La verità di Rose - L'equilibrista
La camera dell'albergo era piccola e calda. Le pareti non erano pulite, sapevano di vecchio. Il soffitto era basso e le luci e i colori intorno a noi erano spenti. Si potevano udire schiamazzi di bambini in lontananza, accompagnati dal rumore di qualche automobile che percorreva la strada sterrata e dissestata sotto di noi.
Uscii sul piccolo balcone insieme a Desmond e Brandon e ci sedemmo intorno a un tavolino arrugginito che doveva aver vissuto tempi migliori. Il sole stava per tramontare.
Anche sui miei incubi, maledizione.
Anche su ciò che sarebbe rimasto di me di fronte a loro.
L'avevi pensato, Rose? Avevi pensato che sarebbe arrivato un momento così, presto o tardi? Era inevitabile, non è vero? Perché è la vita ad essere così. A volte non si trovano le parole. E quando poi alla fine vengono fuori, magari è tardi.
Ma...
<<Io sono diversa, Des. Sono diversa, Brandon.>>
Cadde il silenzio e forse fu dovuto soprattutto al fatto che non c'era nulla cui potersi aggrappare. Era una frase talmente vaga che coglierne il significato più profondo sarebbe stato impossibile per chiunque. Anche per Desmond che nonostante tutto era il mio unico e migliore amico. Anche per Brandon che aveva permesso a un feeling forte e improvviso di instaurarsi tra i miei pensieri e i suoi. E per me. Perché...
<<Perché non sono come voi. La mia storia è differente dalla vostra, così come la mia pelle, e il mio cuore. E non ho mai trovato la forza per parlarne con nessuno, ma è la verità. Ecco perché loro mi stanno cercando. Ecco perché siamo tutti in pericolo. >>
Pensai alle ragazze scomparse e alle ragazze morte. Sempre loro, sì, sempre loro. Sarei mai stata salva? Da me? Perché in fondo non era colpa mia. Anche io ero una vittima. Come Susan e Joey, come Scarlett. Come tutte le altre.
<<Nessuno di noi è davvero normale, Rose. Non ti devi...>>
<<No, Des>> dissi <<ci sono cose che non conosci, e non le conosci perché avrei dovuto dirtele prima. Ma avevo paura e spero... spero che mi capirai. Perché non è stato facile per me. Durante questi ultimi sei mesi... ho lavorato per cercare un equilibrio nuovo. E forse ci sono riuscita, o forse no.>>
Desmond e Brandon continuavano a guardarmi senza dire nulla.
<<Sono un ibrido>> proseguii, con la voce che tremava <<e questo significa che sono per metà umana e per metà aliena.>>
Il silenzio cadde tra noi come cade la neve. Senza far rumore ma coprendo tutto il resto.
Sapevo che il senso di tutto era lì, tra quelle parole non dette. Mi ero tenuta il mondo dentro e adesso che lo stavo lasciando scivolare fuori mi ritrovavo in bilico.
Come l'equilibrista sulla fune. Soltanto che tu non sei l'equilibrista, Rose.
<Ho avuto paura durante tutto questo tempo. Perché ho scoperto di essere differente, ed è stato tuttto così improvviso. Le mie mani sono sempre le mie mani, ma io... io sto ancora cambiando. Ho avuto paura che rivelare questa verità avrebbe messo in pericolo le persone che più mi stanno a cuore, ma poi mi sono resa conto che sarebbe accaduto ugualmente. Se hanno preso lui... nessuno è al sicuro. Non più. Quanto vorrei che voi poteste capire. Quanto vorrei che...>>
La voce tremava sempre di più ed ero certa che avrei pianto di lì a poco. Poi Desmond si avvicinò a me. Sfiorò la mia mano con la sua e fu... bello.
<<Noi capiamo, Rose. Non so che cosa ti sia successo e non mi importa. So chi sei. Sei una persona incredibile. E se sei anche una specie di aliena, beh, tanto meglio così, no?>>
Scoppiammo a ridere e fu qualcosa di straordinario, perché inaspettato. Non avrei mai dimenticato quel momento. Ero di fronte a qualcosa che mi terrorizzava, perché stavo mettendo in discussione tutto ciò che era diventato il mio nuovo mondo, e Des... era stato capace di rendere tutto naturale. Leggevo il suo sguardo e lo capivo. Lo capivo, per lui era lo stesso. Non gli importava davvero chi o che cosa fossi.
Ne sei certa, Rose? Non hai detto loro proprio tutto tutto. Perché non...
Così lo feci. Dissi loro tutto quanto. Raccontai ciò che lo Sconosciuto mi aveva rivelato su Seneca ed Elios Terzo, e su come gli abitanti del secondo pianeta avessero sterminato quelli del primo per trovare un posto nuovo in cui vivere. Raccontai di mio padre Nate, il mio vero padre. Spiegai loro che Nate era condannato a una fuga senza fine. Per proteggermi. Dissi ciò che lui stesso mi aveva spiegato quella notte sulla spiaggia, di fronte all'oceano. Ricordavo le sue parole così bene.
Mi sembrò di risentire davvero la sua voce e fu bellissimo. Provai qualcosa di grande giù, in profondità, nel ripensare a quel momento. Mi sembrò di rivederlo, accanto a me. Così pieno di malinconia.
"Questa fuga infinita, continua... È stancante, ma è l'unico modo che ho per non farti rischiare costantemente la vita. Se fosse possibile combattere, combatterei, te lo giuro. Ma non posso farcela da solo. Non so se il male che sto tentando di tenere lontano sia qualcosa di superabile. Ma loro continueranno a darti la caccia, Rose. Continueranno a cercarti, a starti addosso. A volerti prendere. Tutte le persone che ami, tutte le persone che ti sono vicine saranno per sempre in pericolo"
Li osservai. Le loro espressioni, i loro occhi. E mi resi conto, in quel preciso istante, che nessuno di loro due aveva paura. Capii che ci sarebbero stati davvero, e che l'avrebbero fatto per me, perché ero io. Ero Rose, non la ragazza timida e senza amici della Carolina, né l'ibrida che stava riscoprendo giorno per giorno se stessa a Saint Claire. Soltanto Rose.
Il sole scomparve del tutto mentre il buio si preparava ad avvolgere quello sperduto paesino del Messico, insieme a noi tre, alle nostre speranze e alle nostre certezze. Io guardai entrambi, spostai il tavolino e li abbracciai.
<<Vi voglio bene>> dissi, credendoci davvero.
<<Vi voglio bene>> pensai, e in quel momento anche il Messico mi sembrò casa.
Non potevo immaginare in che modo la vita, di lì a poco, avrebbe stravolto tutto, ancora una volta.
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