VII
Mancava una sola settimana al giorno della Vigilia di Ognissanti e il sole era inaspettatamente tornato a fare capolino dietro i grigi nuvoloni ottobrini.
Ruth aveva tentato di mettere da parte i suoi confusi e inquietanti pensieri, ma il dialogo avvenuto solo qualche giorno prima nel cimitero, a cui lei aveva assistito spiando, non le dava pace, nemmeno quando dormiva. Ai suoi soliti incubi, alla foschia graveolente che le penetrava nei polmoni e le impediva di respirare, si erano uniti quegli sciami di parole maligne, sospetti e insinuazioni che non la lasciavano riposare. Non riusciva a pensare a nient'altro neanche quando era sveglia, soprattutto mentre si annoiava durante le lezioni di matematica. Quando poi le toccò rivedere la faccia della signorina Birchwood, allineare tre linee di punti decenti fu una vera e propria sfida.
Elysia si era accorta del suo cambiamento. Aveva tentato di parlarle prima lei, poi era arrivato Ezrel a domandarle se fosse successo qualcosa. Ruth aveva detto la stessa menzogna a entrambi, e cioè che il lutto l'aveva scossa. Questo era parso tranquillizzare entrambi, ma la ragazzina evitava accuratamente di sembrare pensosa o ansiosa in loro presenza. Fortunatamente, era sempre stata di poche parole.
Il luminoso lunedì mattina della settimana prima di Ognissanti, il sole portò con sé una novità per tutto il villaggio di St. Paul by-the-river.
Quando Ruth entrò in classe, si accorse immediatamente dei bisbigli che correvano di bocca in bocca tra le sue compagne.
"... arrivato..."
"Sì, con una famiglia!"
"Ha una famiglia?"
"Sì! E figli!"
In un primo momento Ruth pensò di avvicinarsi a una delle altre ragazze e chiederle di cosa stessero parlando, ma l'esperienza del cimitero le aveva insegnato una dura lezione, così evitò di prestare attenzione a quei sussurri, si sedette al suo banco e sfogliò il libro di dizione, fingendo di trovarlo interessante.
Alzò gli occhi dalle pagine solo quando udì la porta dell'aula aprirsi. Immediatamente tutte le sue compagne corsero ai propri posti come uno stormo di passerotti spaventati. La signora Richards fece il suo ingresso calcando per bene il suo stivale con tacco quadrato sul pavimento, emettendo uno schiocco che Ruth sarebbe stata capace di riconoscere ovunque.
"Buongiorno, signora Richards" cantarono assieme i passerotti, lei compresa.
"Buongiorno, signorine" rispose la donna, una creatura larga quanto alta, con una serie di inanellati tripli menti che si muovevano come fossero dotati di vita propria a ogni respiro. Indossava il suo solito vestito grigio scuro e tra le mani tozze teneva la sua arma preferita, una bacchetta di legno che utilizzava sia durante la lezione, sia per punire chi non si impegnava abbastanza negli esercizi di pronuncia. Ruth non le avrebbe prestato più attenzione del dovuto, se dietro di lei non fosse comparsa una seconda persona, molto più piccola della sua insegnante.
Una persona a misura di tredicenne.
"Sono lieta di presentarvi la vostra nuova compagna di classe, arrivata ieri pomeriggio da Londra. Hazel, saresti così gentile da presentarti alle altre signorine?"
Ruth studiò la straniera con attenzione. Era una ragazzina minuta, paffuta. Aveva un viso tondo, con una bocca piccola, a forma di cuore, il naso a patata e grandi occhi color castano chiaro, ambrati. I capelli ramati, che dovevano essere naturalmente ricci a giudicare dalla nuvoletta crespa che la circondava la testa come un'aura, illuminata dal sole pallido che entrava dalle finestre, erano stati spazzolati e raccolti in due spesse trecce che le ricadevano sul petto. Diede un'occhiata a tutta la classe e poi, all'improvviso, si aprì nel sorriso più entusiasta che Ruth avesse visto nella sua breve seconda vita.
"Volentieri! Buongiorno a tutte, io mi chiamo Hazel Marie Anderson, ho tredici anni e vengo da Londra. Mio padre è il reverendo Victor Anderson. Ci siamo trasferiti a St. Paul by-the-river perché sarà la sua nuova parrocchia".
Ruth capì all'istante l'origine dei pettegolezzi di quel mattino. Eccolo lì il loro oggetto, in carne ed ossa.
Un brivido di eccitazione colse l'intera classe. Ruth sentì uno squittio provenire dai banchi dietro di lei, dove Minnie e Mary Rose stavano chiacchierando fitto fitto. Si domandò se la stessero già giudicando come avevano fatto con lei. Ne dubitò. Hazel Anderson non era la figlia bastarda di una fattucchiera.
"Bene" disse sbrigativamente la signora Richards. "Avrete tempo di fare tutte le conoscenze che vorrete durante il pranzo. Ora iniziamo la lezione. Hazel, sii così gentile da sederti accanto a Ruth".
La ragazza nuova annuì contenta e il cuore di Ruth perse un battito. Fino a quel momento non aveva mai avuto una compagna di banco: era l'ultima arrivata e nella sua classe erano già diciotto bambine, a coppie di nove. Questo per lei era una novità. Attese con le mani che sudavano strette al libro di dizione, mentre Hazel le andava incontro. Le regalò un sorriso radioso e si sedette sulla seggiola libera al suo fianco.
"Ciao" le bisbigliò, senza smettere di sorridere. Ruth si accorse che sul suo naso e sotto i suoi occhi c'era una spruzzata di lentiggini. Tutto sommato, quella straniera aveva un aspetto simpatico.
"Bene. Iniziamo" decise la signora Richards, che non aveva tempo da perdere. Si mise alla lavagna e iniziò a recitare l'ennesima nuova regola per la perfetta dizione. Approfittando di quel momento di distrazione, Hazel si voltò a guardare e le tese una mano paffutella.
"Hazel".
"Ruth" mormorò lei, stringendogliela. Pregò che non si accorgesse che stava tremando.
"Sei la figlia del dottore, vero?"
"Come fai a saperlo?"
Hazel le fece un occhiolino, divertita. "Non affidano mai una parrocchia a un reverendo, senza dargli qualche dritta".
"Signorine".
La voce sferzante e il tacco della signora Richards fece trasalire entrambe.
"Ho detto: le presentazioni durante l'ora di pranzo".
"Ci scusi, signora Richards" disse subito Hazel. "Mi perdoni. Colpa mia".
Ruth fu praticamente certa che l'insegnante avrebbe punito entrambe. Invece, la signora grassa lanciò uno sguardo feroce e tornò a elencare regole di pronuncia. Hazel, invece, si voltò e le sorrise di nuovo, come se stessero condividendo un segreto divertente.
Malgrado tutto, anche Ruth sorrise.
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