesso possiamo dire con precisione che il loro obiettivo ero proprio io.»
«Ma qualcosa deve essere andato storto perché la vostra camera non è andata a fuoco» replicò Thomas.
Be' eravamo stati più di un'ora a girare intorno al castello e tutto quello che avevamo trovato non era altro che la conferma che gli attentatori volevano uccidere il Principe Ereditario. Che scoperta del secolo! Non era bastato l'attacco nel giardino reale durante l'ultima prova del concorso? Di quanti accertamenti avevano ancora bisogno?
Stavo per dire qualcosa, ma poi mi morsi la lingua. Se non avessero voluto coinvolgermi, di sicuro avrebbero perso loro. Non di certo io.
Erano messi male e, nonostante questo, continuavano a dire di avere tutto sotto controllo e che non avevano bisogno di me.
Peggio per loro.
I due continuarono a parlottare per altri minuti e alla fine, infreddolita e stanca, mi intromisi nella loro conversazione: «Mi congedo, Altezza. Devo tornare al palazzo perché ho delle cose urgenti che mi attendono».
Lui non mi guardò neanche. «Va bene. Vai pure.»
Feci un cenno a Thomas e stavo per voltarmi quando Theodore mi bloccò per un polso. «Ricordati che stasera devi essere presente. Verranno Alexandra e mio fratello» mi guardò dritto negli occhi.
Accennai un timido sì, adesso leggermente accaldata.
Mi lasciò andare e mentre ritornavo indietro non potei fare a meno di pensare allo strano formicolio che mi aveva invaso tutta la mano.
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