Epilogo - Per Sempre
Natale era arrivato in fretta.
Le palline del grande albero che io e Cecile avevamo addobbato in giardino brillavano mentre attraversavo nel buio il viale di casa.
Lo Sconosciuto era fermo davanti al cancello e mi stava aspettando.
<<Ciao>> gli dissi, baciandolo sulle labbra. Lui ricambiò il bacio e mi prese per mano. Salimmo sulla jeep di Cecile, lui si mise al volante e accese il motore.
Stavamo aspettando che lei ci raggiungesse.
I mesi che erano trascorsi non avevano portato nulla di nuovo alle nostre vite. Tutto sembrava essersi calmato. Ogni cosa sembrava finalmente davvero essere come avrebbe dovuto.
Desmond si era ripreso, nessuno aveva più cercato di rapirmi e non era scomparsa nessun'altra ragazza. Anche il lago sembrava essere diventato un lago normale.
Stentavo a crederci, ma forse davvero esisteva una possibilità di felicità anche per me.
<<Ti amo>> gli dissi, senza rendermene conto.
Era qualcosa che volevo fare, perché la neve intorno a noi era perfetta. L'aria profumava di buono. Il freddo non mi dava fastidio.
Pensai che sarebbe stato stupido non dirglielo.
Lui mi guardò negli occhi con quell'intensità che era soltanto sua. In quel modo che non avrei mai più ritrovato in nessun altro al mondo.
<<Ti amo anche io, Rose.>>
Lo disse sottovoce, tagliando l'aria a metà.
Lo baciai ancora, più intensamente.
Eccolo, l'amore che per tutto quel tempo avevo cercato inutilmente. Esisteva. Era lì, seduto accanto a me. Era semplice.
Era bellissimo.
Cecile ci raggiunse dopo qualche minuto. Era la vigilia di Natale, e avevamo deciso di trascorrere la notte tutti insieme alla locanda del vecchio Jackson.
Ero contenta, non avrei potuto desiderare nulla di diverso, perché sapevo che anche per quella notte avrei avuto ciò che cercavo. L'amore di una famiglia unita.
Una vera famiglia.
Casa.
Attraversammo Saint Claire e arrivammo alla locanda.
Non c'erano clienti, a parte una coppia di signori anziani che veniva dal Galles.
Non appena entrammo, vidi un'enorme tavola apparecchiata di fronte a me.
C'erano Jackson, lo sceriffo O'Hara e Cameron seduti a parlare e ridere tra loro.
Ci avvicinammo, li salutammo.
Cecile baciò O'Hara, lui ricambiò con passione.
Pensai per un istante a Mitch. Al fatto che quello sarebbe stato il primo Natale senza di lui. Mi dissi che prima della mezzanotte l'avrei chiamato, per fargli gli auguri e risentire la sua voce.
Mi mancava.
Ci sedemmo al tavolo e poi, dopo qualche istante, si aprì la porta della cucina e vedemmo Desmond uscire con dei piatti in mano.
Sorrisi.
Si era ripreso alla perfezione, stava bene. La rabbia che lo aveva divorato nell'ultimo periodo sembrava essersi in parte placata. Forse il tempo aveva in qualche modo cucito le sue ferite, anche se sapevo che le cicatrici non sarebbero scomparse.
C'erano dei momenti in cui il buio tornava a vivere sul suo volto, e lui non era bravo a nascondere le emozioni. Se c'era qualcosa che non andava, lo capivo subito. Avevamo stretto un patto: nei momenti peggiori, quando la tristezza diventava impossibile da gestire e la rabbia troppo forte per essere contenuta, lui mi telefonava e io lo raggiungevo.
Mi sedevo accanto a lui, gli stringevo le mani e incominciavamo a ridere e scherzare come se ci conoscessimo da tutta una vita. Era diventato davvero il mio migliore amico e il rapporto con lui era qualcosa di bellissimo. Era qualcuno che sapevo non mi avrebbe mai tradita, mai lasciata andare.
La vita era perfetta.
Trascorremmo la serata mangiando, bevendo, ridendo e scherzando come non captava da tanto, tantissimo tempo.
Ci scambiammo i regali a mezzanotte, dieci minuti dopo la telefonata che nel frattempo avevo fatto in Carolina, a Mitch.
<<Non ho mai.. Non ho mai regalato nulla a nessuno, quindi devi perdonarmi se non ti piacerà>> mi disse lo Sconosciuto porgendomi un piccolo pacchetto rosa.
Sollevai gli occhi su di lui, piena di gioia.
Lo aprii.
All'interno c'era una catenina d'argento, con sopra un incisione.
La guardai con attenzione ma non riuscii a capire di cosa si trattasse. Sembrava una stella divisa in due parti.
Lui si avvicinò al mio orecchio, e mi sussurrò qualcosa.
<<Da dove vengo io, questo è il modo per dire "per sempre".>>
Arrossii, senza sapere perché. Fu l'unica cosa che riuscii a fare.
Si mise dietro di me e me la fece scivolare intorno al collo.
Mi voltai e lo baciai, chiudendo gli occhi. Facendo tutto ciò che mi fu possibile per trasmettergli l'amore che pulsava dentro di me, incessante.
Gli porsi un pacchetto anche io e lui lo aprì.
<<Che cos'è?>> mi chiese, stupito.
Arrossii ancora.
<<È un cd. Lo so che oggi i cd non si usano più, ma... Ho pensato a te per ognuna di queste canzoni. Ogni nota, ogni parola, ogni voce mi ha portata a te. E la prima.. La prima è la canzone che suonava nel locale in Carolina, quando abbiamo ballato insieme. Si chiama "Forgotten Souls". Anime dimenticate. E ogni volta che la sento, mi sembra di tornare a quel momento, a quella sera. Lo so che è un regalo stupido, ma..>>
Lui fece un passo indietro, mi strinse le mani, sorrise.
<<È il regalo più bello che tu potessi farmi, Rose. Dico davvero.>>
Scossi la testa, poi lo guardai.
Mi avvicinai a lui, lo abbracciai. Sentii tutto il suo calore su di me.
Vidi Desmond che rideva e scherzava con Cameron e Jackson alle nostre spalle, e Cecile che si scambiava i regali con lo sceriffo.
Il vecchio Jackson si alzò e andò verso il giradischi. Un pezzo d'epoca che non avevo ancora visto prima.
<<Signori>> disse <<per stanotte niente canti navajo.>>
Un disco incominciò a girare e la musica invase il locale.
Era un suono tipico degli anni settanta, un periodo che io non conoscevo molto bene ma che mio padre Mitch amava.
<<I Chicago, signori miei. Che band.>>
Lo guardammo tutti, stupiti di scoprire quel lato rock'n'roll in lui.
Lo Sconosciuto rise, io anche. Desmond e Cameron, dietro di noi, ballavano cercando di tenere il tempo, ma il risultato era piuttosto imbarazzante.
Mi guardai intorno.
Non avevo bisogno di nulla di più. Era il mio momento perfetto.
<<Buon Natale, Rose>> disse lo Sconosciuto, mentre io appoggiavo la mia testa contro la sua spalla, sentendomi, ancora una volta, finalmente a casa.
Poi, in una frazione di secondo, il tempo sembrò fermarsi.
La casa nella neve. I pini.
Era la prima visone che avevo avuto durante l'estate. Quella che non si era mai avverata.
La vidi una volta, in modo nitido.
La casa nella neve, i pini intorno.
Scossi le palpebre, mi guardai intorno. Gli altri erano sempre accanto a me. Des e Cameron continuavano a scherzare, Jackson era al giradischi, Cecile accanto allo sceriffo e lo Sconosciuto mi abbracciava.
La vidi ancora, e ancora, e poi ancora, in tanti flash a intermittenza con il mondo reale che mi circondava.
La casa nella neve, i pini intorno. E poi, improvvisamente, risentii le parole di Nate, al telefono con me.
"Succederà tra poco, tesoro. Penserai che tutto sarà finalmente come dovrebbe essere. Ogni cosa ti sembrerà al posto giusto, e il tuo cuore sembrerà perfetto, completo. Crederai che la sofferenza, la paura, il dolore saranno ormai alle tue spalle, ma non sarà così.
Quando ciò accadrà, stai attenta, tesoro, perché quello sarà il momento più pericoloso. Per te e per tutti gli altri. La fine non sarà mai così vicina come allora. Te lo dico perché succederà a breve."
Mi staccai dallo Sconosciuto, ed il cuore si fermò dentro di me.
Avevo risentito esattamente le parole che Nate mesi prima mi aveva detto durante la nostra ultima telefonata. Le stesse identiche parole.
Mi guardai ancora intorno.
Il tempo perfetto di cui aveva parlato era arrivato. Era ciò che stavo vivendo in quel momento.
"Quando ciò accadrà, stai attenta, tesoro, perché quello sarà il momento più pericoloso. Per te e per tutti gli altri. La fine non sarà mai così vicina come allora."
Non riuscivo a capire.
Non mi sentivo in pericolo eppure adesso avevo paura, una paura incredibile. E non sapevo che cosa significasse la visione della casa circondata da neve e pini che avevo di nuovo avuto, come durante l'estate. Non si era mai avverata. Perché adesso? Che cosa stava per succedere?
Lo Sconosciuto percepì il mio stato d'animo e fece un passo verso di me.
<<Che cosa è successo, Rose? Che cosa..?>>
Io esitai, confusa, stordita.
<<Ho avuto una visione. Qualcosa che non vedevo da tanti mesi. Una casa, la neve.. Dei pini.. Io non..>>
<<Una casa? Dove, Rose?>>
Scossi la testa.
<<Non si capiva. Non lo so, davvero. Non è un posto che conosco, non credo. E poi.. Ho risentito qualcosa che mi aveva detto Nate tempo fa..>>
<<Che cosa? Perché non me ne hai parlato? Vi siete sentiti?>>
Le mani mi tremavano.
Sentii un dolore incredibile attraversare prima il mio corpo e poi la mia testa. Tanto forte da farmi piegare a terra.
<<Rose!>> disse lo Sconosciuto chinandosi su di me. Vidi che anche gli altri adesso si stavano avvicinando.
<<Sto bene, non..>>
Poi vidi di nuovi quella casa, gli alberi, la neve. E ancora una volta sentii le parole di Nate. Rimbombavano fortissime dentro di me, annullando tutto il resto.
Quando ciò accadrà, stai attenta, tesoro, perché quello sarà il momento più pericoloso.
<<Rose>> disse lo Sconosciuto, e lo stesso fece Cecile. Desmond, intanto, mi aveva preso una mano e ascoltava il mio respiro.
<<Rose, riesci a sentirci?>>
D'un tratto, tutto sembrò tornare normale e ritrovai la forza per alzarmi.
<<Rose, amore, che cosa sta succedendo? Che cos'hai?>> mi chiese Cecile, cercando di toccare il mio viso.
<<Sto bene, mamma. Ho avuto solo un.. un giramento di testa. Penso che sia stato il vino.>>
Lei mi guardò e sembrò tranquillizzarsi, dopo aver notato che stavo in piedi perfettamente.
Dissi a tutti che stavo bene, quindi mi sedetti su uno dei tanti divani accanto allo Sconosciuto, che non si era mai staccato da me.
<<Rose>> disse, sottovoce.
<<Va tutto bene. Davvero. È soltanto una visione che non significa nulla.>>
<<Ma è stata più forte questa volta. Ti era mai successo prima?>>
Scossi la testa.
<<No>> risposi, lentamente <<così intensa, mai.>>
<<E le parole di Nate?>>
<<Lui.. lui mi aveva detto che un giorno sarei arrivata a sentirmi finalmente bene, che sarei stata tranquilla, che tutto sarebbe stato perfetto. E di stare attenta, perché quello sarebbe stato il momento più pericoloso per me. Per tutti.>>
<<Ed è questo che hai risentito, dopo la visione?>>
Annuii.
<<Sì. Ho risentito le stesse identiche parole.>>
Lo Sconosciuto sospirò, guardandosi intorno.
<<Perché non me ne hai mai parlato, Rose?>>
Scossi la testa, mi guardai le mani, come cercando una risposta che in fondo non ero certa di avere.
<<Non lo so. Forse perché.. Forse perché voglio vivere una vita normale. Una vita normale accanto a te. Una vita senza dover combattere ogni istante con l'ansia che qualcosa di terribile potrebbe accadere a me o alle persone che amo. Non te ne ho parlato perché ho cercato di non pensarci più. Di non pensare più a nulla di tutto l'inferno che ci è piombato addosso. Voglio resistere accanto a te. Ho cercato di tenere il resto a distanza, perché ho bisogno di essere più forte di tutto questo. Più grande.>>
Lo Sconosciuto non disse nulla.
Mi guardò, posò un dito sulle mie labbra e lasciò che mi appoggiassi a lui.
<<Se le cose andranno bene.. Se andranno male..>> mi interruppi, avvicinandomi ancora di più a lui, che improvvisamente ritrovò i miei occhi <<comunque sarà domani.. Promettimi che non mi lascerai. Promettimi che resteremo vicini, come in questo momento.>>
Non ero abituata ad esternare così le mie emozioni, le mie paure, ma non riuscii ad evitarlo.
Lo Sconosciuto strinse tra le dita la stella divisa in due parti sulla catenina che mi aveva regalato, quindi strinse l'altra mia mano nella sua.
<<Qualunque cosa sarà, è per sempre, Rose. È per sempre.>>
Chiusi gli occhi, mi appoggiai nuovamente a lui, sentii il suo calore unirsi al mio.
Tutta la paura, senza far rumore, scomparve.
Trascorremmo ancora qualche ora tutti insieme alla locanda, ed ebbi modo di trascorrere del tempo anche insieme a Desmond, di parlare con lui e ritrovare, in qualche modo, ancora più serenità grazie alla sua vicinanza.
Lasciammo la locanda dopo aver salutato il vecchio Jackson e Des, ringraziandoli per l'ospitalità e per la compagnia.
Uscimmo e ci ritrovammo tutti insieme nella notte deserta di Saint Claire, mentre da dentro il locale la musica dei Chicago continuava ancora a suonare. Jackson aveva lasciato che il disco ripartisse da capo, ed io pensai che probabilmente gli ricordava qualche momento bello del suo passato.
Guardai Cecile e O'Hara che parlavano davanti a noi.
Guardai lo Sconosciuto che camminava accanto a me.
Nonostante la paura che avevo provato, ero felice.
Lo ero davvero.
Mentre Cecile salutava lo sceriffo, mi avvicinai all'orecchio dello Sconosciuto e sussurrai qualcosa.
<<Me lo dici, adesso?>>
<<Che cosa?>> rispose lui, esitando.
<<Come ti chiami.>>
Sorrise, ed io feci lo stesso.
Si avvicinò a me, portò le labbra al mio orecchio.
<<E va bene. S...>>
Improvvisamente, si fermò.
Non soltanto lui, ma tutto il resto del mondo.
La notte, che era buia, divenne di colpo nera come la pece. Il colore più scuro che avessi mai visto.
Rimanemmo immobili, e poi, l'attimo seguente, alzammo lo sguardo verso il cielo.
Cecile e lo sceriffo, davanti a noi, fecero lo stesso.
La porta della locanda alle nostre spalle si aprì, e Jackson, Desmond e Cameron corsero fuori, raggiungendoci, mentre la musica, dall'interno, continuava a suonare.
Era un pezzo lento, bellissimo.
"If you leave me now, you 'll take away the biggest part of me. Uh uh uh uh... no baby please don't go.."
Ci avvicinammo tutti, di istinto, gli uni agli altri, cercando di restare uniti tra noi il più possibile.
Gli occhi al cielo, a fissare qualcosa che non riuscivamo a capire, a decifrare, a spiegarci.
Perché era qualcosa che non avevamo mai visto prima.
Era qualcosa che nessuno aveva mai visto prima.
Sentii la mano dello Sconosciuto che stringeva la mia con tutta la forza del mondo, e per la prima volta mi sembrò di percepire anche in lui un sentimento nuovo.
Terrore.
"A love like ours is love that's hard to find.. How could We let it slip away..."
Guardai Cecile, cercando di pensare a quali parole avrei voluto dirle se quello che stavamo condividendo fosse stato davvero il nostro ultimo minuto insieme.
Non mi venne in mente nulla.
Forse, le avrei semplicemente detto che le volevo bene.
Riportai lo sguardo a quella nuova oscurità, in alto.
<<Stringi la mia mano>> dissi allo Sconosciuto, mentre il cuore batteva all'impazzata dentro di me facendomi sentire completamente inerme, impotente <<non lasciarmi. Non lasciarmi. Non lasciarmi.>>
Lui lo fece. La strinse forte, ancora più forte.
Sopra di noi, enormi, immensi come il cielo, gli occhi neri che all'improvviso erano comparsi dal nulla ci fissavano; e mentre la canzone continuava a suonare da dentro la locanda, era come se ci stessero dicendo che quel momento che stavamo condividendo, proprio quello, era l'inizio della nostra fine.
[Dovrebbe esserci un GIF o un video qui. Aggiorna l'app ora per vederlo.]
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