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20. Magia del futuro

La voce profonda e decisa di un uomo che lotta con coraggio per il suo futuro

Piton era rimasto senza sensi solo per pochi minuti, durante i quali Alhyssa e Minerva avevano soccorso Silente, mentre Lupin aveva subito contattato il San Mungo.

Quando riaprì gli occhi, si ritrovò tra le braccia di Alhyssa che stava cercando di fargli bere la pozione Corroborante: era spossato, come mai gli era capitato. L'antico incantesimo aveva bruciato in pochi istanti un'insospettabile quantità d'energia magica, molto più di quanto avesse previsto, e si sentiva svuotato.

Bevve adagio la pozione:

- Silente? – mormorò piano.

- Sono appena arrivati dal San Mungo per prelevarlo. – spiegò Lupin. – Minerva è andata con lui. Si salverà, Severus, ma solo grazie a te!

Lupin gli sorrideva, con quel suo solito sorriso dolce e rassicurante, mentre quello di Alhyssa illuminava la notte, tanto era evidente l'orgoglio che le brillava negli occhi per il suo uomo. Rispose loro con un lieve accenno di imbarazzato sorriso e mormorò:

- Potter?

Il viso di Lupin si rabbuiò mentre indicava i corpi senza vita intorno a loro:

- Da quanto ho capito, la battaglia si è spostata alla Tana e Harry dovrebbe ancora essere vivo, spero!

Severus fece forza sulle braccia cercando di sollevarsi da terra, ma tutto prese di nuovo a vorticare davanti ai suoi occhi. Le mani di Alhyssa lo spinsero ancora ad appoggiare la testa sul suo morbido grembo.

- Ora hai bisogno di riposo. – affermò risoluta.

- Non credo che ce ne sia il tempo. - mormorò a fatica.

- Non sarai di alcuna utilità se non riesci a reggerti in piedi. – ribatté nervosa.

- Se arriveremo troppo tardi, non saremo di utilità nemmeno per noi stessi! – sibilò, cercando cocciuto di alzarsi.

Alhyssa gli porse l'ultima fiala di pozione Corroborante della scorta e guardò Lupin:

- Tu vai avanti. Ti raggiungeremo non appena quest'adorabile testardo riuscirà a reggersi in piedi ed io non potrò più impedirgli di fare una pazzia!

Lupin sorrise, comprensivo, e si smaterializzò.

Erano rimasti soli, sul buio e insanguinato campo di battaglia, dove gli occhi spalancati di Mangiamorte e Auror caduti ricordavano loro l'orrore della guerra che Voldemort aveva di nuovo scatenato per l'insana ricerca del potere assoluto.

Ma negli occhi di Severus e Alhyssa c'erano ben altri messaggi:

- Ancora non ho avuto il tempo di dirti quanto ti amo, Severus, e già ho rischiato di perderti troppe volte! - sussurrò chinandosi a sfiorargli le labbra.

Il mago rispose al dolce bacio, rilassandosi tra le braccia amorevoli della sua donna.

- Ti amo, ti amo troppo per lasciarti andare ancora a rischiare la vita.

Le sorrideva silenzioso, beandosi delle sue parole, abbandonandosi alle carezze, perdendosi nel radioso sorriso.

Poi si sollevò a sedere e allungò un braccio, circondandole le spalle e adagiandola delicato a terra. La testa non gli girava più. Scese adagio a sfiorarle le labbra e il viso, mentre con la mano le accarezzava i capelli sparsi tra l'erba scura del parco.

- Ti amo e non ti lascerò mai! Nulla potrà mai separarmi da te, nulla! – e l'impeto del suo lungo e appassionato bacio dimostrò con i fatti le intenzioni.

Poi tornò a rimirarla, sorridendo al volto arrossato di lei e leggendole negli occhi lo stesso irrefrenabile desiderio. La strinse più forte a sé, premendo col bacino sul suo ventre, affinché anche lei avvertisse chiara la sua eccitazione, mentre sussurrava con voce roca:

- Ti desidero, ti desidero da impazzire!

Un nuovo, interminabile e ardente bacio arroventò ancora di più la loro bramosia.

Poi Severus si staccò dalla bocca della maga, con immane sforzo, e si sollevò sulle braccia, ansimante, mentre il petto di Alhyssa si sollevava nel respiro affannato del desiderio. Le sorrise ancora, con dolcezza, mentre con la mano percorreva lieve il profilo del viso e scendeva sul petto ansante e poi giù, lungo il ventre.

Socchiuse gli occhi per un istante e si obbligò a fermare la mano, mordendosi piano le labbra. Tornò quindi a sfiorarle la bocca, lieve, con la punta delle dita sottili, mentre nelle scintillanti iridi nere bruciava impetuosa la fiamma della passione.

- Ti amo immensamente, mia dolce e meravigliosa Alhyssa che hai saputo ridarmi la vita, l'amore e la speranza! Io oggi sono rinato: dall'inferno dei ricordi del mio passato è emerso un uomo nuovo che tu, solo tu hai creato. Ed io ti amerò per sempre, per tutta la vita!

La maga sorrideva guardando quell'uomo meraviglioso: Severus, il suo Severus! Gli splendidi occhi neri brillavano nell'oscurità solo per lei, le labbra desiderabili sorridevano solo a lei, le sue mani dolci e delicate fatte solo per accarezzarla: nessun sogno poteva essere più bello!

Ma il mago si era già alzato in piedi e le tendeva la mano: l'aura magica si stava rigenerando con incredibile velocità. Anche se era più sottile rispetto al solito.

- Era forse magica la pozione che ti ho fatto bere? – chiese stupita.

Severus rise.

Com'era bello quando rideva felice! Era la prima volta che lo vedeva ridere e avrebbe dato chissà cosa affinché continuasse.

- La magia è in te, Alhyssa, nei tuoi trasparenti occhi verdi e nel tuo splendido e luminoso sorriso!

La sua voce era un soave sussurro vellutato mentre l'attirava di nuovo a sé:

– Ed io ti voglio solo per me, per sempre!

Le sue labbra erano così vicine che sentiva il respiro tiepido mischiarsi al suo, mentre si perdeva negli infiniti occhi neri.

- Vuoi sposarmi, Alhyssa?

Un sogno meraviglioso l'avvolgeva tra le calde braccia, e il suo cuore stava impazzendo. Dov'era finita la sua voce? Perché non riusciva più a respirare? Perché diavolo stava piangendo se era così immensamente felice?

- Sì, amore mio. Sì, sì, sì!

Si strinse a lui, con tutte le forze, mentre le labbra di Severus tornarono, ancora una volta, a congiungersi alle sue, con immenso amore, con passione infuocata, con dolcezza infinita...

Rimasero abbracciati a lungo, intimamente fusi nel bacio che sembrava non avere mai fine, persi l'uno nell'altro.

Infine Severus si obbligò a riprendere il controllo di sé: era ancora esausto, ma non poteva attendere oltre. In quello stesso momento, in un altro luogo, degli uomini lottavano, rischiando la vita anche per il suo futuro: il suo posto era con loro!

Allentò l'abbraccio e sospirò:

- Dobbiamo andare: ogni minuto è essenziale per la nostra vittoria.

- Sei ancora molto debole. – mormorò la maga, pur se con poca convinzione – Consumeresti tutta la tua energia se ti smaterializzassi ora!

- Forse c'è un altro modo - valutò pensoso, indicando dei grossi rami a terra – Possiamo trasfigurarli in scope: la Tana è abbastanza vicina da raggiungerla anche in volo.

- Beh... sì, si potrebbe fare.

Severus si stava chinando a raccogliere un ramo, ma Alhyssa glielo tolse di mano con fermezza:

- Ci penso io. La tua energia è troppo preziosa.

Era una strana sensazione, mai provato in vita sua, neppure da bambino: qualcuno si stava occupando di lui! Una strana, confortante e piacevole sensazione che, però, non gli impedì di borbottare:

- Spero saprai scegliere un modello sportivo e veloce!

Un minaccioso lampo verde uscì dagli occhi di Alhyssa:

- Credi che una Thunderburst sia abbastanza sportiva per te?

Si lasciò sfuggire un incredulo fischio d'ammirazione:

- Il nuovo modello è già uscito sul mercato?

La maga stava già praticando il complesso incantesimo di trasfigurazione sui due rami e pochi istanti dopo gli porse la sua fiammante Thunderburst, dicendo rassegnata:

- Va bene: possiamo andare.

Montarono sulle scope e si levarono rapidi in alto, molto in alto, celandosi quanto più possibile agli sguardi increduli dei Babbani.

Forse era più debole di quanto stimato: aveva preteso molto da se stesso negli ultimi giorni e, a pensarci bene, non ricordava neppure quando avesse mangiato o dormito l'ultima volta. Inoltre, la perdita improvvisa di una così grande quantità di energia magica gravava sul suo fisico, rendendogli più difficile il compimento di qualsiasi movimento. Dopo pochi minuti, controllare la scopa era diventata un'impresa difficoltosa che richiedeva la massima concentrazione. Si mise dietro ad Alhyssa per sfruttarne al massimo la scia e stabilizzare il volo. All'elevata altitudine il freddo era intenso e profondi brividi cominciarono a scuotere il suo corpo, già debilitato. A mano a mano che il tempo passava, reggersi in sella richiedeva uno sforzo di volontà sempre più faticoso e doloroso: ma non aveva intenzione di cedere, per nulla al mondo, e nemmeno di precipitare!

Infine Alhyssa indicò qualcosa a terra, ancora in lontananza, e si girò verso di lui. Gli fu subito chiaro che aveva compreso all'istante le sue difficoltà: la preoccupazione si diffuse sul bel volto mentre gli si affiancava, cercando di sostenerlo da un lato. Gliene fu immensamente grato: la vista si stava di nuovo annebbiando e non sarebbe mai riuscito ad atterrare senza aiuto.

- Maledizione, Severus, perché non mi hai avvertito che non ce la facevi più?

- Ce la faccio, ce la faccio benissimo, che cosa credi...

La voce era solo un flebile sussurro. Fece appello a tutta la sua ferrea volontà e riuscì a produrre qualcosa di simile a un sorriso. Poi, penosamente, si raddrizzò, il volto madido di sudore nell'aria gelida.

Alhyssa scosse desolata il capo: gli passò un braccio attorno alla vita e cercò di guidarlo nell'atterraggio, temendo che perdesse i sensi e scivolasse giù dal manico di scopa.

Tuttavia, non cadde: non sapeva come era riuscito a farcela, ma resse caparbio fino alla fine. Anche se era davvero allo stremo e, quando infine percorse i primi passa a terra, barcollò pericolosamente.

Alhyssa l'aveva fatto scendere discosto dal punto in cui la battaglia infuriava, affinché potesse riprendere fiato dopo aver sorbito le ultime preziose gocce di pozione Corroborante.

Lo guardava con tenerezza, accarezzandogli i capelli mentre gli sussurrava:

- Ti amo, ti amo immensamente mio testardissimo mago!

Gli sfuggì un sorriso felice: Alhyssa era così bella ed era sua, solo sua!

Seppure il viaggio lo avesse prostrato fisicamente, l'aura magica era migliorata. Ad ogni buon conto, ormai, non c'era più tempo per nulla: davanti a loro si profilava la disfatta degli Auror, ridotti a uno sparuto gruppetto asserragliato con le spalle al muro del vecchio garage: ma Harry Potter era ancora vivo e combatteva con coraggio.

Mentre si avvicinavano ai compagni, notarono diversi corpi a terra: molti erano feriti, ma c'erano ancora altri morti, come nel parco dei Babbani.

La lotta era stata feroce e gli Auror rimasti erano rassegnati alla sconfitta. L'improvvisa e inaspettata comparsa di Piton gettò per un istante lo scompiglio tra i Mangiamorte.

Poi Bellatrix si parò decisa davanti a lui:

- Ebbene, hai deciso di venire a morire, lurido traditore? – lo aggredì con la vocetta stridula e acuta, intaccata dalla pazzia di Azkaban.

- Non è te che cerco. – sibilò Piton, cercando di aggirarla.

Un lampo viola esplose dalla bacchetta della maga, deviato dalla pronta risposta di Piton. Trovarsi in mezzo alla battaglia sembrava aver acuito i suoi sensi e migliorato le risposte del suo fisico. O, forse, era solo l'effetto delle ultime gocce della pozione.

Si girò rapido verso Alhyssa, facendole cenno di affiancarsi a Potter, quindi si dispose ad affrontare Bellatrix:

- Eccomi, Bella!

La maga si slanciò urlando verso di lui, con un'incredibile furia, gli occhi dilatati dall'eccitazione della battaglia:

- Hai osato tradire il Mio Signore, Severus, ed io lo vendicherò!

Piton pronunciò rapido un incantesimo e un solido scudo trasparente si frappose tra lui e la maga esagitata che, senza quasi avvedersene, vi sbatté contro con violenza, ruzzolando a terra per rialzarsi con elasticità, nonostante la profonda ferita sulla schiena. Bellatrix esplose in rapida successione tre raggi letali che s'infransero senza danni contro lo scudo, mentre Piton si spostava di fianco prendendo con cura la mira e le parole della maledizione mortale affioravano inconsciamente sulle sue labbra.

Avrebbe ucciso ancora, come tante altre volte in vita sua?

Fu solo uno schiantesimo di eccezionale potenza che eruppe dalla bacchetta mandando Bellatrix a ruzzolare lontano, ancora viva ma ormai esclusa dalla battaglia.

All'improvviso due occhi di fuoco furono davanti a lui e vi poté leggere tutto lo sbalordito stupore di Voldemort nel rivederlo, vivo, nel pieno della lotta.

Fu solo un istante, poi l'Oscuro Signore diresse di nuovo il suo potente attacco su Harry, che si trascinava a fatica, ferito a un fianco. Piton spedì veloce il suo scudo a proteggere il ragazzo e l'urlo di delusione dell'Oscuro lacerò l'aria, mentre si girava furioso:

- Perché non combatti contro di me, Severus, invece di proteggere anche tu quel dannato ragazzino? – sibilò iroso il potente mago. - Non vuoi, infine, misurarti col tuo antico Signore? Non vuoi provare a uccidermi?

- Purtroppo non è destino che sia io a ucciderti, Oscuro Signore! – urlò Piton per sovrastare i rumori dello scontro.

- La profezia! Tu la conoscevi, maledetto! – tuonò Voldemort – Ma sei sempre riuscito a celarla alle incursioni della mia mente!

Con uno scatto ferino si precipitò verso di lui, mentre dalla bacchetta fuoriuscivano piccoli e micidiali serpentelli che tentarono di immobilizzare le braccia e le gambe di Piton. Il mago arretrò veloce, mentre un cerchio di fuoco uscì turbinando dal suo legno magico, neutralizzando in rapida successione i piccoli e letali rettili che scomparvero in nere volute di fumo.

- Questa volta distruggerò per sempre la tua mente! – urlò ancora Voldemort scagliandogli addosso un nuovo e potente sortilegio che, come un insidioso uragano di dolore, avvolse con inaudita violenza il mago che si sentì trascinare verso l'Oscuro.

Fu Alhyssa a intervenire, e il mortale raggio rosso eruttato dalla sua bacchetta colpì in pieno petto Voldemort che, per un istante, barcollò.

Il vortice che aveva avvolto Piton si dissolse all'istante, mentre un'agghiacciante risata si levava dalle labbra sottili e, quando ne rimase solo l'eco, le sue parole risuonarono terribili nel più totale silenzio:

- Io sono immortale!

Piton si era precipitato verso Harry, rintanato dietro lo scudo di protezione, che premeva con forza la mano sulla cicatrice dalla quale si stava irradiando un atroce dolore. Alhyssa, invece, fronteggiava Voldemort spalleggiata da Lupin che, trascinandosi a fatica su una gamba, era appena riuscito ad affiancarla.

- Ignora il dolore, Potter. E' Voldemort a dartelo, ma tu devi ignorarlo! – gli urlò Piton nelle orecchie, cercando di levargli le mani dal viso – Sgombra la mente da ogni pensiero, o non avrai sufficiente lucidità per opporti!

Per la prima volta in vita sua, Harry si sforzò di ubbidire a Piton e tolse le mani dal viso, guardandolo negli occhi. Lo scudo di protezione rimbombò assorbendo un'altra maledizione di Voldemort che, però, cominciò a scalfirne la levigata superficie.

Gli occhi di Piton stavano trapassando quelli di Harry mentre ancora lo esortava:

- Svuota la mente, Potter, opponiti al dolore!

Harry cercava di focalizzare le immagini che il professore gli stava proiettando con forza nella mente, immagini di pace e tranquillità, di luce e armonia. Cercò con tutte le forze di annullare ogni pensiero per far posto alle visioni serene che Piton continuava a fargli apparire nella mente, e alla fine funzionò! Il dolore diminuì all'improvviso d'intensità e il ragazzo rivide il viso pallido e teso dell'insegnante a pochi centimetri dal suo. La cicatrice aveva smesso di bruciare e pulsare.

Una nuova maledizione s'infranse con potenza sullo scudo provocando una prima incrinatura che si propagò lenta sulla superficie. Alhyssa e Lupin cercavano invano di tenere occupato Voldemort col loro attacco, ma il potente mago sembrava davvero un essere soprannaturale e schivava senza difficoltà i loro colpi mentre si concentrava sul suo principale scopo: distruggere lo scudo di protezione evocato da Piton.

Ancora una formidabile esplosione e le crepe si fecero più profonde: Piton sapeva che lo scudo non avrebbe potuto reggere a lungo a un attacco così furioso.

- Harry Potter è infine giunto il tuo momento! – sibilò con durezza. – Lancia la tua maledizione mortale su Voldemort: solo tu puoi ucciderlo!

Gli occhi del ragazzo brillavano nella notte, carichi di terrore.

Il professore incrociò per un attimo il suo sguardo smarrito, prima che Harry lo posasse su Voldemort e sui maghi che ancora combattevano nella notte che si andava mutando in alba.

Un nuovo giorno stava per giungere, dove tutto sarebbe stato diverso. Ma chi avrebbe visto il sorgere del sole? Lo sciocco ragazzino, insicuro e pieno di terrore, la cui mano già tremava, o il potente mago Oscuro, colui che era tornato trionfante dal regno della morte e ora si dichiarava immortale?

La risposta sembrava così dannatamente ovvia!

La maledizione mortale, che Alhyssa gli aveva scagliato in pieno petto, lo aveva fatto vacillare solo un attimo. Piton si chiese che valore potesse mai avere la profezia di quella maga da strapazzo: eppure il loro mondo, da sedici anni, si reggeva su quelle poche e oscure parole.

Un altro sibilo, un nuovo intenso raggio di luce, un ulteriore scoppio. Forse l'ultimo: poi non ci sarebbe stato più alcuno scudo da distruggere.

- Lancia la tua maledizione, Potter: adesso! – ordinò Piton.

Vide Harry sollevare il braccio tremante mentre le labbra si muovevano, senza che ne uscisse alcun suono. Si pose deciso al suo fianco, ponendogli con fermezza una mano sulla spalla, mentre con l'altra bloccava il tremore del braccio che reggeva la bacchetta:

- Fallo per tua madre, Harry, per tuo padre, per il mondo intero, ma fallo subito, dannazione!

I giovani occhi verdi erano dilatati dal terrore e il sudore gli colava in pesanti gocce lungo le tempie. Il mago sapeva quali forti emozioni stava provando il ragazzo: ciò che lui stesso aveva sempre provato ogni volta che stava per uccidere un essere umano, ciò contro il quale aveva sempre dovuto lottare con forza, ciò che rendeva così difficile quell'atto.

Eppure, non c'era scampo: doveva farlo!

Il rumore di mille vetri infranti sancì la scomparsa della loro protezione, mentre l'Oscuro Signore troneggiava immenso.

Piton strinse la mano su quella del ragazzo e gli fece puntare la bacchetta sul cuore di Voldemort, poi avvicinò le labbra all'orecchio di Harry e disse:

- Pronuncialo con me!

La voce profonda e decisa di un uomo che lotta con coraggio per il proprio futuro.

La voce acuta e incerta di un ragazzo predestinato suo malgrado a salvare il futuro del mondo.

- Avada Kedavra!

Un lampo verde, fragoroso nel suo sibilo silenzioso, trafisse il cuore di Voldemort, aprendo una voragine nera e per un istante il corpo parve dissolversi in quell'oscurità.

Poi un irreale urlo di terrore, senza alcun suono, spalancò le labbra piatte e sottili da cui eruttarono tutti i mali mostruosi racchiusi in quell'essere demoniaco. Sottili ombre nere cominciarono a roteare nell'aria, risucchiandola e ghiacciandola al loro passaggio.

Piton arretrò spingendo Harry dietro al proprio corpo, in un ultimo, disperato gesto di protezione.

All'improvviso il corpo di Voldemort ricomparve davanti a loro, mentre si disgregava adagio. L'urlo muto che usciva dalle sue labbra cominciò a riempirsi di un suono terrificante, l'eco potente di migliaia d'altre voci che reclamavano infine una tremenda vendetta, troppo a lungo negata.

Uno spettacolo spaventoso stava avvenendo davanti ai loro occhi.

Voldemort, l'essere che si era dichiarato immortale, aveva negato la propria morte ed era riuscito a rigenerare il proprio corpo, ora appariva quello che davvero era: un involucro imputridito, senza vita, sorretto solo dall'immensa forza di volontà.

All'improvviso un profondo silenzio risuonò nella notte.

Le braccia di Voldemort, protese in avanti con la bacchetta, cominciarono a raggrinzirsi, a restringersi, a trasformarsi in polvere impalpabile, mentre lo stesso accadeva al suo corpo, che si disintegrava sotto l'ampio mantello nero. Una cascata di cenere riempì l'aria, mentre due scintille rosse emanavano gli ultimi, lenti e tenui bagliori, fino a spegnersi nella notte e il manto e il cappuccio si afflosciarono, completamente cavi, e crollarono infine a terra.

Immobili.

Vuoti.

*

Era tutto finito, vana ogni ulteriore resistenza. I Mangiamorte lo sapevano e tutti i duelli erano cessati.

Le prime luci dell'alba erano vicine. Sembrava che nessuno osasse muoversi, ardisse rompere il silenzio immobile.

All'improvviso Alhyssa ebbe uno spasmo e non riuscì a reprimere un lieve grido. Si appoggiò a Remus per non cadere.

Un istante dopo Severus la stava adagiando a terra, un terrore infinito a oscurare i suoi occhi, mentre con lo sguardo abbracciava preoccupato il corpo della sua donna.

Non appariva ferita, sembrava che nessun incantesimo l'avesse sfiorata.

Eppure, adesso che ogni pericolo era cessato, sembrava avere ceduto all'improvviso e rimaneva abbandonata a terra, fra le sue braccia tremanti, la mano appoggiata sul ventre in un materno gesto di protezione.

Le iridi nere di Severus scintillarono intensamente, come mai prima d'allora, mentre si chinava sulla sua Alhyssa e la abbracciava delicato. Infine la sua mano scivolò lieve sul ventre, fino a raggiungere e sovrapporsi piano a quella di lei, a proteggere e amare con tutto se stesso quella fragile e forte, piccola, nuova vita.


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