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•25 Gelosia parte II•

Non aveva digerito: la pizza gli era rimasta sullo stomaco. A questo pensava Bruno, steso di fronte a palazzo Pitti, oltre il Lungarno nella notte fiorentina.
Mara poggiava la testa sulle sue gambe, fumando e rilasciando nell'aria sottili cerchi di fumo bianco.
Quella pizza maledetta era come un macigno che non andava né su e né giù.
Voleva tornare il prima possibile a casa, prendere una camomilla, mettersi a letto e non pensare più a niente.
Proprio in quel momento gli venne in mente che non aveva a disposizione nemmeno il suo letto, occupato dall'artefice del suo disagio: Eleonora.
Non aveva fatto altro che mandargli occhiate furtive per tutta la serata: i suoi occhi si posavano su di lui ogni qualvolta lo vedeva interagire con Mara. E subito, nemmeno in modo tanto velato, Eleonora cominciava a tirare fuori i suoi artigli da gatta e conficcarli nella pelle di Giacomo.
Bruno non diede subito peso a quell'atteggiamento, pensando che si trattasse di una semplice coincidenza, eppure ogni qualvolta si avvicinava alla sua fidanzata, Eleonora faceva lo stesso con Giacomo, come per ripicca.
Quella situazione era diventata così grottesca che era spinto quasi a sfidarla, cercando Mara proprio per metterla alla prova e osservare la sua prossima mossa.

Non sapeva neppure lui perché non riuscisse a ignorarla e a passare una semplice serata in compagnia.
Non riusciva a non osservarla mentre flirtava spudoratamente con Giacomo, mentre le sue labbra si avvicinavano all'orecchio dell'amico per sussurragli chissà che cosa o mentre la sua mano si poggiava distrattamente sul ginocchio di lui, carezzandolo.
Anche gli altri sembravano aver notato l'atteggiamento di Eleonora, visti gli sguardi divertiti dei ragazzi e quelli giudicanti delle ragazze.

Lei se ne stava poco più in là, ridendo smodatamente tra le braccia di Giacomo, sbronzi e persi.
Bruno li guardava con sufficienza da lontano: erano fatti l'uno per l'altra, stessa pasta, stessa superficialità, stesso menefreghismo.
In quella scena poteva trovare la risposta alla domanda che si era posto per tutta la giornata: Eleonora Alberti era questa, una sciacquetta ciondolante che si gettava nelle braccia di chiunque le donasse qualche attenzione.
Era un vuoto a perdere, un buco nero da cui essere risucchiati e non tornare più.

«Amore, penso di andare... », disse ad un tratto Mara, alzando il busto dalle gambe di Bruno.

«Che ore sono?», chiese lui.

«Quasi mezzanotte e mezza. Domani devo svegliarmi presto e poi non voglio avere noie dai miei. Tu che fai?»

Bruno se ne sarebbe voluto andare con lei, ma poi gli venne in mente che non era solo.

«Mi pare che quella non abbia molta voglia di tornare», disse sommessamente, mandando un'altra occhiata furtiva in direzione della coppia.

Mara si girò verso di loro, guardandoli quasi disgustata.

«Simo, andiamo?», chiese poi all'amica, che si girò verso di lei e le fece un segno di assenso con la testa.

«Domani ci vediamo prima che parti?», gli domandò Mara.

«Certo! Mi trovi a casa»

«Va bene. Buonanotte», gli disse Mara prima di scoccargli un dolce bacio sulle labbra.
Poi, distaccandosi, gli sussurrò alle orecchie:

«Vedi di tenere le mani a posto stanotte con quella. Sennò te le mozzo»

Il tono era serio, nessun velo di ironia,: quello era un avvertimento bello e buono.
Bruno si limitò a sorriderle, sentendo la pizza arrivargli fino alla gola.
La vide salutare tutti e allontanarsi lentamente da lì.

Si guardò intorno: i suoi amici erano tutti sdraiati a terra, intenti a fumare e a godersi il soffice vento di fine maggio, carico di promesse e aspettative sull'estate ormai imminente.
Il suono delle risate soffuse di Giacomo e Eleonora, lo spinsero a guardare verso di loro, perdendo la battaglia che stava conducendo con sé stesso.
Si era ripromesso di ignorarli ma non ce la faceva.
Li vide sdraiati, rivolti verso il cielo stellato di Firenze.
Giacomo teneva il braccio sinistro sotto la testa di Eleonora, i cui riccioli biondi erano sparpagliati sui san pietrini.
Le stava mostrando le stelle: lui teneva l'indice rivolto verso il cielo, puntando ora a destra, ora a sinistra, mentre Eleonora lo ascoltava in silenzio, con gli occhi verdi immersi nel buio della notte.
Bruno si mise a fissare il cielo di rimando e, con stupore, notò che in realtà non si scorgeva nessuna stella.
Giacomo e le sue panzane.
Chissà quante cazzate le stava raccontando, chissà quali mondi paralleli cercava di farle immaginare.
Lei se ne stava per la prima volta in silenzio, muta, rapita, inerme, lasciandosi cullare dai racconti di quel ragazzo appena conosciuto.

Bruno continuava a guardarli con la coda dell'occhio, immaginandosi di esserci lui al posto di Giacomo, di sussurrarle all'orecchio storie mai sentite, solo per sentire ancora quelle note di gelsomini e tigli carezzargli la pelle.

"Basta Bruno, falla finita. È tardi. Sei stanco, hai sonno", si ammonì da solo.

Sì piegò sulle gambe e si mise in piedi.
Doveva tornare a casa, anzi dovevano.
Lentamente si avvicinò alle due sagome stese in terra e, dal momento che lo stavano totalmente ignorando, fu costretto a schiarirsi la voce.

«Dobbiamo tornare», disse a Eleonora, sovrastandola con la sua ombra.

Eleonora spostò lo sguardo dal cielo a lui e gli disse:

«Si sta così bene qui!»

«Già, ma io sono stanco e mia sorella pure»

«Andate! Io resto con Giacomo», rispose lei con noncuranza.

«No. Vieni con me», ribatté Bruno, sconvolto dall'atteggiamento infantile della ragazza.

«E dai amico, quale è il problema? Io ho un posto a casa dove farla dormire», biascicò Giacomo.

«Visto? Puoi andare», fece Eleonora di rimando, guardando Bruno quasi con aria di sfida.

Si sentiva ribollire dentro, sentiva di non sopportarla, di non tollerare una tale maleducazione.

«Possiamo parlare?», le chiese, sospirando.

«Stiamo già parlando»

«Intendo in privato», rispose lui impassibile.

«Ok! Ok! Recepito il messaggio! Sono di troppo. Mi alzo un attimo e mi sgranchisco le gambe», annunciò Giacomo.

Eleonora gelò con lo sguardo Bruno, prima di issarsi in piedi e allontanarsi di qualche metro, sotto gli occhi confusi del resto della comitiva.
Bruno la seguì in silenzio, mentre lei camminava senza sosta, come se non avesse alcuna intenzione di fermarsi, mentre il ticchettio ritmico delle sue scarpe rimbombava per il quartiere ormai deserto.

«Si può sapere dove stai andando?», le chiese a un certo punto, costretto ad allungare il passo per raggiungerla.

«Dove mi pare!», esclamò Eleonora senza girarsi.

Bruno allungò la mano e l'afferrò per il braccio destro, costringendola a fermarsi.

«Ma che problemi hai?», gli urlò contro lei.

«Non vai dove vuoi! Vieni con me, a casa mia, sei sotto la mia responsabilità!», ribatté impassibile Bruno.

«E tu chi sei? Mio padre?», fece Eleonora di rimando, con un fastidioso risolino di scherno sulle labbra.

«No, ma neanche a lui farebbe piacere vederti così!»

«Così come?», chiese lei provocatoria.

«Come una che vuole passare la notte con il primo che capita!», le sputò contro Bruno.

Eleonora scoppiò a ridere.

«E anche se fosse? Quale è il problema? Sono libera, sono giovane e questa è la mia vita. Di certo tu non sei nessuno per dirmi cosa devo o non devo fare»

«Sei così libera, da andare anche con il marito di tua sorella?»

Ecco, lo aveva detto.
Il sangue gli era arrivato talmente al cervello da non farlo più ragionare. Aveva perso il controllo. Quell' insinuazione gli era straripata dalla bocca senza che nemmeno se ne accorgesse.
Rimase impietrito a fissare il volto di Eleonora che lo fissava glaciale, mentre il soffio del vento le muoveva i capelli.
Restarono fermi e immobili per un tempo che a Bruno parve un'eternità.
Poi un ghigno comparve sul volto di Eleonora, che rispose con tono pacato:

«Come sei bravo a giudicare, senza sapere nulla. Continua a osservare le vite degli altri e a ignorare la tua», disse impassibile, per poi girarsi su se stessa e iniziare a camminare.

«Dove stai andando?», le chiese Bruno di rimando.

Eleonora non si girò, non rispose, alzò solo il dito medio della mano destra: una riposta inequivocabile.

Bruno era talmente incazzato da iniziare a camminare nella direzione opposta, immerso nei suoi pensieri e nelle invettive contro la ragazza.
Non la sopportava.
Non sopportava soprattutto il fatto che, nonostante la sua fosse una condotta che Bruno non approvava, riuscisse sempre a trovare il modo di farlo sentire dalla parte del torto, inadeguato e sbagliato.

Stava per raggiungere i suoi amici, quando gli venne in mente che non
poteva lasciarla vagare da sola di notte per le strade di Firenze.
Cercò di scacciare l'orgoglio e di tornare sui suoi passi, allungando il passo a grandi falcate.
Le strade erano deserte, di lei nessuna traccia.
Cominciò a chiamarla, a gridare il suo nome tra i vicoli bui, ma Eleonora era sparita.

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