River flows in you
Nico parcheggiò la sua Harley nera di fronte ad una piccola palazzina azzurra a Manhattan. Si tolse il casco nero e lo posò sul manubrio della moto, osservando pensieroso l'edificio: sperava vivamente che fosse quello giusto. Erano giorni che girava come una trottola per New York, suonando a tutti i Solace che abitavano nella grande città, e non erano pochi, i quali si erano rivelati solo dei buchi nell'acqua. Nessuno di loro era quello che stava cercando.
Con un sospiro spense il motore della moto e smontò da essa, si mise le chiavi nella tasca dei jeans neri e prese il casco, camminando lentamente verso la palazzina con il cuore che batteva all'impazzata. Salì i tre scalini e si mise di fronte al portone, facendo scorrere i nomi degli inquilini fino a quando non trovò un Solace. Suonò il citofono e attese per un tempo indefinito, pregando con tutto il cuore che fosse in casa.
"Chi è?" rispose una voce maschile dall'altra parte del citofono, una voce che Nico conosceva fin troppo bene. Aveva la gola secca e non riusciva a parlare, non gli sembrava vero di averlo trovato.
"Chi è?" chiese nuovamente la voce e questa volta rispose.
"Sono io, Nico"
Nessuno rispose dall'altra parte e Nico stava per tornare indietro quando lo scatto metallico della serratura del portone lo fece voltare. Senza perdere tempo entrò e salì gli scalini a due a due, fermandosi ad ogni piano per vedere se c'era una porta aperta. Quando arrivò al terzo piano la porta a sinistra delle scale era socchiusa e un raggio di luce fendeva la penombra del pianerottolo. Si fermò qualche minuto per riprendere fiato, dopodiché si avvicinò titubante alla porta, bussando leggermente. Sentì dei passi avvicinarsi e aprire la porta, ma l'uomo che si trovò davanti non era quello che si aspettava di vedere. Era alto come Nico, i capelli castano chiaro tagliati corti, due penetranti occhi ambrati e un fisico muscoloso tipico di uno che passa molto tempo in palestra.
"Buongiorno. Posso aiutarla?" chiese lo sconosciuto con voce profonda, squadrando Di Angelo dall'alto in basso.
"Stavo cercando William Solace, ma forse..." disse Nico, interrompendosi quando alle spalle dell'uomo vide Will, bello come lo ricordava.
"Nico..." sussurrò, appoggiandosi ad un muro, ma lo shock nel rivederlo fu troppo per lui e svenne.
***
Nico e Will erano felici. Erano sposati da sette anni e, due anni dopo, avevano adottato una splendida bambina, Victoria, la loro gioia più grande. Vivevano a Los Angeles dove Nico lavorava per LAPD, L.A. Police Department, mentre Will componeva canzoni e si esibiva in molti locali nella parte ricca della città.
Vivevano in una villetta poco fuori la grande città ed avevano tutto quello che potessero mai desiderare, ma non sapevano che tutto il loro mondo si sarebbe sgretolato presto.
Nico era seduto in giardino a giocare con sua figlia con alcuni suoi pupazzi sparsi attorno a loro, suo marito, invece, era seduto sotto il grande pesco vicino alla casa mentre scriveva una nuova canzone. Will alzò lo sguardo vedendo come il compagno si facesse riprendere dalla bambina perché si distraeva facilmente, sorrise dolcemente a quella scena con il cuore gonfio di amore.
"Come mai stai sgridando papà? Non sta attento?" chiese Will, alzandosi e avvicinandosi a loro, sedendosi vicino al marito.
"Non sai quanto mi è difficile rimanere concentrato con te così vicino" gli sussurrò Nico in un orecchio "Sei una vera distrazione per me"
"Papà!" lo richiamò la bambina, guardandolo imbronciata con un'espressione molto simile a quella di Nico quando gli negava qualcosa a letto.
"Sì, principessa?" domandò il suddetto papà, rivolgendo la sua attenzione alla figlia, che gli mise tra le mani un peluche a forma di lupo. Will rise a quella scena, ignorando del tutto l'occhiata omicida del marito.
Suonò il campanello.
"Vado io" disse Will alzandosi e dando un bacio a fior di labbra al compagno, non sapendo che sarebbe stato l'ultimo bacio che gli avrebbe dato per molto tempo. Padre e figlia rimasero in giardino a giocare fino a quando non sentirono le urla di Will che intimavano a due persone di fermarsi. Nico corse in casa, seguito a ruota da Victoria, vedendo due poliziotti del suo dipartimento che camminavano nella sua direzione.
"Lei è Nicholas di Angelo?" chiese uno dei due poliziotti e Nico annuì in conferma "Bene, la dichiaro in arresto"
"Che cosa? Perché?" sbottò lui, mentre il collega gli torceva le braccia dietro la schiena e imprigionava i polsi con un pesante paio di manette.
"Per corruzione e per aver divulgato informazioni riservate" rispose il poliziotto, strattonando Nico per farlo uscire dall'abitazione.
"No! È falso! Non sono un poliziotto corrotto e non ho mai divulgato informazioni riservate a nessuno!" ringhiò lui, opponendo resistenza.
"Papà!" lo chiamò Victoria, piangendo, cercando di liberarsi dalla presa di Will per raggiungere il genitore.
"Will non credergli! È una menzogna!" esclamò Nico rivolto al marito con la bambina in braccio e l'ultima cosa che vide di lui furono i suoi occhi blu resi lucidi per le lacrime.
Due settimane dopo si tenne il processo e Nico venne ritenuto colpevole dei crimini, dovendo poi scontare quattro anni in prigione. Non riusciva a crederci, era stato incastrato. Le prove e i testimoni erano tutti falsi, qualcuno lo voleva dietro le sbarre, ma non riusciva a capire chi!
Un mese dopo la sua incarcerazione Will andò a trovare il marito in prigione. Le guardie carcerarie lo fecero sedere ad un tavolo isolato in una sala dove i detenuti potevano incontrare i loro parenti. Nico fu scortato da una guardia che lo fece sedere di fronte al marito e gli tolse le manette, prendendo posto alle spalle di Nico.
"Will" disse con un sorriso, allungando una mano per stringere quella del compagno ma quest'ultimo la ritrasse bruscamente "Cosa succede?"
"Cosa succede? Sei in carcere e nostra figlia potrebbe essere riportata in orfanotrofio e tu mi chiedi cosa succede?!" lo scimmiottò Will con voce isterica, gli occhi lucidi e spenti.
"Non crederai veramente che io sia colpevole!" esclamò Nico, indignato, stringendo con forza il bordo del tavolo, tanto da far sbancare le nocche, ma da Will non giunse alcuna risposta "Guardami, ti prego. Non lo penserai veramente?"
"Io non so più cosa pensare!" sbottò Will "So solo che fino ad un mese fa andava tutto bene e di punto in bianco è cambiato tutto!"
"William qualcuno mi ha incastrato. Che motivo avevo per fare quelle cose?"
"Non lo so" sussurrò il marito abbassando lo sguardo sulle sue mani strette in grembo "So solo che voglio lasciare questa città"
"Cosa?!"
"Voglio lasciare Los Angeles, mi trasferirò in un'altra città"
"E a Victoria non pensi?"
"Certo che ci penso! Quando riuscirò a riottenere il suo affidamento ci trasferiremo" scattò Will guardandolo per la prima volta negli occhi e quello che vide Nico era lo sguardo di un uomo che stava per crollare.
"Dove andrete?" chiese Nico, terrorizzato all'idea che tra pochi mesi le due persone più importanti della sua vita potessero sparire per sempre.
"Non lo so, il più lontano possibile da qui" lo sussurrò talmente piano che l'altro faticò a sentire la sua risposta. Con mani tremanti Will si sfilò la fede nuziale in oro bianco dall'anulare sinistro, posandola al centro del tavolo "Mi dispiace"
"Will..." provò a richiamarlo ma l'uomo si era voltato ed era uscito dalla stanza, lasciandolo definitivamente. Nico prese la fede e la strinse tra le dita sentendo le lacrime scivolare lungo le sue guance e si ripromise che, non appena fosse uscito di prigione, li avrebbe ritrovati a qualunque costo.
E alla fine tenne fede a quella promessa.
***
"Will, Will svegliati" Nico gli stava dando dei piccoli buffetti sulle guance per farlo riprendere. Quando era svenuto aveva agito senza pensare: aveva lasciato cadere il casco e si era precipitato in casa prendendo tra le braccia l'ex marito, depositandolo sul divano del salotto. Dopo alcuni minuti Will aprì lentamente gli occhi, mettendo a fuoco con fatica la stanza in cui si trovava.
"Dove...?" sussurrò Will, tirandosi su faticosamente, voltando poi lo sguardo per vedere Nico inginocchiato accanto a lui. Il cuore gli si fermò quando incrociò lo sguardo del suo ex marito e i ricordi di quattro anni prima riaffiorarono nella sua mente. D'istinto si allontanò da lui, temendo che potesse fargli del male, ma Nico rimase fermo nella sua posizione.
"Ti sei svegliato finalmente" gli disse con lo stesso sorriso dolce che gli rivolgeva sempre, quel sorriso che gli faceva battere il cuore e tremare le gambe e, nonostante il tempo trascorso lontano, le sensazioni che gli provocava erano le stesse.
"Che cosa ci fai qui?" gli domandò titubante, mettendosi seduto sul divano in una posizione innaturalmente rigida, ignorando il leggero pulsare alle tempie.
"Sono tornato per te" gli rispose Nico sedendosi a sua volta sul divano, tirando fuori dal collo della camicia una catenina con un anello. Will guardò prima l'ex marito poi l'anello non capendo, ma poi il ricordo di quell'anello gli ritornò in mente: era la sua fede nuziale "Sì, l'ho conservata per tutti questi anni nella speranza di poterti ritrovare e rimettertela al dito"
"Nico..." incominciò Will non sapendo esattamente cosa dire, ma fu fortunatamente salvato dall'arrivo di una bambina di non più di nove anni. Era graziosa: i lunghi capelli corvini le incorniciavano il volto con delicate onde, la carnagione d'alabastro contrastava fortemente con i suoi lunghi capelli d'inchiostro, occhi di un blu oltremare scintillavano increduli come due splendidi zaffiri. Erano passati quattro anni dall'ultima volta che Nico aveva visto sua figlia, ma sarebbe stato in grado di riconoscerla ovunque. Aveva gli stessi splendidi occhi blu del marito, quegli occhi che amava così tanto.
La bambina fece scorrere lo sguardo tra i due uomini, soffermandosi su quello moro. Dentro di sé sapeva di conoscerlo, che si poteva fidare di lui. Un ricordo sfocato fece capolino nella sua mente: riconosceva quell'uomo, di alcuni anni più giovane, che le sorrideva divertito, quel sorriso dolce che solo un genitore può donare al figlio. Batté le palpebre e si accorse che l'uomo si era alzato dal divano e la fronteggiava ad un paio di metri di distanza.
"Vicky, mi riconosci?" le domandò l'uomo con voce calda e dolce rivolgendole lo stesso sorriso dei suoi ricordi. Solo una persona la chiamava così e le sorrideva in quel modo che lei non aveva mai dimenticato. Quando vide l'uomo aprire le braccia come per accoglierla in un abbraccio lei non se lo fece ripetere due volte e gli corse incontro, stringendogli la vita con le sue esili braccia, posandogli la testa sull'addome. Poco dopo sentì le sue braccia stringerla contro di sé, come se non volesse più lasciarla andare via.
"Papà" sussurrò Victoria con gli occhi lucidi, stringendolo più forte. Quanto gli era mancato essere abbracciata da suo padre. Certo, anche suo padre Will la abbracciava spesso, ma non era la stessa cosa, sentiva nel profondo che le mancava qualcosa. Inspirò a pieni polmoni il suo profumo di menta che mai aveva dimenticato, riportandola indietro nel tempo quando si sdraiava con lei a letto e le leggeva la favole della buonanotte, per poi addormentarsi insieme mentre il libro giaceva abbandonato sulle gambe del padre "Mi sei mancato così tanto"
"Anche tu, principessa, anche tu" Nico sciolse l'abbraccio e si inginocchiò di fronte alla figlia, osservandola e notando tutte le piccole differenze con i ricordi che aveva di lei. Le passò una mano tra i capelli per poi posarla sulla sua guancia e asciugare le lacrime che scendevano copiose dai suoi occhi.
"Sapevo che ci avresti trovati" disse Victoria con un piccolo sorriso, ricordando la promessa che il padre le aveva fatto: non li avrebbe mai abbandonati, ma se fosse successo sarebbe andato fino in capo al mondo per ritrovarli. Il padre annuì, rammentando anche lui il suo giuramento, e la figlia notò i suoi occhi scuri lucidi per la prima volta. Da quando aveva memoria non ricordava di averlo mai visto piangere, si era sempre mostrato forte e sicuro senza mai vacillare. La bambina notò una lunga e sottile cicatrice che attraversava l'occhio destro e finiva all'altezza della guancia. Passò piano il dito su quella lunga ferita domandandosi come se la fosse procurata.
"Avrei fatto di tutto pur di ritrovarvi" sussurrò Nico, stringendo nuovamente la figlia in un abbraccio, affondando il viso nei suoi capelli per mascherare le sue lacrime. Solo ora si accorgeva di quanto realmente gli fosse mancata sua figlia, del vuoto che lei e il marito gli avevano lasciato nel cuore quando se ne erano andati da Los Angeles, abbandonandolo in quello squallido carcere. Alcuni minuti dopo sciolsero l'abbraccio e Nico si rialzò, cercando discretamente di asciugarsi le lacrime che erano sfuggite al suo controllo. Quando si voltò si accorse che anche gli occhi di Will erano leggermente lucidi.
"Adesso che papà Nico è tornato saremo di nuovo una famiglia, vero?" chiese Victoria facendo irrigidire entrambi i genitori, impreparati a quella domanda.
"Vicky, vedi..." balbettò Nico, non sapendo come impostare il discorso, gettando occhiate al marito in cerca di aiuto, senza successo.
"Va tutto bene? Will, ti sei ripreso?" l'uomo che aveva accolto Nico all'entrata era apparso sulla soglia della stanza, salvando entrambi da una risposta che sicuramente avrebbe distrutto le speranze della bambina.
"Sì, Jackson, sto bene" rispose Will, alzandosi di scatto dal divano "Victoria ti va di fare un giro con papà Nico?"
"Certo!" esclamò lei, entusiasta, correndo in camera a prendere il giacchetto. Nico lo guardò stranito ma non discusse, in fin dei conti anche lui voleva passare del tempo da solo con la figlia. Quando Victoria tornò Nico recuperò il casco e uscì di casa, urtando accidentalmente Jackson con la spalla. Sua figlia urlò entusiasta quando rivide la moto nera del padre, memore dei innumerevoli giri che le faceva fare senza che Will li scoprisse. Nico mise il casco sulla testa della figlia e la aiutò a salire sulla Harley, prendendo posto davanti a lei.
"Tieniti stretta" la avvertì Nico, mettendo in moto e facendo rombare il motore, sentendo le braccia della bambina stringersi forte attorno alla sua vita. Si allacciò la sua giacca di pelle e prese dalla tasca un paio di guanti neri per proteggersi le mani. Partirono e Nico fece fare a Victoria il giro di buona parte di New York, zigzagando agilmente nel perenne traffico della città. Più di una volta sentì la risata estasiata della bambina quando aumentava la velocità della moto, le sue braccia saldamente strette attorno alla sua vita. Dopo una buona mezz'ora decisero di fermarsi in un bar, intirizziti dal freddo di novembre. Si sedettero ad un tavolo libero vicino ad una piccola stufetta, godendosi il calore che proveniva da essa, ordinando una cioccolata calda per Victoria e un tè caldo per Nico.
"Allora ti è piaciuto il giro?" chiese il padre, togliendosi i guanti e riponendoli nella tasca della giacca.
"Tantissimo!" rispose entusiasta la bambina, ma poco dopo il suo sorriso si affievolì.
"Cosa c'è?"
"Mi chiedevo come mai hai aspettato così tanto prima di tornare da noi" mormorò la bambina, evitando accuratamente il suo sguardo. Nico sospirò e aspettò che il cameriere finisse di servirli prima di rispondere.
"Avrei tanto voluto poter tornare da voi il prima possibile, ma non ho potuto fino a questo momento"
"Perché?" domandò la figlia, mangiando un po' della panna montata presente sulla sua cioccolata.
"Cosa ti ha detto papà Will su di me?"
"Ha detto che dovevamo andarcene da Los Angeles, mi ha detto che tu eri stato portato in prigione. Non mi ha detto altro"
"Capisco. Quello che ti ha detto è vero: non sono potuto venire prima da voi perché mi hanno trattenuto in prigione per tutti questi anni" spiegò il padre e Victoria annuì, capendo.
"L'importante è che tu sia tornato. Saremo di nuovo una famiglia" disse la figlia riprendendo a mangiare la panna montata con il sorriso sulle labbra. Nico abbozzò un sorriso ma non ebbe il cuore di smentire quelle parole dette con così tanta ingenuità, lei non sapeva quello che Will gli aveva detto in prigione.
"Vicky, che tu sappia, papà Will si è fidanzato in questi anni?" domandò Nico con noncuranza, sorseggiando il suo tè.
"No, perché?"
"Curiosità. Cosa mi dici di Jackson?"
"Oh, lui è il compagno di papà quando si esibisce. Jackson suona e papà canta, anche se qualche volta mi ha fatto anche da baby-sitter"
"Quindi... è solo un amico"
"Sì" rispose la bambina bevendo con gusto la sua cioccolata. Nico rimase in silenzio, le mani avvolte attorno alla tazza per riscaldarle, perso nei suoi pensieri: aveva ancora una possibilità con Will. Se non si era mai visto con nessuno in quegli anni forse provava ancora qualcosa per lui. Prese a giocare distrattamente con la fede che portava al dito, perso nei suoi pensieri tanto da non sentire la domanda di sua figlia.
"Papà!" esclamò Victoria, facendo sussultare Nico per lo spavento.
"Sì, Vicky?" domandò il padre, volgendo lo sguardo sulla figlia, che lo osservava scettica.
"Ti senti bene?"
"Certo, perché?"
"Ti ho fatto una domanda ma non mi hai sentito" disse la figlia, paralizzandolo con i suoi occhi inquisitori "Ti ho chiesto quando tornerai a vivere con noi"
"Non lo so, dipenderà da papà Will" rispose Nico, vago. Finirono entrambi le loro bevande e, dopo aver pagato, Nico riaccompagnò la figlia a casa. Quando la fece scendere dalla moto Victoria cercò di mascherare uno sbadiglio, ma il padre se ne accorse comunque. La prese in braccio e la portò al terzo piano, sentendo che si stava lasciando andare, cadendo tra le braccia di Morfeo. Will gli aprì la porta e, quando vide la figlia addormentata in braccio a Nico, gli mostrò la camera della bambina. Il padre entrò nella stanza e posò delicatamente Victoria sul letto, dopo che Will scostò le coperte, togliendole le scarpe e il giubbotto. La coprì e si sedette sul bordo del letto ad osservare rapito il volto sereno della figlia, la quale si era addormentata con un dolce sorriso sulle labbra. Si chinò e le lasciò un bacio sulla fronte, scostandole dal viso una ciocca di capelli corvini. Si alzò a malincuore dal letto e si voltò per uscire dalla stanza, trovandosi però faccia a faccia con Will, che aveva osservato tutta la scena con una stretta al cuore. Aspettò che Nico uscisse dalla stanza per poi chiudere la porta per non disturbare il sonno della figlia.
"Will" lo chiamò l'ex marito e lui si voltò, ma non riusciva a guardarlo negli occhi "Will, ti prego, guardami"
"Cosa vuoi?" rispose riuscendo ad alzare lo sguardo per qualche minuto, riabbassandolo poco dopo. Non riusciva a reggere la vista di quegli occhi scuri che aveva amato, temeva di vederli colmi di rabbia e disprezzo.
"Voglio darti questa" Nico trafficò con la catenina con la fede, togliendosela e consegnandola all'ex "È giusto che ritorni a te"
"Non posso accettarla"
"Non ti sto chiedendo di ritornare con me subito" ribatté Nico, prendendo una mano di Will, posando al suo interno l'anello "Victoria mi ha detto, mentre tornavamo, che la sera della Vigilia di Natale farà una recita a scuola e mi ha pregato di andarci. Siamo a novembre, ti lascio un mese per decidere. Accetterò qualunque cosa mi dirai, anche se non vorrai più vedermi. L'unica cosa che ti chiedo è di non escludermi dalla vita di Vicky, ho perso quattro anni della sua vita non voglio perderne altri" chiuse le dita di Will attorno alla fede, stringendo la sua mano tra le sue "Alla mezzanotte del 24 dicembre mi darai la tua risposta, qualunque essa sia, va bene?"
"Va bene" sussurrò Will, trovando finalmente la forza di alzare lo sguardo ed incrociare gli occhi castani dell'ex marito. Non lesse rabbia o disprezzo nel suo sguardo, com'era giusto che fosse dopo quello che gli aveva fatto, ma una piccola scintilla di speranza che gli illuminava lo sguardo. Nico sorrise, chinandosi per posare un leggero bacio sulla sua guancia.
"Mi sei mancato" bisbigliò all'orecchio di Will, un sussurro appena percettibile, come se fosse il segreto più importante del mondo. Non gli diede il tempo di rispondere, lo superò e uscì dall'abitazione, lasciandolo immobile davanti alla porta della figlia con la sua fede in mano, troppo frastornato per fare qualunque movimento.
***
Novembre passò e lasciò il posto a dicembre. Will pensò che il tempo fosse passato troppo velocemente e il giorno della sua decisione si stava avvicinando con una velocità tale da spaventarlo. Non aveva fatto parola di quella decisione con la figlia e nemmeno Nico l'aveva fatta. A dire il vero non ne avevano più parlato da quella sera. Will aveva concesso all'ex marito di continuare a vedere Victoria, ma non parlavano quasi mai in quei momenti: Nico era troppo preso a recuperare il tempo perso con la figlia, Will d'altro canto continuava a rimuginare sulle parole che gli aveva detto quella sera. Da una parte voleva tanto poter dire di sì, poter tornare insieme a Nico, ma dall'altra... come avrebbe potuto guardarlo negli occhi e dirgli 'ti amo' dopo quello che aveva fatto? Dopo essere scappato e averlo lasciato da solo in prigione ad affrontare tutto senza qualcuno al suo fianco?
Posò lo sguardo sulla schiena di Nico, che era seduto sul pavimento a giocare a scacchi con Victoria, e non poté non pensare a quegli occhi con quella piccola scintilla di speranza. Will sospirò, non sapeva cosa fare.
"Mi dispiace principessa, ma devo andare" disse Nico dopo aver finito la partita a scacchi, facendo riscuotere Will dai suoi pensieri. Nico si alzò e recuperò il lungo cappotto nero dalla sedia della sala, indossandolo, per poi abbracciare la figlia.
"Ricordati che domani c'è la recita" lo ammonì Victoria e il padre rise.
"Come potrei scordarmelo? Sarò nelle prime file, così ti sentirò bene cantare" promise il padre, dandole un bacio sulla fronte. Si rialzò e fece un cenno di saluto col capo "Allora ci vediamo domani sera"
"Sì... a domani" rispose Will accompagnandolo alla porta. Si era fatto tardi e Victoria era andata in camera sua per dormire, mentre il padre si era preparato un tè caldo. Non aveva sonno, la paura gli scorreva rapida nelle vene, facendogli desiderare che la Vigilia di Natale non arrivasse mai.
Che cosa doveva fare?
***
Nico parcheggiò la sua moto nera fuori dall'entrata della scuola, si tolse il casco e spense il motore. Ripose il casco nel vano sotto la sella e si mise le chiavi nella tasca dell'elegante cappotto nero. Prese un profondo respiro ed entrò nell'edificio, il cuore che martellava furioso nel suo petto: quella sarebbe stata la serata della verità. Non negava di aver odiato Will per averlo abbandonato a Los Angeles quando era stato rinchiuso, scappando con la loro bambina. Aveva sofferto per settimane ed era stato decisamente suscettibile, tanto da aver fomentato numerose risse nella mensa del carcere, dove si era procurato la cicatrice all'occhio. Poi, dopo la rabbia e il dolore, era sopraggiunta la tristezza e il senso di vuoto che Will e Victoria avevano lasciato in lui. Si era ripromesso che li avrebbe ritrovati nonostante tutto, che sarebbero ritornati una famiglia, perché in cuor suo amava ancora tanto Will. Però, se quella sera gli avesse restituito l'anello, l'avrebbe perso per sempre. Avrebbe perso per sempre la sua famiglia.
Nico scosse la testa, non voleva pensarci. Chiedendo ad alcune maestre raggiunse l'auditorium, incamminandosi verso le prime file. Seduto in terza fila Nico notò Will seduto con Jackson in una posizione innaturalmente rigida, teso come una corda di violino. Quando Will voltò la testa nella sua direzione lo vide e, stupendo Nico, lo invitò a sedersi nel posto vuoto accanto a lui. Non se lo fece ripetere due volte e prese posto di fianco all'ex marito poco prima che le luci si spegnessero, dando inizio allo spettacolo. Nico vide sua figlia entrare con gli altri bambini, notando che stava scrutando la platea per cercarli. Il padre sorrise e le fece un discreto cenno con la mano per farsi notare e, quando Victoria lo vide, sorrise radiosa nella loro direzione.
Lo spettacolo cominciò e i bambini cantarono in coro tutte le più famose canzoni di Natale, divertendosi e rendendo orgogliosi i loro genitori. All'improvviso un faretto illuminò due bambini al centro del palco: Victoria ed un altro bambino poco più grande dai capelli biondi e gli occhi grigi. Victoria gli aveva accennato di quel bambino, Elijah, dicendogli che era il suo migliore amico.
Victoria ed Elijah cominciarono a cantare, la melodia dolce e lenta accompagnava le loro voci in perfetta armonia. Nico sorrise orgoglioso che la figlia avesse ereditato la passione per la musica del padre. Nico fece scorrere con discrezione la sua mano su quella di Will, posata sul bracciolo della poltroncina, coprendola con la sua. Temette che il marito si potesse ritrarre da quel tocco, ma con suo sommo stupore fece intrecciare le loro dita, accarezzando piano col pollice il dorso della mano di Nico. Riportarono entrambi la loro attenzione sull'esibizione della figlia, senza però sciogliere quel contatto così semplice, ma che racchiudeva tante parole non dette.
***
"Allora, vi è piaciuta la mia canzone?" domandò Victoria raggiante, uscendo fuori dalla scuola insieme alle altre famiglie.
"Sei stata bravissima" si complimentò Will, arruffandole scherzosamente i capelli, facendola ridere "Jackson, tu e Vicky andate pure all'auto. Vi raggiungiamo tra poco"
"Va bene" assentì lui, prendendo la bambina per mano, avviandosi verso l'auto. Will prese Nico per mano e lo condusse sul retro della scuola, nel cortile esterno.
"Penso sia giunto il momento della mia risposta, mancano solo dieci minuti alla mezzanotte" iniziò Will estraendo la fede dalla tasca interna del cappotto. Quando Nico la vide non poté impedire al suo cuore di battere più veloce. Era il momento della verità.
"Qual è la tua risposta?" domandò Nico con il cuore in gola, il fiato che formava piccole nuvolette di condensa di fronte a lui.
"Questi anni sono stati i più duri della mia vita, aggravati dal senso di colpa. Mi sentivo uno schifo per averti abbandonato in quel carcere ad affrontare tutto da solo, ma... semplicemente non ce la facevo a reggere tutto quanto. Nostra figlia che rischiava di tornare in orfanotrofio, tu in prigione... mi sono fatto guidare dalla paura. Dammi del codardo, me lo merito, ma non ho mai avuto la tua forza e la tua tempra. So di non avere scusanti per quello che ho fatto" raccontò Will, chiudendo gli occhi per non far vedere i suoi occhi lucidi.
"Will..." lo chiamò Nico, ma lui lo interruppe.
"Quando sei tornato credevo di trovarti arrabbiato, carico di rancore nei miei confronti. Invece sei sempre stato così gentile, non eri cambiato, era come se il tempo si fosse fermato a prima del tuo arresto"
"Ammetto di essere stato arrabbiato con te per un po', ma poi la rabbia è sparita e ho realizzato che non era colpa tua. È successo tutto così velocemente, troppe cose tutte insieme. Quando sono uscito di prigione il mio chiodo fisso era quello di trovare chi mi aveva incastrato e sbatterlo in galera e di ritrovarvi. Sono riuscito a trovare il vero colpevole, un mio vecchio collega che mi aveva sempre odiato, e mandarlo in prigione e subito dopo sono partito per New York"
"Te lo sei ricordato" mormorò Will, ricordando di aver parlato al marito del suo sogno di cantare nella Grande Mela.
"Io ricordo ogni cosa" rispose Nico, stringendogli le mani tra le sue "Ti prego, torna con me. Non sono più arrabbiato con te, l'unica cosa che mi renderebbe felice è poter riavere la mia famiglia, vi amo troppo per perdervi"
"Io..." Will sciolse la stretta e porse la fede a Nico, il quale sospirò sconfortato "Mettimela al dito" il marito rialzò la testa di scatto e vide Will sorridere. Non se lo fece ripetere due volte: prese la fede e la infilò all'anulare sinistro per poi stringere il marito tra le sue braccia e baciarlo. Le braccia di Nico stringevano la vita di Will in un modo quasi disperato, mentre il marito agganciava le sue braccia al suo collo, intrecciando le dita nei morbidi capelli corvini. Quanto gli era mancato baciare Will: sentire le sue labbra morbide contro le sue, le sue dita lunghe che giocherellavano con i suoi capelli, il suo corpo tonico premuto contro di lui.
Come aveva fatto per quattro anni senza di lui?
Baciava le sue labbra con passione non riuscendo a saziarsene, gli erano mancate come l'aria che respirava. Alcuni minuti dopo si staccarono, rimanendo però abbracciati, nessuno dei due aveva la minima intenzione di sciogliere quel contatto. In lontananza le campane suonavano a festa: era Natale.
"Lo sapevo!" esclamò una voce a loro conosciuta. Nico e Will sciolsero l'abbraccio e videro Victoria ferma ad un paio di metri da loro, le guance rosse e il fiatone, mentre Jackson la raggiungeva poco dopo.
"Scusate, ma non sono riuscito a fermarla" borbottò il ragazzo, ma Will scosse la testa con un sorriso.
"Non fa niente" disse, sciogliendo appena l'abbraccio, permettendo alla figlia di correre da loro, abbracciandoli entrambi. I genitori sorrisero a quell'improvviso assalto e la strinsero a loro volta in un abbraccio, stringendola forte a loro.
"Buon Natale" augurò Nico sorridendo dolcemente al marito.
"Buon Natale anche a te" rispose Will avvicinandosi a Nico, imprigionando nuovamente le sue labbra in un bacio, molto più dolce del precedente.
Per loro, ritornare ad essere una famiglia, era il più bel regalo che potessero mai ricevere.
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