𝐗𝐈𝐕. 𝐎𝐬𝐜𝐮𝐫𝐢 𝐚𝐧𝐞𝐝𝐝𝐨𝐭𝐢
Erano circa le nove del mattino quando Vargos finalmente scese dall'auto dopo aver dormito a casa di Ariel. Benché Aguillard avesse cercato di convincerlo a dormire nello stesso letto per questione di comodità, Elimar, che era in modo risaputo un gentiluomo fatto e finito, aveva declinato e detto semplicemente che avrebbe trascorso qualche ora di riposo sul divano.
Ariel lo aveva poi svegliato alle otto e mezza, gli aveva offerto del caffè e poi, prima che si congedassero, donato all'amaro e tostato retrogusto della bevanda una nota dolce e paradisiaca: un secondo prima che lui si voltasse per aprire la porta e uscire dall'appartamento, Aguillard lo aveva fermato, si era alzato sulla punta dei piedi e gli aveva baciato una guancia, ringraziandolo per avergli fatto trascorrere una delle serate più belle da qualche tempo a quella parte.
Un inizio tiepido, ma per Vargos quel bacio casto era stato, in un certo senso, l'equivalente di un'iniezione di pura adrenalina dritta nel cuore. Di solito, quando cominciava la sua giornata, non si sentiva così carico di energia ed euforico. Sì, dopo tanto tempo era tornata la voglia di uscire nel mondo e darsi da fare, di accogliere il giorno con un sorriso genuino, e tutto per un semplice bacio sulla guancia.
Il suo stato d'animo frizzante ebbe vita breve, tuttavia. Come fu sceso dalla macchina con l'intenzione di farsi una doccia veloce e cambiarsi d'abito, vide due figure a lui note ferme di fronte all'entrata del palazzo in cui lui abitava. Non fu vedere quei due a impensierirlo, bensì l'accorgersi sì e no subito che stavano bisticciando.
Credo che avessero ragione Casey e Noah a dire che ho commesso un grave errore a lasciare Samuel in compagnia di Idris.
Inquieto li raggiunse e mosse la mano, con una punta di disagio, per salutare entrambi. «Ehi, ragazzi!»
Pothier smise di battibeccare con Evans e piroettò su se stesso, piantandogli addosso gli occhi chiari e, attualmente, oscurati da un'ombra di pura irritazione. «Eccoti, finalmente!» berciò. «Prendi con te questo stronzo o giuro che lo defenestro, mi senti?!»
Vargos sobbalzò e fissò inquieto l'indice dello strego che era appena andato a cozzare contro il suo sterno in maniera tutt'altro che garbata. «Che storia è questa?» domandò confuso. «Credevo che...»
«Credevi male, gioia! È impossibile stare sotto lo stesso tetto con Coso qui! Un giorno in più e avrei tramutato me stesso in pietra per la disperazione!»
Samuel roteò gli occhi. «Ridicolo» borbottò tra sé.
«Visto? Sempre con quell'aria di superiorità! Un giorno o l'altro gli farò passare la superbia a suon di ceffoni, parola mia!»
Elimar ne aveva sul serio abbastanza. «Okay, okay... perché, ora, non fate un bel respiro, non salite da me e mi spiegate per filo e per segno tutto? Mhm?» Sapeva che una simile proposta fosse a dir poco un'arma a doppio taglio, ma a suo parere era assurdo che quei due non riuscissero a trovare un punto d'incontro.
Idris si decise a darsi una calmata, almeno in apparenza, e con aria torva incrociò le braccia. «Non ho nulla da spiegare. Non sono io quello a cui non va mai bene un bel niente.» Scoccò un'occhiata mortifera a Samuel che lo ignorò deliberatamente e disse a Vargos: «Direi sia arrivato il momento di cambiare aria, per me, e visto che non posso tornare a casa e non voglio mettere nei pasticci la mia famiglia, direi che l'opzione migliore per me sia fermarmi qui a Mythfield, almeno per un po'. Che ne dici?» Rivolse al govenatore della città uno sguardo di pura e semplice supplica.
Vargos sospirò e si massaggiò la fronte, guardando dabbasso i due a turno. «Sentite... a me va bene se tu, Samuel, vuoi stabilirti qui finché le acque non si saranno calmate, ma quello che dovete capire è che non è saggio, adesso, avere delle rivalità e incomprensioni fra di noi. Lo capite, questo? Siamo tutti in pericolo e se non ci aiuteremo a vicenda, fidatevi che finiremo tutti molto male. Vorrei non essere così pessimista, ma se le cose non miglioreranno... non vedo come potrebbe finire diversamente.» Si concentrò su Idris. «Ricordi la questione del ragazzo che mio fratello aveva individuato a Shreveport? È uno strego, proprio come te. Si chiama Crystal Hawthorn ed è non solo un Ibrido, ma uno di genere Indigo e Olegov, ovviamente, aveva già messo gli occhi su di lui e cercato di ingabbiarlo quando lo abbiamo rintracciato e poi convinto a rifugiarsi qui a Mythfield.»
Idris spalancò gli occhi e le sue braccia ricaddero lungo i fianchi in un modo che in altre circostanze sarebbe apparso comico. «Santo Merlino sui trampoli a molla» esalò. «Hawthorn, hai detto? Ma allora Ethel non scherzava! Ecco perché quella stronza della Dawson, stamattina, mi ha chiamato e ha voluto scusarsi con me per non avermi creduto quando ho cercato di dirle che Olegov era vivo! Avete parlato con lei, vero? O dev'esser stata Ethel!»
«Diciamo che ci siamo passati tutti le informazioni necessarie a vicenda» snocciolò in breve Elimar. «Comunque... suppongo sia per via di Crystal che Rebecca abbia deciso di scusarsi con te. Vorrei solo non avesse dovuto sbatterci la testa prima di ammettere che Olegov fosse ancora in circolazione.»
«Cortesemente, potrei sapere di chi diavolo state parlando? Chi è questo Hawthorn e cosa ci azzecca con Olegov?» intervenne Evans, perplesso e infastidito per essere praticamente il solo a non sapere nulla dell'argomento in questione.
«Non sono affari tuoi, Coso» lo rimbeccò d'istinto Pothier, beccandosi da parte di Vargos una delle sue rare, ma mai piacevoli, occhiatacce di rimprovero. Lo strego gonfiò le guance e sbuffò. «Te lo spieghiamo dopo e con calma, Samuel, va bene?» si riprese, cercando in ogni maniera di suonare meno scostante. Più facile a dirsi che a farsi, visto che avrebbe tanto voluto rifilare a Samuel un gran bel calcio rotante nel didietro. Farlo gli sarebbe dispiaciuto solo perché si parlava di un didietro tutto sommato accettabile. L'unico aspetto positivo dell'aver dovuto condividere il suo adorato e ordinato bagno con un bamboccione incapace di farsi la doccia senza fare un disastro e seminare ovunque la propria biancheria. Era stato pressoché inutile ripetergli fino alla nausea che doveva metter via i vestiti sporchi nell'apposito cestello posto giusto a poca distanza dalla doccia. Samuel era disordinato e caotico, prova ne era che dopo che aveva cercato di fare per una volta la cena per sé e per lui, Idris aveva dovuto ricorrere a un incantesimo per spegnere le fiamme che avevano invaso i fornelli. Un pasticcione, in breve.
Vide Evans annuire e farsi andar bene la sua risposta. «Quindi? Com'è andata a finire con Hawthorn? Se ne sta chiuso da qualche parte a dondolarsi in un angolino buio o si unirà alla caccia a Olegov? Tra parentesi, non vedo l'ora di conoscerlo! E io che pensavo che tutti gli Hawthorn fossero stecchiti!»
«Sapevi di Dion?» incalzò perplesso Vargos.
«Beh, sì! Insomma, una volta era famoso fra gli Streghi della mia Gilda! Lui era solo qualche anno più giovane di... insomma, di Malcolm, mio padre, e quando studiavo ancora all'accademia vidi in corridoio una fotografia appesa alla parete della sala che chiamavamo tutti ‟Stanza dell'Orgoglio". In breve, dentro c'erano dei ricordi d'ogni genere legati agli studenti migliori dell'istituto che erano stati allievi dell'accademia e fra di loro, appunto, c'era Dion Hawthorn. Era un vero secchione e da quel che ne so, era abile nell'alchimia. Sulla targhetta d'oro che riportava in breve il suo percorso scolastico, però, alla fine... beh, lessi che purtroppo era venuto a mancare diversi anni prima e in modo tragico, ma non v'erano ulteriori dettagli e nessuno di quelli ai quali ho chiesto delucidazioni ha mai voluto rispondermi.»
Elimar sospirò amareggiato. «È quasi appurato che venne assassinato da Olegov o comunque per suo conto. Si innamorò di uno di noi, un Alphaga, e per un motivo o l'altro pagò un caro prezzo per aver sposato qualcuno che non avrebbe dovuto sposare. Sai... Crystal e i Tarren, in un certo senso, sono imparentati. Cora è sua zia e ho la netta sensazione che Olegov scelse di punire il nipote di Cora e Dion non solo per essersi messi insieme, ma per aver addirittura scelto di avere un figlio. Si sa come la pensava Simon in primo luogo sui matrimoni misti e Simon Tarren era il migliore amico di Stefan Olegov. Direi che tutto torna.»
Idris era scosso. «Mon Dieu!» Parve quasi trattenere un brivido. «Furono puniti e spazzati via proprio come i Rivera, come la famiglia di Noah.»
«Già... solo che... come dire... Crystal è stato decisamente meno fortunato di Noah. Quell'uomo, tutto sommato, è cresciuto in una famiglia che lo ha amato e lo ama ancora, ma Crystal ha perso suo padre da bambino e da allora, stando a quel poco che ha voluto rivelare, tutto è andato sempre peggio.»
Pothier sembrò raccattare dentro di sé la solita forza d'animo caparbia che lo distingueva. «Che si fa, quindi? Se è vero ciò che dici, uno di noi, uno strego, è stato ucciso da Olegov e se tocchi uno di noi, allora sei morto.» Era furioso proprio come quando aveva visto sua cugina, Olivia, in un lago di sangue, morta perché aveva osato dire di no a Olegov e a i suoi capricci.
«Ha... ha ragione. Lo dobbiamo fermare» intervenne Samuel. «Non so nulla dei suoi piani né cosa pianifichi di fare, ma so che ci sono delle persone nel suo mirino e so che presto colpirà. Questa città, Vargos, un giorno l'ho vista contrassegnata da un cerchio rosso su una mappa appesa nell'ufficio del direttore del carcere in cui lavoravo e Olegov aveva già preso possesso di quella stanza. Ripeto che non so cosa intenda fare, ma ha intenzione di colpire e se dovesse venire a sapere che Leroin e Hawthorn sono entrambi qui, non tarderà a farsi vivo.»
Calò un silenzio pesante fra i tre, finché Idris, con voce sepolcrale e guardando Vargos, disse: «Io credo di sapere a cosa mira. Anzi... a chi.»
«Non possiamo saperlo.»
«Ma andiamo, Vargos! Sa che colpendo te reciderebbe la testa a Mythfield e la trascinerebbe di nuovo nel caos! Non lo capisci? Sei la sola cosa a tener unita questa città che già una volta ha rischiato di esplodere! Ora come ora i suoi obiettivi non sono Casey e Crystal, ma tu!»
«Se anche fosse, so difendermi, Idris» si permise di ricordargli Elimar. «E comunque nessuno gli permetterebbe di varcare tranquillamente i confini della città.»
«Certo! Come se non ci fosse il rischio che qualcuno potrebbe tradirti, pur di aver salva la pelle! La gente è vigliacca quando si tratta di scegliere fra la sua incolumità e quella altrui, Vargos! Potresti essere circondato da almeno un centinaio di possibili Giuda e non saperlo! Ti fidi troppo delle persone e forse dovresti iniziare a smettere di farlo!»
Vargos respirò profondamente. «Se smetto di fidarmi di chi mi sta vicino, allora ho perso in partenza e Olegov ha già vinto. È esattamente ciò che vuole, Idris: dividerci così da poter spadroneggiare su chi ha troppa paura di lui per ribellarsi. È vero, forse Mythfield rischia nuovi disordini e forse io sono in pericolo, ma non mi rintanerò da qualche parte mentre la mia città va di nuovo in rovina e il sacrificio della mia famiglia viene vanificato dalle azioni di quel folle. Lotterò e lo farò senza nascondermi e senza aver paura di cosa ne sarà o meno di me. Sono un Elimar e gli Elimar non fuggono davanti alla battaglia.»
«Ma quello ti vuole morto!» esclamò Samuel, non riuscendo a credere a quel che aveva sentito. «Dovrai pur trovare un modo per precederlo! Ammazziamolo prima che ammazzi te o chiunque altro! Non mi sono fatto bandire dalla città in cui sono nato per salvare Leroin e vederlo poi crepare tra le grinfie di Stefan Olegov, va bene?! Se tu muori, moriranno anche gli altri o fuggiranno e verranno rintracciati e ammazzati uno a uno! Olegov non è come noi, mi senti? E ha dalla sua parte tante, tante persone che disapprovano il modo in cui voi di Mythfield vi approcciate alle altre specie! Vi odiano perché siete tolleranti verso tutto ciò che loro disprezzano! Non so bene quanti siano dalla sua parte, ma sono agguerriti. Tanti dei miei colleghi erano d'accordo con lui, e questo non è che un esempio!»
«Non ho detto che non reagirò» lo contraddisse Vargos, ragionevole. «Dico solo che prima di poter avvicinarci a lui dovremmo avere un piano ben preciso e muoverci con cautela. Va ucciso, è vero, ma non si farà cogliere alla sprovvista.»
«Io dico che dovremmo dargli la caccia. Spingerlo in un angolo» fece allora Pothier.
«Così lo faresti solo infuriare. È pericoloso, se messo alle strette.» Elimar scosse la testa, meditabondo. «Sarà lui a farsi avanti e vorrei solo poter sapere quando e come.» Parve concentrarsi maggiormente, poi, dopo un paio di minuti, scrutò Idris come se quest'ultimo recasse con sé le risposte che cercava. «Forse un modo c'è.»
Idris si accigliò. «Elabora, prego.»
«Non capisci? La magia, Idris! Con il tuo aiuto potrei ottenere delle informazioni e farlo a insaputa di Olegov, senza che lui lo sappia!»
Pothier, al contrario di Samuel, parve finalmente comprendere e spalancò gli occhi prima di sollevare le mani e agitarle in segno di categorico diniego. «No! Assolutamente no!»
«Cosa? Che vuole fare?» incalzò Evans.
Lo strego rifilò a Elimar un'occhiata torva e severa. «Vuole celarsi dietro a un aspetto fittizio per infiltrarsi nella cerchia del pazzoide, ecco qual è la sua idea a dir poco sconsiderata e balorda! E meno male che era Ragos lo spericolato del duo Elimar!»
«Andiamo, Idris! C'è in ballo la sicurezza di tutti!» lo implorò Vargos. «Cerca di ragionare!»
«Tu cerca di ragionare, idiota di un Elimar! Credi che non abbia notato che in te c'è qualcosa di diverso, oggi? Lo sai che certe cose non mi sfuggono e da quando sei arrivato ho avvertito subito in te il cambiamento! Eri felice e quale che sia il motivo dietro alla tua voglia di vivere finalmente tornata, non ti permetterò di gettarla via per una stronzata del genere! Sarebbe peggio del consegnarti a Olegov!» Vargos ammutolì e lo strego, allora, si fece ancor più severo. «Quindi qualcosa bolle davvero in pentola, eh?»
«Idris...»
«Non lo farò, Vargos, e non intendo tornare sull'argomento. Agiremo diversamente.» Pothier sospirò e alzò gli occhi al cielo. «Dove si trova Hawthorn? Gradirei conoscerlo e scambiarci quattro chiacchiere. Magari in due riusciremo a pensare a un buon piano. Siamo due streghi, dopotutto.»
Vargos, un po' imbronciato, mugugnando disse a Idris dove Crystal attualmente alloggiava. «Ti avverto che è un tipo suscettibile» aggiunse.
«Oh, bene. Allora andremo senza dubbio d'accordo.» Idris guardò Samuel. «Andiamo, Evans. Vedremo di far fare qualcosa di utile anche a te.»
«Grazie, ma passo. Non reggerei due streghi» lo rimbeccò burbero l'Alfa più giovane, ma parve farsi piccolo piccolo sul posto quando Pothier gli rifilò un'occhiataccia che non necessitava dell'ausilio di parole. «Uhm... r-ripensandoci... credo sia un'ottima idea» balbettò.
«Visto? Tutto sommato sei più furbo di quel che dai a vedere. Quanto a te...» Gli occhi chiari e inquisitori del fattucchiere si trasferirono nuovamente su Elimar. «Bada a non fare scherzi e non provare a ingaggiare un mio collega per mettere in atto il piano che ti consiglio caldamente di cestinare. Se vengo a sapere che hai ancora idee strane per la testa, Vargos, sarà il tuo turno di vedermi davvero, davvero arrabbiato, e credimi: tu non vuoi vedermi arrabbiato.»
Il giovane governatore della città sostenne il suo sguardo, seppur a fatica. Da un lato comprendeva perfettamente la preoccupazione di Idris e il motivo del suo rifiuto, ma dall'altro si sentiva in dovere di correre rischi di alto calibro per il bene di Mythfield. Quelle persone contavano su di lui e l'ultima cosa che voleva, era vedere le generazioni più giovani e indifese del luogo in cui era nato conoscere gli stessi, identici massacri che lui per anni aveva dovuto contemplare con crescente angoscia e terrore. Non voleva che ci fossero altri orfani di un genitore o addirittura di entrambi né che tante, troppe famiglie venissero logorate dal lutto e dalla rovina. Se confrontato con una prospettiva del genere, il rischio che lui avrebbe voluto assumersi di gran lunga sbiadiva di fronte alla minaccia di Olegov e ciò che la presenza di quel mostro recava con sé.
Se Idris non intendeva aiutarlo, non poteva mettere in atto quel piano e dubitava che chiedere a Crystal una mano sarebbe servito a qualcosa. Doveva pensare a qualcos'altro, anche se si sentiva nelle ossa che il tempo stringeva.
«Mi farò venire in mente idee migliori» concesse infine, tentando di celare lo sconforto.
Idris lo squadrò con aria sospettosa, ma alla fine parve convincersi della bontà della sua rinuncia. «Evans, va' all'auto e aspettami lì. Ti raggiungo tra un secondo.»
Samuel guardò a turno i due, poi scelse saggiamente di fare come gli era stato detto. Come lo strego fu rimasto da solo con Elimar, chiese: «Allora, come mai eri così pimpante, poco fa?»
Aveva imparato a conoscere quell'uomo abbastanza bene da sapere che avesse ben poche persone con le quali parlare e confidarsi di questioni che andavano oltre Mythfield e il suo ruolo di governatore. Lo conosceva da qualche anno e lo riteneva un caro amico, ecco perché non voleva vederlo rischiare la vita più di quanto non stesse già facendo.
Vargos si strinse nelle spalle. «Beh... ecco...» Era incerto se rivelare a Idris la verità o meno. Aveva paura che pronunciare ad alta voce il motivo dietro al suo buonumore avrebbe fatto svanire tutto quanto come neve sotto i primi raggi del sole primaverile. «Io... Io e Ariel... ecco... penso che... insomma, credo che... ci sia qualcosa fra noi due. Siamo usciti insieme, ieri sera, e sono rimasto da lui fino al mattino e oggi, prima che andassi via, Ariel mi ha persino baciato una guancia. Quindi... credo che ci sia davvero qualcosa o almeno lo spero.» Avevano detto di fare un tentativo e lui non osava volare troppo alto perché aveva paura che Ariel potesse stancarsi di lui per un motivo o l'altro o, ancora, trovare di meglio altrove. «So che tu e lui vi conoscete. Non dirgli che ti ho raccontato di stanotte, se dovessi vederlo. Penso che, proprio come me, voglia aspettare ulteriori sviluppi prima di dirlo a chicchessia.»
Idris spalancò gli occhi e con aria intontita biascicò un'imprecazione in francese. «Okay, suppongo che... non mi stupirò se... non lo so, se di colpo prenderà a nevicare in piena estate» disse poi. «Che mi venga un colpo! Era pure ora, dico io!»
«Non è nulla di serio, per ora» gli ricordò Vargos, imbarazzato.
Pothier sospirò. «Beh, io parteggio per voi» concluse con onestà e una punta di sincero affetto. «Se le cose andassero bene, sappi che sareste davvero una gran bella coppia.» Estrasse le chiavi della propria auto. «Ad ogni modo, sarà meglio che vada a conoscere questo Crystal. Sono proprio curioso e... beh, mi piacerebbe anche rivedere un vecchio amico. Grayson Jennings era il mio amico di infanzia e saranno trascorsi almeno un paio d'anni dall'ultima volta che l'ho incrociato e mi sono fermato a parlare con lui. Chissà, magari troverò dei validi motivi per trattenermi qui a Mythfield.»
«Perciò... vorresti collaborare con noi per far fare a Olegov una gran brutta fine?» Crystal, nel parlare, si accese una Marlboro senza smettere di guardare il terzo strego presente nel salotto in un misto di vago sollievo e curiosità. Non negava di sentirsi meglio al pensiero di poter avere dalla propria parte un altro fattucchiere capace almeno quanto lui e Grayson.
Idris, che sin da subito, per via del nome, era risultato esser imparentato strettamente con il professor Pothier, collega e vecchio amico di Rebecca Dawson, si era presentato alla dependance condivisa da Crystal con il giovane Jennings e non appena quest'ultimo lo aveva visto, subito l'aveva riconosciuto. Si erano incrociati solamente poche volte e sempre per caso, durante quegli ultimi anni, e ora ecco che una serie di coincidenze e circostanze li avevano fatti riavvicinare per puro volere del caso. Crystal aveva assistito all'incontro fra i due con una certa commozione, seppur celata nel nome della sua vecchia abitudine mai passata di moda di voler passare per il duro della situazione. Era palese che a Grayson Idris fosse mancato molto e Pothier, dal canto proprio, si era detto dispiaciuto che le loro strade si fossero divise e felice di rivederlo.
Non appena le presentazioni si erano concluse, Idris aveva ammesso di trovarsi lì non solo per conoscere Crystal, ma anche per proporgli, appunto, una collaborazione. Alla domanda di Hawthorn annuì e accettò di buon grado la tisana dal profumo balsamico che fumigava nella tazza che Grayson gli aveva appena allungato prima di tornare a sedersi accanto a Crystal sul divano. Pothier era in piedi, invece, e dopo aver sorseggiato la bevanda disse: «Ho ragioni valide quanto le tue per voler vedere quel pazzo annientato, Crystal. Si è preso la vita di Olivia, mia cugina. Certo, Vargos mi ha aiutato a far piazza pulita in modo del tutto legale di chi era coinvolto nel suo assassinio, ma la voce che ha ordinato la sua esecuzione apparteneva senza dubbio al mostro che tu stesso hai conosciuto di persona. Voglio che questa storia finisca, Crystal, perché finalmente Liv possa riposare in pace e io, finalmente, andare avanti fino in fondo con la mia vita».
Gray deglutì, rattristato. «Mi dispiace per Liv, Idris. Ti giuro che quando l'ho saputo stentavo a crederci. Vorrei solo...»
«Non sentirti in colpa, Gray» lo interruppe conciliante Pothier. «Il tempo ci ha divisi e non eri in dovere di fare niente, in quelle circostanze. Alla fine ci siamo ritrovati ed è questo a contare, specialmente adesso.» I suoi occhi di un azzurro che, sotto una certa luce, parevano quasi mostrare una tenue sfumatura più tendente al verde chiaro, tornarono a posarsi su Crystal. «Per mia cugina ormai è troppo tardi. Se n'è andata qualche anno fa e nulla la riporterà indietro, ma per te, per Casey e tutti coloro che sono sulla lista nera di Olegov, la partita è ancora aperta e penso che in tempi del genere siano i vivi da tutelare, non i caduti e il loro ricordo. Quindi... se per voi va bene, vorrei unirmi allo squadra e fare la mia parte.»
Hawthorn e Grayson si scambiarono un'occhiata, poi il primo si alzò, raggiunse il terzo strego e allungò verso di lui una mano. «Per me va benissimo.»
Idris abbozzò un sorriso e scambiò con l'Indigo una breve, ma amichevole, stretta di mano. Un secondo dopo osservò i due e infine sbuffò una risata. «Com'è che tu, Gray, quando cerchi un coinquilino ti ritrovi a conoscere tizi iper-sexy e io, invece, mi ritrovo fra capo e collo un Alfa pasticcione e disordinato?» finse di lamentarsi.
Jennings si accigliò. «Che vuoi dire?»
«Beh, per fare un favore a Vargos ho deciso di ospitare a casa mia un tizio che prima lavorava nella prigione dove Casey è stato tenuto segregato e poi lo ha aiutato a fuggire. Anche lui era nel mirino di Olegov e aveva bisogno di nascondersi per un po', ma adesso, purtroppo, dovrò restaurare metà della mia povera dimora grazie a Samuel Evans.»
«Credo che Casey abbia accennato a lui» intervenne Crystal. «L'altro giorno, mentre facevamo colazione insieme, mi ha parlato di questo Evans. Tu non c'eri, credo fossi andato in bagno» spiegò poi a un confuso Gray. «Il nonno di Casey ce l'ha con Evans perché, a detta sua, da ragazzino torturava le aiuole di sua moglie.»
Idris sghignazzò. «Non ha mancato di farlo presente a me e agli altri, quando ci siamo rifugiati dai parenti di Casey subito dopo la fuga. Samuel ci ha seguiti, ma si è pentito di averlo fatto quando Milton Leroin lo ha riconosciuto. Non so come abbia fatto a non scoppiare a ridere di gusto, quella volta.»
Crystal soffocò una risata. «Beh, secondo Casey è tutto sommato un bravo ragazzo.»
«Solo perché non lo ospita e non ha visto com'è capace di ridurre una doccia» commentò Pothier, arricciando il naso. «Ho conosciuto cani bagnati che puzzavano di meno.»
«Idris!» squittì Gray. «Non si dicono queste cose quando si parla di un Alphaga, lo sai! È un'offesa!»
«Che si offenda pure, quel bamboccio. Mi deve uno scarico della doccia nuovo di zecca e neuroni freschi, visto che li ho bruciati tutti quanti a furia di dover sopportare la sua pessima compagnia. Mi ha quasi mandato a fuoco la cucina nel tentativo di fare la cena per entrambi, una volta.»
«Magari, e dico magari, ha solo cercato di essere carino» suggerì Jennings, calcando sulla parola "magari" con una certa enfasi. «A volte è il pensiero a contare.»
«Sarebbe stato meglio se il suo fosse rimasto un semplice pensiero. Mi è toccato ordinare la cena a portar via e questo ha minato sicuramente la mia linea impeccabile, Grayson.»
Gray alzò gli occhi al cielo e sospirò. Idris, pensò, non era cambiato di una virgola. Anzi, era peggiorato col tempo ed era tutto dire. Anche se fra loro correvano due anni di differenza, era sempre stato lui quello più maturo e riflessivo in certi frangenti e Idris, poco ma sicuro, era stato invece sempre il testardo e assurdamente pignolo del loro duo. Se si metteva una cosa in testa, poi non c'era verso di farlo tornare sui binari.
«Immagino tu abbia dato una bella spazzolata coi fiocchi a Vargos, quando lo hai visto prima di venire qui da noi. Insomma, se è stato lui a chiederti di ospitare Samuel...!» tirò a indovinare Crystal che, in tutta franchezza, reputava Idris accattivante e di spirito. Non lo biasimava per essersi arrabbiato con Evans per via della cucina. Insomma, se aveva fatto danni di una certa entità, poco importava che avesse provato a voler essere carino o gentile con Pothier. Era Idris, ora, a dover ricomprare un forno nuovo di zecca, tanto per dirne una.
Pothier si strinse nelle spalle e finì al volo la tisana. «Puoi scommetterci la tua chioma platinata, Blondie.»
Crys sghignazzò. «Mi piaci, sai?»
«Altrettanto.»
«Quasi quasi inizierò a chiamarvi Morgoth e Sauron» borbottò Grayson che aveva la vaga sensazione che Hawthorn avesse trovato in Pothier un alleato in quanto a testardaggine e impulsività. In pratica era come affiancare il fuoco al cherosene. La situazione, come scoprì solamente una ventina di minuti più tardi nell'andare ad aprire la porta dopo aver udito il campanello suonare per ritrovarsi di fronte ad Ariel Aguillard, non sarebbe potuta peggiorare.
Non appena Ariel ebbe raggiunto il salotto in compagnia di Jennings, infatti, corse subito a salutare Idris scambiandosi con lui un cinque che sapeva tanto di saluto fra due guerrieri e amici di vecchia data. «Com'è che arrivi a Mythfield e non passi neppure a salutarmi?» esordì un attimo dopo Aguillard, assestando a Pothier una lieve sberla sul braccio.
«Voi due vi conoscete?» intervenne Gray.
Idris stava per rispondere ad Ariel, ma si bloccò e disse, invece: «È stato Bottondoro ad aiutarmi ad arrivare a Vargos, quando ho deciso di indagare sugli aggressori di Olivia e di parlare con chi di dovere della questione. Da allora siamo diventati compagni di bevute.»
«Sì, beh, se escludiamo quei tre giorni di follia a San Diego» lo apostrofò beffardo Ariel.
Crystal, curioso, chiese che cosa avessero combinato nella suddetta città californiana e i due, sì e no all'unisono, ammisero senza peli sulla lingua di esser andati a letto insieme due o tre volte mentre si trovavano laggiù per una vacanza lampo. «Non ditelo a Vargos, comunque» aggiunse Idris. «Bottondoro e il grande capo ora se la intendono» fece poi malizioso, beccandosi una gomitata fra le costole da parte di Aguillard che, suo malgrado, si fece sfuggire un lieve sorriso sotto i baffi.
Gray alzò le sopracciglia, realmente sorpreso. «I-Io in realtà pensavo che ci fosse già qualcosa fra di voi. I-Insomma... vi siete presentati insieme qui, un paio di giorni fa, e... non lo so... sembravate...»
«Anche a me, un pochino» gli venne in aiuto Crystal. Non gli era sfuggita quella certa elettricità fra Elimar e Aguillard, ma visto e considerato che Ariel sembrava non gradire proprio Ragos, il fratello minore di Vargos, si era detto di aver avuto un'impressione errata. A quanto pareva, invece, aveva fatto centro.
Ariel tossicchiò. «Sì, beh... diciamo che è assurdo quanti benefici possa portare una serata trascorsa assieme a parlare e a confidarsi a vicenda dei segreti» ribatté, restando sul vago. Non per niente, ma preferiva tenere per sé i dettagli perché, in un senso astruso, era geloso di quel che aveva scelto di provare a costruire con Elimar. E poi era presto per parlare e non voleva sbilanciarsi più del consueto. «Stiamo procedendo a piccoli passi.»
Idris esitò. Non sapeva se far presente ad Ariel quel che Vargos gli aveva chiesto di fare o meno. Da un lato non avrebbe voluto sganciare una possibile bomba, ma dall'altro trovava disonesto non mettere Aguillard a parte di un dettaglio così preoccupante. «Riguardo a Vargos, c'è una cosa che dovresti sapere.» Guardò verso Crystal e Grayson. Era giusto dirlo di fronte a loro? Non ne era sicuro, ma visto che erano una squadra non doveva esserci segreti all'interno della brigata. La trasparenza era un tassello fondamentale e si sentiva in dovere di mettere in guardia da possibili azioni avventate da parte di quell'idiota di un Elimar.
Ariel sbatté le palpebre. «Che cosa?»
Pothier si umettò le labbra carnose e ben disegnate. «Quando ci siamo visti, stamattina, mi ha chiesto di aiutarlo a infiltrarsi nella cerchia di Olegov per scoprire quali fossero i suoi piani per Mythfield e sventarli, nel caso fossero stati disastrosi. Ovviamente ho rifiutato e l'ho rimproverato perché a parer mio avrebbe solo rischiato invano la vita. Ha detto che avrebbe messo da parte l'idea, ma... non ne sono così sicuro. Insomma, se vuole è testone quanto suo fratello e doppiamente spericolato, specie se si tratta della città che ama e vuole proteggere. Quel che sto provando a dirvi, è che dovremmo tenerlo d'occhio, almeno per un po'. Specialmente tu, Ariel. Se fra voi adesso c'è qualcosa, allora è meglio che tu cerchi di salvaguardare la persona che ti sta a cuore impedendole di fare una stronzata colossale.»
Ariel aguzzò lo sguardo, poi sorrise in modo ben poco rassicurante. «Vado, lo ammazzo e torno.»
«No, no, no! Buono, buono! Non te l'ho detto perché poi fossi tu ad attentare alla vita di Vargos!» lo frenò Idris, trattenendolo per un braccio. Solo il cielo sapeva se Ariel sul serio non sarebbe andato dritto da Elimar per prenderlo a calci nel sedere. Una volta, durante la famigerata vacanza a San Diego, era rimasto coinvolto in una scazzottata con dei tizi solo perché uno di loro li aveva apostrofati con termini omofobi. Era un miracolo che poi Idris fosse riuscito in tempo a far bere un filtro Strappa-Memoria – una pozione capace di cancellare o modificare i ricordi di qualcuno – per far scordare a quegli idioti di esser stati malmenati da un biondino senza nessuna prestanza fisica rilevante come se egli fosse stato in realtà un bersekr in piena modalità massacro. Proprio non riusciva a capire quegli Alphaga che reputavano gli Omega innoqui, remissivi e da proteggere al pari di fanciulli e donzelle in difficoltà degni delle fiabe antiche. Ariel picchiava duro eccome, altro che remissivo e fragile.
«Sono... uhm... sono d'accordo con Idris, Ariel» intervenne Crystal. Non conosceva molto bene Ariel, ma sembrava ben più infastidito e incollerito di quando si era ritrovato di fronte Ragos, il giorno in cui lui era arrivato in città. «Magari Vargos ha davvero deciso di non procedere in quel modo e se è così, non servirebbe a niente bastonarlo. Metaforicamente parlando, dico.»
Ariel lo squadrò. «Senza offesa, gioia, ma non sei la persona più indicata per dirmi di riflettere prima di agire» lo apostrofò allusivo. «Quell'idiota progetta forse di farsi ammazzare da Olegov poco dopo aver deciso finalmente di fare un primo passo verso di me e dovrei stare pure zitto? Fanculo!»
«Beh, gioia, è proprio perché sono uno stronzo impulsivo che ti consiglio di fermarti un secondo e di pensare bene a quello che intendi fare» lo rimbeccò a tono Hawthorn, imitandolo. «Quindi ora ti calmi, fai un respiro profondo e ti prendi un secondo per rimettere a posto i pensieri. Chiaro?» Con la coda dell'occhio vide Gray indirizzare verso di lui un debole sorriso, come se avesse apprezzato il suo atteggiamento inaspettatamente riflessivo e obiettivo, e ciò lo portò a ricambiare, almeno tramite un'occhiata calda che valeva più delle parole, l'orgoglio che leggeva negli occhi azzurri come l'oceano di Jennings. Tornò infine a focalizzarsi su Aguillard. «Allora, tigre, ce la diamo una calmata, sì o no?»
Ariel si liberò con un secco strattone dalla presa di Idris. «Una calmata, eh? Per fare cosa, poi? Per aspettare il momento in cui Vargos farà la fine di Rory? Come se nessuno da queste parti sapesse o almeno sospettasse che Olegov vuole vederlo morto! Per non parlare del fatto che anche mio padre potrebbe essere fra i suoi obiettivi principali!» Si chiedeva se veramente pensavano che sarebbe rimasto in disparte e a non far niente mentre le persone a cui teneva rischiavano il collo per colpa di quel pazzo furioso. Diamine, era talmente stufo di quella storia che volentieri sarebbe andato lui stesso a fare la festa a Stefan Olegov pur di toglierselo di torno. Era stanco di vivere in quel costante terrore e stanco di temere per la sicurezza di suo padre, soprattutto. Suo padre che sembrava deciso quanto Vargos a dare una lezione a quel mostro, pur nei limiti imposti dalle loro leggi. Era uno sceriffo e ragionava come tale, dimenticando di non aver a che fare con un individuo dagli atteggiamenti civili. «Prima o poi si farà vivo e quando accadrà sia Vargos che mio padre decideranno di contrastarlo, e sapete bene come andrà a finire!»
«Non se sono io a stanarlo per primo» lo contraddisse Crystal, spaventosamente serio. «E sappi che se anche dovesse farsi vivo senza invito, ci saremmo io e molta altra gente incazzata con lui a tenerlo lontano da Vargos e anche da tuo padre. Si pentirà di aver fatto incazzare tre streghi perfettamente in grado di ridurlo in cenere in uno schiocco di dita.»
Ariel parve placarsi, almeno un poco. «Che intendi dire?»
«Voglio dire», lo rimbeccò Hawthorn, «che dare la caccia ai mostri è il mio mestiere, Ariel, e qui c'è un mostro un bel po' fastidioso da spazzare via. Lasciate che faccia il mio dovere di strego cacciatore».
«E io cosa dovrei fare, nel frattempo?»
«Di tutto pur di far presente a Vargos che adesso non può più ragionare come se a nessuno al mondo importasse della sua salute e sicurezza» intervenne Idris. «Tieni a lui? Allora tienilo ancorato a ciò che c'è fra di voi adesso. Dagli motivi a non finire per non rischiare invano la vita. In poche parole: stagli vicino, se per te quell'uomo è importante, e so che lo è. L'ho capito sin da quando ci siamo conosciuti e non hai fatto altro che parlar bene di lui e ammettere col sottoscritto di stimarlo come persona. Uno strego non dimentica, Aguillard, men che meno se si chiama Idris Pothier.» Ariel fece per replicare, ma Idris avvertì il telefono vibrare dentro la propria tasca e fece cenno ad Aguillard di attendere. Samuel gli aveva chiesto di lasciarlo presso l'ufficio dello sceriffo, mentre erano per strada, e ora lo stava chiamando. Per via della barriera che proteggeva Mythfield da occhi indiscreti gli era toccato prendere un altro cellulare che era stato incantato affinché potesse funzionare entro i confini in questione.
Gli Alphaga potevano parlare male quanto volevano degli streghi, ma fino a prova contraria era a loro che dovevano le difese erette fra le loro comunità e il resto del mondo, così come i metodi per rimanere al passo coi tempi e comunicare gli uni con gli altri come qualsiasi altra persona del ventunesimo secolo.
Si portò la cornetta all'orecchio e rispose, allontanandosi dal resto dei presenti. Quando tornò da loro, più o meno dopo cinque minuti di conversazione, enunciò: «Pare che Samuel abbia deciso di stabilirsi qui, visto che è appena entrato a far parte del dipartimento delle forze dell'ordine locale».
«Uhm... okay» fece Crystal, perplesso. «Quindi?»
«Quindi significa che forse presto andrà per la sua strada e lo avrò fuori dalle scatole. Ciò mi porta a supporre, dunque, che avrò la possibilità di concentrarmi su Olegov per scovarlo. Lo troverò e a quel punto vedremo se sarà possibile tornare qui con la sua testa. Tieni ben affilata la tua spada, Hawthorn. Presto potresti avere del lavoro da sbrigare.» Pothier guardò Grayson. «Tu, Jennings, vieni con me. È sempre bene fare in due incantesimi che richiedono di localizzare qualcuno che non vuole essere trovato. Lo chiederei a Crystal, ma lui deve conservare le forze in vista di giorni più movimentati.» Mentre parlava picchiettò sulla tastiera del telefono velocemente. «Ho appena fatto sapere a Vargos che ci stiamo organizzando, giusto per ricordargli di non farsi venire strane idee, ora che ha dalla sua parte tre streghi su di giri.»
«Capisco il dover conservare le forze, ma non mi va di restare con le mani in mano» gli fece notare Crystal, punto sul vivo. «Insomma, ci sarà pur qualcosa che posso fare per rendermi utile, no?»
«Sì, in effetti.» Idris scoccò un'occhiata ad Ariel. «Voi due Biondi Atomici cercate di scavare più a fondo nella questione dei Rozenheim. C'è dietro più di quanto pensiamo tutti e Olegov, al contrario nostro, ne è al corrente. Non può essere un caso che abbia un'autentica fissazione per te, Crystal. Vi siete incrociati più di una volta: prima quando non eri ancora nato e c'era Emery a farti da scudo e a proteggerti dalle sue grinfie, poi è stato tuo padre a tenerti lontano dal pericolo e anche lui è stato eliminato, proprio come Lance Barlow.»
«Come... come sai di Lance?» esalò Hawthorn, non ricordando di averne parlato a Pothier o ad altri. L'unico al quale l'aveva confidato era Grayson e gliel'aveva detto solo di recente.
«Rebecca Dawson» rispose Idris, stringendosi nelle spalle. «E comunque... Barlow era piuttosto famoso e rispettato, come cacciatore, e quella spada una volta era la sua. Ci sono le sue iniziali incise sul pomo dell'elsa. Non guardarmi così, sono solo un bravo osservatore.»
Crystal guardò verso la spada custodita dal fodero e appoggiata a ridosso del divano. Preferiva tenerla sempre accanto a sé o comunque nei paraggi, visto che ormai era certo che fosse braccato e non era sicuro se Olegov sarebbe saltato fuori all'improvviso o meno. «Sì, lui... era il mio mentore.»
«Poco ma sicuro, è stato quel mostro a farlo fuori e ciò significa che Olegov era da tempo sulle tue tracce.»
«Allora perché ha aspettato fino a poco tempo fa per farsi avanti?»
«Mi sembra ovvio, no?» intervenne cupo Ariel, attirando l'attenzione di tutti su di sé. «Aspettava che tu fossi abbastanza pronto per dargli quel che vuole. Che i tempi fossero maturi, per usare un eufemismo, e nel frattempo deve averti tenuto d'occhio, in un modo o nell'altro. Tuo padre e questo Barlow, però, devono avergli guastato i piani e impedito di seguirti come un'ombra.»
Crystal, a quelle parole, avvertì per l'ennesima volta i sensi di colpa tornare, come se fosse andato a cercarsi la persecuzione alla quale era da tempo sottoposto. «Non permetterò che anche Vargos, che voi facciate la fine di mio padre e di Lance. O di Emery.»
Ariel si limitò a fare un debole cenno d'assenso. Gray, invece, guardò Hawthorn come se fosse riuscito a indovinare i pensieri che gli frullavano in testa. «Non accadrà niente a nessuno» disse, per dare speranza a tutti, specialmente a Crystal che si sentiva responsabile del pericolo che incombeva sulla città. «Diamoci da fare e Olegov non avrà neppure il tempo di avvicinarsi a Mythfield.»
Aguillard trattenne un lungo sospiro. «Ho già fatto ricerche approfondite sulla storia dei Rozenheim e nelle cronache canoniche del popolo Alphaga non viene menzionato l'amante del principe Johan. Solo in alcuni manoscritti viene riportato l'aneddoto su come uno sguattero di genere Omega e con in grembo il figlio bastardo di Johan fosse riuscito a sfuggire alla sete di sangue di Demetrius. Non so a chi o a cosa credere, quando si parla di questa fantomatica stirpe illegittima dei Rozenheim. Pare sempre che ci sia un tassello mancante.» Scosse la testa e si passò due dita sugli occhi, riflettendo. «C'è una cosa sulla quale vorrei ci soffermassimo, però: Demetrius era chiamato il Principe Negromante e sempre secondo la leggenda avrebbe stretto un patto con delle forze che non erano di questo mondo e assai oscure in cambio della sua famosa ferocia sul campo di battaglia. Dicevano che nessuno fosse capace di batterlo, quando brandiva un'arma. Ho sempre pensato che fossero semplici chiacchiere messe in giro da chi, all'epoca, trovava disdicevole che un Omega andasse in guerra e riuscisse addirittura a sconfiggere nemici più robusti di lui, ma... inizio a pensare che forse Demetrius fosse una persona ancora peggiore di come viene ricordato.»
«Il Principe Negromante, hai detto?» incalzò Crystal. «Perché non lo hai menzionato, quando mi hai raccontato dei Rozenheim?»
«Non la ritenevo un'informazione attendibile e degna di nota.»
«Invece potrebbe esserlo, Ariel.» Hawthorn fece un bel respiro. «Magari Demetrius era davvero un fattucchiere votato al male e alla sete di potere. È mai possibile che fosse così imbattibile? Non penso che esistano membri della specie Alphaga incapaci di soccombere alla forza di avversari superiori a loro sempre e comunque, a meno che non giochino sporco o non abbiano dalla loro parte una forza ben diversa.»
Idris fu il primo a dar voce a quel che tutti stavano pensando: «Forse... forse non era un Alphaga puro. Magari, proprio come te, era un Ibrido».
«E magari non è solo sui Rozenheim che dovremmo concentrarci» incalzò Ariel, inquieto. «Io so che circolavano su Demetrius voci ben poco rispettose, voci che sostenevano che fosse salito al potere, stranamente, solo dopo un suo cugino venne a mancare prima del tempo. Quel tipo era stato designato come erede al trono dal padre di Demetrius quando era stato chiaro che un Omega non avrebbe mai potuto guidare il Principato dei Leíron, secondo le regole di successione. Il cugino del nostro amico psicopatico in questione era di poco più vecchio di lui, ventunenne e in perfetta salute, eppure morì in circostanze mai chiarite e all'improvviso, senza valide giustificazioni. Il padre di Demetrius , a quel punto, non ebbe altra scelta, se non arrendersi e andare contro le tradizioni scegliendo il figlio come successore. L'anno seguente Demetrius salì al potere e da lì ebbe inizio la sua ascesa sì e no irrefrenabile. Se solo non fosse morto a sua volta in giovane età, all'apice del potere, penso che sarebbe vissuto abbastanza a lungo da accentrare nelle proprie mani tutti i territori Alphaga che non era riuscito ad assoggettare e ad annettere al suo impero, compresi quelli dell'altro suo cugino, Axel di Svezia. È evidente che qualcuno, alla fine, decise di porre un freno alla sua fame di conquista.»
Crystal, inquieto, gli domandò se sapesse, magari, dove fosse stato sepolto Demetrius. Comunque fossero andate all'epoca le cose, da qualche parte i famigliari del Principe Negromante dovevano pur aver deposto le spoglie del loro sanguinario parente. Sarebbe stato strano se, ad esempio, il cadavere del giovane principe degli Alphaga fosse stato gettato in una fossa senza nome scavata chissà dove.
«So che non venne cremato, com'era consuetudine fare con i morti, e dicono che lo seppellirono in una tomba che poi venne sigillata di modo che, secondo i più superstiziosi, non potesse magari tornare dal mondo dei morti per portare a compimento i suoi piani di conquista e seminare nuovamente terrore. Era un autentico spauracchio e neppure da morto smise di esserlo, a quanto pare.»
Hawthorn e gli altri due streghi si scambiarono un'occhiata, poi Crystal disse, con voce sepolcrale: «Il loro terrore era ben fondato e riposto. Se Demetrius era un fattucchiere, uno di quelli che hanno passato il segno e distorto la magia per trarne vantaggi egoisti e sanguinosi, allora la sua sorte non è stata delle migliori, dopo la morte. Dicono che uno strego morto nel male, quando ormai ha abbracciato il lato peggiore delle proprie ambizioni, non avrà mai la pace. Secondo certe vecchie leggende da focolare... diventerebbe qualcos'altro e condurrebbe una non-vita». Mentre parlava, cercò di ricordare dove avesse cacciato uno dei pochi libri che era sempre solito portarsi indietro e lo avevano aiutato innumerevoli volte con creature meno conosciute e più pericolose del consueto.
Ariel si accigliò. «Intendi dire che Demetrius, quindi, potrebbe esser diventato una specie di vampiro o zombie?»
«Ci sono cose assai peggiori degli zombie e dei vampiri che nel sottosuolo attendono di esser risvegliate, Ariel. Cose alle quali, tra parentesi, nessuno dovrebbe osare dare la caccia» intervenne Idris, scoccando uno sguardo severo e inquisitore a Hawthorn che, tuttavia, era già corso in camera da letto per frugare nell'armadio e cercare i suoi preziosi libri. «Anch'io ho sentito di queste storie, naturalmente, ma sono aneddoti che i genitori raccontano ai piccoli streghi per ricordare loro che esiste eccome un limite che nessun fattucchiere deve permettersi di superare, a meno di non voler incorrere in gravi conseguenze legali e morali. La magia in sé per sé è amorfa e cangiante, ma se a usarla è qualcuno che ha dimenticato il limite in questione... beh, ecco che abbiamo gente come quel Demetrius. Se davvero era un fattucchiere che desiderava troppo e ha commesso azioni discutibili, allora nella tomba dove lo hanno sepolto potrebbe trovarsi un problema non indifferente.»
«Insomma, cosa diavolo potrebbe esser diventato?» chiese esasperato Ariel, non capendoci più niente. «Parlate per enigmi!»
«Un maledetto Lich, ecco cosa.» Crystal si diresse verso di loro reggendo fra le braccia un enorme tomo aperto, grosso due volte il suo cranio e dalla considerevole altezza. «Eccolo qui. Guardate.» Posò sul basso tavolino accanto al divano il volume e picchiettò sulla pagina che interessava loro. «Sono contrastanti le informazioni su di loro, ma secondo la tradizione di noi streghi... si diventa questo se si fa il passo più lungo della gamba o quando vengono stretti patti con entità oscure in cambio di potere, immortalità e imbattibilità. Corrisponderebbe perfettamente al profilo di Demetrius delineato dai resoconti su di lui. Alcuni dicono che vaghino presentando l'aspetto di scheletri o cadaveri anneriti e putrefatti, altri invece che siano solamente emaciati, terribilmente pallidi e con occhi strani, talvolta invece presentano le orbite vuote. Insomma, sono abbastanza riconoscibili e quel che è peggio è che posseggono il dono di rigenerarsi, non importa se il loro corpo viene distrutto col fuoco o con degli incantesimi. Torneranno, lo faranno finché non verrà distrutto l'oggetto al quale il loro potere è legato.» Trasferì gli occhi viola su Idris. «Tu e Gray dovete sbrigarvi a rintracciare Olegov. Ricordate cos'ha detto su di lui Vargos? È un patito di queste vecchie leggende e sul serio non sa niente sulle dicerie sul conto di Demetrius? E se si fosse messo in testa di accertarsi di persona se le leggende siano vere o meno? E se trovasse quella tomba e sguinzagliasse il demonio chiuso là dentro? Pensateci, solo per un secondo! Non capite? È così che potrebbe minacciare Mythfield!»
«N-Non possiamo esserne certi» biascicò Gray, inquieto. «Se anche fosse come dici, sicuramente quella tomba sarà protetta da qualcosa in grado di sigillare al suo interno qualunque creatura si trovi là dentro, no?»
«E chi ti dice che non abbia ingaggiato uno strego per l'occasione? Ha cercato di farlo con la cugina di Idris!»
«Fate quell'incantesimo» intervenne Ariel, risoluto. «Io cercherò di frugare di nuovo nelle cronache Alphaga per capire se ci sono maggiori informazioni sul luogo di sepoltura di Demetrius.» Non attese la loro risposta e spedito come un dardo si diresse fuori dalla dependance, seguito da Crystal che scelse di dargli una mano.
Idris guardò Grayson. «Beh... diamoci da fare, mon ami. Cerchiamo di trovare Olegov e di capire cosa sta combinando.»
«Serve qualcosa di lui per farlo. Qualcosa che gli appartenga o che abbia in sé parte di lui!» gli ricordò Jennings. «Non abbiamo niente.»
«Abbiamo Casey Leroin. Suo figlio andrà più che bene.»
La biblioteca di Mythfield si era presentata come un palazzo risalente all'epoca coloniale dall'aspetto austero e ben conservato, ma era dentro di essa che Crystal, seguendo a ruota Ariel, si era ritrovato a spalancare gli occhi nel ritrovarsi immerso in una sorta di piccola città dei libri e dei documenti che si snodava in un dedalo di corridoi e scaffali organizzati su ben tre piani.
Avevano dovuto percorrere tutte e tre le rampe di scale a chiocciola per accedere al livello della struttura che ospitava quel che erano intenzionati a trovare ed esaminare.
Si erano dati una mano a vicenda a rintracciare e trasportare su una delle dodici massicce scrivanie di legno scuro tutti i volumi che potevano ospitare eventuali informazioni sul principe assiano Demetrius e ora eccoli là, immersi nel religioso e denso silenzio della biblioteca e con il naso sepolto in un libro ciascuno. Gli unici suoni che era possibile udire, oltre allo scricchiolio del pavimento e ovattati passi di eventuali altri ospiti della biblioteca, era quello delle vecchie e ingiallite pagine che di tanto in tanto venivano sfogliate.
Crystal, a un certo punto, sollevò lo sguardo dal libro che aveva scelto di controllare e guardò Aguillard che sedeva proprio di fronte a lui e aveva l'aria talmente assorta da sembrare uno studente universitario che febbrilmente si dava da fare sui libri di testo e gli appunti in vista di un esame molto importante. «Trovato niente?» chiese infine Hawthorn. Fino ad allora non erano stati molti i contatti fra lui e Ariel, e viste le circostanze era meglio imparare a conoscersi meglio per lavorare decentemente gli uni accanto agli altri.
Aguillard si riscosse e lo guardò di rimando. «Nulla che non abbia già letto e riletto tante volte, purtroppo» replicò con una punta di delusione. «Tu?»
«Niente.»
«Ottimo.»
«Senti... volevo dirti che...» Crystal sospirò. «È solo che continuo a pensare di aver peggiorato la vita a tanta gente, qui. Insomma, giorni fa avevate ben altri pensieri per la testa e ora tu sei qui in mia compagnia a cercare informazioni su Demetrius e se fosse o meno uno stregone malvagio. E Vargos che rischia grosso offrendomi asilo in questa città...»
«Non è colpa tua, Crystal» lo interruppe Ariel. «Vargos sta facendo semplicemente il suo dovere e quel che ritiene più giusto fare. In quanto al resto... la colpa è di Olegov e di nessun altro. Tu non hai responsabilità.»
«Sì, ma... se qualcuno di voi dovesse finire male per colpa mia, perché ho attirato qui Olegov...»
Ariel parve capire dove voleva andare a parare. «Mettiamola così, Hawthorn: se Olegov dovesse anche solo provare a torcere un capello a Vargos, fidati che non avrebbe neppure il tempo di snudare gli artigli perché io sarei già lì ad affondare le zanne nella sua gola.» Era ovvio che non stesse affatto esagerando né scherzando. «Stessa cosa se gli saltasse in testa la malsana idea di avvicinarsi alla mia famiglia, specialmente mio padre. Lo ucciderei con le mie mani, quindi... come vedi sono agguerrito quanto te nel voler difendere ciò a cui tengo. Lo siamo tutti, qui a Mythfield, perché sappiamo com'era la vita quando il caos regnava per le strade e intere famiglie venivano spazzate via dalla guerra civile. Qui era un inferno, una volta, e nessuno di noi vuole veder tornare quei giorni bui, Crystal, e siamo disposti a impedire che accada ad ogni costo.»
«Mi è stato detto che gli Omega, di solito, non possono trasformarsi in animali feroci» si permise di dire Crystal, confuso.
Ariel sorrise di sbieco. «Di solito, infatti. In realtà dipende molto dalla genealogia e dal buon vecchio caso. Non è una cosa comune, ma può accadere.»
«E... insomma... cosa diventi quando ti trasformi?»
«Un puma. Solitamente lo faccio solo quando devo, ovvero nelle notti di luna piena. È allora che gli Alphaga devono tornare a essere le bestie che sono nel profondo. Ne vale della loro salute e longevità. Siamo strettamente legati al ciclo lunare e all'influsso della luna. La sua luce ci consente di assorbirne la forza astrale, almeno così mi è stato spiegato non appena ho imparato a controllare le metamorfosi. Le notti in cui la luna è piena, tra l'altro, sono fra i periodi dell'anno in cui siamo costretti per natura a tramutarci e a rispondere al richiamo. Siamo più forti, nel periodo che precede quella data e durante la notte prestabilita. Più forti e meno propensi a controllarci. È anche per questo che le nostre città sono tutte nei pressi dei boschi o all'interno di essi, nonché protette da barriere: non è solo per proteggere noi stessi, ma anche eventuali malcapitati umani che potrebbero incrociarci nel momento sbagliato.»
Hawthorn deglutì. «Quindi... gli Alphaga sono feroci proprio come mi è sempre stato detto.»
«Nel profondo siamo animali travestiti da umani, Crystal. La colpa non è nostra, non sempre, e comunque qui a Mythfield ci sono regole ferree che ci impediscono di diventare la peggiore versione di noi stessi.»
«A me non è mai capitato nulla di simile. Di trasformarmi, intendo.»
«Beh, è naturale. Sei per metà uno strego e hai ereditato una natura che ha avuto la meglio su altre caratteristiche proprie degli Alphaga. Noah, il compagno di Casey, è un Ibrido proprio come te, ma sua madre era una semplice umana e penso sia per questo motivo che lui possa trasformarsi. Ci è riuscito domenica scorsa, da quel che mi ha detto Casey. Nel suo caso uno dei suoi genitori non aveva doti particolari e i geni Alphaga hanno avuto la meglio.»
«Ha senso» concesse Hawthorn. «Però non sarebbe stato male poter vedermela con Olegov a suon di artigliate e morsi.»
«Non è detto che saresti nato come un Predatore. Da quel che so, molti dei Lilrose avevano come forma alternativa un cervo o un cavallo. Non so quanto ti sarebbe stato utile lottare contro Olegov nei panni di un ronzino!»
«Sei davvero uno stronzo, sai?»
«Sì, ne sono consapevole.»
«Quindi è così che vi distinguete? Predatori e... cosa, Prede?»
«Sì, ma si tratta di una categorizzazione caduta in disuso da molto tempo, ormai. Ci si chiamava così a vicenda quando eravamo clan particolarmente bellicosi che tendevano a surclassare quelli vicini e a farsi la guerra per un nonnulla. Quando abbiamo capito che era meglio riunirsi e costituire clan più grossi e variegati, abbiamo smesso di considerarci gli uni Prede o Predatori degli altri.» Nel parlare Ariel chiuse il volume e passò a quello successivo, aprendolo e sollevando una piccola nube di polvere che fu lesto a spazzar via con un gesto della mano. «Alcuni, comunque, ancora vivono nel passato, e non parlo soltanto di Olegov o del suo amichetto Simon Tarren. Tanti altri la pensano come loro e vedono quelli come me e te come oggetti di piacere e macchine sforna-marmocchi. Creature nate per obbedire e temere gli Alfa. Ogni anno sono tanti gli Omega che subiscono soprusi di ogni tipo per via di queste stupide credenze. È anche per questo che non ho mai voluto avere un vero partner e sono sempre fuggito quando le cose rischiavano di diventare serie. Non volevo fare la fine di quelli che, fidandosi e aprendo il loro cuore, hanno finito per pentirsene, quando ne hanno avuto il tempo e non sono stati ammazzati per aver detto "no" a chi professava di amarli.»
Crystal esitò. «Vargos non è così, però. Non mi sembra il tipo che arriverebbe a fare del male a qualcuno, specialmente chi gli sta a cuore.»
Ariel sorrise debolmente. «Lui è una vera mosca bianca, in effetti. Puoi trattarlo male quanto vuoi, ma non risponderà mai con un pugno o alzando la voce. Da questo punto di vista... sembra quasi indifeso e inerme.»
«Vi conoscete sin da piccoli, giusto?»
«Colpito e affondato.»
«E lui è sempre stato così?»
«Più o meno. Diciamo che... beh... si è chiuso in se stesso da quando è diventato completamente orfano e ha dovuto provvedere da solo a suo fratello.»
«A proposito di Ragos, credo che d'ora in avanti proverà a rimettersi in carreggiata. Ho parlato con lui e... insomma, pare voler impegnarsi a fondo in questa faccenda di Olegov. Vuole essere d'aiuto.»
«E tu, saggiamente, ci tieni a ricordarmi di dover andarci piano con lui nel nome della causa comune per la quale stiamo lottando.»
«Più o meno.»
«Ci sto lavorando, Crystal. Ci sto davvero provando, ma come ho detto a Casey e allo stesso Vargos... ho bisogno di tempo. Non aiuta che io e Ragos non siamo mai andati d'accordo. Abbiamo caratteri facilmente infiammabili e lui mi faceva i dispetti di continuo, quando era un petulante marmocchio. Mi arrabbiavo e lui se la rideva come uno scemo.»
«Non che io e lui siamo diventati di colpo amici, ma forse... a modo suo cercava di instaurare con te un rapporto di amicizia. Insomma, era il suo modo di attirare la tua attenzione.»
«Forse, sì, ma sono permaloso, come avrai ormai capito, e Ragos ha scelto la maniera sbagliata per ingraziarsi il sottoscritto.» Ariel si soffermò su un paragrafo ben preciso e capovolse infine il libro per mostrare quel che aveva trovato anche a Crystal. «Leggi qui.»
Hawthorn lo fece. «Dice che secondo i più Demetrius avrebbe trovato la propria fine nel cuore della Foresta Nera, mentre era in viaggio per raggiungere le coste della Germania e salpare per la Svezia.» Sospirò. «Sono informazioni troppo vaghe, però. Insomma, quella tomba potrebbe essere ovunque, no? E la Foresta Nera è vasta!»
«Non credo sia così facilmente individuabile, in effetti. Insomma, se ci tenevano così tanto a nasconderla e a impedire a eventuali curiosi di trovarla, sicuramente sarà ben mimetizzata nel terreno.»
«E non è comunque detto che lo abbiano sepolto proprio in quei boschi. Fino ad ora ci siamo concentrati sul luogo in cui Demetrius morì, ma era pur sempre un principe, una figura importante. Magari la stirpe Leíron prediligeva un posto ben preciso dove tumulare o bruciare i defunti della casata.»
Ariel annuì. «Non fa una piega. Aspetta, vedo cosa riesco a trovare.» Si alzò e corse a setacciare ogni scaffale di quel piano della biblioteca mentre Crystal, invece, si premurava di appuntarsi quelle poche informazioni che avevano raccolto fino ad allora nelle note del cellulare.
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