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Aiutami, Rose

<<Hai trovato delle risposte durante tutto questo tempo?>>
Brandon scosse lentamente la testa.
<<No. Ho trovato un vuoto enorme, invece. Ed è rimasto qui dentro per un bel po'. Forse non è mai svanito, dopotutto.>>

Pronunciò quelle poche parole sottovoce, tanto che feci quasi fatica a udirle.

Brandon ha detto che nel 1997 aveva undici anni. Quindi ora... ora ne ha trentuno. Sono dieci più di me. Non l'avrei mai detto, però.

<<È per questo che sei tornato qui a Saint Claire, non è così? Per Scarlett.>>
<<Sì, l'ho fatto per lei. Dopo tutto ciò che è successo al lago l'estate scorsa... e dopo ciò che Desmond ha compiuto... ho pensato che forse ho trascorso gran parte della mia vita lontano da questa cittadina soltanto per scappare dai miei fantasmi. Una verità fredda ma così... reale.>>
<<Des... avevo capito che eravate amici da ragazzini, ma lui è più piccolo di te, non è vero?>>
<<Di qualche anno. Dovrebbe averne ventitré, ventiquattro forse. Sono stato una specie di fratello maggiore per lui, dopotutto. Ritrovarlo è stato bello.>>

Mi guardai intorno e mi resi conto che il ritardo di Des cominciava a prolungarsi.

<<Che cosa pensi sia accaduto a Scarlett?>>
<<Non lo so, Rose. Dico sul serio. Ho sentito tutto ciò che c'era da sapere sulla scomparsa delle altre ragazze qui a Saint Claire. Alcune di loro sono morte.>>

Già. Come Joey. Come Susan. Come le altre, Rose. Come le altre.

Perché tu lo sai, Rose. Lo sai. Ce ne sono altre. Ci sono sempre state e continueranno ad esserci.

Quella voce parlò improvvisamente dentro di me, dentro la mia testa, e sembrò pronunciare una verità assoluta, imperativa. Joey e Susan non erano le prime e non sarebbero state le ultime. Scarlett era una di loro, forse? Una delle ragazze scomparse o peggio ancora morte? E morte per che cosa? Oppure per chi?

Per te, non è vero?

Per te, Rose.

Joey. Susan. Scarlett. Anche Scarlett.

<<A che cosa stai pensando?>> mi chiese Brandon, e non potevo rispondere dicendo davvero la verità.

<<A quanto deve essere stata dura per te.>>

Mi guardò negli occhi e ciò che avevo dentro esplose. Le barriere, l'ansia, la paura di aver perso anche lo Sconosciuto. I sensi di colpa. Sarei potuta crollare in un pianto disperato, eppure non accadde.

<<È stata dura, sì. Lo è ancora. Lo è sempre, naturalmente. Ma è tutta una questione di momenti, sai. Ci sono tanti giorni bellissimi che si rincorrono, uno dopo l'altro, nel sole. Momenti in cui va tutto bene, lontani dal buio. Eppure lo so.>>

Lo guardai, mi avvicinai inconsapevolmente a lui, ancora un po', come per trovare calore, riparo.

<<So che quell'oscurità è sempre lì, a pochi passi da me. E posso correre lontano, ovunque. Il buio non scompare mai, Rose.>>

Esitai. Sentii il rumore del suo respiro e appoggiai gli occhi a terra.

Oh, Rose. Fa male, non è vero? Fa così dannatamente male. Ognuno ha i propri fantasmi, lo sai. Soltanto che chi si avvicina troppo a te spesso diventa un fantasma.

Sapevo che quei pensieri mi avrebbero demolita se lo avessi permesso.

<<La vita deve andare avanti, Brandon. E anche tu>> gli dissi, con un filo di voce.

Lui annuì, appoggiò una mano sul mio braccio e sentii quanto fosse freddo.
Lo guardai e mi guardai dentro. Avevo pronunciato quell'ultima frase per lui o forse l'avevo fatto per me. Perché sapevo... sentivo di essere di fronte a un bivio, anche se non potevo ancora sapere di che cosa si trattasse. Eppure ciò che provavo era tensione, adrenalina, paura, fervore, rabbia, calore. Ero io, era Brandon, era tutta quella vita che mi stava scivolando addosso in silenzio eppure facendo così tanto rumore, così tanto da azzerare tutto il resto, rendendomi improvvisamente sorda.

Brandon si spostò dal muretto senza togliere la mano dal mio braccio, stringendo un po' -forse involontariamente - la presa e fu in quel momento che accadde ancora. Questa volta però fu molto più spaventoso e più intenso di poco prima, perché riuscii a vederla perfettamente.

Scarlett.

<<Mi hanno presa loro, Rose. Tanto tempo fa.>>

Era seduta sull'altalena e si dondolava, lentamente. Il parco era gremito di persone -bambini, soprattutto- colorato dolcemente dalla luce estiva, pieno di voci che si rincorrevano. Schiamazzi di felicità, di spensieratezza. Scuole finite, vacanze all'inizio. Tre mesi incredibili da vivere, tra il profumo dell'erba appena tagliata e l'azzurro del cielo invaso dal sole bollente.

Scarlett si dondolava e rideva, come tutti i bambini e le bambine del mondo. Rideva e... mi guardava. Perché ero lì, ero lì. Era così reale. Sembrava perfetto eppure sentivo che non era così, che era soltanto una facciata. Avevo pura ma non sapevo di che cosa. Come se sapessi che qualcosa di atroce sarebbe crollato presto su di noi, avvolgendoci nel buio.

<<Mi hanno presa loro, Rose>> disse ancora Scarlett continuando a dondolarsi. L'altalena però aveva assunto un ritmo anomalo, frenetico quasi. Andava avanti e indietro sempre più in fretta, mentre Scarlett continuava a ridere. Ma più che in una risata, la sua espressione sembrava trasformarsi gradualmente  in una smorfia atroce.

<<Sono quaggiù, Rose, e non sono sola. Siamo in tante, sai?>>

Continuava a parlare mentre l'altalena aveva preso una velocità irreale ormai.

<<Siamo quaggiù, Rose. Ci hanno prese perché cercavano te. Alcune di noi sono scivolate nel sangue. Non abbiamo tempo, adesso. Non ne abbiamo più.>>

L'altalena improvvisamente si era fermata. Il parco si era svuotato, le voci erano scomparse e il sole si era oscurato, lasciando spazio a un buio totale.

Guardai Scarlett e la vidi di spalle, ma non era più la bambina di prima. Era... era cresciuta, come se fossero trascorsi vent'anni in un istante. Si voltò verso di me e mi sorrise, ma nei suoi occhi c'era la disperazione. Abbassai lo sguardo sulle sue mani e una sensazione improvvisa di orrore mi paralizzò.

Erano sporche di sangue.

<<Aiutami, Rose.>>

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