L'uomo che veniva dalla pioggia
"Same lips red, same eyes blue. Same white shirt, couple more tattoos.. but it's not you and it's not me.."
Desmond aveva smesso di parlare, e tutto ciò che il mio cervello riuscì a mettere insieme furono le parole di quella canzone di Harry Styles, "Two Ghosts".
Due fantasmi.
Per qualche ragione, avevo sempre pensato di essere più in sintonia con le canzoni malinconiche, e in quel momento quelle parole mi sembravano perfette per ciò che stavo vivendo.
Aveva senso?
Se esisteva una risposta, non la conoscevo.
"Non sei tu, e non sono io."
Era vero, ma Desmond non era il mio ragazzo, o qualcosa di simile. Era il mio migliore amico. Il mio unico amico, più realisticamente. Quindi sì, forse non c'era nulla di strano nell'associare quel testo a lui.
Sentii il boato di un altro tuono, più violento del precedente. Appoggiai la fronte contro il vetro della finestra, mentre la pioggia continuava a cadere sempre più intensamente.
Avviai YouTube, cercai il brano. Lo trovai, premetti play.
Ascoltai l'inizio. Dolce, lento, sofferente. Poi, la seconda strofa.
<<Tastes so sweet, looks so real, sounds like something that I used too feel... but I can't touch what I see..>>
Chiusi gli occhi. Sospirai, li riaprii.
Il ritornello mi fece tremare. Era così triste.
Ero così triste.
<<We're not who we used to be, we're not who we used to be.. we're just two ghosts standing in the place of you and me, trying to remember how it feels to have a heartbeat."
Pensai a quelle parole, e mi sembrarono così vere, così reali.
"Non siamo chi eravamo soliti essere. Siamo soltanto due fantasmi che restano in piedi al posto tuo e mio, cercando di ricordare cosa si prova ad avere un cuore che batte.>>
Rabbrividii. Feci un passo indietro, respirai ancora più intensamente, mi morsi il labbro inferiore.
Forse Desmond aveva bisogno di restare solo, ancora per un po'. Non poteva essere cambiato così tanto.
Forse avrei semplicemente dovuto rivolgere i miei pensieri altrove. Non era facile, perché era costantemente intervistato da qualche televisione. I giornali parlavano di lui. Internet parlava di lui.
Era ovunque.
Non ero abituata a nulla di simile. La mia vita era cambiata tanto durante l'ultimo anno, ed ero cambiata anche io. Era giusto che giudicassi la reazione al dolore di Desmond, dopotutto?
Mi sembrava di essere in guerra con me stessa, con le emozioni contrastanti che scavavano in fondo alla mia anima, al mio cuore.
Non potevo giudicare Des, in realtà.
In qualche modo, lo sapevo.
Forse, semplicemente, avrei dovuto rispettare la sua scelta.
Mi avvicinai alla finestra, cercando di tenere sotto controllo la rabbia che sentivo pulsare nel mio petto. Era impotenza, anche. Frustrazione. Mi sentivo confusa, perché avrei voluto agire e non agire al tempo stesso.
Appoggiai la fronte contro il vetro, chiusi gli occhi, li riaprii.
E, improvvisamente, la vidi di nuovo.
L'ombra scura che si avvicinava alla locanda, sotto la pioggia.
Questa volta i miei occhi la distinsero con più precisione.
Era un uomo. Era alto e magro, vestito di nero.
Indossava un cappello largo, simile a quello dei cow-boy.
Lo guardai con più attenzione, cercando di distinguere i tratti del suo volto, ma non vi riuscii.
Aprì la porta della locanda ed entrò, scomparendo dalla mia vista.
In quello stesso istante, provai una sensazione di terrore.
Ansia, oscurità, angoscia, paura.
Poi, all'improvviso, tutte le luci si spensero.
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