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13. Saper attendere


Ma non è ancora giunto quel dolce tempo incantato, amore mio. Non ancora. Devo saper attendere... e la sua voce era un intenso e flautato sussurro d'amore

Apro gli occhi e vedo i caldi raggi del sole entrare dalla finestra aperta e giocare allegri con le fiamme fredde che ancora scoppiettano vivaci nel camino.

Li richiudo e assaporo fino in fondo la mia intensa felicità.

Avverto il tuo profumo dovunque sulla pelle.

I battiti del mio cuore sono di nuovo impazziti e ancora mi manca l'aria: sono sensazioni cui dovrò presto abituarmi, dolci sensazioni d'amore e desiderio.

Nel sonno sei scivolata verso di me e sento il tuo bel corpo premuto contro il mio. Certo non posso affermare che il mio desiderio si sia affievolito, durante la notte.

Mordicchio le labbra e scosto il bacino dal tuo corpo caldo. Non voglio che svegliandoti possa accorgerti della mia eccitazione e averne timore.

Il mio desiderio.

Sorrido all'imbarazzante pensiero. Eppure, sembra sublimato nell'amore, nella possibilità di tenerti stretta a me e baciarti. Non è più assillante e doloroso, come ieri. Non è più incontenibile e incontrollabile.

Adesso è solo il meraviglioso e puro sogno di te.

E' così bello desiderarti, così eccitante l'intensa attesa di te!

Sono felice, immensamente felice.

Perché, se l'attesa è iniziata, è finita la mia terribile e ormai insostenibile solitudine.

Ed io posso infine ricominciare a vivere davvero.

Ora che ci sei tu, per sempre vicina a me. Tu che sai leggere nella mia anima, col tuo dolce sorriso e l'incrollabile speranza che sempre ti leggo negli occhi. Con te posso tornare a essere semplicemente me stesso.

Io, Severus, senza maschere, senza finzioni: solo un uomo innamorato.

Sciocche lacrime bagnano il cuscino: ma anche le lacrime fanno parte di un uomo, un uomo vero e completo, un uomo felice che sta tornando alla vita.

Posso infine far emergere il mio cuore dalle gelide profondità del lago oscuro in cui cercai di annegarlo tanti anni fa.

Un cuore ancora vivo, palpitante e anelante d'amore. Io so ancora amare, immensamente, so sorridere e piangere. E ho una sconfinata voglia di vivere, di nuovo, di recuperare gli interminabili anni perduti nel silenzioso nulla agghiacciante della solitudine.

Ti stringo a me, delicato e lieve, rispettoso.

Un lungo sospiro: ti desidero con folle intensità.

So che è solo questione di tempo, ma so anche che non c'è nessun altro al mondo bravo quanto me a sapere attendere.

Poi sarai mia, dolcemente mia, appassionatamente mia: per sempre... mia!

Poso appena le labbra sulla tua fronte fresca e le sento bruciare, incendiate dall'irrefrenabile e dolce desiderio di te. Ma solo sfioro la tua pelle morbida con l'infinita dolcezza rispettosa del mio amore.

Non voglio svegliarti.

Ho compreso il terrore che questa notte ti ha attanagliato, a causa mia. Non accadrà più: te lo prometto. Non temi i miei baci, anche se traboccanti d'infuocata passione, perché lui non ti ha mai baciato. Ma ogni gesto che le sue turpi mani hanno compiuto sul tuo corpo, violandolo, profanandolo, oltraggiandolo, brucia ancora d'orrore nei tuoi ricordi e tu lo rifuggi, sgomenta.

Ma il mio amore saprà cancellare quell'orrore, io saprò farti distinguere i miei gesti, le labbra si sostituiranno alle mani...

*

Hermione mordicchiava nervosa la piuma, mentre in aula ricontrollava gli appunti. Gli esami di G.U.F.O. erano alle porte: per quale motivo quel mattino non riusciva a concentrarsi sulla sua pozione? Perché continuava a distrarsi osservando di nascosto Piton e rischiando, prima o poi, di incrociare il suo gelido e severo sguardo?

In effetti, c'era qualcosa di diverso nel tenebroso professore: il suo acuto sesto senso lo aveva percepito da giorni, ma la sua mente analitica non riusciva ancora a decifrarlo.

Così la curiosità, tarlo insistente, la rodeva dall'interno, continuando a riportare ostinata lo sguardo su Piton.

La signorina Keyleen entrò all'improvviso nel suo campo visivo, mentre si chinava sul calderone di Neville. Era a Hogwarts da nemmeno due settimane e la maggioranza degli studenti già pregava affinché qualche misteriosa e gravissima malattia colpisse il professore di Pozioni, costringendolo ad affidare a lei sola l'insegnamento.

La signorina Keyleen stava apertamente sorridendo.

Il fatto che l'assistente di Piton sorridesse a Neville di per sé non era elemento così strano. Hermione, però, realizzò all'improvviso che la signorina negli ultimi giorni non faceva altro che sorridere, a tutti. E il suo non era certo un sorriso che passava inosservato, così raggiante e luminoso, proprio felice.

Inoltre, stava sorridendo anche nell'aula di Piton, incurante degli sguardi malevoli del professore.

Un momento.

Hermione tornò a osservarlo: non c'era alcuno sguardo malevolo nei suoi gelidi occhi.

E i suoi occhi, a ben vedere, non erano affatto gelidi. Erano neri, profondi, scintillanti, pieni di un inspiegabile fuoco... e fissi sull'assistente dall'istante in cui aveva finito di illustrare la pozione.

Ecco cosa c'era di diverso: Piton sembrava incapace di distogliere lo sguardo dalla maga.

E che sguardo!

Hermione sorrise soddisfatta: tutti i pezzi del puzzle si stavano incastrando alla perfezione.

Non solo Piton non le toglieva gli occhi di dosso, ma le aveva anche tenuto aperta la porta entrando in classe, chiacchierando amabilmente.

Chiacchierando?

Proprio lui che si limitava a scontrosi monosillabi con tutti!

Non poteva affermare che fosse entrato nell'aula sorridendo, ma l'espressione del suo viso era diversa dal solito. Una differenza sottile, difficile da notare: ma il volto pallido pareva più disteso, le rughe meno evidenti e le labbra fini non erano più serrate strette.

Anzi, proprio in quel momento, mentre continuava a fissare l'assistente con una singolare intensità nello sguardo, Hermione notò che le sue labbra si schiudevano appena, come se volesse sorriderle, come se desiderasse...

Baciarla!

Hermione abbassò di colpo la testa, confusa e turbata dall'inaspettato pensiero.

Riprese a osservare la signorina Keyleen; stava tornando verso la cattedra di Piton, quasi richiamata del suo intenso sguardo, mentre il professore, immobile e quasi senza respirare, continuava a fissarla con quegli occhi incredibilmente pieni di fuoco. Lei gli sorrise dolce, poi accostò la sedia si chinò sul libro aperto sulla cattedra, sfiorandogli appena la mano, in un gesto dall'apparenza casuale.

Il professor socchiuse gli occhi per un breve istante, e si morse lieve le labbra. Infine sollevò la pagina del grosso libro, nascondendo le loro mani alla vista degli allievi.

Ma Hermione era sicura che, in quel momento, la mano elegante e sottile del professore di Pozioni stesse accarezzando, certo non casualmente, quella della bella assistente.

Si guardò in giro: tutti erano intenti nella preparazione della difficile pozione e nessuno aveva notato l'accaduto.

Per un attimo si chiese se la tensione per gli esami, che si avvicinavano rapidi, potesse giocarle brutti scherzi e farle mal interpretare quanto appena visto. L'idea di Piton innamorato era davvero incredibile: Ron e Harry l'avrebbero presa in giro per giorni e giorni se avesse osato confidare i suoi sospetti.

Tornò a osservare il professore: non aveva mai notato quanto potevano essere belli i suoi profondi occhi neri quando brillavano in quel modo, né quanto fossero sensuali le sue labbra, appena dischiuse nel sorriso a mala pena accennato, ma carico di desiderio.

Un sibilo acuto lacerò l'aria e il suo calderone eruttò con violenza la pozione surriscaldata troppo a lungo.

Hermione balzò di lato per non farsi investire dal liquido ribollente, proprio mentre Piton, colto di sorpresa, smetteva di contemplare la sua assistente ed esclamava, con voce tonante:

- Signorina Granger! Si può sapere cosa hai combinato?

I loro sguardi s'incrociarono: le fiamme ardenti di poco prima erano scomparse e lo sguardo del professore era tornato gelido e tagliente.

Ma, per la prima volta in cinque anni, Hermione ebbe la certezza che Piton non avesse la più pallida idea di cosa stesse succedendo in quel momento nella sua classe.

Il sorriso della ragazza era trionfante, mentre rispondeva, con voce educata e controllata:

- Devo essermi distratta, professore, ma certo lei saprà, come sempre, cosa ho sbagliato!

L'insegnante era già a pochi passi, la bacchetta levata a bloccare la fuoriuscita del fluido bollente.

La risata cristallina di Alhyssa risuonò fresca nell'aula.

Lo sguardo rapido e penetrante che Piton rivolse alla ragazza gli diede la piena consapevolezza di tutto quanto era accaduto a sua insaputa. Compreso il fatto che la sua migliore allieva lo stesse spudoratamente prendendo in giro.

- Hai lasciato sobbollire troppo a lungo e a fuoco alto la tua pozione, prima di aggiungere l'ultimo ingrediente. Una lunga distrazione, Granger, – sibilò Piton ironico, inarcando un sopracciglio – mentre la tua mente era impegnata a impicciarsi di fatti che non ti riguardano!

Un beffardo sorriso incurvava ora le labbra del professore:

- Una distrazione che mi fornirà l'alquanto inaspettata opportunità di assegnarti una bella "D" in Pozioni.

L'espressione di Hermione si tinse di disperazione, che si trasformò presto in paura mentre il viso del professore si accostava rapido al suo.

- Ma in un'altra materia, Granger, ti sei meritata una "E". – sussurrò piano in un sibilo sottile, diretto quasi solo alla sua mente. – Anche se hai commesso un piccolo errore: è la prima volta che mi capita in quattordici anni d'insegnamento, non in cinque!

Hermione spalancò occhi e bocca per la sorpresa, in un'inconsapevole imitazione della tipica espressione di Ron.

Gli occhi di Piton, ora, lampeggiavano pericolosi, mentre sussurrava minaccioso:

- Mi auguro che tu intenda mantenere il più completo riserbo su quanto scoperto!

In quell'istante Hermione comprese che Piton conosceva in modo preciso tutto quanto aveva dedotto su di lui.

La ragazza annuì rapida, cercando di arretrare spaventata, il banco alle spalle che le bloccava la via di fuga; gli occhi si riempirono di terrore vedendolo levare la bacchetta contro di lei, per esclamare poi, con un ghigno soddisfatto:

- Gratta e Netta!

La divisa di Hermione tornò immacolata e Piton tornò alla cattedra.

Alhyssa ridacchiava divertita.

Molto divertita.

*

Le fiamme del camino si riflettevano in inconsuete ombre che turbinavano eccitate sulla scura volta ad arcata del laboratorio privato di Piton.

Il mago era curvo sul grande calderone e stava rimestando, per la sessantaseiesima volta e con cura maniacale, la pozione che si andava raffinando adagio.

Alhyssa sarebbe arrivata a momenti.

Erano trascorsi dieci giorni dalla memorabile notte in cui l'amore della sua dolce Alhyssa era riuscito a liberargli il cuore e riportarlo alla vita.

Dieci meravigliosi giorni di vita e d'amore, dieci splendide notti di baci e desiderio.

Non c'erano stati molti progressi, però poteva baciarla, accarezzarla delicato e tenerla stretta a sé tutta la notte. E questo bastava, per ora, a fare di lui l'uomo più felice del mondo e perdutamente innamorato. Al punto che anche quella dannata ragazzina, in classe, se n'era accorta. Era in gamba la Granger, quasi quanto Alhyssa alla stessa età.

Si piegò di nuovo sul calderone a verificare la densità della pozione: microscopiche goccioline di sudore gli imperlavano la fronte. Quel mese di giugno aveva portato l'estate con un certo anticipo e anche nel sotterraneo l'aria era tiepida. Il grande fuoco faceva il resto. Aveva già tolto il mantello, ma anche l'austera casacca era di troppo.

Piano, senza perdere d'occhio la pozione che sobbolliva, piegò il gomito alzando la mano quasi all'altezza degli occhi e cominciò a slacciare la lunga fila di piccoli bottoni di raso della manica sinistra. Passò quindi all'altra manica, continuando ad aprire adagio i bottoncini, con movimenti fluidi ed eleganti delle lunghe dita, mentre le pieghe della candida camicia di seta si aprivano morbide.

Alhyssa era comparsa sulla soglia e osservava i sensuali movimenti di Severus che si stagliava, nero ed elegante, contro il riverbero del fuoco.

La mano flessuosa del mago raggiunse l'ultimo bottone della casacca, all'altezza della vita e, sempre lentamente, prese a slacciarla risalendo verso l'alto.

I profondi occhi neri sfavillavano alla luce intensa delle fiamme.

Mentre la mano destra finiva di liberare i piccoli bottoni, ricoperti di lucente raso nero, dalle loro asole, con l'altra mano cominciò ad aprire la casacca, facendola scivolare dalla spalla, mentre la soffice stoffa della camicia appariva poco per volta.

Alhyssa guardava il corpo di Severus rivelarsi ai suoi occhi innamorati, mentre il mago si toglieva la giacca e l'abbandonava con eleganza sulla sedia vicino al camino.

Un altro sguardo attento alla pozione e la mano di Severus tornò in alto, a slacciare i primi due bottoni della nivea camicia e allentare la sciarpa di seta nera che gli fasciava stretta il collo.

La piccola mano di Alhyssa s'insinuò all'improvviso fra le sue e Severus sussultò. L'afferrò delicato e la portò alle labbra:

- Non ti avevo sentito entrare. - sussurrò, deponendo un bacio sulla punta delle dita.

- Per forza, sei sempre concentrato su quella misteriosa pozione. – ammiccò la maga. – Posso infine sapere di cosa si tratta, visto che ti ho aiutato a prepararla?

- Lo saprai solo quando sarà pronta. – sussurrò Severus sorridendo misterioso. – E' una sorpresa!

- Mm... potrei trovare un mezzo per indurti a parlare... - mormorò con sguardo malizioso.

Afferrò un capo del lungo nastro nero e tirò piano, svolgendolo con estenuante lentezza dal collo di Severus. Poi lo lasciò scivolare a terra.

Il mago era immobile, le braccia abbandonate lungo i fianchi e la guardava intensamente, il respiro contratto, le labbra frementi appena dischiuse, gli occhi di velluto nero accesi di passione.

Alhyssa gli posò le mani sul petto, insinuando le dita tra un bottone e l'altro, sfiorandogli leggera la pelle prima di cominciare a slacciargli la camicia, adagio, bottone dopo bottone, scendendo verso il basso.

Sentiva la pelle di Severus fremere d'eccitazione, e i capezzoli irrigidirsi sotto la leggera pressione delle dita, mentre gli apriva la camicia sul petto; e poi tremare quando la sfiorò appena con le labbra, disegnandovi delicati arabeschi con la punta della lingua.

Un gemito soffocato sfuggì dalle labbra del mago, che aveva chiuso gli occhi e reclinato il capo all'indietro, perso nell'estasi di baci e carezze:

- Non avresti potuto trovare tormento più dolce, - sospirò piano, mentre le sue mani le accarezzavano delicate la schiena - ma non parlerò per così poco. Dovrai offrirmi molto di più...

Alhyssa rise dolcemente, scrollando all'indietro i lunghi capelli ondulati e offrendogli il collo, bianco e delicato.

Severus si chinò per sfiorarle dapprima le labbra e il viso con teneri e piccoli baci, per poi baciarla all'improvviso con passione: un lungo, interminabile, intenso, dolcissimo e ardente bacio.

Poi le sue labbra, incendiate dal desiderio, scesero lente lungo il collo e sulla spalla, in un bacio interminabile e inesauribile che sempre si rinnovava, le mani a carezzarle i capelli e scendere poi, delicate, ad avvolgerle appena i fianchi.

Inaspettate, le mani di Alhyssa afferrarono le sue guidandole al proprio petto, alla profonda scollatura dell'abito color delle infinite e cangianti sfumature della sera, trattenuta solo da serici lacci argentei.

Un brivido intenso percorse, fulmineo, la spina dorsale del mago, che si ritrasse di scatto, come avesse toccato il fuoco.

Posò la mano sul tavolo a lato e le sue labbra sussurrarono qualcosa. Quindi sollevò Alhyssa tra le braccia e la depose sul soffice letto in cui aveva trasfigurato il bancone da lavoro. Si chinò al suo fianco, mentre le mani tornavano, lievi, ad accarezzarne il corpo e la sua bocca cercava di nuovo, fremente, la tenera pelle del collo.

Sentiva i morbidi seni di Alhyssa muoversi al ritmo affannato del respiro. Scivolò adagio con le labbra, sempre più infiammate dalla passionale bramosia, giù dalla spalla, e poi sempre più giù, mentre le dita, tremanti per l'eccitazione, scioglievano adagio i morbidi lacci del vestito che si aprì, generoso, liberando davanti alla sua bocca quei tesori a lungo bramati.

Sentiva Alhyssa fremere di desiderio al tocco lieve delle dita, mentre il delicato capezzolo si faceva turgido al suo primo dolce bacio che diveniva sempre più appassionato, più inteso e prolungato.

Severus si perse nell'estasi del bacio, eccitato oltre ogni immaginabile limite. Lievi gemiti di piacere cominciarono a fluire dalle labbra della sua donna, accarezzandogli le orecchie come dolce melodia, mentre il corpo di Alhyssa s'inarcava sinuoso e caldo tra le sue braccia.

Si chiese, ansimante, come avrebbe potuto resistere oltre alla sua irrefrenabile voglia, come avrebbe potuto controllarsi ancora.

Sentì le mani, comandate ormai solo dal travolgente desiderio, scendere sempre più giù e aprirle tutto l'abito, con tenera delicatezza; poi posarsi sulla vellutata pelle del ventre per accarezzarla con impulsiva passione, e scendere infine ancora oltre, per insinuarsi, con dolce lentezza, là dove vi era l'intimo regno del piacere, a regalarle mille appassionate, stimolanti e profonde carezze.

Contemplava il corpo di Alhyssa che palpitava tra le sue braccia assaporando, per la prima volta, il piacere dell'amore.

Si sentiva impazzire dall'incontrollabile voglia di averla, ma doveva dominarsi e saper attendere, ancora. Si morse forte le labbra, cercando di concentrarsi nell'impossibile tentativo di pensare alla pozione che sobbolliva sul fuoco.

Ma le sue labbra, inaridite dal desiderio, si ribellarono al morso crudele e raggiunsero, impazienti, le dita per spodestarle da quel regno squisito. E infine la sua bocca si schiuse, avida del succoso piacere, a suggere il nettare del fiore tanto bramato.

Fu un interminabile bacio, intenso e appassionato, mentre con la lingua calda e instancabile carezzava la parte più intima dell'umido e dolce fiore del piacere.

I gemiti di Alhyssa si fecero presto più forti, mentre il suo corpo sussultava incontrollato, eccitato e stimolato dal bacio appassionato, sempre di più, fino a essere scosso da durevoli e profondi brividi al culmine dell'ebbrezza.

Dopo i lunghi, interminabili e incantati istanti di estasi, durante i quali Severus aveva percepito in modo diretto il piacere che stava inondando la sua donna, il mago tornò a sfiorarle tenero la bocca e il viso, e ogni lieve bacio e delicata carezza erano accompagnati da soavi parole d'amore, dolcemente sussurrate a fior di labbra, mentre la stringeva amorevole a sé.

Alhyssa gli sorrideva, gli occhi chiusi e il viso soffuso d'acceso rossore, ancora ansimante, persa nell'intensa orgasmo che le aveva donato con baci e carezze, abbandonata languida tra le sue braccia.

Era così bella, così pura, così ingenua nel suo totale abbandono!

Così desiderabile e follemente eccitante!

Non ce la faceva più, sentiva d'essere prossimo a perdere il controllo, e non voleva, non voleva!

Il respiro gli mancava; si allontanò un poco sussurrando a fatica, con voce roca:

- Non immagini quanto mi stai facendo impazzire!

La mano del mago passò lieve sulla donna, e l'abito si ricompose perfetto, nascondendo alla vista il corpo conturbante, la cui immagine era impressa a fuoco nei suoi sfolgoranti occhi neri.

- Sei tu che mi hai fatto impazzire... di piacere! - sussurrò a fatica Alhyssa, uno splendido sorriso a illuminarle il volto accaldato, mentre gli accarezzava il viso.

Poi, indicando l'abito che di nuovo la avvolgeva, soggiunse con dolce malizia:

- Non mi vuoi più?

Severus sorrise, muto. Un luminoso sorriso pervadeva il volto sereno, baciando le labbra sottili felicemente dischiuse e riempiendo di luce raggiante i profondi occhi neri.

Poi socchiuse le palpebre per un breve istante ed emise un lunghissimo sospiro, mentre con la punta delle dita le sfiorava la guancia in una languida carezza.

Quante volte l'aveva sfiorata così, tanti mesi prima, senza che lei l'avesse mai saputo!

- Se solo sapessi quanto ti voglio! Ma non è ancora giunto quel dolce tempo incantato, amore mio. Non ancora. Devo saper attendere... - e la sua voce era un intenso e flautato sussurro d'amore.




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