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Pronto, Desmond?

Lo Sconosciuto mi fissava, ed io non sapevo che cosa dire, che cosa pensare. Joey, di fronte a me, non c'era più. Ma le sensazioni che le sue parole mi avevano trasmesso erano rimaste, e per molto, molto tempo non sarebbero svanite dalla mia testa né dal mio cuore.

<<Rose? Che cosa è stato?>>

Feci un passo indietro, lasciai che i miei polmoni si riempissero d'aria, poi mi guardai intorno. Stava incominciando a piovere. Il cielo era diventato scuro, nero.

Raccontai allo Sconosciuto ciò che mi era appena capitato.

<<Ha detto di stare attenta alla torre?>>

Scossi la testa, annuii. Sentii le prime gocce d'acqua bagnare il mio corpo.

<<Andiamo, Rose. Sta per esplodere un temporale.>>

Guardai ancora una volta la tomba di Joey e quella di Susan. Risentii quelle parole.

Sta per succedere. Stai attenta alla torre, Rose.

Ero spaventata. Non poteva essere stato qualcosa che avessi semplicemente immaginato. Era accaduto davvero, avevo visto e sentito Joey.

Salii sulla mia Mountain Bike, e lo Sconosciuto fece lo stesso.

Impiegammo poco tempo a raggiungere la locanda, e non parlammo durante il tragitto. Lui sapeva che cosa provavo, ed io non avevo bisogno di parole per lenire le sensazioni che dentro mi stavano continuando a tormentare. Non sarebbero servite.

Salimmo nella nostra stanza, perché ormai c'era una stanza riservata per noi due. Non si trattava di una vera e propria convivenza, perché io continuavo ad abitare insieme a Cecile, ma era un luogo in cui io e lo Sconosciuto trascorrevamo molto tempo insieme. Era una soluzione perfetta per tutti, a dire il vero. Io avevo finalmente i miei spazi, qualcosa che fosse soltanto mio, e Cecile non era sola, perché con lei c'era lo sceriffo O'Hara.

<<Non devi pensarci, Rose.>>

Scossi la testa. Anche se la vita a Saint Claire sembrava essere tornata alla normalità, sapevamo tutti che quella era soltanto una calma apparente. Gli occhi che erano comparsi su di noi, sei mesi prima, avevano comunicato un chiaro segnale. La presenza di qualcuno che non aveva nessuna intenzione di andar via dalla nostra terra, dalle nostre vite.

<<Non riesco a non pensarci. Quella visione, o quel sogno... mi ha fatto star male. Non tanto perché cadevo da quella torre, ma perché.. perché era come se tu non ci fossi. Provavo una sensazione terribile su di te, o su noi due. E mi sentivo così in colpa. Io..>>
<<Shhh, Rose. Non c'è bisogno che tu dica altro. Era soltanto un sogno. Uno stupido sogno. Tu sai che io sono qui. Che ci sarò sempre, per te. Lo sai.>>

Mi abbracciò, con dolcezza. Sorrisi. Lasciai che i miei respiri rallentassero.

<<E la visione di Joey, al cimitero?>>

Lo Sconosciuto scosse la testa, lentamente.

<<Può darsi che sia stata in parte causata da ciò che provi per il comportamento di Desmond.>>

Esitai.

<<Ma le sue parole sulla torre? Si riferiva alla stessa torre che avevo sognato... Notre-Dame.>>

Lui mi baciò sulla nuca.

<<Andrà tutto bene, Rose. Qualunque cosa accadrà. Saremo forti, come sempre.>>

Sentii il suo calore, il suo odore, e mi tranquillizzai.

<<Esco per qualche ora, Rose. Ci vediamo stasera, va bene?>>
<<Dove vai?>>
<<Ci sono... delle questioni che sto studiando. Lo sai, amore.>>

Lo sapevo, sì, ma non mi piaceva mai restare lontana da lui. Ero però anche consapevole del fatto che non avremmo potuto trascorre insieme ogni singolo istante della nostra vita. Lo Sconosciuto stava lavorando a un piano. Non avevamo intenzione di lasciare che quel silenzio diventasse l'anticamera della nostra fine. Avevamo bisogno di Nate, ma nel frattempo non saremmo rimasti fermi. Certe volte scompariva anche per giorni interi, ed io volevo seguirlo, aiutarlo, ma mi diceva che quando sarebbe stato il momento di intervenire l'avrei saputo. Voleva tenermi lontana da quel mondo, perché era un insieme di violenza e terrore. Non era stato semplice, ma avevo imparato a fidarmi ciecamente di lui, e a mettermi da parte. Sapevo che in realtà, ciò che lo Sconosciuto desiderava più di ogni altra cosa era che io vivessi la vita di una ragazza qualunque, una ragazza normale. Ed io, nei limiti del possibile, ci provavo. Senza dimenticare di fare il massimo per sviluppare tutte quelle capacità che avevo scoperto di possedere, ovviamente.

Lui mi baciò, io ricambiai. Uscì dalla stanza e mi sedetti sul letto.

Presi il telefono tra le mani, rimasi immobile per qualche istante. Scorsi la rubrica, arrivai alla lettera "D".

Mi fermai.

Lessi il suo nome, sottovoce.

Desmond.

Non riuscivo ad accettarlo, davvero. Non potevo sopportare ciò che stava facendo, né il modo in cui si stava comportando. Provai una fitta di rabbia dentro di me, nello stomaco, ripensando a Joey e a Susan.
Sapevo che avrei dovuto dimenticarmi di lui, probabilmente. Lasciarlo semplicemente andare. Ma non ci riuscivo. Anche se quello poteva essere il suo modo di sfogare il dolore, per me non era possibile comprenderlo né condividerlo.

O forse, soltanto, la verità era che Desmond mi mancava maledettamente. Non lo vedevo da mesi, ormai, e migliaia e migliaia di ragazzine impazzivano per lui, in tutto il mondo. Non mi aveva cercata neanche una volta. Nemmeno una telefonata. Eppure era stato parte di noi, del nostro gruppo, quando ci eravamo trovati a fronteggiare l'impossibile. Perché era cambiato così tanto?

Non riuscivo a convivere con quel tormento.

Premetti invio, e lo chiamai.

Non l'avevo mai fatto prima di quel momento, da quando se ne era andato.

Il telefono squillò a vuoto per qualche secondo.

Poi, improvvisamente, la sua voce ruppe tutti i miei pensieri.

<<Pronto?>>

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