II - ??? contest | L'incantatrice
Scritto per il contest di: gwen_night
Tema quattro
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L'incantatrice.
Era così che la chiamava la maggior parte della gente, come se fosse stata colpa sua che qualsiasi tranello che creava funzionava, Stupidi loro, intelligente lei, non era colpa sua.
Spesso si chiedeva che cosa diavolo avesse fatto per risultare così spaventosa al più, era il suo potere? Sarebbe stato strano visto che ogni persona su quel matto pianeta ne aveva uno, quindi era solo una strana diceria? La gente non la conosceva davvero? Sapevano davvero di chi stavano parlando?
Le persone spaventate sussurravano nei locali, le mani tremanti che si stringevano ai bicchieri ormai vuoti, la luce della luna che entrava dalle finestre poco illuminate.
Non guardarla negli occhi, aveva sussurrato il nonno a Roberto, poi gli aveva fatto l'occhiolino, facendo segno al barista di riempirgli un altro bicchiere.
Roberto aveva diciassette anni ed era molto stupido; gli piaceva correre nelle strade in discesa finché i suoi piedi non inciampavano sui sassi e lui cadeva rovinosamente sul terreno, dopo si rialzava, e lo faceva di nuovo.
La sua cascata di capelli ricci l'avevano fatto rinominare "Rizzo", un modo Veneto per dire riccio, l'animale paffuto dagli aculei taglienti.
Anche lui era tagliente, anche lui sapeva ferire le persone con una puntura, e poi scappava via, se avesse potuto rinchiudersi in una palla, l'avrebbe fatto, di certo non era una persona coraggiosa, ma sapeva accettare le sfide, soprattutto se molto stupide.
Il suo potere era quello di poter creare una piccola luce sul palmo della mano, carino, ma niente di che.
Non aveva idea di cosa l'avesse attirato in quella figura così misteriosa come L'incantatrice, quella ladra assassina che aveva torturato chissà quante persone; erano solo voci però.
"Rich", disse Roberto in un giorno di calda estate, i piedi immersi nell'acqua di un torrente, "Secondo te esiste L'incantatrice?".
Riccardo alzò lo sguardo di sbiego, una sigaretta che gli penzolava dal lato sinistro della bocca; prese una grande boccata, per poi buttare tutto il fumo addosso ad il ragazzo, che tossì infastidito.
"Io l'ho vista", disse piano Riccardo, quasi titubante, ma dentro di sé molto sicuro.
"Seriamente?!", Roberto si alzò con uno scatto, i piedi bagnati che poggiavano di nuovo sul soffice terreno del bosco, posto si erano andati ad appartare per scappare dal mondo esterno, "Quando e dove?", disse poi sospettoso.
"Calmati Rizzo", disse Riccardo prendendo un'altra grossa boccata, "Era al centro commerciale, alle quattro di sta mattina".
Roberto sbuffò indispettito, rilassandosi dopo aver sentito la - palese ed ennesima - frottola dell'amico, "Ah sì?", chiese con un aria scettica, che però risultava solamente parecchio divertita.
"Te lo giuro", disse Riccardo senza cambiare minimamente la sua espressione, "Lunghi capelli rossi, occhi verde smeraldo, lungo vestito, proprio come dicevano".
"Ho due cose da dire", disse Roberto ridendo, "Primo, ci sono milioni di ragazze come quella che hai appena descritto; secondo, tu cosa ci facevi in un supermercato alle quattro di mattina?".
Riccardo scrollò indispettito le spalle, scacciandosi la domanda di dosso, "Scommettiamo allora", disse rialzando lo sguardo su di lui, "Tu stanotte rimani dentro, e vedrai che arriva".
"E secondo te come ci rimango dentro?".
"Un commesso è mio amico", rispose Riccardo come se non fosse niente, "Allora, ci stai?", guardò l'amico di sottecchi, aspettando la sua risposta.
"Cosa ci guadagnerei?", chiese Roberto, un sorriso divertito che gli si dipingeva sul volto, "E cosa ci guadagneresti?", disse poi con aria più seria, mentre squadrava l'amico.
"Se ho ragione...", Riccardo indicò l'amico con il dito, "Tu mi compri le sigarette per il resto del mese"; zittì con un gesto della mano la protesta che stava per uscire dalla bocca di Roberto, "Se hai ragione, anche se non c'è l'hai...", borbottò dopo, "Vedremo poi".
"Va bene", disse Roberto, i capelli ricci che gli cadevano scomposti sugli occhi, e la sicurezza di una vittoria già in tasca che gli brillava sul volto; era sempre stato molto stupido.
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Probabilmente era stata un'idea davvero stupida, prima di tutto, non si poteva rimanere nei supermercati la notte, e secondo, se Riccardo aveva ragione, sarebbe stato un bel problema per tutti.
Mentre Roberto salutava con la mano i due ragazzi che uscivano dal supermercato buio, ringraziò qualsiasi dio esistesse per avergli dato quel potere; sollevò la mano e lasciò che gli occhi venissero catturati da quella piccola palla di luce che gli aleggiava sul palmo, illuminando gli scaffali pieni di cibo.
"Almeno se ho fame non rimango a corto di provviste", borbottò Roberto, già rimpiangendo il suo letto; non era inquietante stare in quel posto vuoto, ma le parole di Riccardo gli vorticavano ancora in testa, ed anche se era sicuro di avere ragione, la paura si fece strada nel suo corpo.
"Tanto non c'è nessuno", disse come a rassicurare se stesso, poi la bocca gli si aprì in in grande sbadiglio, e si sedette con la schiena al muro; di certo non aveva pensato al fatto che si sarebbe molto probabilmente addormentato.
Dopo neanche un'ora giaceva addormentato sul pavimento di piastrelle davanti alla zona dei salumi, la schiena che poggiava sopra le piastrelle ed il volto rivolto verso il soffitto, sulla sua mano non alleggiava più nessuna luce.
"Ciao", una leggera voce femminile gli sfiorò l'orecchio, facendolo girare indispettito sul pavimento piastrellato; due lunga duta affusolate gli si poggiarono sulla spalla, facendolo svegliare definitavamente.
Per circa cinque secondi il suo sguardo si perse per il negozio, ancora assopito dalla stanchezza, come chiedendosi il motivo per cui si trovava lì, poi girò lo sguardo, ed i suoi occhi rimasero incanenati in quelli di una ragazza dai capelli rossi.
"Ciao", disse di nuovo lei, tirandosi in piedi e facendo rispiegare il lungo vestito azzurro che portava; di per sé, non sembrava un viso così strano o fuori dal comune, gli occhi verdi e i capelli come fuoco creavano un buon contrasto, ma non sarebbe stato uno di quei volti che Roberto si sarebbe potuto ricordare per tutta la vita; ma, come per un sesto senso che non aveva mai avuto, capì immediatamente chi aveva davanti.
Un urlò spaventato gli uscì dalla gola mentre si alzava di scatto in piedi, cercando di allontanarsi dalla ragazza, che era rimasta a guardarlo con una strana espressione sul volto.
"V-vattene!", urlò Roberto, senza sentire il rimorso di quella maledetta scommessa; la sua mente vorticava indisturbata, che cosa gli avrebbe fatto? Qual'era il suo potere? Sarebbe morto? Senza neanche rendersene conto stava continuando ad arretrare verso gli scaffali, sempre più terrorizzato da quella figura, che lo stava semplicemente fissando stranita, poi un sorriso le comparve sul volto.
"Ehi", gli disse, il rossiso che gli allargava, "Tutto bene?", si avvicinò leggermente, facendo arretrare ancora il ragazzo.
Il petto di Roberto continuava ad alzarsi e ad abbassarsi con un ritmo preoccupante, "Vattene", sussurrò questa volta, senza neanche credere davvero che la ragazza se ne potesse andare.
"No", lei piegò la testa di lato, squadrandolo divertita.
Roberto sprofondò nel pavimento, sentì le piastrelle piegarsi sotto i suoi piedi, poi stava precipitando nel vuoto, il corpo circondato da quelle che sembravano milioni di stelle immerse in un cielo scuro.
Spalancò gli occhi terrorizzato, un urlo che gli usciva di nuovo dalla gola mentre cercava di aggrapparsi a qualsiasi cosa sembrasse ancora reale.
Che razza di potere era?
Dopo quelle che parvero ore - ma erano stati solo secondi - Roberto riatterrò a terra, la schiena che attutiva la caduta, facendolo rimanere ansiamante a terra, cercando di respirare.
"Tutto bene?", la ragazza si piegò su di lui, fissando il ragazzo di nuovo sdraiato sulle piastrelle del supermercato, "Che ti succede?", il suo sorriso divenne ancora più grande.
"Vattene!", urlò Roberto come se quella fosse l'unica parola che sapeva ancora pronunciare, si tirò seduto, trascinandosi sul terreno fino ad uno degli scaffali, con cui poi si ritirò su ansiamante.
I suoi occhi spalancati vagarono per il negozio, alla ricerca di un uscita, intanto la ragazza aveva ripreso a camminare su di lui.
La porta. Non doveva essere a più di una ventina di metri da lui, dietro ad un paio di scaffali; deglutì lentamente, per poi buttare un piede avanti, pronto a correre.
Sprofondò di nuovo, questa volta in una distesa infinita di acqua; si sentì trascinare sul fondo da una forza inesistente, mentre sopra di lui un mare in tempesta aleggiava come un brutto presagio; sentiva l'acqua entrargli nella bocca mentre si sforzava per ritornare in superfice, ma qualsiasi cosa sembrava vana.
"Basta! Per favore", chiese mentre sentiva le forze svanire, lasciandolo precipitare nel mare, prima che potesse svenire, si sentì schiantare un altra volta sul pavimento del supermercato, grondante d'acqua.
"Ah, davvero?", la ragazza era a qualche centimetro dal suo volto, fissandolo con quel maledetto sorriso, "Sei debole", disse sbuffando.
Come aveva fatto Riccardo a sopravvivere? Forse non ci credeva neanche lui? Era vero? Cos'era? Riccardo aveva mentito? Non voleva morire.
"Perché fai questo?", chiese con terrore, cercando di strisciare via da quella figura spaventosa.
La ragazza scrollò le spalle come se non fosse niente, "Sono libera", disse soltanto, "È questa la libertà", aggiunse allargando le braccia, "Faccio quello voglio".
"Ma non-", Roberto deglutì.
"-ma non è quello che vi insegnano a scuola", completò lei con un sospiro, "La tua libertà- la vostra libertà, è quella che inizia da te e finisce dove inizia quella degli altri.", piegò la testa, "Capisci?".
"Io, cosa-?".
"Sei proprio stupido".
Davanti agli occhi di Roberto, il supermercato cominciò a trasformarsi, diventando una sorta di strana giungla, gli scaffali immersi nella piante umide; dopo qualche secondo, era tutto tornato normale.
Era giusto allora, quello che stava facendo lei? Non lo era di certo, ma se volevi vivere solo per te stesso, potevi farlo.
"Mi ucciderai?", chiese con un sussurro.
Gli occhi della ragazza scintillarono al buio mentre fissava i suoi occhi verdi in quello di Roberto, "Ho la libertà di scegliere che farne di te", si passò una mano fra i capelli, scompigliando la cascata rossa che si ritrovava.
Pazzia? Libertà? Come potevi stare in pace con quell'essere?
"Sei simpatico", disse lei con un sospiro, come se conoscesse Roberto da decenni e fossero amici da anni, "Non credo, comunque", osservò gli scaffali con sguardo vuoto, poi girò la testa di scatto, guardando il ragazzo, "Mi fai vedere il tuo potere?", chiese con la voce improvvisamente allegra.
Cosa diavolo faccio? Roberto non sapeva neanche a cosa pensare, "Va bene", disse, la voce quasi più come una domanda che come una reale sicurezza.
Alzò la mano, sentendo che ogni suo movimento era altamente controllato dagli occhi della ragazza, la sua mano si illuminò, sprigionando una debole luce.
La ragazza la squadrò con aria stranita, "Carino", disse con un sospiro.
"Non puoi fare così", disse improvvisamente Roberto, senza neanche sapere da dove gli veniva quel tono così deciso, "Fai male alla gente".
La ragazza abbassò lo sguardo su di lui, e per una frazione di secondo Roberto vide il supermercato immerso totalmente in quello che sembrava sangue, poi tutto tornò normale.
"Bah", lei si alzò in piedi, "Non sei più simpatico", disse avvicinandosi a lui, affondò la mano sotto al suo vestito, estraendone un lungo coltello, "Ciao", disse.
"Cosa?! No!", Roberto si ritrovò con la schiena schiacciata contro lo scaffale di prima, la mente ferma nell'immagine del supermercato pieno di sangue. "Per favore", sussurrò.
"Ciao", disse di nuovo lei, alzando il coltello; come un fulmine, qualcosa si abbatté con forza sulla testa della ragazza, che si accasciò con un gesto silenzioso a terra, incosciente.
"Cosa?!".
"Stai bene Rizzo?", la voce del suo amico gli giunse come una coperta calda, e Roberto ci mese meno di cinque secondi ad alzarsi e a correre fra le braccia dell'amico, stringendolo in un abbraccio.
Riccardo stringeva una scopa in mano, che lasciò cadere con un forte rumore per stringere Roberto, "Scusa, non pensavo ci avrei messo così tanto".
"Ma che diavolo stai dicendo?".
"Eri una sorta di preda messa li per lei", disse Riccardo con un sospiro, "Sai, quando ho richiesto il suo caso...", indicò con la testa la ragazza stesa a terra, "...me l'hanno rifiutato, quindi mi sono dovuto arrangiare".
"Bastardo", disse piano Roberto, accasciandosi stremato contro l'amico, che lo sorresse con non molta facilità.
"Adesso i miei colleghi non potranno dire niente", disse piano Riccardo, prendendo il telefono dalla tasca e chiamando la polizia, nonché le persone con cui lavorava: Riccardo era un poliziotto, "Mi dispiace se ci sei finito in mezzo".
"Ma stai zitto", Roberto gli tirò un leggero pugno sulla spalla, "È andato tutto secondo i tuoi piani", si staccò dal petto di Riccardo, fissando la ragazza stesa a terra.
Riccardo ridacchiò mentre si accendeva una sigaretta, "Scusa", disse comunque, poi si girò verso la ragazza stesa e terra, che sembrava molto più piccola di quel che era prima, "Il suo potere è creare illusioni", disse con un sospiro, "E comunque...!", disse rigirandosi con uno scatto, un grosso sorriso stampato stampato in faccia, "...ho vinto la scommessa, mi devi le sigarette per tutto il prossimo mese".
--2157 parole--
p.s. si chiama ??? contest perché non ho la più pallida idea di quale fosse il suo nome visto che l'autrice l'ha rimosso
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