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La tempesta dagli occhi verdi

Non sapevo che cosa rispondere.

Mi avvicinai di un altro passo all'uomo il cui volto ancora non avevo visto. I centimetri liberi tra noi erano terminati, e adesso lui era attaccato a me.

Quando finalmente si voltò, le mie mani si paralizzarono.

Che cos'è questa sensazione, Rose?

Che cosa sta succedendo?

Nonostante l'angoscia che per qualche ragione sentivo aumentare in continuazione dentro di me, la prima cosa che pensai quando i nostri occhi si incrociarono fu che quell'estraneo vestito di scuro che portava ancora addosso l'odore forte della pioggia era di una bellezza disarmante.

<<Volevo soltanto ordinare qualcosa da bere>> risposi, cercando di apparire sicura di me.

Perché mi aveva domandato se vi fosse una ragione particolare che mi spingeva ad essere così vicina a lui? Non mi aveva neanche ancora vista. Aveva percepito la mia presenza? Aveva capito che ero una ragazza? Aveva intuito che in me c'era qualcosa di differente?

Non avevo neanche una risposta.

<<Vuoi bere qualcosa? Davvero?>> mi domandò, sorridendo improvvisamente.

<<Sì>> risposi, d'istinto.

Ma la verità era proprio quella. Lo volevo. Non era giusto, probabilmente, eppure lo volevo.

<<Andiamo>> disse, sottovoce.

Mi superò e fu in quel preciso istante che riuscii ad osservarlo finalmente davvero bene.
Era alto, e il suo fisico, per quanto nascosto dal cappotto, sembrava forte, prestante. I capelli, scuri e leggermente ondulati, gli arrivavano poco oltre le spalle. Gli occhi erano di un verde intenso, brillante.

Avevo paura e continuavo a non capire di che cosa.

Poi, accadde tutto in modo incredibilmente naturale.

Ci sedemmo, ordinammo due caffè, li bevemmo in silenzio mentre la pioggia, fuori , continuava a cadere incessante. I tuoni, continui e spaventosi, coprivano il rumore di tutto il resto, anche quello dei miei pensieri.

Ma quali erano i miei pensieri? Ce n'era uno, in particolare, che aveva incominciato a tormentarmi. E sapevo che avrebbe continuato a lungo. Riguardava il sogno di Parigi.

Rabbrividii, poi lui parlò. Mi stupii nel rendermi conto che, a dire il vero, era molto più giovane di quanto avessi pensato inizialmente. Una ventina d'anni. Venticinque al massimo.

<<Come ti chiami?>> mi chiese, appoggiando la tazza di caffè nel piattino.

Esitai, osservando i clienti della locanda che, dopo il ripristino della corrente per mano di Jackson, lentamente avevano incominciato a tornare nelle proprie stanze.

<<Allora?>> chiese nuovamente, ancora sorridendo.

<<Rose>> risposi, temendo seriamente di essere arrossita.

I suoi occhi. I suoi occhi verdi. Come una marea, si muovevano nel mio cervello, azzerando ogni pensiero che fosse distante da quel momento che io e lui stavamo condividendo.

Azzerando, forse, anche me?

<<Come ti chiami?>> gli chiesi.
<<Brandon.>>
<<Brandon e basta?>>
<<Brandon Storm.>>

Sorrisi e poi, senza pensarci, con le punte dell'indice e del pollice cominciai ad annodare le punte di un paio di ciocche di capelli.

<<Storm. Come "tempesta"?>>
<<Già. E allora? Ti fa ridere?>>

Inaspettatamente, sì. Risi. Di cuore.

Stavo scaricando la tensione di... sei mesi? Sette? E perché, con lui?

Parigi.
Parigi.
Parigi.

Ero sola, a Parigi.

Cos'era quel brivido che sentivo crescere forte dentro di me? Mi faceva paura, e perché?

Perché il mio cuore accelerava ancora?

I suoi occhi verdi.

Il suo sorriso.

Vattene, Rose.

<<Ridi, eh, ragazzina? Ridi di me?>>

Esitai, tornando improvvisamente seria. Stavo per dire qualcosa, quando all'improvviso lui si alzò, distratto da qualcosa. Si voltò e i suoi occhi si posarono sull'ingresso della locanda.

La porta principale si spalancò, dopo che Jackson si fu alzato per andare a controllare cosa stesse succedendo all'esterno.

Un pastore tedesco, bellissimo e ricoperto di pioggia, attraversò la hall e corse verso di noi.

Verso Brandon.

<<Ehi, Zeus! Ciao, amore. Vieni, vieni qui. Dove sei stato, eh?>>

Brandon sollevò gli occhi su di me, poi prese una zampa al cane e la strinse nella mano. Delicatamente, la porse verso di me.

<<Zeus, ti presento Rose. Rose, lui è il mio amico Zeus.>>

Avrei voluto allontanarmi da lui, invece gli sorrisi.

Avrei voluto essere da qualche altra parte, probabilmente. Con lo Sconosciuto. O con Desmond, magari. E invece ero lì, insieme a quel ragazzo dagli occhi di smeraldo e a un pastore tedesco che aveva il nome di un Dio. E sorridevo.

Ma a Parigi ero sola. Nel sogno, in quel ristorante, ero sola. Lo Sconosciuto mi raggiungeva, mentre il mondo - fuori- bruciava. Eravamo vicini, ma era come se non lo fossimo davvero. E sapevo, sentivo che la sua assenza era colpa mia.

Colpa mia.

Brandon mi guardò ancora una volta, e ancora una volta pensai di correre via e invece gli regalai un altro sorriso e scelsi di rimanere.

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