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Tenebre

Chiusi gli occhi per un istante, come per cercare dentro di me qualcosa. Qualcuno, forse.

La mia forza.

In realtà, avevo soltanto seguito il mio istinto.

La grata sopra le nostre teste si era spostata con un rumore freddo, metallico. Qualcuno, a pochi metri da noi, aveva incriminato a calarsi giù, nell'oscurità che fino a quel momento ci aveva regalato un riparo. In realtà, sapevo in cuor mio che i sicari non avrebbero smesso di cercarci, e che la fuga attraverso le fogne non sarebbe potuta durare troppo a lungo, ma non credevo neanche che sarebbe terminata così presto.

Invece era proprio quella la verità.

Osservai lo spazio stretto, nero e umido che ci circondava. Di fronte a noi c'era soltanto più un muro, perché eravamo finiti in un vicolo cieco. Zeus continuava ad abbaiare e a camminare nervosamente in cerchio, intorno a noi, come a volerci... proteggere, forse. Osservai Brandon e il vecchio Jackson. I loro volti riflettevano tutta l'angoscia che anche io sentivo crescere incessantemente dentro di me.

Poi, per una frazione di secondo, ripensai alla voce di mio padre, Nate, che avevo sentito poco prima.

<<Non ci sono limiti, Rose.>>

Aveva davvero comunicato con me, in qualche modo. Si riferiva alla persona che ero, a quella che stavo diventando.
Osservai l'ombra che da sopra aveva spostato la grata del tombino.

È finita, pensai.

Ormai era giù. Era uno di loro, uno dei sicari. Intravidi la luce argentea della spada che portava dietro di sé, a tracolla, come il gruppo che aveva attaccato la locanda poco prima.

Trassi un respiro profondo, poi indietreggiai. Il sicario era vestito di nero, e la sua testa era coperta da un cappuccio.

Aveva incominciato a camminare verso di noi. I suoi occhi erano privi di espressione. Non potevo esserne certa, ma sembrava che fissassero la zona morta alle nostre spalle.

Mi voltai verso Brandon e Jackson. Brandon, senza pensarci, si spostò di fronte a me, mentre Zeus continuava a muoversi rapidamente e ad abbaiare. Avevo paura che tutto quel rumore avrebbe attratto altri di loro.

<<Shhh>> dissi, rivolgendomi al pastore tedesco. Il cane si fermò, come se avesse compreso perfettamente le mie parole. Si sedette accanto a me e incominciò a ringhiare, con lo sguardo fermo sul sicario che intanto continuava a camminare verso di noi.

<<Non muovetevi>> disse Brandon, allargando le braccia come a volerci proteggere. Alla locanda ero stata forte, oltre ogni limite immaginabile, ma non sapevo se sarebbe successo ancora, e in una situazione come quella, senza vie di fuga, ero in grado di fidarmi di me? Della nuova me?

Non ne avevo idea.

Improvvisamente, ripensai alla visione che avevo appena avuto sullo Sconosciuto.

Lui in catene, sanguinante, e qualcuno che non riuscivo a vedere in viso che lo torturava.

Strinsi in pugni, poi tutto accadde all'improvviso, trasformando la vecchia me in una spettatrice della nuova Rose.

Superai Brandon, che ormai era vicinissimo al sicario, e ignorai le sue parole.

<<Fermati, Rose! Ci penso io! Potrebbe...>>

Non lo stavo più ascoltando, ormai.

Mi scagliai contro l'uomo incappucciato, che in un gesto fulmineo estrasse la spada e la punto verso di me. Afferrai il suo polso evitando uno dei suoi colpi, poi, tenendo stretta la presa, feci un giro rapido su me stessa. Le sue mani si aprirono lasciando cadere la spada nell'acqua nera e maleodorante del condotto. Strinsi la mia mano attorno al suo avambraccio con una forza che, come era accaduto alla locanda, non sapevo di avere. Lui cercò di colpirmi con la mano libera, ma evitai i suoi colpi e poi, con un movimento secco, semplicemente gli ruppi il braccio.

Sentii il rumore dell'osso che si spezzava.

Lui non disse nulla. Non vi furono gemiti di dolore o reazioni da parte sua. Così lo feci. Lo colpii ancora una volta, sul torace, e poi un'altra ancora.

<<Rose>> disse Jackson, ma non lo stavo ascoltando.

Il sicario cadde e il suo corpo si rovesciò nel nero del canale. Senza pensare a nulla, e completamente fuori controllo, mi scaraventai su di lui. E lo colpii ancora, e ancora, e ancora.

Lo colpii in viso, con una violenza inaudita, che non conoscevo. Ma non stavo colpendo davvero lui. Stavo colpendo me stessa, forse, e il senso di inadeguatezza che per troppi anni mi ero portata dietro, in Carolina. Stavo colpendo il divorzio dei miei genitori adottivi, Mitch e Cecile, e quella verità sulla mia adozione che era rimasta nascosta per così tanto tempo.

<<Rose, è andato. Basta, adesso>> disse Brandon, ed io ignorai anche lui.

Non sapevo se dal viso del sicario, ormai tumefatto, stesse uscendo sangue o che altro, perché era talmente buio che non riuscivo a distinguere i colori. Ma continuavo a colpirlo. Continuavo a colpire i sensi di colpa che -stupidamente, forse- continuavo a portarmi addosso dopo la morte di Joey e Susan. Stavo colpendo Nate, anche? Il fatto che non fosse più stato con me, dopo il nostro unico incontro di un anno prima? Forse sì, forse quella violenza incredibile che stavo lasciando esplodere era rivolta anche a lui, in parte.

<<Rose, maledizione!>> gridò Brandon, provando ad afferrare il mio braccio. Mi voltai verso di lui e con una forza inaudita lo scaraventai contro una parete. Poi afferrai la spada che il sicario aveva lasciato cadere e, lasciando esplodere un grido pieno di rabbia, trafissi il suo corpo, ormai già privo di conoscenza, infilando la lama gelida nel suo braccio destro.

Brandon tornò accanto a me, posò una mano sulla mia. Lasciai la presa dall'arma e mi voltai verso di lui.

<<Rose>> disse, in un sussurro <<è finita. Andiamo. Potrebbero arrivare altri, come lui.>>

Esitai, confusa. Cercai di fare in modo che il mio respiro tornasse ad avere un ritmo regolare.

Che cosa avevo fatto?

C'era una cosa di cui ero sicura: non avevo la forza di giudicarmi. Non in quel momento. Non con lo Sconosciuto in pericolo di vita, chissà dove.

Era strano, ma mi sentivo... meglio.

Perché non ero più... non ero più una vittima.

<<Andiamo, Rose.>>

Annuii.

<<Aspetta un attimo>> dissi, improvvisamente.

Mi avvicinai al corpo de sicario, e con la torcia del telefono lo illuminai. Volevo sapere. Avevo bisogno di capire chi o che cosa fosse.

E, con mia grande sorpresa, mi resi conto che aveva perso del sangue. O, forse più probabilmente, del liquido che era identico al sangue. I suoi occhi erano ancora spalancati, e continuavano a fissare un punto indistinto, lontano.

Era morto? Non potevo esserne certa. Sapevo che, se anche fosse stato ancora vivo, e se anche fosse stato un essere umano, non avrei fatto nulla per salvarlo. Lui voleva me, voleva noi, e con tutta probabilità alla fine avrebbe causato la morte mia e delle persone che amavo. Andava bene così, non avevo nulla da rimproverarmi.

<<Rose, basta. Non c'è più tempo, adesso.>>

Brandon aveva ragione. Potevo sentire dei passi sopra di noi, in strada, che si rincorrevano sotto la pioggia, non lontano dal punto in cui ci trovavamo.

<<D'accordo>> dissi, <<andiamo. Usciamo di qui.>>

Camminammo ancora a lungo quella notte, nelle fogne, noi tre e Zeus. Non parlammo, ed io continuai a pensare a ciò che avevo fatto e al modo in cui l'avevo fatto. A tutta quella forza che sempre più rapidamente sentivo crescere dentro di me.

Mi soffermai più volte anche ad osservare Jackson. Ispirava in me tanta tenerezza: così anziano e costretto a scappare così a lungo. Speravo con tutto il cuore che non gli succedesse niente. Sapevo che Desmond, anche se lontano, non l'avrebbe mai sopportato.

Poi, dopo tanti altri metri percorsi a vuoto, Zeus incominciò a correre verso un punto poco distante da noi, che andava a finire sotto un'altra grata. Vi si fermò sotto e sembrò indicarla con il muso, scodinzolando. Lo raggiungemmo e poi Brandon salì sulla scala che conduceva all'esterno.
Arrivò in cima e poi, lentamente, cercando di non fare rumore, sollevò la grata del tombino.
Si affacciò con prudenza sulla strada. La pioggia continuava a cadere ma il timore di ossi dei sicari adesso sembrava essere cessato. Non avevo idea di quanto lontano fossimo arrivati. Brandon tornò sotto terra e poi fece un cenno con la testa.

<<Ci siamo>> disse <<lasciamo queste tenebre.>>

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