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Capitolo 2.

ALEXIS' POV

Mi alzo dal letto, controvoglia, ricordandomi che ieri sera mi sono letteralmente fiondata sul letto senza cambiarmi e che mi sono addormentata in mezzo secondo.

Controllo la sveglia al di sopra del mio comodino e constato che è ancora presto per andare a lavoro, così mi precipito in bagno a fare una doccia e poi fare colazione con calma.

Mi spoglio dei miei indumenti e li butto nel cesto della biancheria sporca, tenendo a mente che stasera quando torno, dovrò fare la lavatrice.

Preparo tutto l'occorrente, poggiandolo sul mobile vicino al lavandino, per poi entrare in doccia. Apro il getto dell'acqua calda e inizio ad insaponarmi, avendo sempre un pensiero fisso nella mente.

Lui.

Non mi abbandona mai, dalla mattina quando mi sveglio fino alla sera quando mi addormento. Devo scoprire a tutti i costi chi si cela dietro a quel nome fittizio di "Robin Hood".

A volte mi capita di pensare che potrei benissimo avere la soluzione davanti agli occhi, senza accorgermene.

Ma è impossibile, se fosse qualcuno che conosco, dagli identikit me ne sarei accorta di sicuro.

Scrollo le spalle, levandomi momentaneamente quel pensiero dalla testa, risciacquandomi e uscendo dalla doccia. Mi avvolgo il corpo con un asciugamano e i capelli con un altro ed esco per fare colazione.

Accendo la tv, dove stanno trasmettendo il telegiornale. Prendo una tazza e ci verso del caffè con un po' di latte, prendendo poi delle fette biscottate dal ripiano al di sopra del fornello.

"Stanotte è stata sventata l'ennesima rapina. Questa volta si tratta di una mostra d'arte. I ladri hanno pensato bene di colpire questa mostra, dove sapevano ci sarebbero stati molti quadri dal valore di migliaia di dollari ma, non hanno calcolato bene il colpo.

Non hanno tenuto a mente che Robin Hood lo sarebbe venuto a sapere e quindi, grazie a lui, sono stati fermati.

I ladri sono stati trovati legati insieme, attaccati ad una colonna della sala che ospitava la mostra.

Sembra proprio che la polizia abbia un aiutante, di cui ancora nessuno è riuscito ad accertare l'identità."

Spengo la tv, mettendo la tazza nel lavandino e vestendomi velocemente. Esco di casa con ancora i capelli bagnati, per raggiungere il luogo della rapina.

Entro in macchina e dopo neanche venti minuti sono già li. Oltre alla folla di curiosi riunitasi davanti all'edificio, trovo Clark e alcuni agenti.

"Oh Alexis, ti stavo per chiamare" mi dice Clark ridendo, facendomi vedere il telefono che ha tra le mani con già il mio numero, pronto per avviare la chiamata.

"Ti ha preceduto il telegiornale" mi faccio beffe di lui, che in risposta alza gli occhi al cielo.

"Potete andare, non c'è nulla da vedere" dice un agente, portando fuori i due ladri, ammanettati e facendoli salire in macchina per portarli in commissariato. Aziona la sirena e poi parte.

Un altro agente viene verso di me, porgendomi qualcosa.

"Un altro biglietto uguale immagino, non è così?" gli chiedo, vedendolo annuire in risposta. Sbuffo, sapendo di essere ancora punto e a capo con l'indagine.

Non ce la farò mai.

Mi accorgo ora che, malgrado l'avvertimento dell'agente, la folla di curiosi è ancora riunita qui davanti.

"Davvero, potete tornare a casa ora. Ci occupiamo noi di tutto" li informo, chiedendogli gentilmente di sgomberare la zona.

"Trovate chi è Robin Hood e dategli il riconoscimento che merita!" urla una signora sulla quarantina, che si trova proprio di fronte a me.

"Non si preoccupi, lo faremo di sicuro. Ora per favore, dovete sgomberare la zona"

Alle mie parole, la folla si dilegua. Io e Clark ci addentriamo nella sala, per constatare che sia tutto al suo posto e per vedere se gli agenti hanno trovato qualche altra cosa.

"Trovato nulla?" chiedo, ricevendo solo una risposta negativa.

Questo Robin Hood è un professionista, non lascia tracce nemmeno a pagarlo.

"Allora qui abbiamo finito. Torniamo al distretto." Clark avverte gli agenti che stanno finendo di controllare le ultime cose.

Faccio un cenno con il capo a Clark, mimandogli un "ci vediamo tra poco" ed entro in macchina.

***

"Veniamo al dunque. Immagino che voi non lo abbiate visto in faccia. Dico bene?"

Oramai la mia è diventata una domanda di cui so già la risposta. Non so perchè io continui a farla, forse per abitudine. O forse per prassi.

Oppure perchè spero sempre in una svolta, in un elemento in più per quest'indagine che mi sta tenendo occupata da fin troppo tempo, senza aver ottenuto ancora niente.

"Le abbiamo già detto tutto. Abbiamo visto solo gli occhi e capelli. Era buio li dentro." afferma uno dei due, con un tono non molto gradevole.

"Oh beh, buio come la cella in cui starete da oggi in poi. Portateli via." dico, battendo una mano sul vetro oscurato di fronte a noi e togliendo dalle loro facce la luce accecante della lampada posta al di sopra del tavolino.

Due nostri agenti entrano nella piccola stanza, scortandoli fuori.

Mi porto due dita sulle tempie, massaggiandole leggermente e cercando di fare il punto della situazione.

"Sei stata più dura del solito oggi. Hai mangiato latte e cattiveria stamattina?" mi deride Clark.

"No, sono solo frustrata da tutta questa situazione. Voglio sapere di più e invece, rimaniamo sempre fermi ad un punto morto" sbuffo infastidita da tutto questo.

"Dai, andiamo a prendere un caffè" istruisce Clark, mettendomi un braccio intorno alle spalle, come segno di incoraggiamento, conducendo entrambi fuori da quella piccola sala.

Passiamo davanti alla guardiola dove, Fred, il nuovo arrivato, sta prendendo tutte le telefonate e aiuta le persone che entrano ogni secondo qui dentro.

Lo saluto con un cenno del capo, rivolgendo poi la mia attenzione a Clark, che mi passa il mio bicchierino in plastica, contenente del caffè.

"Mi scusi" una signora anziana richiama la mia attenzione "il ragazzo lì è occupato, così sono venuta a chiedere a lei dove si trova l'ufficio denunce"

"Prima porta a destra, signora" le rivolgo un sorriso cortese. Mi ringrazia, per poi sparire all'interno dell'ufficio, dove ci sarà sicuramente un collega pronta ad ascoltarla.

"Senti Clark, vado fuori a fumarmi una sigaretta, torno tra poco."

Dopo aver ricevuto un cenno del capo da Clark, mi allontano da lui ed esco dal commissariato. L'aria fresca mi solletica il viso, facendo andare alcune ciocche di capelli su di esso.

Estraggo il pacchetto di sigarette dalla tasca interna del mio giubbotto di pelle, prendendo anche l'accendino. Ne porto una alla bocca,accendendola e aspirando il fumo, rilasciandolo subito dopo.

"Ce la farai Alexis" e io spero proprio che la mia coscienza abbia ragione.

NARRATOR'S POV

Alexis era intenta a fumare la sua sigaretta, non sapendo però, di essere osservata.

Lui la stava osservando da lontano, non poteva farsi vedere. O almeno, non ancora. Non poteva esporsi, rischiava di mandare tutto a monte.

Se si avvicinava a lei ora, senza un motivo, anche futile, poteva anche scoprire la sua identità e lui non voleva. Oppure poteva non scoprirlo, ma era meglio non rischiare, anche se non faceva del male anzi, proprio il contrario. Ma lui voleva incontrarla, voleva sapere a che punto erano le indagini. Voleva sapere se avevano elementi su di lui, per vedere se era ancora il misterioso eroe mascherato oppure sapere se il suo segreto stava per venire allo scoperto.

Era da un po' che la osservava e pensava che fosse una bella ragazza. Si convinse che avrebbe trovato presto un modo per poterci avere a che fare, anche per solamente qualche secondo, ma lui ce l'avrebbe fatta.

Perchè Robin Hood, secondo lui, sarebbe sempre rimasto un ragazzo dall'identità misteriosa e, anche se riteneva Alexis una brava poliziotta, credeva che lei non lo avrebbe mai scoperto se lui fosse sempre stato attento a non lasciare tracce.

Pardon moi per l'attesa x
Eccomi qui con il secondo capitolo di questa storia che, a parer mio (strano ma vero ahah) mi sembra venuto bene.
Mi rimetto al vostro parere e spero che riceva tanti voti e commenti.
Grazie mille e alla prossima!
All the love xx
Sara

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