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14. Amicizia

Qui c'è la mia amicizia, sincera, ed io voglio offrirtela. Non ho null'altro da darti in cambio.

Già, doveva sapere ancora attendere. Voleva ancora attendere.

Chiuse le palpebre e rivide il corpo nudo di Alhyssa inarcarsi fra le sue braccia, percorso dall'intenso piacere dell'orgasmo.

Forse era meglio tenere gli occhi aperti.

Li fissò alla volta scura, dove le fiamme del camino proiettavano lunghe ombre suggestive. Era sicuro che, da quel momento in poi, ogni volta che avrebbe abbassato le palpebre, la conturbante visione gli si sarebbe sempre dispiegata davanti.

Teneva Alhyssa accostata a sé, delicato, e con la mano le carezzava piano la spalla, cercando di recuperare il pieno controllo del proprio corpo, cosa non facile con lei così vicina.

Non aveva ancora capito come, ma la sera precedente era avvenuto una specie di miracolo: ciò che aveva desiderato con intensità negli ultimi dieci giorni si era all'improvviso inaspettatamente avverato.

Nelle bellissime iridi verdi della sua Alhyssa, adesso, c'era solo un'immensa felicità: la paura pareva scomparsa, debellata dal suo amore e dalla sua dolcezza.

Gli sembrava quasi di impazzire dalla gioia!

La sentiva ancora ansimare piano. La strinse a sé più forte, quietamente felice, riempiendole di baci i lunghi capelli che, nel movimento, in parte gli avevano coperto il viso.

Alhyssa godeva del lungo abbraccio protettivo, dei teneri baci e delicate carezze. Il cuore le batteva ancora forte e tutto le sembrava un sogno incantato che aveva spazzato via l'incubo maledetto.

Anelava ancora sentire sulla pelle le mani, le labbra, la lingua di Severus, magia che aveva fatto tendere e vibrare ogni corda del suo corpo, traendone i perfetti accordi della dolce melodia di progressiva eccitazione che era andata in crescendo, culminando poi nell'esplosiva sinfonia di piacere.

Ogni ricordo passato le sembrava scomparso; nulla più, nei meandri della memoria, la terrorizzava e in lei esisteva solo la soave attesa di avvertire ancora sulla pelle le dolci e delicate mani di Severus e le sue calde e appassionate labbra.

Ovunque sul suo corpo...

Desiderava ricambiarlo, donandogli tutto il piacere e l'amore che Severus le aveva regalato con generosità. Ma lui non aveva voluto nulla in cambio, per sé: nulla!

Rabbrividì, conscia dell'immenso amore di Severus, e si strinse più forte a lui, affondando il viso nell'incavo della spalla.

Si sentiva come una bambina, una bambina infinitamente felice.

*

Severus aveva abbassato il fuoco sotto il calderone: la pozione era quasi pronta, mancavano solo pochi giorni.

Alhyssa si sporse a guardare: sul fondo del grande paiolo era rimasta solo una piccola quantità di liquido, denso e di colore scuro, dal profumo acre e pungente.

Il risultato di oltre quattro mesi di lento bollore, attente aggiunte d'ingredienti, estenuanti nottate passate a rimestarla adagio: una pozione inventata da Severus.

- Allora, alla fine posso sapere a cosa serve?

Il mago sorrise, silenzioso.

- Ciò che ti ho offerto, non era forse sufficiente? – chiese, un malizioso sorriso negli occhi.

Severus continuò a sorridere, ma cominciò a riallacciare la camicia.

Alhyssa raccolse da terra la lunga sciarpa di seta nera e gliela porse.

- Forse il tormento che ti ho inflitto non era... abbastanza dolce?

Il sorriso di Severus era raggiante, mentre riavvolgeva la sciarpa sul collo.

- Insomma, cosa devo fare per farti parlare? – chiese in tono scherzoso, quasi infantile, battendo un piede a terra.

Il mago morse piano il labbro inferiore e socchiuse un attimo le palpebre, sospirando, poi le tese una mano:

- Vieni qua! – sussurrò appena.

Alhyssa gli volò tra le braccia. Le prese le mani fra le sue e, guardandola con intensità negli occhi, sussurrò accorato:

- Doveva essere il mio regalo per te.

La dolcezza della sua voce era pari solo alla soavità vellutata delle sue iridi:

- Il mio regalo... per le tue nozze!

Alhyssa spalancò gli occhi, sconcertata. Le sue nozze? Severus stava preparando da oltre quattro mesi il regalo per le sue nozze. Ma le sue nozze con... chi?

Le labbra del mago le sfiorarono tenere le mani, il nero sguardo lucente riflesso nei suoi occhi. Si chiese quali strani pensieri gli aleggiassero nella mente, quali sorprese avesse ancora in serbo.

Una pozione nuova, così complessa: una pozione per che cosa? Per chi?

- Affinché l'uomo che io credevo tu amassi, - sussurrò infine con voce roca - potesse amarti ogni notte, anche in quelle illuminate dalla fatale luce della luna!

Nei profondi occhi neri di Severus brillavano fulgide le lacrime del suo amore.

L'improvvisa comprensione le fece spalancare la bocca, mentre il fiato le mancava, i pensieri si accavallavano nella mente e le parole si rifiutavano di uscirle dalle labbra.

- Remus! E' per Remus! – esclamò sorridendo felice, ancora incredula - Ma io... io non l'ho mai amato! Io ho sempre e solo amato te!

- Lo so, ora lo so, amore mio. – sussurrò piano prendendole delicato il viso tra le mani – Ma c'è stato un tempo - e socchiuse le palpebre sfiorandole le labbra - in cui io ho voluto crederlo.

Il sorriso di Severus era dolcissimo, venato solo della malinconia dei ricordi dei mesi precedenti, della straziante sofferenza nel vederla tra le braccia di Lupin. Le sue mani tremavano appena mentre le carezzava piano il viso, sussurrandole la sua confessione:

- In tutti questi mesi io sono stato la tua invisibile ombra. Sapevo sempre dov'eri e cosa facevi e ho fatto in modo che tu non corressi mai alcun pericolo. A ogni riunione dell'Ordine, ti spiavo di nascosto. Avevo un insopprimibile bisogno di vederti, di bearmi del tuo sorriso, quel sorriso luminoso che tu, sempre, rivolgevi a Lupin!

- Ma dov'eri? Io ti cercavo!

- Non volevo che mi vedessi, che continuassi a pensare a me.

Un sussurro, la sua voce era solo un roco sussurro, colmo dell'acuto dolore ancora troppo vivido nei ricordi:

- Dovevi solo dimenticarmi, e amare Lupin! Volevo che dimenticassi la mia oscura e pericolosa esistenza. Ma non riuscivo a vivere senza vedere il tuo dolce sorriso... anche se lo dedicavi a un altro.

Alhyssa sentiva le dita tremanti di Severus sfiorarle le labbra, alla trepidante ricerca di quel sorriso, e sussurrò:

- Quanto devi aver sofferto, per causa mia... Severus, amore!

Poi, Alhyssa sorrise.

Il più fulgido e luminoso sorriso della sua vita, traboccante dell'immenso amore per Severus, solo per Severus, l'unico uomo che avesse mai amato!

Il mago si beava dello smagliante sorriso, che ora sapeva essere per lui, solo per lui, e si perdeva nelle infinite onde del mare di verde speranza delle sue iridi. Non avrebbe mai voluto distogliere lo sguardo, avrebbe voluto che il tempo si fermasse per sempre.

Ma le sue labbra scesero, impudenti e appassionate, a cogliere il leggiadro sorriso, a farlo suo, per sempre.

*

L'espressione sul volto di Remus Lupin era indescrivibile.

La felicità di rivedere la donna amata s'intrecciava al dolore di vederla mano nella mano con Severus, ma su tutto si ergeva incontrastato l'infinito stupore scatenato dalle parole del mago mentre gli mostrava quell'ampolla: "Qui c'è la tua libertà, Remus! Come ti avevo promesso."

La sua libertà!

No, non c'era solo la libertà, in quel liquido: c'era il suo futuro, contrapposto al desolante passato. C'era la pienezza della vita normale, che mai aveva potuto assaporare. C'era l'amicizia e, forse, un giorno sarebbe potuto arrivare l'amore, anche per lui.

Rimirò Alhyssa, raggiante tra le braccia di Severus, e non poté fare altro che essere felice per lei, una struggente e dolorosa felicità per la donna amata. Non avrebbe mai potuto averla. un altro uomo la meritava ben più di lui!

Osservò Severus, e i ricordi volarono veloci indietro negli anni, al tempo degli stupidi e feroci scherzi dei Malandrini, che lui, Prefetto, non aveva mai avuto il coraggio di impedire. All'atroce gioco di Sirius, che sarebbe potuto costare la vita al ragazzo bruno, alto e magrissimo, con incredibili occhi pieni di fuoco nero. Un ragazzo solo, disperatamente e fatalmente solo, come solo era sempre stato lui prima di incontrare James e Sirius.

E lui, Remus, che sapeva bene cosa significasse quella tremenda e alienante solitudine, non gli aveva mai teso la mano, mai. Aveva avuto troppa paura di essere escluso dal mondo dorato in cui l'amicizia con James e Sirius l'aveva da poco introdotto, troppo timore di perdere il poco che aveva per essere disposto ad aiutare quel ragazzo dal volto pallido e triste.

I suoi limpidi occhi grigi di lupo avevano visto, e capito tutto, ma aveva lasciato scivolare Severus nel baratro dell'oscurità, senza fare nulla. Nulla.

Era rimasto impassibile a guardare la disperazione crescere nelle profonde iridi nere, dove le fiamme si spegnevano giorno dopo giorno, delusione dopo delusione, rifiuto dopo rifiuto.

Sapeva cosa sarebbe accaduto, ma non aveva avuto il coraggio di tendergli la mano che poteva salvarlo.

Sentiva un terribile nodo alla gola crescergli dentro, fargli sempre più male, mentre vedeva la mano di Severus tendersi per porgergli l'ampolla.

Incrociò lo sguardo, di nuovo colmo di nere fiamme che bruciavano tumultuose, come vent'anni prima.

Ma Remus sapeva bene che per tanti, troppi anni, gli occhi di Severus, come la sua anima, erano rimasti vuoti, senza vita, senza più speranza.

Pieni solo di tormentosi rimorsi e di un crudele disprezzo di sé.

Se n'era accorto bene nell'anno trascorso a Hogwarts a insegnare Difesa Contro le Arti Oscure: aveva provato a essergli amico, ma non c'era riuscito. Severus non glielo aveva permesso. Era troppo tardi, troppo grande e intensa la sofferenza che imprigionava il cuore del mago bruno, troppo solida e resistente la barriera di protezione eretta contro il resto del mondo: non era nemmeno riuscito a scalfirla.

Invece, Alhyssa aveva saputo compiere l'incredibile magia, era riuscita a penetrare nel cuore di Severus e l'aveva di nuovo riempito d'amore e speranza.

Così, gli occhi del ragazzo che tutti loro, spietati, avevano condannato a divenire un mago Oscuro, erano tornati a vivere, a bruciare di nuovo delle vivide fiamme di quel tempo lontano, e ancora innocente, quando non c'era sangue sulle sue mani.

Mentre lui, Remus, avvertiva che anche le sue mani grondavano dello stesso sangue, delle stesse colpe. E si malediceva per la sua vergognosa mancanza di coraggio.

Ma Severus non era come lui, Severus il coraggio di affrontare fino in fondo le conseguenze delle proprie azioni e delle proprie scelte l'aveva sempre avuto. Inoltre, Severus aveva capito bene la solitudine cui lui, Remus, era sempre stato condannato, e che adesso, con la morte di Sirius, si era fatta ancora più profonda, ineluttabile e definitiva.

Così gli stava tendendo la mano, regalandogli una nuova esistenza!

La mano sottile di Remus tremò incontrando quella forte e sicura di Severus; i suoi dolci occhi grigi erano colmi di lacrime mentre incrociava il nero sguardo penetrante dell'altro.

Le parole si rifiutavano di uscirgli dalle labbra, e non riusciva neppure a sorridere, lui, che del sorriso aveva fatto la propria bandiera!

- Allora! Vuoi prendere questa pozione che mi è costata oltre quattro mesi di fatica, sacrifici e notti interminabili passate chino su un maledetto calderone a rimestare uno schifoso liquido puzzolente? - lo spronò Severus, con finta voce adirata, mentre un sorriso aperto e sincero gli illuminava, con incredibile contrasto, il volto pallido incorniciato dai lunghi capelli neri.

Alla fine Remus riuscì a sorridere, mentre una lacrima scendeva lenta a rigargli la gota scavata e scioglieva il terribile nodo alla gola, il senso di colpa che a lungo aveva cercato di ignorare:

- Grazie, Severus. Grazie di questo grande e concreto pegno d'amicizia che mi regali, mentre io non ho saputo darti la mia, un tempo, quando ne avevi un insopprimibile bisogno! - sussurrò appena, con voce commossa – È tardi, lo so. Non posso cambiare il passato, anche se allora, forse, avrei potuto aiutarti ad avere un futuro diverso. Ti chiedo perdono, per non avere mai avuto il coraggio di tenderti la mano. Adesso non ne hai neppure più bisogno, ora che hai lei. – continuò, indicando Alhyssa con lo sguardo mesto – Ma qui c'è la mia amicizia, sincera, ed io voglio offrirtela. Non ho null'altro da darti in cambio. - sussurrò, scuotendo lieve il capo mentre, infine, allungava la mano.

Gli rispose uno sguardo nero, intenso e profondo, che abbracciava il passato per congiungerlo al presente e fonderlo con la speranza del futuro:

- Non accetterei mai nulla in cambio, se non la tua amicizia, Remus!

*

Gli esami sono finiti e le ultime lezioni agli sgoccioli: presto il castello si svuoterà.

Dopo gli avvenimenti della lunga notte al Dipartimento dei Misteri del Ministero, le cose sembrano essere tornate alla normalità, almeno qui a Hogwarts.

Io so, però, che i problemi, quelli veri, devono ancora incominciare.

La tensione sta di nuovo scavando rughe profonde sul mio volto. Voldemort ha trovato ancora una volta Harry Potter a sbarrargli, pur se inconsapevole, la strada, e io posso assaporare tutta la feroce rabbia dell'Oscuro Signore che mi brucia e artiglia a fondo la carne, là dove questo maledetto Marchio ancora mi lega a lui.

È l'unico collegamento rimasto: la mia anima, adesso, è libera da ogni schiavitù.

E' da quella notte che il Marchio brucia sempre più doloroso e ignorarlo è difficile. Ma non voglio che Alhyssa se n'accorga e si preoccupi.

Mia dolce Alhyssa: chiudo gli occhi per agognare, ancora una volta, il tuo corpo nudo che si flette tra le mie braccia.

Il mio desiderio per te, ancora insoddisfatto, mi sta facendo impazzire.

Cospargo l'avambraccio con il prezioso e miracoloso unguento, frutto del mio affannoso e duro lavoro di tanti anni fa, e cerco momentaneo sollievo da questo dolore incessante che non vuole abbandonarmi.

Valuto quanto è potente, e infuriato, Voldemort per infliggere questo atroce dolore a tutti i suoi Mangiamorte.

O forse dedica solo a me il suo pensiero particolare? Presto lo scoprirò.

E' già accaduto una volta, in passato, quando l'Oscuro ha ripreso possesso di un corpo fatto di carne e d'ossa ed è tornato, chiamando a sé i suoi fedeli Mangiamorte e punendo con ferocia chi l'aveva deluso, o tradito.

Sono stato tra i fortunati prescelti: lo ricordo bene, molto bene. E' impossibile dimenticare il dolore che per giorni e giorni ha torturato atroce ogni singola cellula del mio corpo.

Ma, nonostante tutto, non ho ceduto e sono riuscito a convincerlo di non averlo mai tradito. Forse non lo ho mai persuaso del tutto, ma Voldemort ha infine cessato di straziare il mio corpo, non essendo mai riuscito a trovare nella mia mente, più volte violata in profondità, prova alcuna del mio tradimento.

Questa è stata, e continua a essere, la mia personale vittoria sull'Oscuro Signore: permettergli di penetrare a fondo tra i miei pensieri ma lasciargli accesso solo a quelli che intendo mostrargli.

Ho dedicato anni a perfezionarmi in questa disciplina e nessuno, né Voldemort né Silente, possono anche solo lontanamente immaginare la mia bravura e la mia capacità di creare, addirittura, falsi pensieri e inesistenti ricordi che riescono a fuorviare anche il migliore Legilimante del mondo.

L'unguento comincia a fare effetto, ma so che è solo un effimero sollievo.

Un lieve sospiro mi sfugge dalle labbra mentre mi dirigo alle mie stanze: Alhyssa mi aspetta.

E, insieme a lei, un'altra lunga notte di dolce e crudele desiderio mi attende.

Ancora non era entrato nella stanza ed Alhyssa gli era già tra le braccia:

- Pensavo non saresti più arrivato!

- Perdonami. – sussurrò, prima di baciarla con tutta la passione a stento trattenuta durante la lunga giornata, davanti agli allievi e agli altri insegnanti. – Silente mi ha trattenuto, come il solito.

Alhyssa sorrideva, impaziente, e aveva già cominciato a slacciargli l'interminabile fila di piccoli bottoncini della casacca, con la solita estenuante e sensuale lentezza.

Avrebbe potuto farlo con un semplice tocco di bacchetta, ma vedere l'austera stoffa nera aprirsi cedevole sotto le sue dita, le dava un particolare fremito d'eccitazione che ogni volta accendeva il suo desiderio.

Poi fu la volta della sciarpa nera che, adagio e in larghe volute, gli sfilò dal collo bianco per lasciarla cadere a terra in lenti svolazzi.

Infine la leggera camicia di seta bianca, ancora un'infinita serie di bottoncini e, sotto, la pelle chiara, liscia e morbida di Severus, sempre fremente di desiderio, da percorrere con le dita, disegnando complicati arabeschi, da accarezzare con le labbra, stimolando i piccoli capezzoli con baci appassionati, da esplorare con la lingua, languida, calda e vellutata, per strappare al suo uomo gemiti soffocati mentre il suo corpo era inondato da brividi di piacere.

Severus si abbandonava al delizioso tormento che portava il suo desiderio oltre ogni immaginabile limite.

Poi, come tutte le altre sere, sarebbe venuto il suo turno, di spogliare Alhyssa con le dita e con le labbra, accarezzare con intensità il suo corpo vellutato, baciare con dolce passione tutta la sua pelle, in ogni angolo, anche il più recondito, e farla di nuovo godere con baci e carezze.

Ma quella sera fu diverso, e Alhyssa scese con le mani e le labbra più giù, oltre la cintura dei pantaloni, cominciando a slacciarglieli.

All'improvviso Severus si sentì avvampare e il fuoco, che per giorni e giorni aveva cercato di controllare, esplose travolgente, togliendogli il fiato e un battito al cuore.

Rimase immobile, le palpebre serrate strette, il labbro inferiore chiuso forte tra i denti, in balia del suo folle desiderio mentre sentiva le mani di Alhyssa, inginocchiata davanti a lui, che gli facevano scivolare i pantaloni giù per le gambe e poi gli slip...

Riuscì a recuperare il controllo di sé e abbassare lo sguardo: la vide immobile, bloccata davanti alla sua imbarazzante erezione.

S'inginocchiò rapido davanti a lei, ma non c'era paura nei suoi occhi: poté leggere solo un innocente stupore, e la totale incertezza su cosa fare.

Un comprensivo e tenero sorriso d'amore si allargò sulle sue labbra, mentre si rialzava e la prendeva per mano, arretrando poi piano verso il letto mentre si liberava degli abiti.

Alhyssa lo osservava in silenzio, insicura, mentre il mago la adagiava sul letto e la spogliava, dolce e appassionato insieme, come solo lui sapeva fare. Infine posò le labbra sulle sue in un lungo bacio ardente.

Mentre la baciava, Severus prese la mano della sua donna e, adagio, la guidò verso il suo membro pulsante, ad accarezzarlo, tenendo la propria mano intorno a quella di Alhyssa, per mostrarle il movimento.

Si rese subito conto che era una splendida allieva, anche in quella materia, dotata di particolare entusiasmo e impulsivo estro, che presto non ebbe più bisogno d'alcuna guida.

Mentre il suo respiro si faceva sempre più ansimante e gemiti soffocati di piacere gli uscivano dalle labbra, il mago sentì la bocca di Alhyssa scivolare leggera lungo il suo petto e raggiungere la mano che già lo faceva impazzire.

La bocca calda di Alhyssa si chiuse con passione sulla sua carne già sconvolta dall'intollerabile eccitazione accumulata ora dopo ora, giorno dopo giorno, in quelle ultime, intense, tre settimane d'implacabile desiderio.

Le labbra di Severus si schiusero in un lungo e irrefrenabile gemito di piacere, mentre sentiva che l'onda dell'estasi cresceva a dismisura, fino a raggiungere il culmine.

Nell'ultimo istante di lucidità, prima di perdersi nell'inarrestabile ebbrezza dell'orgasmo, allungò le braccia per afferrare Alhyssa e riportarne il viso davanti al proprio, per stringere ancora fra le braccia e baciare con passione la donna che amava immensamente.




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