Di che cosa hai paura, Rose?
<<Di che cosa hai paura, Rose?>>
<<Del buio.>>
<<E sai perché?>>
Mio padre Mitch -il mio padre adottivo- mi aveva guardata e poi aveva sorriso. Dovevo avere avuto sei, forse sette anni.
<<Perché al buio inizialmente non siamo bravi a vedere. Tutto, anche ciò che è più insignificante, può assumere un'immagine diversa. Spaventosa, a volte. Ma poi, Rose, i nostri occhi si abituano all'oscurità. E allora tutto torna ad essere com'era. In quel momento diventiamo più grandi della nostra paura.>>
Nelle fogne era buio. Tutto, intorno a noi, era nero come la pece. Sentivo il respiro del vecchio Jackson e quello di Brandon. Zeus, immobile di fronte a noi, scodinzolava e ci osservava con i suoi occhi grigi, come se ci stesse aspettando.
<<Che cosa... dove diavolo siamo?>>
Ci voltammo verso il nonno di Desmond. Si era risvegliato da quella sorta di immobilità in cui era scivolato assieme a tutti gli altri ospiti della locanda.
<<Jackson>> dissi, sorridendogli.
Lui mi guardò con aria confusa e poi osservò Brandon e Zeus.
<<Shh>> sussurrai, portando l'indice sulle mie labbra <<loro sono là fuori. Ci stanno cercando.>>
Osservai la grata sopra le nostre teste, quella che avevano spostato per scendere giù nelle fogne, e Jackson capì.
<<D'accordo>> disse Brandon <<è tempo di andare.>>
<<Dove, però?>> gli chiesi, incerta.
<<Ovunque lontano da qui. Dobbiamo allontanarci da loro il più possibile.>>
Aveva ragione. Ero certa che volessero me, ed ero anche quasi sicura che di umano avessero soltanto le fattezze. Ripensai al loro sangue. Non sembrava affatto sangue. Avrei voluto avere a disposizione più tempo per cercare di capire che cosa stesse accadendo, ma non era così. Tutto ciò che dovevamo fare, in quel momento, era allontanarci dal punto in cui ci trovavamo.
Osservai Zeus e lui mi guardò dritto negli occhi. Per una frazione di secondo, ebbi l'impressione che avesse capito ciò che stavo pensando e infatti, l'attimo seguente, si voltò verso la direzione opposta alla nostra e cominciò ad allontanarsi da noi. Avevamo due direzioni da scegliere, e nel dubbio decidemmo di fidarci ancora una volta di Zeus.
<<Andiamo>> dissi, sfiorando con la mano il braccio di Brandon <<seguiamolo.>>
Lui osservò il pastore tedesco e poi sorrise.
<<State diventando amici?>>
<<Può darsi>> gli risposi, tendendo la mano verso Jackson.
<<Andiamo, Jackson. Da questa parte.>>
Il nonno di Desmond si lasciò guidare senza esitare. Non sembrava essere spaventato; stava soltanto cercando di adattarsi a quella nuova oscurità.
Sentii rumore di passi sopra di noi, coperto appena dal cadere incessante della pioggia in quella notte estiva.
Erano vicini. Troppo vicini. Potevano vedere ciò che facevo? Potevano spiare i miei movimenti, anche quando ero fuori dal loro campo visivo?
Non avevo una risposta, ma non potevo escludere nulla.
Camminammo a passo svelto ma cercando di non far rumore attraverso il condotto stretto e umido che correva sotto Saint Claire, immergendo spesso i nostri piedi nell'acqua più putrida che avessi mai visto. Lo squittio dei topi attirò più volte la mia attenzione, ma senza spaventarmi. Gli occhi, che ormai si erano abituati a quel buio, mi mostravano il canale che stavamo percorrendo. Le pareti che ci circondavano erano umide e spesse, e il condotto era piuttosto stretto. Il vecchio Jackson teneva bene il nostro passo, e sembrava molto più giovane rispetto agli anni che aveva.
Osservai Brandon e Zeus che si muovevano rapidi e silenziosi davanti a me, e all'improvviso mi chiesi che cosa stesse succedendo.
Perché mi trovavo nelle fogne di Saint Claire insieme a un estraneo e al suo cane? Come era accaduto tutto ciò? Era stato così veloce. Così inaspettato. I sicari volevano me, lo sentivo. E Brandon... mi aveva salvata, forse?
No.
Io avevo salvato lui.
Osservai le mie mani e ripensai al modo in cui avevo annientato quegli uomini alla locanda. Non era corretto definirli uomini, probabilmente, ma non era quello il punto. Il punto ero io. Ero stata così incredibilmente forte. E veloce. E determinata in un modo che non avrei mai potuto immaginare, prima. Soprattutto, ero diventata il mio stesso istinto. Non mi ero limitata a seguirlo, no. Mi ero letteralmente trasformata in quell'istinto.
Ne ero felice e forse spaventata al tempo stesso.
<<E allora che cos'è la paura, Rose?>>
Ero rimasta in silenzio e Mitch si era chinato accanto a me, fino a sfiorare il mio orecchio con le labbra.
<<La paura è tutto ciò che non conosciamo. Niente di diverso. Impara a conoscere una cosa, e non ne avrai più paura.>>
Strinsi i pugni delle mani, mentre continuavo a tagliare in due il buio umido di quella fogna, senza perdere di vista Brandon e Zeus, e restando vicina a Jackson.
Avevo avuto paura di me stessa, della mia forza, della mia violenza, perché si trattava di una parte di me che non conoscevo.
Che cosa sarei potuta diventare, se avessi imparato a conoscermi?
Non ci sono limiti, Rose.
Il mio cuore, impazzito, incominciò a correre nell'oscurità.
Era la voce di Nate. Il mio vero padre. Mi bloccai, improvvisamente.
C'era qualcosa che non andava.
Poi ebbi una visione, brevissima ma accecante.
Lo Sconosciuto, immobile contro una parete, sanguinante, e con i polsi bloccati da due catene. E qualcuno, che non riuscivo a vedere in viso, immobile di fronte a lui.
Lo Sconosciuto alzava la testa ed era come se stesse dicendo qualcosa, ma la voce non usciva. Poi, improvvisamente, lo sentivo pronunciare due sole parole: "Salvati, Rose".
La visione scomparve, il mio corpo si gelò e poi Zeus incominciò ad abbaiare intensamente, quasi con disperazione.
Osservai Brandon e mi resi conto, in quell'istante, che eravamo arrivati in una zona delle fognature chiusa, senza sbocco.
Ci voltammo per tornare indietro e fu in quel momento che una delle grate sopra di noi si spostò, mostrandoci la figura nera di qualcuno che ci stava per raggiungere nel buio.
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