17. Sangue, salvezza e scelte
Poteva solo rispettarlo: per il suo dolore, il suo coraggio, la sua paura, la sua
profonda umanità. Solo quello. Nulla di più, nulla di meno.
Piton stava scendendo sempre più in basso nei sotterranei e i vecchi ricordi lo assalirono, insieme all'aria fredda intrisa di umido e muffa. Gli pareva di sentire ancora, come in un tempo lontano, le grida dei prigionieri torturati, di udire sempre le stesse risate di scherno dei Mangiamorte, dei suoi amici di allora.
Erano passati vent'anni dalla prima volta che era sceso dai gradini scavati nella roccia: un'intera vita era trascorsa, mille rimorsi nei suoi pensieri.
Ma non c'era tempo per i ricordi: aveva scoperto che Voldemort aveva catturato il giovane Weasley e la Granger e saputo da loro dove trovare Potter. Doveva avvertire al più presto l'Ordine, ma prima doveva tirare fuori di lì i due ragazzi.
Si avvicinò alla porta della cella: Lucius era così sicuro di sé da non averla neppure sigillata con la magia.
Due settimane ad Azkaban gli avevano scavato le guance, dalla pelle liscia e curata, e inciso profonde rughe sulla fronte altera. Gli occhi avevano perso la trasparenza del ghiaccio e nel suo bel viso l'innata eleganza aveva lasciato il posto a una distaccata insania.
Malfoy era chino sulla Granger e i suoi gesti erano inequivocabili. Il giovane Weasley, serrato da funi magiche in un angolo della cella, assisteva impotente e terrorizzato alla scena.
La ragazza era a terra, immobilizzata al centro della cella da un incantesimo Bloccante. La maglietta leggera, in parte strappata e sollevata, mostrava i piccoli seni sodi, appena sbocciati. Il suo petto si sollevava spasmodico mentre Lucius, brutale, le strappava di dosso i jeans aderenti.
Piton entrò nella cella come una furia indemoniata, lanciandosi verso il Mangiamorte:
- Bastardo! Potrebbe essere tua figlia!
Negli occhi di Malfoy brillava un'immonda eccitazione:
- La vuoi anche tu, Severus? Dovrai metterti in coda, per una lunga attesa! - proruppe in un'altezzosa e blasfema risata – Il primo sarò io: lo sai quanto mi piacciono le vergini!
Piton vide nello sguardo disperato della ragazza lo stesso terrore già incontrato negli occhi di Alhyssa.
Malfoy, incurante della sua presenza, le aveva strappato via i pantaloni gettandosi smanioso su di lei, gridandogli:
- Dovrai aspettare il tuo turno, Severus. Ma c'è anche il ragazzo, se vuoi divertirti nel frattempo! Io mi faccio solo le donne, lo sai!
Piton sentiva montare in sé un'ira cieca e furiosa, una sensazione sconosciuta e incontrollabile. Si avvicinò a Malfoy e lo agguantò per le spalle per lanciarlo con immane sforzo contro la parete di lato. Il mago picchiò con violenza la testa e cadde a terra svenuto, mentre i lunghi capelli biondi si tingevano di rosso.
Piton si chinò veloce sulla ragazza e, senza parlare, la liberò dall'incantesimo Bloccante. Hermione, terrorizzata, cercò di raggomitolarsi per sfuggire al contatto della mano allungata dal verso il suo seno.
Il mago comprese e bloccò il gesto:
- Stai tranquilla, signorina Granger, non avere paura di me. – sussurrò con lenta dolcezza - Io non ti farò del male, devi fidarti di me.
Le stava sorridendo, un dolce sorriso rassicurante: i suoi occhi non lasciavano quelli della ragazza, cercando di infonderle fiducia.
Riprese ad allungare la mano, con estrema lentezza, questa volta verso il viso di Hermione, per una dolce, lenta e delicata carezza sul visetto terrorizzato. Infine, con dita leggere, quasi senza sfiorarle il corpo, le abbassò la maglietta strappata, di nuovo a coprire i piccoli seni appena sbocciati.
Gli occhi neri brillavano nell'oscurità, mentre con lo sguardo accarezzava appena il resto del corpo nudo di Hermione. Si tolse il mantello, la sollevò delicato fra le braccia e ve la avvolse con cura, coprendo le acerbe nudità. Infine la depose in un angolo, vicino al giovane Weasley.
S'inginocchiò al suo fianco: nei pochi attimi in cui l'aveva avuta tra le braccia l'aveva sentita tremare, proprio come Alhyssa.
Non poteva ancora lasciarla sola.
Mentre tornava a stringerla rispettoso tra le braccia, le sussurrò piano, con rassicurante dolcezza:
- Non aver paura, piccola, è tutto finito. Vi porterò fuori di qui. Va tutto bene ora. - mormorò scostando le lunghe ciocche ribelli di capelli dagli occhi. - Stai tranquilla, tranquilla piccola, ci sono qui io, adesso. – e le sue mani carezzavano delicate il visetto che cominciava a osservarlo con occhi diversi.
Di fianco, il giovane Weasley lo squadrava con un'assurda espressione sul viso: difficile capire se ancora prevalesse il terrore dettato dagli avvenimenti appena occorsi, oppure la totale incredulità per ciò che i suoi occhi stavano vedendo, e le sue orecchie udendo.
Con un veloce gesto in aria della mano, Piton liberò Il ragazzo dalle funi magiche che lo immobilizzavano e gli sorrise.
- Bene, signor Weasley, ora dovrai occuparti tu di Hermione. – disse, facendo un cenno in direzione di Malfoy che si stava movendo. – Stalle vicino!
Rivolse un ultimo sguardo alla ragazza, ricambiando il timido sorriso che cominciava a rischiararle il visetto pallido e spaventato, e la consegnò alle timorose braccia di Ron.
Infine si girò di scatto, sguainando la bacchetta e parandosi davanti ai ragazzi mentre Lucius, furioso e privo di controllo, si dirigeva contro di lui, brandendo minaccioso il pomo dell'elegante bastone che celava il suo legno magico.
Lunghe ciocche dei biondissimi capelli erano intrise del sangue che usciva dalla profonda ferita sulla testa e gli colava lento sulla fronte e sull'occhio:
- Togliti di mezzo!
- No! Non la violenterai! Non violerai anche la purezza di questa ragazza. – rispose Piton minaccioso. - Questa volta te lo impedirò!
Malfoy si bloccò: strali ghiacciati lampeggiavano nei suoi occhi e sprazzi di scintille sfrigolavano dalla punta della bacchetta.
Piton era immobile, la maledizione di morte già pronta sulle labbra e il legno magico già puntato.
La comprensione si delineò chiara sul viso di Lucius, che eruppe in un'oscena e spregevole risata:
- Alhyssa, la tua Alhyssa! – esclamò con voce piena di derisione – Ora ricordo: ma sì, era lei, era proprio lei!
Ancora la lugubre e oltraggiosa risata:
- L'ho violentata a lungo, ripetutamente, per giorni e notti! Sai, devo ammettere che mi sono proprio divertito con lei!
Gli occhi di Severus erano lava incandescente: nulla avrebbe più potuto impedirne la definitiva eruzione. Era vicinissimo a Malfoy, la bacchetta puntata al suo cuore:
- Voglio vedere il tuo sangue, il tuo purissimo sangue di mago, Lucius. – sibilò piano, la voce traboccante di disprezzo, mentre il fuoco dei suoi occhi ardeva incontrollabile - Per sputarci sopra, dopo averti cancellato dal mondo!
Un lampo di paura passò improvviso negli occhi di Lucius, scacciando per un breve istante la luce di follia che vi aveva trovato recente dimora.
- Gladius! – tuonò Piton e la bacchetta si trasformò in un fioretto dalla punta acuminata.
Un solo movimento, calmo, deciso e profondo: la punta della lama trapassò adagio il petto di Malfoy, penetrando a fondo nella carne, fino all'elsa, a trafiggerne il cuore da parte a parte.
Un altro gesto, rapido e sicuro, e Piton estrasse in un sol colpo il fioretto. Un fiotto di sangue seguì l'arma, rosso e caldo.
Senza neppure un grido, il mago biondo cadde di schianto in ginocchio, lo stupore negli occhi di ghiaccio. Portò le mani al cuore, dove il sangue sgorgava con forza. Poi le contemplò, grondanti di sangue, stupefatto.
- Non stupirti, Lucius: il tuo nobile e purissimo sangue di mago ha lo stesso colore di quello di un Babbano. – sibilò piano. - E' lo stesso identico sangue, rosso, che circola nelle vene dei Babbani da te tanto vituperati!
Gli occhi di ghiaccio di Lucius erano fissi nel fuoco nero delle iridi di Severus, mentre la pozza di sangue si allargava ai suoi piedi.
Non c'era pietà sul volto pallido e dignitoso del mago bruno.
- Non ho tempo per guardarti morire, Lucius. Ho cose più importanti da fare.
L'ultima cosa che gli occhi alteri di Malfoy videro furono le spalle di Piton che si allontanava. Poi il buio calò su di lui e furono solo le sue orecchie a udire ancora il suono dei pesanti passi del mago.
L'ultimo suono.
In fondo alla cella buia, Ron Weasley fissava Piton con gli occhi sbarrati dal terrore.
Il mago stringeva di nuovo tra le mani la bacchetta. Lontano, Malfoy giaceva immobile nel suo nobile sangue.
Hermione Granger era ancora a terra, le spalle appoggiate alla parete umida, sempre avvolta nel mantello del professore: Ron era inginocchiato al suo fianco e teneva in mano i jeans della ragazza, il volto rosso di profondo imbarazzo.
Piton afferrò i pantaloni e fece per aprirle il mantello, ma il viso pallido della ragazza divenne di fuoco.
- Weasley, vai a controllare che nessuno arrivi. – ordinò secco il professore.
- E... il padre di Draco? – balbettò.
- Non darà più fastidio a nessuno. È morto. – spiegò con una dura inflessione nella voce. – Ora vai!
Tornò a rivolgersi a Hermione, di nuovo con un rassicurante sorriso sul volto. Le mutandine della ragazza erano a terra, strappate dalla ripugnante foga di Malfoy.
Delicato le scostò il mantello e subito individuò, sul basso ventre, lo stesso segno dell'incantesimo Bloccante già visto sul corpo di Alhyssa, solo meno profondo.
- Non avere paura: ti libererò dal dolore, povera piccola. – la sua voce era un sussurro vellutato, lo sguardo fisso al suo volto. - Ma devi permettermi di toccarti: ti sfiorerò appena, non temere!
Gli occhi di Hermione erano enormi nel buio della cella.
Il professore le strinse forte la piccola mano tra le sue e la ragazza fece un impercettibile cenno d'assenso.
Piton le avvicinò adagio la mano al ventre e la pose appena sopra al pube, mentre i luminosi occhi neri, fissi in quelli dell'allieva, parevano rischiarare il buio attorno a loro.
A poco a poco Hermione percepì una sensazione di calore sempre più intensa, laddove il professor Piton appoggiava lieve la mano. Le sembrava che il dolore uscisse dal suo corpo, attirato dal caldo contatto.
All'improvviso si rese conto che l'arto del professore si gonfiava, diventando sempre più bollente e livido. Non percepiva più alcun dolore: il mago l'aveva convogliato nella propria mano che adesso pulsava in modo evidente.
Un tremito percorse il suo giovane corpo, mentre fissava lo sguardo negli occhi neri che scintillavano come diamanti. Si chiese quante cose non avesse mai compreso di quell'uomo incredibile, a partire dalla sua acuta e delicata sensibilità. Quell'uomo sorprendente, sempre reputato un orso scorbutico, che ora invece l'avvolgeva nel rassicurante abbraccio della sua infinita e rispettosa dolcezza.
Hermione infine sorrise all'uomo che solo in quel nero momento di disperazione aveva imparato a conoscere. Il mago la ricambiò appena, sfiorandole ancora la guancia con una tenera carezza. Quindi le porse i jeans e l'aiutò a infilarli. Infine le sussurrò:
- Grazie al cielo con te, almeno con te, sono arrivato in tempo!
La ragazza alzò lo sguardo nelle iridi scintillanti del mago, una lacrima a scenderle lenta sulla guancia.
Piton tese la mano verso il viso di bimba spaventata e lei gli si gettò fra le braccia, singhiozzando disperata, la paura e il dolore patiti nelle ultime ore che si stemperavano nel pianto liberatorio.
Il professore la strinse piano, con dolce rispetto, carezzandole piano testa e capelli. Infine la staccò da sé asciugandole delicato le lacrime.
Hermione lo fissò ancora una volta negli occhi: non li aveva mai visti così profondi, pieni di rassicurante dolcezza e della luce che sapeva rischiarare la notte del suo terrore.
Ancora una volta si abbandonò al calore delle sue mani che stringevano delicate e rispettose il suo corpo, si rifugiò nell'abbraccio rassicurante che sapeva riportarla nel suo abituale mondo, cancellando l'orrido interludio.
Ma il mago la sciolse ancora dal paterno abbraccio:
- Mi dispiace, piccola, ma devi essere forte. – sussurrò piano – Vorrei poterti lasciare il tempo necessario per assorbire tutto quanto, ma è proprio il tempo la cosa che più ci manca. Devo portarvi fuori di qui, al più presto!
La prese per mano e la guidò alla porta della cella dove Ron parve sollevato vedendo l'amica rivestita.
- Non c'è nessuno, Professore. Assolutamente nessuno!
Piton raccolse da terra il mantello e vi armeggiò per pochi istanti, quindi porse loro una provetta:
- Una goccia e rimarrete invisibili per dieci minuti. Seguitemi da vicino: vi porterò fuori di qui e mi smaterializzerò portandovi con me.
Hermione lo squadrò con sussiego:
- Professore, lei non può smaterializzarsi con due ospiti. Nessun mago, per quanto potente, può fare una cosa simile. Sul volume quinto di Storia della Magia è riportato un unico caso in cui è stato effettuato un tentativo del genere e il risultato è stato...
Piton trattenne a stento un ironico sorrisetto, cercando di arginare l'incredibile fiume di parole:
- Per una volta, una sola volta nella tua vita, vuoi tenere chiusa quella tua bocca, signorina SoTuttoIo?
Ma c'era un sorriso aperto sul suo volto, ora, e il tono della voce era amabilmente divertito.
Hermione ammutolì, mentre Ron sbarrava gli occhi dalla sorpresa.
- Vuoi fidarti di me, Hermione? Ancora per una volta? – sussurrò il mago tendendole la mano.
La ragazza guardò di nuovo in fondo agli scintillanti occhi neri, infine uscì in una risatina imbarazzata. Poi allungò adagio la mano a incontrare quella di Piton:
- Sì, Professore: io mi fido di Lei!
*
Quando si materializzò a Grimmauld Place, con i ragazzi tra le braccia, Piton era esausto.
Barcollò un attimo, mentre la vista tornava a fuoco. Era stato un azzardo portarli entrambi con sé, pur se aveva frazionato il percorso in più tratti. Ma ce l'aveva fatta: nei loro occhi leggeva la grande ammirazione per ciò che era stato in grado di compiere.
In pochi istanti alcune persone furono intorno a lui e Alhyssa gli si buttò fra le braccia, facendogli quasi perdere l'equilibrio. Era indebolito: l'ultimo tratto del lungo percorso aveva bruciato quasi del tutto le sue residue energie.
Alhyssa parve capire subito il problema e senza parlare gli frugò rapida nel mantello: un istante dopo gli porgeva, sorridendo preoccupata, la fiala della pozione Corroborante. La svuotò in un unico, lungo sorso, infine ricambiò il sorriso stringendole forte la mano.
In poche parole le riferì l'accaduto e la maga si allontanò veloce alla ricerca di Malocchio. Si lasciò cadere sfinito sul divanetto facendo cenno a Hermione di accomodarsi vicino:
- Come puoi vedere, il caso riportato sul Volume Quinto di Storia della Magia non era poi così... unico! – disse con fare arcigno, inarcando un sopracciglio.
- Ehm... io... Professore... io non...
La ragazza era in imbarazzo e si fece piccina nel divano. Aver messo in difficoltà la signorina SoTuttoIo, osservarla mentre, una volta tanto senza parole, annaspava alla ricerca di qualche plausibile spiegazione, lo avrebbe perfidamente compiaciuto fino a poche ore prima.
Ora riusciva solo a ricordare gli occhi da cerbiatta gonfi di terrore.
Si curvò verso di lei, guardandola con dolcezza, e le sussurrò piano:
- Come va, ora, piccola?
Hermione rimase a bocca aperta, l'espressione che passava dal totale imbarazzo al più completo stupore, per poi addolcirsi in un sorriso triste, appena accennato:
- Grazie. - mormorò a fatica, mentre gli occhi si riempivano di lacrime.
Il professor Piton, il più odioso e maligno tra tutti gli insegnanti, il maestro incontrastato del sarcasmo e della derisione, le stava ancora sorridendo con dolcezza: stentava a crederci.
Ma la cosa più incredibile era che stava di nuovo singhiozzando, in un pianto infine liberatorio, tra le sue braccia, mentre il mago la cullava teneramente, accarezzandole i capelli. E Ron, in piedi davanti a loro, li fissava stupefatto, gli occhi sgranati e la bocca spalancata.
Cercò di ricomporsi, ricacciando a fatica le lacrime.
Guardò di nuovo il viso stanco e pallido di Piton, una domanda ad affacciarsi insistente nella mente. Una domanda che non aveva il coraggio di porre. I profondi occhi neri del professore la scrutavano, leggendo dentro di lei: brillavano di una luce intensa e ne era soggiogata.
- Sì, anche Alhyssa - mormorò piano - ma non sono arrivato a tempo per lei!
Adesso le sue iridi erano colme di dolore, e le labbra gli tremavano.
Lo vide socchiudere le palpebre per un lungo istante e prorompere infine in un sofferto sospiro. Quando le riaprì, lo sguardo era di nuovo controllato e le asciugò delicato le lacrime che ancora le rigavano il volto.
Ron, in tremendo imbarazzo, il volto rosso come un peperone, borbottava qualcosa di incomprensibile.
- Io... mi dispiace... non aver avuto fiducia in lei, Professore...
Piton lo fissava serio.
- Invece lei... merita la fiducia di tutti noi. – balbettò ancora, a fatica. - Io volevo... volevo... Grazie, Professore Piton... ci ha salvati!
Ron pareva svuotato d'ogni energia e il viso, quanto a rossore, faceva concorrenza alla capigliatura. Si torceva spasmodico le mani senza neppure avere il coraggio di fissarlo in volto.
Il professore lo osservava con il solito sorriso obliquo, ma non c'era sarcasmo nelle sue parole, solo una quieta rassegnazione:
- Non temere, Weasley, sono stati in molti a non credere in me, e per così lungo tempo! Ma non ha importanza, non più, ormai. – sospirò amaro - Mi auguro, invece, che la fiducia che ora riponi in me ti possa aiutare a rendere meglio a scuola - sussurrò, inarcando appena un sopracciglio, – considerando che hai passato il G.U.F.O. e ti ho quindi ammesso alla mia classe di M.A.G.O. di Pozioni.
Il vecchio sorrisetto, maliziosamente perfido, tornò a incurvargli le labbra mentre osservava il viso del giovane Weasley cambiare di colpo espressione e colore, coprendosi di mortale pallore:
- Ti assicuro che dovrai sudartelo, quel M.A.G.O. - sibilò - come fanno tutti i miei studenti, ovvio!
Ron osservava il professore, incerto se intendere le parole come una minaccia o, invece, come incoraggiamento.
Piton decise di lasciarlo macerare nell'incertezza.
Dopo un lungo silenzio Ron mormorò:
- E Harry?
- Anche Potter sarà nella mia classe di M.A.G.O. – borbottò, seccato.
- No... intendevo dire... cosa gli succederà?
Il mago lo fissò interrogativo, sollevando di nuovo il sopracciglio.
- Adesso che io... lo ho tradito.
- Tu non lo hai tradito, Ron! – esclamò Hermione. – Voldemort ha letto l'informazione nella tua mente!
- L'ha letta nella mia mente, però! – rispose il ragazzo, alzando sconsolato le spalle – Non nella tua!
Piton sospirò ancora, scuotendo il capo:
- Lascia stare, Weasley. Non attribuirti colpe che non hai. A Potter ho insegnato Occlumanzia per mesi e non è servito a nulla!
Si era alzato dal divano, dirigendosi verso Alhyssa che stava tornando.
- A Potter non accadrà nulla: c'è un potentissimo incantesimo che difende la casa dei suoi zii e gli Auror stanno di guardia giorno e notte. Occorrerà solo convincerlo a non uscire - sussurrò rivolto ad Alhyssa, - ammesso che si riesca a ottenere da lui il rispetto di questa piccola regola! - concluse con il solito sarcasmo.
- Credo proprio che questa volta Harry collaborerà! – rispose Alhyssa. – Moody sta organizzando le necessarie contromisure. – continuò rivolta a Severus – Come ti senti?
- Io sto bene. E' la signorina Granger che ha bisogno di te, credo. – disse indicando la ragazza – Stalle vicino... per favore. Io torno da Voldemort.
- No! – gridò Alhyssa.
- Devo andare. - sussurrò piano Severus.
- No, ti prego... no! – esclamò ancora gettandosi tra le sue braccia.
Severus la strinse forte a sé, a lungo, cercando le labbra per un intenso e appassionato bacio.
- Devo andare, amore mio, devo andare! - sussurrò dolce carezzandole il viso. – Ma tornerò presto, te lo prometto, te lo prometto.
Ancora un lungo, dolce e ardente bacio. Staccarsi da lei era un'indicibile tortura, ma doveva compiere il proprio dovere, scoprire i piani di Voldemort e proteggere il figlio di James Potter: l'unico che poteva sconfiggere Voldemort e riportare pace e tranquillità nel loro mondo.
Si staccò a fatica da lei, un'ultima carezza lieve sul viso, un ultimo sguardo: com'era bella la sua Alhyssa!
Si smaterializzò.
Alhyssa rimase immobile a guardare il nulla, dove pochi istanti prima c'era l'uomo che amava. Chiuse gli occhi e si passò le dita sulle labbra orfane.
Hermione guardava e pensava.
Com'erano strane le apparenze: così diverse dalla realtà, difficili da comprendere e valutare in modo corretto. Com'era stato facile giudicare in superficie e condannare, senza conoscere la vera essenza di fatti e persone.
Com'era stata stupida: non aveva mai capito niente di quell'uomo, solo ora se ne rendeva conto. Eppure, come tutti gli altri, era solo stata capace di giudicarlo irrimediabilmente colpevole. Colpevole di una colpa forse mai commessa, colpevole di una scelta, una scelta di cui non conosceva i motivi.
Non aveva alcun diritto di giudicarlo.
Poteva solo rispettarlo: per il suo dolore, il suo coraggio, la sua paura, la sua profonda umanità. Solo quello. Nulla di più, nulla di meno.
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