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"Here comes the sun, lalalala... here comes the sun, it's alright..." canticchiava sottovoce Dario infilando la chiave nella fessura della porta, quest'ultima si aprì emettendo un rapido scatto.
"Eh, già... i Beatles sono forti da queste parti, ciao... ragazzo!" una voce risoluta e ridente giunse alle sue spalle e notò un uomo sulla mezz'età rivolto verso di lui.
"Siamo in Inghilterra, il che è letteralmente ovvio!" rispose interrompendolo, lo fece annuendo ripetutamente con un leggero e rapido movimento di capo.
"Non solo, ragazzo! Ah, già non siamo di queste parti..." lo interruppe l'uomo a sua volta, rideva più di prima.
"In effetti, no... signore!" lo interruppe ancora lui grattandosi in volto.
"Qua dietro è nato Ringo Starr e chissà quanto tempo fa, certamente prima dell'abbandono e della ristrutturazione del quartiere! Se vuoi ti ci porto, non ti dico in che condizioni ne riversavano le stanze... erano a dir poco pietose... ah, già... hai comprato casa..." il più anziano lo interruppe a sua volta.
"Si, signore..." annuì di nuovo.
"Dai, andiamo... che cos'è con questo signore! Chiamami Dylan, per piacere!" la voce roca non l'abbandonava mai.
"Ok, Dylan... io invece sono Dario, piacere!" allungò la mano.
"Si, lo so! Ora ricordo, già... me l'aveva detto Robert, il mio collega... hai parlato con lui... aveva parlato di un ragazzo molto giovane e all'incirca sulla trentina che aveva acquistato un immobile da noi e sei tu cioè e questa è la tua casa..." il ragazzo annuiva ancora.
"Dario, tua figlia non ce la fa più... deve andare in bagno! Mi scusi, signore ma ho fretta... devo andare!" irruppe la moglie Mia.
"Chiamami Dylan, fa' con comodo... ci mancherebbe!" sorrise l'altro.
"Powis Street numero 19, finalmente! Oh, che splendore..." ella sospirò, il più anziano fece una mossa di disapprovazione ma lei non se ne accorse poichè intenta a guardare la bambina che premeva sempre più.
Dopo poco...
"Che ne dici, Mia... la nuova vicina non ti mollava più, cominciamo bene!" la canzonava il marito mentre era intenta a organizzare la cena.
"Già..." la giovane moglie alzò gli occhi al cielo e poi sbuffò.
"Povera vecchia signora..." rise.
"Guarda qua che figata! Sarà marchio Ikea? Bah, mi stai ascoltando? Che stai facendo, Dario!" esclamava incantata, poi il suo tono mutò.
"No, niente... mogliettina, stavo controllando le email..." disse scrollando invano il capo come per liberarsi da certi pensieri una volta che la moglie vi si avvicinò, non pareva del tutto convinto e ironizzò, lei notò tutto ma non volle darlo a vedere.
"Guarda qua, c'è pure Alexa! E le tende, oh... che incantevoli che sono!" la donna replicava.
"Senti, chi vuoi che invitiamo sabato? Sto qui per te come per il resto, sempre per te sto! Vabbè, dai..." cambiò discorso indicando il monitor del suo mcbook air cromato, lei aggrottò la fronte: a un certo punto le apparve adirato.
"Come per me? Che stai vedendo cose che non devo vedere, siamo appena tornati dalla luna di miele e tu già... guarda che ti ho visto sai? E adesso mi fa' vedere..." schioccò la lingua sul palato.
"No niente, ecco..." le mostrò ma nascondeva comunque qualcosa, quella realtà lo inquietava.
"E allora perché dici sempre per me, guarda che pure per te siamo qui, d'altronde ti è sempre piaciuta questa casa... tu me l'hai fatto come regalo, l'hai per caso dimenticato?" esclamò a braccia aperte.
"Senti, chi dobbiamo invitare? La tua nonna..." la interruppe scuotendo la lista.
"Si e anche la mia bisnonna..." sospirò, tornò a guardare al di là della finestra.
"Basta? Ok, qua la lista e vedi se ti va bene... presto, che devo uscire!" gli passò un fogliettino di post it azzurro e poi si recò di sopra, la zona notte era composta da tre vani letto e un bagno: una camera da letto, una per la bambina e l'altra tendenzialmente per gli ospiti.
Dopo poco...
"Dario, vieni di sotto... dove sei? Ah, sei qua... aspetta che ti aiuto..." gli disse, lo trovò davanti allo specchio a trafficare con una cravatta in seta rossa: per lui annodarla era decisamente impossibile.
"Scusami, per prima ma è solo che non mi fido di questa casa..." bisbigliò afferrandole tra le mani il viso.
"Ma come, dai... si, c'è il lupo cattivo... giuro che sei peggio di nostra figlia... stai tranquillo, su..." si scrollò dandogli una pacca sul braccio forzuto, lui lo contraeva di più e annuì.
"No, è che sai... i gaelici ma adesso lasciami andare..." schioccò la lingua sul palato e sospirò, uscì.
Intanto dall'altra parte della città...
"L'eterno riposo dona lui, Signore... risplenda in egli la luce perpetua, riposi in pace... Amen!" sospirava l'anziana donna davanti alla tomba del marito.
"1908-1935", aveva solo 27 anni... povero, mamma... non piangere, chi era? Lo conoscevi?" le chiese la figlia Emma.
"Mio marito, eravamo sposati da poco... maledetta, mi sento in colpa di esserti sopravvissuta e tanto, no.. niente e suvvia, figliola... non puoi capire, lasciamo stare..." si sbrigò "Oswald Moseley!" si lasciò sfuggire di bocca, distrattamente scorse quell'altra sepoltura ma il cellulare dell'altra vibrando in continuazione interruppe tutto "Chi è?" chiese poi spostando lo sguardo sulla borsa purpurea della donna ottantenne che aveva di fianco, questa la afferrò meglio e la aprì estraendo l'aggeggio con massima prontezza, lesse sul display "È Mia, cosa caspita vorrà?" chiese rivolta alla centenaria madre che fece spallucce.
"Rispondi e vedi..." rispose telegrafica.
"Dimmi, Mia? Nipotina, cos'è successo? Sono tutta orecchie e c'è anche nonna Ella qui con me..." dimandò la nonna schiacciando il vivavoce.
"Scusa se te lo dico solo adesso ma volevo farti una sorpresa, io e Dario abbiamo trovato finalmente la casa che tanto desideravamo... ora non ci basta che festeggiare e perfetto, siete invitate anche voi... vi aspetto sabato alle 19 a Powis Street numero 19... Regno Unito, avrei voluto festeggiare anche stasera ma ho constatato che non era possibile... so che l'Inghilterra non è mica dietro l'angolo, giuro... nonna, non sto più nella pelle!" dibatteva la ragazza.
"Oh, Cristo!" esclamò la più anziana, il suo volto si incupì.
"Ma siamo già qui e quindi perchè non fare già stasera? Dacci solo il tempo di arrivare... a presto, piccola..." smorzò la donna.
"Come qui?" chiese meravigliata la trentenne, si guardava le unghie dei piedi appena smaltate.
"Si, siamo qui... aspettaci, piccola!" agganciò, l'altra continuava a storcersi in volto dalla riluttanza.
"Ok perfetto! Ciao, nonne!" si congedò, era ancora allibita.
"Tu sai dov'è, mamma?" fece la menzana rivolgendosi all'anziana madre.
"Certo e lo sai anche tu, solo che non ti ricordi ma forse se lo vedi ma non è il caso..." fece stizzosa quest'ultima.
"Perchè no? Si, dai!" insisteva la figlia da puntuale festaiola.
"Vai tu ma te lo sconsiglio, io non ci vengo!" replicava, l'accento sagace del salento era ancora più prorompente.
"Invece si che vieni e punto!" sentenziò la bruna.
Giunta la sera...
"Ecco, si... qui, accosta!" mormorava l'anziana donna, la figlia era troppo intenta a guidare per poter prestare attenzioni alla madre che spesso delirava.
Dopo poco...
Suonarono alla porta, la bambina andò ad aprire.
"Ciao, nonna Emma... ciao nonna Ella..." gridò la piccola.
Dopo poco...
Mia si apprestò a scendere la scala, indossava ancora i jeans e la t-shirt rosa della Guess che aveva scelto quella stessa mattina, i capelli raccolti in una graziosa treccina laterale.
"Ciao, nonne!" fece la ragazza.
"Ciao, Mia! Sei tornata dal viaggio di nozze, al matrimonio eri proprio un incanto e tu piccolina..." chiese chinandosi davanti alla pronipote, le stropicciò i capelli avvolti in una crocchia biondo cenere e un colore non poi così differente da quella della madre "Siamo solo noi, tua madre non l'hai invitata? Forse non poteva venire..." chiese ancora facendo spallucce l'anziana donna.
"Ah!" un ticchio nervoso assaliva l'altra ed era un sospiro esasperante, non dava tregua, era quasi come se volesse dire qualcosa e non riusciva a farlo, sapeva di asma asfissiante.
"Nonna Ella, stai bene?" chiese la ragazza e la nonna mora fece ancora una volta spallucce.
"Non voleva venire..." aggiunse.
"E perchè?" continuava a chiedere la ragazza "Beh, giustamente ti sarai sognato un viaggio fin qui, nonna... avventueriera per come sei, ormai ti conosco fin troppo bene e lei dalla certa età che ha raggiunto..." venne interrotta.
"No, non è per questo!" il muso lungo ancora non le era passato, la fulminò in un solo istante quasi fosse una creatura divina.
"Dai, entrate... nell'attesa vi preparo una tisana allo zenzero, so che era la preferita di entrambe e anche mia e della piccola!" puntualizzava ancora la giovane.
"No, mamma... io voglio il Nesquik!" esclamò la più piccina con il cipiglio tutto corrucciato, era proprio viziata.
"E va bene!" chiuse la porta con un sorriso appena pronunciato.
"Nonna Ella, perchè fai così?" chiese la bambina.
"Eh, forse sarà stanca!" la giovane posò entrambe le mani sulle spalle della bambina raggirando la domanda e spingendola verso lìinterno della dimora.
"Di già? E poi basta, non sono piccola!" il broncio tornò.
"Piuttosto dov'e tuo marito?" l'anziana donna si guardava intorno.
"Dario è uscito ma torna subito, l'ha fatto per prendere le ultime cose per la cena..." gesticolava, la donna dai capelli argentati improvvisamente svenne.
"Nonna!" accorse immediatamente la pronipote e dopo lei tutte le altre a seguire "L'avevo capito sin da subito che non stava bene e che qualcosa non andava..." ancora replicava.
1926
"Nonna Diana, sono appena arrivata a Small Heath, avvisa gli altri prima che rimangano in pensiero!" detto questo la ragazza riagganciò.
"Ok, dolcezza! Ciao, Ella e a presto!" venne trattenuta per qualche altro secondo.
"A presto, nonna... ciao!" riattaccò la cornetta del telefono ferroviario e riprese a camminare.
Prima di farlo si guardò attorno e per finire proprio mentre si accingeva a effettuare il primo passo si voltò e incontrò lo sguardo di un uomo, le sorrise e lei contraccambiò. Era un ragazzo alto e con una folta barba nera, dai capelli lunghi e la carnagione scura. Era di un'eleganza unica nei modi e nel vestiario, quegli occhi dorati avrebbero distratto chiunque li avesse incrociati. In mano recava un cilindro e anche questo era di una tonalità alquanto scura, sembrava misterioso. Dorian Gray, sospirò tra sé e sè e lei si che di romanzi se ne intendeva, Piccole Donne era decisamente il suo preferito.
Le campane del treno si rimisero a suonare e solo così si ricordò di se stessa ma non appena lo fece si sentì afferrare per il braccio, sollevò lo sguardo verso sinistra e se lo trovò di nuovo davanti, stavolta era più vicino.
"Signorina, un momento... scusate ma non sono del posto, sapete dirmi dove si trova Dean Street?" aveva un caldo accento italiano e questo la tranquillizzò.
"No, mi spiace... signore, neppure io!" sorrise.
Dopo poco...
Era una delle tante dimore diroccate di Watery Lane, nuova per così dire. Malgrado tutto era finalmente a casa, pensava e ripensava a quell'incontro e si fece sera. Dalle dodici e mezza che erano non ci volle assai tempo per arrivare.
Il suo stomaco brontolava di continuo, era da tanto che non faceva un pasto regolare.
Aprì la trave di legno mezza mangiucchiata dalle tarme e si riversò in strada, le luci del viale erano accese e il lampionaio era già andato via, laddove le lanterne mancavano ci pensavano le fiaccole a illuminare la via.
Le strade erano deserte e silenziose, chi mai osava aggirarsi in quelle ore tarde del vespro?
A un certo punto si fermò, uno sfavillio attrasse la sua attenzione e quella era la più grande novità. Era l'insegna luminosa di uno dei tanti locali che popolavano Jamaica Row, spinse in avanti i battenti e si addentrò.
"Una Signorina così angelica che si aggira da queste parti tutta sola, ma sapete che ora è?" la fronte corrugata dallo stupore e dall'età, sarà stata la proprietaria del locale o quanto meno la receptionist.
"Scusate, sono nuova... non vorrei disturbarvi, cerco solo qualcosa da mettere sotto i denti... avete qualcosa da mangiare o almeno conoscete qualche altro posto come questo che potrebbe soddisfare almeno un po' delle mie richieste o se avete anche un lavoro da offrire, magari da cameriera o che so anche se si tratterà di qualcosa di diverso da quello andrà ugualmente bene... uno qualsiasi basta che avrò qualcosa che mi possa permettere di andare avanti senza patire la fame come stasera, solo questo voglio dire..." fece spallucce, poi accennò un sorriso.
"A quest'ora?" Il naso della vecchia ancora più arricciato.
"Già, scuso il disturbo..." non perse altro tempo ma venne fermata, la voce della donna si rilassò: aveva riflettuto.
"Aspettate, ma io dico... avete capito cos'è, avete letto? Qua si pratica il burlesque e si balla il can can e non lo vedo proprio adatto per Voi..." cercava di farle capire, un tenero sorriso spuntò nel suo volto rendendola materna.
"Perchè, lo so che non lo dimostro ma ho comunque 17 anni..." esclamò.
"Non è per questo, assolutamente... siete dolce, lo faccio per il Vostro bene ma se poi volete... per me non ci sono problemi... non so come Siete finita in questo lurido postaccio che è Digbeth se poi non lavorate nelle fabbriche, è questo..." il tono era sempre quello piuttosto apprensivo, gli occhiali le pendevano dalla punta del naso.
"Proprio perchè ero in cerca di lavoro..." non le diede nemmeno il tempo di parlare.
"Allora sta a Voi scegliere, quindi... che volete fare?" annuì la donna, la penna in una mano e il foglio nell'altra.
"L'ho detto... è uguale, qualsiasi cosa... anche entrambi, ci sto..." era decisa.
"Entrambi, perfetto... da domani alle 8 p. m. e senza ritardi, ok?" appuntò l'altra e la ragazza annuì, la soddisfazione incominciò a farsi strada in lei.
I giorni trascorrevano a passi di danza, quelli liberi era soliti passarli alla biblioteca del museo preraffaelita che si ergeva nel cuore pulsante della città. Era il suo preferito e in modo particolare perchè lì lavorava Diego, il ragazzo della stazione.
La confidenza tra loro era ormai cresciuta e velocemente, lo stesso ventre della donna lo fece costringendola ad accorciare le distanze dall'altare.
Presto quindi nacque anche Emma, crebbe veramente in fretta la piccola creatura.
Era un amore intenso ma breve il loro e galeotto fu proprio quel giorno, quel momento in cui il giovane marito decise di uscire per aggiungere del companatico alla festa che avrebbero aperto quella sera con i pochi volti miti che colorivano il difficile vicinato. Voleva brindare ai suoi nove anni di vita inglese ma non le fu possibile, il marito non tornò.
Erano tanti i ricordi che la legavano a lui in quella dimora e così decise di trasferirsi nella vicina Powis Street al numero 19, la vita non era assai diversa lì e specialmente nel suo debole stato.
I giorni passavano assai lentamente tra la casa e l'ospedale, erano queste le sole cose che si concedeva.
Il lutto giunse presto ed Ella si prendeva a schiaffi, se solo non avesse traslocato Diego si sarebbe salvato. Non smetteva mai di dirlo, tra una lacrima e l'altra, era questo che faceva.
Intanto il mondo andava avanti ma la sua età si era fermata o almeno così pareva, esattamente questo sentiva.
Mesi dopo...
Era appena tornata al quartiere dopo aver lasciato la figlia a scuola, Emma frequentava la classe terza alla Saint James Elementary School.
Stava iniziando a nevicare e affrettò il passo prima che fosse arrivata a casa fradicia, era giunto quasi Natale.
La strada era piena di ragazzini che si rincorrevano e giocavano, erano troppo piccoli per ben sapere chi fossero. Avevano all'incirca l'età della figlia, i ginocchi ignudi con tutto il gelo che tirava.
Avanzavano i secondi e i minuti, non smetteva mai di versare: sembrava anche lei un po' tenera e infantile davanti a quello show di coriandoli bianchi che cominciava soavemente a fare capriole in aria, in fondo aveva solo 26 anni. Era troppo bella quell'atmosfera, tutto il suo candore le fece smettere improvvisamente di pensare. Non voleva tornare a casa, come poteva perdersi quegli attimi di innocenza che la stavano travolgendo.
Fece quattro passi, i tetti delle baracche erano quasi del tutto irriconoscibili. Li fissava, poi venne distolta da un'anziana donna affacciata da una delle tante finestre del viale. La salutò, Ella contraccambiò.
Era giunta alla fine della via, si sentiva osservata. Quasi meccanicamente sollevò lo sguardo e inclinò il capo verso destra, due occhi facevano capolino dalla tenda violacea in pizzo di una finestra, erano due iridi cerulee incollate sulle sue. Avevano visto tutto.
"Diego!" sbuffò tra sé e sè in modo da non farsi scoprire, sembrava quasi come se si sentisse in colpa e cercava di spostare lo sguardo invano: rimanevano le pupille del mondo, le più ardenti sulla terra.
Era come se di lì fosse passato un corvo, un'altra volta. Lo stesso di quella notte in cui lui se n'era andato via, pensò eppure fu, solo un attimo.
2019
"Sono tornato!" l'uomo diceva e l'anziana donna si risvegliò di colpo, credeva fosse Diego.
Dario era tornato. Sospirò, la sua cera cambiava.
Scrittrici dall'Inferno:
Beh, che ne pensate? È difficile che risponda mai nessuno.
Mah, vi faccio un po' di storia va così potrete capire meglio, mi riferisco a quei luoghi non descritti dalla serie tv.
Dean street è una via di Birmingham situata a Sud Ovest delle West Midlands, tra il Quartiere Cinese e Digbeth.
La parallela Jamaica Row, così comunemente chiamata, esiste ancora oggi ma sotto un altro nome. È situata leggermente più a Nord Est dell'altra tra la via del mercato e la chiesa di San Martino. Hurst, Bromsgrove, Upper Dean, la stessa Dean Street, Jamaica e Moat Row erano solo alcune delle tante note vie della "movida" di un tempo e ancora oggi pullulano di pubs solo che è una realtà del tutto diversa da quella precedente. Intorno agli anni '70s, molti di questi chiusero ed è stato un vero peccato. Interi palazzi storici demoliti o completamente trasformati. Ne è un esempio il Black Lion che oggi avrebbe affiancato il famoso National Trust* o il Black Swan, il New Inn, la Smithfield Tavern, il Brook Vaults, il Saint Martin's Hotel, il Woodman, il Cross Keys e tanti altri. Il Plough and Harrow ha cambiato diverse sedi nel corso dei suoi anni e fortunatamente esiste ancora. Oggi lo potrete trovare nella via omonima e con più precisione nel quartiere di Aston. Era più recente poichè era sorto da un'azienda di prodotti alcolici ovvero quella degli Atkins.
Il National Trust è l'unica Court 15 o backtobacks che al giorno di oggi possiamo trovare a Birmingham ed è sempre in Hurst street e nel cuore del quartiere cinese. Adesso è un museo oltre che hotel ed è aperto nel 2002.
La Saint James Elementary School non è una mia invenzione, è anch'essa esistita veramente e ancora oggi solo che è stata trapiantata nel museo dell'età industriale a Dudley. È una scuola elementare e già dal nome si capisce. Era ubicata a Liverpool ed è risalente al 1831. È una struttura molto carina, mi ha colpita sin da subito. C'è l'entrata con un armadietto in arte povera e degli appendiabiti qua e là per la piccola stanza, sulla sinistra una porticina accede all'aula di canto, c'è persino l'angolo del coro e un pianoforte a muro arridossato a un piccolo camino in stile georgiano, una lunga vetrata riempie tutta la parete opposta, due porte conducono all'aula vera e propria riscaldata da un camino più grande.
Ah ecco, dimenticavo una cosa. Il museo preraffaelita forse è il reperto più antico tra tutti questi e che resiste ancora. Se molti di quei pubs risalgono al XVIII secolo, questultimo è ancora più remoto. Sorge proprio nel cuore della città ed è un opera d'arte vera e propria, qui Knight vi ha girato persino alcune scene della prima stagione come quelle del secondo incontro tra la giovane cameriera Grace Burgess e l'anziano ispettore Chester Campbell.
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