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La stanza oscura

<<Sei sicura, Rose? Era... era un teschio?>>

La voce di Des aveva spezzato il silenzio che era piombato su di noi dopo che avevo descritto agli altri la mia ultima visone.

<<Sì, Des. E poi un'idra. Come quelle che ci fanno studiare a scuola.>>

Brandon lo guardò e sorrise, e Des scosse la testa.

<<Des non è mai stato un studente modello, Rose.>>

Sorrisi apprezzando quel suo tentativo di smorzare la tensione, la paura.

Non avevo idea di che cosa significassero quelle immagini, ma sentivo che il tempo a nostra disposizione era sempre meno.

Lo Sconosciuto. La mia nuova vita senza di lui.

<<Non so che cosa dire, Rose. Parli di un teschio, di un'idra e di una prigione. Non riesco a trovare una connessione tra questi elementi. Non...>>
<<Ma c'è.>>

Ci voltammo verso il vecchio Jackson. La sua voce, ferma e roca, si era imposta sulle nostre parole incerte.

<<C'è un posto che può essere ciò che hai visto, Rose. Lo conosco. È un luogo di morte, ed è molto, molto lontano da qui.>>
<<Un luogo di morte?>>
<<Sì. Era un posto più conosciuto anni fa, oggi è avvolto dall'ombra. Si tratta di una prigione in Messico, poco oltre il confine con gli Stati Uniti. El Sacro Fuego, la chiamano da quelle parti.>>

Jackson si interruppe e abbassò lo sguardo.

<<El sacro fuego?>> domandò Des <<e perché?>>
<<È un soprannome dato da chi è stato laggiù>> rispose il nonno <<perché il vero nome di quella prigione è... oh, questa testa non lavora più come un tempo ma... sì, Florentino El Nuevo. Deve essere questo il nome. Ma El Sacro Fuego è ciò che quel posto realmente rappresenta. I detenuti raccontavano che era meglio ardere vivi che restare chiusi lì dentro. La leggenda vuole che qualcuno sia davvero morto così. Arso vivo, pur di non restare ancora in quel carcere.>>
<<Rose è stata piuttosto vaga nella descrizione di quest'ultima visone. Come puoi essere certo che lo Sconosciuto sia davvero rinchiuso in Messico?>> chiese Desmond, dando voce a una domanda che in realtà mi stavo ponendo anche io.

Jackson si alzò da terra, fece un passo indietro e poi sorrise, mentre la notte si preparava a fare spazio all'alba e il temporale continuava a far vibrare tuoni e lampi intorno al nostro rifugio.

<<Lo so perché ha parlato di un carcere in mezzo al nulla e poi di teschi.>>
<<E dunque?>>
<<Dunque, El Sacro Fuego è l'unico carcere perso in mezzo al niente più totale di cui sempre la leggenda racconta un altro aneddoto.>>
<<Quale?>> chiese ancora Des.
<<Sembra che ci siano alcune celle molto antiche all'interno del penitenziario, quelle riservate ai detenuti in isolamento. Non so se sia vero oppure no, ma dicono che all'interno di quelle stanze blindate vi siano i teschi dei prigionieri che da lì non sono mai più usciti. Pare che vengano lasciati appositamente dentro, come monito per gli altri. Riuscite a immaginarlo? Delle stanze senza vie di fuga, oscure e lontane da tutto il resto del mondo, piene di teschi. Questa è una leggenda, come dicevo, ma è anche la ragione per cui sono convito che il luogo che Rose ha visto sia proprio quello. El Sacro Fuego.>>

Chiusi gli occhi per un istante, mentre potevo sentire i battiti del mio cuore che acceleravano. Speravo al tempo stesso che il vecchio Jackson avesse ragione e che si sbagliasse.

Doveva aver ragione, perché così avremmo avuto un luogo da raggiungere e una speranza di trovare lo Sconosciuto; ma l'idea che fosse stato rinchiuso in un posto così atroce mi faceva sanguinare dentro, oltre il cuore e il cervello, oltre le emozioni. In quel luogo di me dove eravamo soltanto io e lui.
Non c'erano altre opzioni, quindi avremmo dovuto fidarci di Jackson. In realtà, sentivo che tutto ciò che proveniva da lui era... giusto. Lo sentivo, come se avessi un super potere. Era la mia empatia, la mia capacità di provare ciò che provavano gli altri, di riconoscere le sensazioni e distinguerle che stava crescendo in modo incredibile, superando il mio controllo e i miei sensi.

Sì, mi fidavo di Jackson.

<<Va bene>> dissi, decisa <<andremo laggiù. Andremo in Messico.>>

Fui stupita nel rendermi conto che quella, proprio quella, era la mia voce. Avevo appena preso una decisione per tutti, come una vera leader. Non ero mai stata così, nella mia vita, eppure adesso era successo tutto in modo naturale.

Potevo contare su me stessa.

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