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"Mia, dov'è il bagno?" chiese la nonna mentre cenavano, per fortuna che era ancora efficiente visto che l'età non era più quella di una volta.
"Di sopra, l'ho lasciato aperto dato che eravamo solo noi..." dibatté la ragazza con la bocca piena, l'antipasto era decisamente gustoso.

Nonna Emma si alzò dal posto e vi si recò subito con la massima scioltezza ma prima accostò la sedia al tavolo, la sua meticolosità non aveva limiti.

Dopo poco...

Chiuse la porta a chiave, non voleva arrivasse improvvisamente Dario e la vedesse con lo slip abbassato.
Non ci volle molto per liberarsi di tutto quel peso rinchiuso dentro che ne giunse subito un altro e anche peggiore, a quel punto sarebbe stata la volta sua non essendo affatto un qualcosa di fisiologico bensì un male racchiuso nella parte più profonda di sé.
Un ricordo remoto scattò nella sua testa non appena il suo sguardo fuggì da quella stanza, volò al di là della tenda quasi trasparente e oltrepassò la finestra posandosi su alcuni mattoni olivastri della casa di fronte.
Capì subito che quella era la sua stessa dimora, infin dei conti era uguale ed era il solo tempo a esser cambiato, nonostante il restauro la mappatura non differiva poi chissà quanto da quella che lei stessa un tempo viveva.
Una sola cosa, solo questa parola replicava: coincidenza!
Sapeva che sarebbe cambiata e quegli accostamenti di colore le piacevano ma la nostalgia non ne sapeva proprio di tacere, questa scorreva a valle esattamente come tutti quei canali che bagnavano la città.
Era passato del tempo e pensò a tutti gli altri che invece se ne stavano di sotto, non voleva far preoccupare nessuno e facendo finta di niente indietreggiò di giù.
Si guardò allo specchio, prima di farlo si aggiustò la giacca verde petrolio: questo la riportò alla "normalità".

Dopo poco...

"Bravissima, Mia... come sono deliziosi questi peperoni!" esclamava la bisnonna trangugiando un po' di vino "E le melanzane poi... assaggia queste patate, sono appena uscite dal forno, figlia..." si rivolse a nonna Emma che aveva appena ripreso posto, agguantò la portata argentata con il cucchiaio e se ne versò un po'.
"Ho cucinato all'italiana, dopo tutto non è da nemmeno un giorno che vivo in Inghilterra..." ironizzò la nipote adagiando delicatamente il bicchiere di plastica sulla tovaglia azzurrina che dava alla zona dining quel tocco in più.
"Come ti sei organizzata bene, hai visto Emma!" adesso invece non la smetteva più di parlare, a differenza dell'altra che se ne stava silenziosa in quell'angolino di stanza, non c'era riuscita a superare quel momento o almeno non del tutto.

Questo perchè la bisnonna Ella infin dei conti era una personalità forte e di grande spirito, la sua era solo rabbia racchiusa dentro per quasi un secolo di trascorsi e nient'altro più. Era una donna che di storia ne aveva fatta e soprattutto che vita, andava scritto un libro sulle sue avventure!

"Brava, è una questione di razza! Sei proprio una cuoca a tutti gli effetti d'altronde, come le tue nonne e la mia... nonna Diana dovevi vedere cosa cucinava, che nostalgia ho di lei! Sai tu, sei tutta lei!" risuonava ancora, l'ottantenne le scosse il piede destro con il suo sinistro da sotto il tavolo ma questa non capì.
"Le patate a me!" ululava la piccola Blu irrompendo completamente sulla scena, il padre gliene versò un po'.
"E dovete sapere che a quei tempi non si potevano fare capricci, non avevamo tutto quello che avete voi adesso!" sempre l'anziana con voce tenera, l'altra un po' più giovane non ce la faceva più e cercando di non dare nell'occhio piegò totalmente il suo capo verso il piatto.
"Vediamo se la carbonara è pronta, una cena semplice... eh, che non è che abbia avuto chissà quanto tempo!" avvertì la ragazza.
"Tranquilla, figliola... è già tanto, tu mi vuoi far scoppiare... come ho detto prima, forse non mi son spiegata!" rise la più anziana, Dario fece segno sogghignando e poi parlò.
"Secondo me la nonna Ella si sta ubriacando..." rise.
"Eh, no che sei stata male nonna!" ancora la piccola.
"Ma andate al diavolo..." concluse lei.
"Si, basta mamma!" la figlia bisbigliò con entrambe le sopracciglia sollevate e le allontanò la bottiglia e il bicchiere già ripulito almeno per la seconda volta.

Suonarono il campanello.

"Oh, chi sarà mai adesso... a quest'ora? Chi va?" chiese questa volta Mia, il sopracciglio destro sollevato.
"Vado io, sarà Dylan... vedi, il messaggio... mi ha contattato poco fa dicendomi che passava come ci eravamo promessi e allora io l'ho avvertito sul fatto che avevamo anticipato il giorno, è quello di stamattina!" annuì prontamente e si allontanò dalla cena, andò ad aprire la porta.
"Ehi, ciao! Giovane, lo vedi che sono stato di parola... solo ora ho staccato, gli ultimi caseggiati di là... in fondo..." un sorriso e un abbraccio, una pacca reciproca sulla spalla "Nemmeno il tg ho potuto seguire oggi..." sbuffò.
"Ancora deve cominciare!" lo interruppe il più giovane "Vieni accomodati, ci sono anche la nonna e la bisnonna di mia moglie..." si offrì il ragazzo.
"Ma, certo!" aggiunse lui in modo piuttosto sanguigno.
"Oh, buonasera signore! Scusi il disordine!" appuntò la moglie sollevandosi dal tavolo "Voi statevi, tu no!" si rivolse alle altre donne che riempivano la sala e poi alla figlia.
"Figurati, piuttosto scusatemi voi per il ritardo!" rise l'uomo ancora una volta.
"Ma no!" ancora gentile lei "Si accomodi, vado a prendere la carbonara che sicuramente si sarà fatta!" aggiunse la ragazza.
"Vi piace la casa?" chiese l'uomo e la bimba annuì felice.
"Quindi, ma siete riusciti a salvarle proprio tutte? Le case, dico!" s'informò il giovane mentre si facevano strada verso la tavola imbandita.
"Eh, diciamo... una buona parte, si... oggi a esempio abbiamo terminato i lavori della penultima strada.. alcune, ahimè... per quelle, purtroppo! Non c'è stato proprio nulla da fare, non si capiva niente... vediamo se si può fare museo ma mi sembra difficile, troppo pericolanti..." scrollava il capo "Buonasera e buona cena, signore!" ripeteva una volta vicino.
"A Lei!" fece la più anziana, l'altra solamente annuì con un filo di voce ma aveva captato tutto.
"Aspettate, signore, scusate se mi allontano per qualche attimo ma sta uscendo la carbonara..." fece la ragazza.
"Tranquilla e poi basta con questo signore, Dylan... ve l'ho già detto!" scherzò "E comunque, ora che ci penso prenditi tutto il tempo che vuoi... chiedo perdono ma esco di nuovo e quindi attimo, c'era uno poco fa che voleva la terza casa a destra venendo dalla strada principale... volevo parlarne con Robert, ecco... era questo che dovevo dirti, Dario..." l'altro annuì, si era di nuovo seduto e sbocconcellava delle polpette fritte accompagnate con della salsa greca: accese la tv.
"Tranquillo, Dylan..." sorrise timidamente Mia.

Dopo poco...

"Small Heath: ennesimo pericolo scampato, caccia all'uomo!" sentenziò la giornalista bionda di BBC News, il volto dell'ottantenne ancora una volta sul piatto.
"E chi sarà mai?" chiese il ragazzo afferrando il tovagliolo, l'altro fece spallucce.

"Poi se vuoi venire a conoscerlo per farti dei nuovi amici... senti qua, fumi?" chiese l'uomo prima di uscire, il giovane non rispose e lo seguì.
"Mangiamo dopo!" aggiunse alla moglie dopo poco, sparì dalla vista delle donne.

Dopo poco...

"Puff, ancora deve arrivare!" il più anziano sbuffò una nuvola di fumo, la nonna Emma sbirciò distrattamente dalla finestra ed ebbe come un colpo al cuore: non si sentivano le parole ma si poteva scorgere qualcosa, diede furbemente una gomitata alla madre "Ne vuoi una?" gli offrì una sigaretta arrotolata, il ragazzo era titubante: diede uno sguardo dentro, solo poi aggiunse.
"Facciamo quattro passi..." questo suggerì, l'uomo era d'accordo e iniziarono a camminare.
"Quello è l'immobile e il cliente è Charles Shelby ma per gli amici Charlie..." quello fumava ancora, abbassò lo sguardo per qualche attimo e poi tornò a guardare davanti a sè.
"Lo conosco, è lui che mi ha portato qui..." l'altro annuì.
"Lo conoscono tutti e ognuno di questi sa che in realtà quella un tempo era la casa di famiglia, una piccolissima baracca divisa in ben 1, 2, 3... 7 persone, allora erano le famose backtobacks o court15... poverissime, non avevano nemmeno il bagno... oggi sono delle decorose case a schiera... non c'era il riscaldamento, era il 1790 quando sono state costruite queste dall'architetto britannico Owens, all'epoca il Regno Unito comprendeva tutto..." discorreva il cinquantenne, erano nel frattempo arrivati e l'uomo fece segno di arrestarsi, la porta era socchiusa lasciando intravedere più di qualcosa al di là di quella fessura che aveva lasciato, il giovane stava a sentire dando ripetuti segni di approvazione "Ancora non mi hai risposto, amico... ne vuoi una?" chiese ancora una volta allungando una mano, l'altro si convinse e l'afferrò "Questa è la casa!" aggiunse dopo poco.
"Dylan!" una voce decisa giunse alle loro spalle, si voltarono "Dario che ci fai a quest'ora da queste parti..." era ancora risoluta.
"Charlie!" lo andò ad abbracciare "Ora che siamo vicini, ci potremo conoscere meglio!" esclamò il giovane marito.
"Eh, già!" fece l'altro estraendo dalla giacca in seta blu oltremare una sigaretta, l'accese "Ecco chi arriva amici, Rob!" replicò e salutarono tutti in coro.
"Ecco gli altri tre dei Beatles!" esclamò quello che li raggiunse.
"Eh, no quelli sono unici!" aggiunse Dario grattandosi il capo.
"E anche noi lo siamo!" replicò puntualmente Charlie con la sua impeccabile risolutezza " Beh, che aspettatiamo? Entrate!" terminò Dylan.
"La riprendo, è la casa di mio padre Thomas Michael Shelby... classe 1890, Watery Lane... Small Heath!" esclamò deciso arricciando il mento da vero duro.
"Ok, aggiudicato!" ironizzò l'amico italiano.

Dopo poco...

Dario suonò alla porta che presto venne aperta, sulla soglia apparve sua moglie e lo fece entrare. Era seguito da Dylan, si accomodò pure quello.

"Ci avete messo poco..." aggiunse la donna, gli altri due annuirono "Venite..." li invitò e loro si disposero di nuovo nell'ambiente, la serata prometteva bene e tra una sbocconcellata, una bevuta e una chiacchiera in più giunse infine anche il dolce.

"Cosa volete per finire?" chiese la giovane appoggiata al frigo, le mani sui fianchi.
"Il tartufo, siamo quasi in estate che vorresti altrimenti?" fu la volta del marito, l'altro e la bimba annuirono, le nonne presero soltanto il sorbetto ma anche quel momento terminò.
"E così da lunedì viene ad abitare qui anche il mio nuovo amico..." appuntò Dario, l'altro annuì.
"E chi sarebbe, Dario... non mi hai mai comunicato di avere amici qui in Inghilterra..." piombò la ragazza.
"Charles Shelby ma tutti lo chiamiamo Charlie... era un mio collega universitario, nei miei ultimi tempi dell'Erasmus..." l'espressione della nonna Emma nell'udire quel nome totalmente cambiò, non volle darlo a vedere ma si incupì di più.
"Ah, si... e dove proprio qui a Powis Street, in queste case accanto o in altre vie dello stesso quartiere, qua vicino o a Liverpool..." dibattè ancora la giovane.
"Si, proprio qui ma ai caseggiati di fronte... al numero 40, per l'esattezza... in verità, all'epoca che fu... era la casa di suo padre, Thomas Michael Shelby..." spiegò meglio il marito.
"Oh, Cristo!" tuonò la bisnonna mordendosi la guancia, si guardarono tutti "Scusate ma mi è tornato il male al ginocchio e non riesco ad alzarmi!" giustificò, ripiombò il silenzio nella stanza ma non fu duraturo.
"Si ed era una famiglia molto conosciuta nella zona..." aggiunse l'uomo grattandosi in volto riprendendo la parola.
"Li conoscevi?" chiese la ragazza.
"Charlie, si e anche Duke... era il fratellastro, sapevo anche che avevano una sorella di nome Ruby che era morta precocemente di tbc nel 1934... il padre si sposò due volte, la prima moglie morì e l'altra se ne andò..." parlava ancora l'uomo.
"Caspita, mi dispiace..." ancora la ragazza, le nonne erano già in piedi e le guardò per un attimo.
"Beh, scusate... è stato un piacere ma ho guardato l'orologio notando che si è fatto tardi..." irruppe la nonna ma era più che ovvio che nonn i trattava altro che di una scusa, la ragazza non se ne accorse nè poteva farlo ma la interruppe ugualmente "Non volete vedere nemmeno il resto della casa? Potete dormire benissimo qua... Ah, giusto... il ginocchio, lo dimenticavo..." fece e la più anziana annuì, si alzarono tutti e le accompagnarono gentilmente verso l'uscita.

Dopo poco...

"Comunque è stato un piacere anche per noi... alla prossima, buonanotte!" replicò la ragazza che aprì e le baciò, le altre due donne prese sotto braccio annuirono e ricambiarono, le vide salire in macchina e ripartire a tutta velocità.

Dopo poco...

Se ne andarono senza dire una parola, in quell'auto c'era un silenzio assordante e più che tombale. La novantatreenne era stravolta ma sognante al tempo stesso, la più anziana si dava aria con il ventaglio estratto dalla borsa della figlia.
Presto la più giovane riprese a parlare.

"Che hai, mamma... non parli più?" insisteva.
"E che devo dire? Hai ripreso la parola, mi hai fatto fare una brutta figura... che ti è successo all'improvviso?" tuonò guardandola.
"Anche te sembri strana..." aggiunse svoltando a destra, erano in aperta brughiera.
"Ancora loro e come tornano: BANG! Secondo me quella notizia alle breaking news riguardava loro o non credi? E lei BAM! Non so, non riesco ancora a capire che razza di uomo si sia entrato in casa ma soprattutto come abbia fatto, amico di... vabbè è meglio che non parlo... tua nipote, giuro chè è proprio una sbadata... devo prendere informazioni su questa persona qua, farci pure una figlia..." borbottava, la figlia faceva spallucce: si chiedeva se quel Duke fosse ancora in vita.

~Flashback~

Erano le 10 pm del 31 ottobre 1935, la notte di halloween era quasi arrivata. Era una notte di luna piena e di stelle, queste avevano dissolto un po' quelle nubi di fumo che si sprigionavano continuamente nell'aria. Questa era frizzante, una leggera brezza faceva scuotere le fronde degli alberi quasi spogli che ricoprivano il viale.
Emma era ancora rinchiusa nella stanza, la festa era vicina e ancora non sapeva minimamente cosa indossare. Provò un vestito bianco e non le stava proprio, la sua carnagione bianca le impediva di farlo. Se lo tolse e infilò un abito verdone e lo levò di nuovo, cosa poteva mai rappresentare. Infine optò per qualcosa di arancio, la zucca era la sua preferita tra i vari personaggi della serata e se lo lasciò.
Scese le scale e fu di sotto, la madre riposava di già. Non sapeva come avesse fatto ma era successo, la bambina non riusciva proprio a spiegarselo. Ne approfittò e senza perdersi d'animo quatto quatto si riversò in strada.

Dopo poco...

Bussò alla porta dell'amica Helena che abitava ad appena due isolati dopo, questa le aprì e uscirono in strada. Non sapeva che da lì a poco qualcosa l'avrebbe totalmente cambiata.
L'amica dall'abito cremisi la teneva stretta per mano, andavano e venivano per la strada principale in attesa che gli altri compagni di scuola uscissero dalle loro case.

Qualche ora dopo...

"Beh, ragazzi... io vi saluto o mamma resterà in pensiero... è stato veramente un piacere, a presto e un bacio... buonanotte!" concluse lei "girando i tacchi", era quasi l'una di notte ormai.
"Si, è vero e vado anch'io... è già stata una follia uscire..." aggiunse Lucy, la più piccola di statura.
"Vi accompagno io, è pericoloso aggirarsi sole a quest'ora..." si accodò Chris, detto questo furono via.

Dopo poco...

Lucy ed Emma si erano congedate già da un pezzo e quest'ultima era appena giunta davanti al marciapiede che costeggiava la sua casa.
La strada era ormai deserta, un gruppo di uomini era il solo ad attardarsi davanti al numero civico 40. Dovevano essere tutti fratelli ed erano veramente tanti, questo ella pensò. Avevano tutti la stessa divisa ma ciascuno di diverso colore: pantaloni larghi a zampa di elefante e anfibi di pelle allacciati finemente sul davanti, camicie inamidate senza cravatta e infine un berretto che pendeva dalla loro mano. Persino il taglio dei capelli era quello, erano proprio eleganti. Erano quattro, li contò. Dovevano essere piuttosto maturi eppure poco le parevano, solo uno riusciva a dimostrare all'incirca la sua vera età per via di quel paio di baffi che gli dava un'aria piuttosto differente dal resto della ciurma che lo accompagnava. Erano persino di bell'aspetto e di modi scelti, sembrava strano incontrarli in strade simili come quella. Potevano venire dal West End di Londra, è questo che ella pensò. Solo la parlata era scarsamente decorosa ma poco importava, chiunque poteva farlo e non c'era un minimo garanzia. In particolare uno, non riusciva proprio a scrollarselo di dosso, i suoi occhi stavano vivendo il primo colpo di fulmine della loro vita. Capelli a spazzola e occhi scuri, chi mai poteva essere quella sagoma lì?

Dopo poco...

"Eccomi di nuovo a casa e zitto che mamma dorme!" esclamò tornando in se stessa, fu solo una questione di attimi e poi tornò a fissare quella figura. Ancora per poco, poi lui rincasò: fu l'ultimo del gruppo a farlo.
Lei rimase ferma ancora lì, per qualche altro minuto a inchiodare l'immagine di quella vecchia porta dentro sè.
Un rumore improvviso, i battenti si aprirono ed erano quelli di casa sua. Sentì una mano afferrarla decisa per il braccio, venne trascinata fino a dentro: era sua madre.

"Oh, scusami... Chris ma deve entrare, buonanotte e a presto!" disse prima di chiudere la porta "Ma certo che sei proprio stupida, mi hai fatta stare in pensiero! Tu, come hai fatto? Ne approfitti di fuggire via proprio mentre io dormo? Non esci più... ti ho cercata in ogni dove, tu non sai quanti pericoli si nascondono là fuori e ti ho visto dalla finestra fissare quelli... non se ne parla proprio!" era infuriata, decisamente preoccupata.

~Flashforward~

"Duke Shelby..." furono le sue ultime parole, forse assai troppo trasparenti agli occhi della madre.

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