Capitolo 1
Il condotto di areazione era stretto, ma stando sdraiati si passava senza problemi. Ib continuò a strisciare, pancia aderente al metallo freddo, cercando il punto in cui doveva scendere. Zack e Rachel la seguivano in silenzio. L’unico rumore che si sentiva era il ticchettio dei robotics che a ogni movimento entravano in contatto col metallo. Poi Ib si fermò appena sopra una griglia di ventilazione e guardò la stanza sotto di essa.
«É qui.» disse con serietà, arretrando appena e mettendosi a carponi.
Zack e Rachel annuirono e aspettarono. Ib infilò i suoi artigli robotics nei quadri della griglia e la afferrò, serrando la presa e successivamente iniziò a tirare verso l’alto con tutta la sua forza. Il reticolo di Krōlia, che con la sola forza umana sarebbe risultato impossibile distruggere, si piegò sotto lo sforzo applicatogli, potenziato dai robotics che ricoprivano le braccia della ragazza, e infine saltò via dalla sua sede con un sonoro clack. Ib guardò nuovamente nella stanza sotto di sé. Dopo essersi assicurata che la via fosse libera, fece cenno ai suoi compagni di seguirla mentre infilava i piedi nel buco appena creato e si lasciò cadere, atterrando senza problemi dall’altezza di approssimativamente cinque metri, lasciando che i robotics alle sue gambe ammortizzassero il colpo. Zack scese subito dopo di lei, sistemandosi poi il suo ciuffo di capelli scuri e puntando i suoi occhi azzurri al condotto da cui era appena uscito, aspettando Rachel. I robotics alle gambe del ragazzo avevano la stessa funzione ammortizzante di quelli di Ib, ma al contrario di quelli di quest’ultima non potenziavano velocità e agilità, ma funzionavano da protezione. Rachel impiegò leggermente più a tempo a scendere essendo sprovvista di robotics come quelli dei suoi compagni, e quindi dovette calarsi col rampino che aveva sull’avambraccio destro. Quando toccò terra ritirò la corda e si sistemò la camicetta senza maniche, sotto la quale nascondeva un robotics esoscheletrico impenetrabile. Portandosi poi una mano ai lati del volto premette un bottone e le sue mandibole di Krōlia, che le mascheravano mezza faccia, rimasero aperte, consentendole di parlare comprensibilmente.
«Oh beh» disse la ragazza «pensavo sarebbe stato più difficile.»
Ib puntò i suoi occhi grigi in quelli verdi della compagna. «Ovviamente. Di sicuro non si mettono a pattugliare i condotti di areazione» fece con ovvietà.
Rachel sospirò, poi un sorriso malizioso le si aprì sul volto, il quale era fiocamente illuminato dalla pallida luce azzurrina che l’intera struttura, costruita in Krōlia, emetteva e che si spandeva in tutta la stanza. «In effetti dovrebbero, però» sogghignò la ragazza dai ricci rosso fuoco prima di richiudere le sue mandibole robotics e tirarsi il cappuccio sulla testa. Rachel fece scorrere la spallina dello zaino che portava con sé fino al gomito e lo aprì, tirando fuori una carica esplosiva da innescare. Era necessario premere il pulsante del detonatore a controllo remoto e si avrebbe avuto un’esplosione di considerevole dimensione. Ne avevano a dozzine di bombe simili. Un loro contatto a Sehn’Tai, città vicino al ponte Kudho, che univa l’Impero Kärschan con il Regno di Alk’Tahr, le trafugava dallo stabilimento in cui era dipendente e le faceva arrivare direttamente alla loro base principale, localizzata nell’area desertica tra Idantium e Cu'Sith, nella zona sud di Alk’Tahr.
Zack, come Rachel, si alzò il cappuccio ed estrasse dal suo zaino le cariche esplosive che portava con sé, e rimase in attesa di ordini da Ib, che nel frattempo aveva tirato fuori una bomboletta spray di colore giallo. I tre ragazzi si guardarono per un istante negli occhi, poi la ragazza dagli occhi grigi fece un cenno col capo nella direzione dei compagni. «Cominciamo» dichiarò in tutta serietà «E fate attenzione ai droni di pattuglia»
Zack e Rachel annuirono all’unisono, poi si divisero e scomparirono dietro i grandi automezzi pesanti parcheggiati nella stanza.
Oggi avrebbero fatto saltare in aria uno dei tanti magazzini di Pan’Rha, città dogana sul ponte Lekh, che collegava il sudest di Alk’Tahr con l’isola di Shi Lì. Qui sostavano le merci che arrivavano dall’isola e che poi venivano distribuite nel Regno o portate all’Impero Kärschan, quindi il posto era pieno di viveri, Krōlia raffinata e, forse, nascosti da qualche parte con molta cura, robotics, armi segrete del Regno di Alk’Tahr e di cui solo pochi erano a conoscenza. Come quelli che portavano i tre ragazzi, i robotics erano un progetto del Regno, che lo stava sviluppando nel tentativo di creare un’arma forte abbastanza da contrastare la potenza dell’Impero Kärschan, contro il quale Alk’Tahr, un centinaio di anni fa, nel 3267, aveva perso la Grande Guerra. L’Impero era stato clemente, e aveva concesso ai perdenti di mantenere i loro costumi, la loro economia e il loro governo, con l’unico dettaglio che tutto ciò che accadeva, ogni decisione, ogni cambiamento doveva essere approvato anche dall’Impero. E, soprattutto, era stato imposto che tutte le miniere di Krōlia presenti sul suolo alktahriano dovessero essere sotto il diretto controllo della nazione vincente. Ed è per questo che Yu’Rel, isola ricca di giacimenti dell’utilissimo metallo, era stata sfruttata senza pietà, impossibilitata a progredire. Gli alktahriani ne avevano avuto abbastanza, e si sarebbero ribellati; per questo stavano sviluppando i robotics: parti del corpo robotiche, create dalla Krōlia e che, applicate direttamente al corpo del soggetto attraverso magneti pre-impiantati, avrebbero potenziato enormemente la forza di quest’ultimo. Ma c’era un problema: non tutti, durante l’operazione per installare i particolari magneti, sopravvivevano: molti morivano durante l’operazione, altri poco dopo; i pochi che sopravvivevano avrebbero continuato a rigettare i magneti, e il contatto con la Krōlia li avrebbe ustionati. Eppure, i più fortunati potevano ritenersi proprio loro, perché coloro i cui magneti erano stati impiantati con successo avrebbero dovuto affrontare una vita d’inferno, fatta di addestramento, sangue e lavaggio del cervello. E questo Ib, Zack e Rachel lo sapevano bene.
Ib osservò per un attimo i compagni scomparire dietro i grandi automezzi prima di mettersi la maschera antigas e dirigersi verso un mezzo parcheggiato accanto alla parete luminescente dell’enorme struttura. La ragazza la esaminò un attimo, poi annuì. Dallo zaino che teneva in spalla estrasse un magnete, come quelli che le erano stati impiantati nel corpo: un dischetto spesso come un dito e largo pochi centimetri, che emanava una luce azzurra intensa. Ib lo mise a contatto con i robotics del suo braccio destro e questi, con un secco click si smagnetizzarono e caddero a terra, non più attratti all’arto della ragazza, che li mise con cura da parte e prese in mano la bomboletta, che con i robotics sarebbe risultata difficile da utilizzare. Ib piegò appena le gambe e saltò, più alto di quanto una normale persona potrebbe, e conficcò gli artigli di Krōlia nella parete del tir, rimanendo appesa, e cominciò a scrivere con la bomboletta gialla.
In pochi minuti completò il suo lavoro, e sulla parete dell’automezzo pesante ora era presente la scritta gialla “Nessun0”. “Nessuno”, il nome del gruppo che si batteva per i diritti di tutti coloro che, su Yu’Rel, venivano sfruttati, ma soprattutto per coloro che avevano avuto a che fare con i robotics: da bambini ad adulti, chiunque si fosse dimostrato adeguato all’operazione veniva fatto scomparire dalla circolazione e portato nei laboratori segreti di Alk’Tahr. E quei posti erano l’inferno. Ib lo sapeva bene perché era da lì che, insieme a Zack e Rachel, era fuggita. Era lì che i tre ragazzi avevano patito le peggiori agonie. Ed era per questo che volevano fermare l’idea folle degli alktahriani.
Avevano preso in considerazione l’andare direttamente all’Impero Kärschan ma, se l’avessero fatto, una seconda Grande Guerra sarebbe risultata inevitabile, e avrebbe finito col distruggere tutti. Quindi ora eccoli qui, lavorando per sabotare il folle progetto del Regno di Alk’Tahr. Avevano trovato molti compagni che si erano dimostrati immediatamente disponibili a collaborare attivamente con loro, altri invece che preferivano tenere un profilo basso, passando principalmente informazioni: era logico che, se fossero stati scoperti, sarebbero stati arrestati e, con tutta probabilità, giustiziati. Ma, pur sapendolo, avevano deciso di mettere in gioco la loro vita per una causa che ritenevano giusta. Ormai Ib aveva intrapreso la vita della ribelle da due anni, ed era a pronta a continuare a farlo per tutta la durata della sua esistenza se fosse stato necessario.
La ragazza diede un’ultima occhiata alla scritta, poi mise via la bomboletta di colore nello zaino e ri-applicò i robotics al suo braccio, che aderirono istantaneamente, attirati dai magneti. Ib quindi si avviò alla ricerca dei compagni, saltando sul tettuccio del tir più vicino e scrutando la stanza intorno a sé: intravide due cariche esplosive innescate, ma nient’altro. Passò di automezzo in automezzo, individuando poi Rachel, che stava applicando un esplosivo alla cabina del guidatore di un tir. Ib stava per andarle incontro, quando con la coda dell’occhio scorse un drone levitare lì vicino: grande all’incirca come un pallone da calcio, con una specie di videocamera che percepiva ogni movimento e inviava le informazioni alla sala di comando alla quale era collegato. Rachel non se n’era accorta, e l’aggeggio stava andando nella sua direzione. Ib fu veloce: scattò fino alla fine del tettuccio sul quale era appollaiata e poi saltò giù, atterrando esattamente dietro al drone. Ci piantò gli artigli, tirò in direzioni opposte, spaccandolo a metà. Poi buttò i resti sul pavimento, voltandosi verso Rachel, che la osservava.
«Che ti avevo detto?» fece Ib alla ragazza, puntando le mani sui fianchi.
«Ehehe» rise nervosamente Rachel, avvicinandosi a lei «Scusa»
Ib sospirò. La compagna era sempre stata una persona sbadata, ma anche gioiosa. Ib la ammirava per questo: non riusciva a capire come, dopo tutto quello che avevano passato, potesse rimanere sempre così positiva. In quel momento Zack saltò dal tettuccio dell’automezzo e atterrò alle spalle della ragazza dagli occhi grigi che si voltò in uno svolazzo di capelli bianchi.
«Ho finito» annunciò Zack.
Rachel disse lo stesso. Ib annuì, soddisfatta del lavoro di tutti.
«Ora possiamo ispezionare tutti questi tir» cominciò la ragazza. Per il colpo di oggi non avevano scelto un luogo molto grande, questo era piuttosto come una specie di enorme garage dove sostavano gli automezzi, composto di quell’unica grande rimessa e una stanza di controllo collocata su un secondo piano, ma non era nell’interesse dei ragazzi raggiungerla. «Prendete tutto ciò che è necessario» continuò Ib, tirando fuori dal suo zaino delle sacche supplementari in cui mettere il bottino del giorno e dandone una a ciascuno dei suoi compagni «Il resto fatelo saltare in aria»
Rachel e Zack sogghignarono e annuirono, allontanandosi da Ib e andando verso il retro di un tir. Ovviamente gli sportelli erano chiusi, quindi Zack estrasse le lame retrattili attaccate ai suoi avambracci robotics e le infilò nella fessura fra le due porte, forzandola finché le serrature non cedettero e gli sportelloni si aprirono con un sonoro clack. Rachel applaudì appena, il suono delle sue mani robotics che battevano l'una sull'altra, e si infilò sul retro del tir con eccitazione, uscendone poco dopo, delusa.
«Qui non c’è niente di utile»
Zack rise appena all’ingenuità della ragazza, poi la invitò a seguirlo, dicendo che avrebbe aperto tutti gli sportelli che la ragazza desiderava. Rachel fu più che felice di andare con lui. Ib sorrise. Era una buona cosa che loro fossero contentu. Avere il morale alto aiutava a superare le situazioni difficili.
La ragazza si diresse al retro di un tir e infilò i suoi artigli robotics nella fessura tra i due sportelli e li forzò aperti, piegando il metallo con la forza supplementare datale dai robotics. Ib montò sul tir e cominciò a ispezionare il carico: non sembrava esserci altro che Krōlia raffinata. La ragazza rovistò ancora un po’, poi decise di cambiare mezzo. Forzò nuovamente le porte aperte e salì, fallendo a trattenere un sorriso malizioso: aveva trovato un tir che trasportava generi alimentari, principalmente frutta. Cominciò ad esaminare praticamente cosa fosse meglio rubare, in base al peso, alla dimensione e alla deperibilità; alla fine optò per fare il pieno di mele e arance, scegliendo quelle che sembravo più crude rispetto alle altre, di modo che non sarebbero marcite subito, e ci riempì la sacca, che divenne considerevolmente pesante. Conclusa l’ispezione del tir, scese e si diresse al successivo.
I seguenti tre mezzi si rivelarono tutti contenere Krōlia come anche il quarto. Ib stava per smontare, quando dietro a un mucchio di metallo raffinato scorse gli anelli di una catena. La ragazza si avvicinò e cominciò a spostare le lamine di Krōlia, fino a che non rivelò una cassa fatta dello stesso metallo delle lamine, chiusa da vari giri di catene. Questo significava una sola cosa: qualcosa di importante era nascosto al suo interno. E Ib avrebbe scoperto cosa fosse. Afferrò la cassa dai lati e la trascinò poco più lontano, in modo da avere più spazio, poi cominciò a prendere in esame le catene; erano più di una e, a giudicare dal pallido bagliore azzurrino che emettevano erano in Krōlia, quindi sarebbe stato complicato spezzarle, ma cercare di scassinare il lucchetto avrebbe richiesto ancora più tempo, quindi Ib decise di usare la forza. Con entrambe le mani artigliate afferrò la catena e, puntando un piede sulla cassa, cominciò a tirare con tutte le sue forze. Tutti i suoi muscoli entrarono in tensione, le giunture dei robotics che le ricoprivano le braccia cigolarono e si accesero di un bagliore azzurrino. Poi la catena si spezzò all’improvviso e Ib perse l’equilibrio, andando a sbattere la schiena contro la parete del tir con un sonoro thud. Dopo un breve istante di confusione la ragazza scosse la testa e continuò col suo lavoro, cadendo stavolta sul pavimento. Dopo qualche imprecazione riprese, ostinata. Quando si spezzò anche la terza catena e la ragazza atterrò col fondoschiena, sentì la risata cristallina di Rachel. Ib si voltò verso di lei e la fulminò con lo sguardo. La rossa premette il bottone a lato del suo viso e le mandibole in Krōlia rimasero spalancate.
«Che stai facendo?» chiese ridendo.
«Smettila di ridere e aiutami» la rimbeccò Ib, facendosi leggermente da parte e lasciando spazio a Rachel. Insieme, entrambe le ragazze afferrarono la penultima delle catene e cominciarono a tirare.
«Dov’è Zack?» domandò la ragazza dagli occhi grigi, la voce incrinata dallo sforzo.
«Sta controllando gli ultimi due tir» rispose Rachel «Mi ha detto che era meglio venire a vedere cosa stavi combinand-AAAHH»
La catena cedette ed entrambe le ragazze caddero al suolo. Rachel si mise a ridere, ed Ib, contagiata dalla compagna, fece altrettanto. Dopo qualche momento la seconda si rialzò, offrendo una mano alla rossa, che la accettò e si mise in piedi. Afferrarono successivamente l’ultima catena e cominciarono a tirare nuovamente.
«Che avete trovato?» continuò Ib.
«Pasta e riso, tu?»
«Della frutt-AAAH»
Questa volta Rachel riuscì a rimanere in piedi, ed Ib si aggrappò a lei. La rossa battè le mani, curiosa di sapere quale fosse il contenuto della cassa. La ragazza dai capelli bianchi si accucciò di fronte ad essa, e lentamente sollevò il coperchio. I suoi occhi grigi si illuminarono istantaneamente ed un sorriso malizioso si aprì sul suo volto. Ib si voltò verso la compagna, facendole spazio, in modo che potesse vedere anche lei le zanne robotics contenute nella cassa.
«Jackpot» fu tutto ciò che disse Ib, ammaliata dalla visione.
Quei robotics non erano progettati per esseri umani, bensì per animali. Esatto. Erano stati creati potenziamenti anche per loro. Per le bestie feroci in particolar modo. Osservando le dimensioni e la forma, quelle zanne dovevano essere state create per un lupo. Ib non poteva essere stata più fortunata. Quello era un nuovo potenziamento per Kiba, il lupo bianco che aveva salvato l’anno prima da un laboratorio a Jakal, e che ora la aspettava alla loro base tra Idantium e Cu'Sith. Non vedeva l’ora di tornare.
Ib e Rachel si batterono il cinque. Era stato un colpo fortunato.
«Vai a chiamare Zack, ce ne andiamo subito» comandò la ragazza dagli occhi grigi alla compagna, che annuì e scese dal tir velocemente ma in perfetto silenzio. Ib sollevò con cautela le zanne in Krōlia, rigirandole tra le mani, e poi le ripose con cura nello zaino, insieme alla bomboletta spray. Successivamente si tolse la maschera antigas e la mise via insieme al resto e scese dal tir, aspettando i suoi compagni.
Zack e Rachel piazzarono le ultime cariche esplosive e poi si riunirono alla loro leader, che li aspettava nello stesso punto da dove erano scesi, esattamente sotto il buco nel condotto di areazione, dove prima c’era una grata. I due ragazzi posarono a terra il loro bottino. Ib e Zack si misero uno di fronte all’altra, e la prima intrecciò le dita a coppa davanti a lei, piegandosi sulle ginocchia. Il ragazzo prese qualche passo di rincorsa e poggiò il piede sulle mani di Ib, che molleggiò una sola volta sulle gambe e, con una forza sovrumana, lanciò il compagno in aria. I robotics alle braccia e alle gambe della ragazza rifulsero di luce azzurra. Zack ascese per quasi cinque metri e si aggrappò al bordo del foro nel condotto, issandosi dentro. Quando fu salito si sporse appena e fece un cenno col capo a Ib, che lo ricambiò e si mise nella stessa posizione di prima. Rachel, come il compagno, prese una breve rincorsa e venne lanciata in aria. La ragazza aveva le braccia protese sopra di sé e venne presa al volo da Zack, che la aiutò a salire nello stretto condotto con lui. Qualche istante dopo Rachel fece calare il suo rampino e Ib legò alla sua estremità il primo dei tre sacchi che componeva la loro refurtiva e lasciò che i compagni lo tirassero su. Ripeterono la stessa operazione con il resto dei sacchi, poi Ib si piegò sulle gambe e puntò i suoi duri occhi grigi verso l’alto. E, dopo un istante che sembrò infinito, si catapultò in aria. Zack e Rachel la presero al volo e, per evitare di essere graffiati dagli artigli letali della ragazza le fecero afferrare il bordo del condotto. Ib ci si aggrappò, deformando il metallo sotto la forza dei robotics. I compagni la tirarono su per le spalle, facendole spazio. Ib si diede una rapida sistemata, poi sgusciò in mezzo ai due ragazzi, tirandosi dietro uno dei sacchi del bottino e facendo strada per la ragnatela di condotti. Zack e Rachel la seguirono, senza mai perderla di vista.
Dopo all’incirca venti minuti passati a strisciare pesantemente nell’angusto condotto di areazione, arrivarono a quello che sembrava un vicolo cieco. Ovviamente non lo era: ciò che divideva i ragazzi dall’esterno era una semplice grata, come quella che Ib aveva divelto prima. La ragazza scivolò sulla schiena e puntò i piedi sulla lastra quadrata di Krōlia. Poi vi applicò pressione. I robotics alle sue gambe brillarono di luce azzurra mentre forzava la grata, che in pochi attimi si staccò dal condotto e volò a terra. Ib si risistemò e si sporse: erano a circa cinque metri dal suolo, ma questo non rappresentava un problema per la ragazza; buttò le gambe oltre il bordo e si lasciò cadere, lasciando che i robotics ammortizzassero l’impatto col terreno. Poco dopo Zack atterrò al suo fianco. Rachel invece restò dov’era, lanciando giú i sacchi con la refurtiva, che i compagni afferrarono al volo e adagiarono a terra. Quando anche l’ultimo fu giú, Rachel, senza preavviso, si buttò da dove stava, leggermente appallottolata su stessa e la schiena rivolta al suolo. I suoi capelli sembravano fiamme al vento. Ib fu veloce e la prese al volo. Con un gridolino di soddisfatta allegria, Rachel avvolse le braccia intorno al collo della compagna, elargendole un grosso sorriso attraverso le mandibole robotics semi-aperte.
«Lo sapevo che mi avresti preso»
«Ovvio che lo avrei fatto. Non ti avrei mai lasciato morire come un’idiota»
Non ti avrei mai lasciato morire.
«Come mi hai chiamato?» fece Rachel indignata, scostandosi da Ib quanto bastava perché i suoi occhi verde foresta si fissassero in quelli scoloriti dell’altra. Ib accennò un sorriso.
«Idiota. Perché é ciò che sei» ripeté, posando a terra Rachel «E non farlo mai piú.»
La rossa le fece la linguaccia. Zack osservava la scena divertito.
«Dai ragazze, muoviamoci. Non voglio rimanere in città a lungo» intervenne lui.
Ib annuí in accordo e i tre si avviarono verso il retro del magazzino, dove erano impilati grandi container dalla vernice arrugginita. Era buio, ma le luci della città rischiaravano la notte. I ragazzi si diressero verso un container rossiccio, che all’interno era vuoto, se non per le moto che loro avevano nascosto lí: vetture affusolate e allo stesso tempo possenti. Le avevano rubate la stessa notte in cui, insieme, fuggirono dal laboratorio in cui li tenevano segregati. Ib, ripensandoci, ebbe un brivido. Le moto erano dotate di un piccolo scompartimento per gli oggetti, posto fra la sella e il manubrio. I ragazzi aprirono rispettivamente il loro e vi infilarono dentro lo zaino. Ib ripose il suo con cura, stando attenta a non danneggiare le zanne robotics. Poi prese il casco, una specie di elmetto in Krōlia sottile imbottito quanto bastava, che si adattava perfettamente alla testa della ragazza, che lo indossò. Il mondo attraverso la visiera era cupo, ma quando Ib portò un dito a lato del casco, premendo un bottone, tutto divenne chiaro e perfettamente visibile, come fosse poco prima dell’alba.
La ragazza si assicurò successivamente uno dei tre sacchi sulla schiena, montando poi sulla sua moto. Era pesante. Anche Zack e Rachel erano pronti a partire. La ragazza accese la moto e diedi un po’ di gas, facendola rombare appena, dando un segnale ai suoi compagni, che la imitarono. Dopo un istante Ib accellerò e uscí dal container, sgommando un po’. I ragazzi fecero lo slalom tra alcuni di quei grossi scatoloni metallici prima di uscire dal limite del magazzino e di immettersi sulla strada. Era notte fonda, nelle periferie non girava anima viva. Le moto scivolavano indisturbate sull’asfalto, lasciandosi dietro scie azzurre che partivano dal loro tubo di scappamento. Si allontanarono di quasi due chilometri dal magazzino prima che Ib staccasse una mano dal manubrio e la infilasse nella tasca della felpa nera che indossava, estraendone una piccola scatoletta scura, dotata di antennina e un solo bottoncino rosso. Il detonatore a controllo remoto. I suoi compagni la guardavano ansiosi. La ragazza lo sollevò sopra la testa teatralmente, aspettando qualche secondo. Poi premette il bottone. Per un attimo non successe niente; subito dopo un fragore squarciò la notte e una grande esplosione si scatenò alle loro spalle, seguita da altre piú piccole. Rachel si sollevò in piedi sulla moto e, alzando le braccia al cielo, urlò di felicità. Zack invece fece rombare forte la sua moto e impennò. Anche Ib, a modo suo, festeggiava il successo della missione, sorridendo dietro il casco, guardando i suoi amici. Alle loro spalle fiamme brillanti ardevano, tingendo la notte di rosso, e colonne di fumo nero salivano verso il cielo. Ib tornò a fissare la strada davanti a lei ed accellerò, ansiosa di tornare a casa. Zack e Rachel, conclusi i loro festeggiamenti, la imitarono e la seguirono, le moto che sfrecciavano in fila indiana, lasciando dietro di loro scie azzurre.
Questo primo capitolo é piú una prova per capire come andrà la storia: non avrà una cadenza d'aggiornamento fissa e non so se riuscirò mai a finirla, e anche in questo capitolo ci sono ancora parti da correggere.
Lasciatemi un commento con la vostra opinione! É importante per me
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