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•11 Spavento•

«La conoscete? », chiese Eva, avendo sentito Damiano chiamare quella donna per nome.

«Per così dire. Su Rita, aggrappati a me », rispose Damiano, intento a sorreggere la donna insieme a Milo.
Con un movimento rapido se la issò sulle braccia e cominciò a camminare verso la villa.

Eva guardò suo fratello, sempre più confusa da tutta quella situazione.
Un flusso di domande le attraversava la mente e le offuscava i pensieri.
Pochi giorni prima era impegnata a gestire il suo dolore e ad accettare la perdita di suo padre, mentre ora si ritrovava a chilometri di distanza da casa, a cercare una persona scomparsa, capire cosa la legasse a suo padre e, come se non bastasse,  aveva appena investito una donna.
Era successo tutto così velocemente che la sua mente non riusciva più a razionalizzare ogni singolo evento.
Si sentiva solo risucchiata in un vortice in cui non riusciva più a capire nulla.

Si era fermata in mezzo al piazzale, impietrita, congelata da tutti quei pensieri molesti, tanto che le figure intorno a sé continuavano a muoversi come scie veloci che non riusciva più nemmeno a mettere a fuoco.
Tutto si muoveva mentre lei restava ferma.

«Eva! Che fai?»

La voce di suo fratello la fece tornare in sé. Lo fissò confusa e poi senza dire nulla, si affrettò a raggiungerlo sulla soglia della villa.

«Tutto bene? », le chiese guardandola con i suoi occhi azzurri e penetranti.

Lei fece segno di sì con la testa senza dire nulla.
Continuò ad avanzare come un automa, con la mente ovattata e il cuore in gola.

D'un tratto delle urla dilaniarono il silenzio. Urla di donna isteriche, disperate, quasi animali.
Eva si spaventò e notò lo stesso sgomento sul volto del fratello.
Lo vide affrettarsi verso la direzione di quei lamenti e lei automaticamente fece lo stesso.
Si ritrovarono nel salotto della villa e la scena che gli si parò di fronte li lasciò di stucco: Damiano cercava di trattenere la donna che Eva aveva appena investito, la quale si dimenava, si contorceva, lanciava fendenti nell'aria con le braccia, urlando e sbraitando come impazzita.
Fu un attimo e Anna, che era rimasta dietro di loro, li raggiunse e lì superò andando ad aiutare Damiano.

«Che è successo? »,chiese.

«Non lo so! Era tranquilla fino a quando ho superato il corridoio e sono arrivato qui! Rita! Rita, per favore calmati! »

La donna continuava a sbraitare come un animale ferito, come se volesse uscire dal suo stesso corpo. Cercava di sfuggire dalla presa di Damiano che invece la tratteneva a terra a fatica.

«È un attacco isterico. Milo, per favore aiutalo a farla stare ferma! », urlò Anna.

Milo obbedì all'istante, mentre Eva osservava in disparte la scena, incapace di fare il minimo movimento.

«Arrivo subito! », disse Anna, allontanandosi da loro e correndo verso le scale.

Eva avrebbe voluto solo tapparsi le orecchie e allontanarsi da lì.
La visione di quella donna sanguinante e straziata dalle sue stesse grida era qualcosa di estremamente disturbante e angosciante a cui non era minimamente preparata.
Guardava impotente il fratello e Damiano che facevano fatica a placcarla, mentre lei si divincolava, sputacchiando e sgolandosi.
Un capannello di ragazzi osservava quella scena accanto a lei, tutti immobili e muti, impietriti da quello spettacolo orrendo.

D'un tratto Anna giunse di nuovo in salotto, tenendo in mano qualcosa che Eva di primo acchito non riuscì a mettere a fuoco.
La vide inginocchiarsi accanto alla donna e in un attimo colpirla al collo.
Sussultò presa alla sprovvista, mentre la donna all'improvviso tacque esanime.
Solo allora Eva si rese conto che Anna aveva stretta tra le mani una siringa.
Damiano poggiò delicatamente il corpo della donna sul pavimento, la quale respirava forte a causa del sonno che le era stato appena imposto.

«Non avevo altra scelta, era un attacco troppo forte », fece Anna, quasi discolpandosi.

«Che le avete dato? », chiese Milo, visibilmente scioccato.

«Una dose massiccia di Valium. Dormirà per un po' », rispose Anna.

«La porto di sopra? », fece Damiano con la voce affaticata dallo sforzo.

«Sì, deve essere visitata e medicata», disse Anna risoluta.

Damiano fece un segno di assenso con la testa per poi sollevare nuovamente il corpo della donna e cominciare a percorrere i gradini che lo avrebbero portato al piano superiore.

«Che avete da guardare voialtri? Lo spettacolo è finito, tornate a fare quello che dovete! », urlò Anna verso il gruppo di ragazzi rimasti impalati.

Cominciarono tutti a disperdersi, chi nel resto della villa e chi all'esterno.
Milo si alzò da terra con gli occhi quasi sbarrati dallo spavento e le mani tremanti.
Anna, accorgendosi dello stato dei due fratelli, si affrettò a dire:

«Non vado in giro a iniettare calmanti alla gente. Sono una psichiatra, specializzata nella cura delle dipendenze patologiche»

Eva a quelle parole si sentì per un attimo rassicurata, anche se le immagini di tutto quello che era avvenuto in così poco tempo continuavano a cozzarle nella mente.

«Che cosa ha avuto quella donna? Lo abbiamo provocato noi con l'incidente? », chiese Milo.

«No. No, assolutamente. Dovrà sicuramente fare una tac per escludere che abbia riportato traumi alla testa, ma purtroppo quella donna è affetta da un disturbo mentale da tempo. Di certo l'attacco che ha avuto non è stato provocato da quello che è appena successo. Anche se devo ammettere che non l'avevo mai vista in quelle condizioni...»

«Come fate a conoscerla?»

«È comparsa da qualche mese attorno alla villa ma ha sempre mantenuto le distanze, non siamo mai riusciti a farla entrare e darle alloggio. Damiano ha provato a parlarle e l'unica cosa che è riuscita a dire è stato il suo nome: Rita, per l'appunto.
Per il resto ha i tipici vaneggiamenti dei soggetti affetti da gravi patologie psichiatriche»

«In paese non la conosce nessuno?»

«No, abbiamo chiesto in giro ma niente. Non è di queste parti a quanto pare...»

«E come avrebbe fatto ad arrivare fin qui? », riuscì a chiedere Eva in un filo di voce.

«Ce lo stiamo chiedendo un po' tutti. Sto facendo delle ricerche per trovare qualche ex casa di cura in cui può essere stata ricoverata, ma ora come ora sembra essere sbucata dal nulla.
Mi dispiace che abbiate dovuto assistere a una scena del genere, capisco che non faccia piacere. Volete un bicchiere d'acqua? »

«Sì, grazie », riuscì a dire Milo.

«Torno subito », disse Anna prima di allontanarsi dal salotto.

Milo si stravaccò sul divano in velluto, cercando di far scivolare via tutta la tensione accumulata.
Eva invece non riusciva ancora a muoversi.
Sentiva solo la necessità di chiamare Paolo e sentire la sua voce.

«Vado a fare una chiamata , disse al fratello, prima di allontanarsi e dirigersi verso il portone della villa senza che lui avesse il tempo di dire nulla.

Uscì all'aperto e si appartò in un angolo dietro le mura della magione, afferrò il cellulare e scorse la rubrica, cercando il numero del suo compagno.
Qualche squillo e la voce di Paolo la raggiunse alla cornetta:

«Pronto, Eva?»

«Ciao...»

«Sono le 14:00, sto per iniziare la lezione...è successo qualcosa? », chiese lui con tono ammonitore.

Solo allora Eva poggiò lo sguardo sulle lancette dell'orologio che portava al polso. Aveva completamente perso la cognizione del tempo e non si era resa conto che a quell'ora Paolo non voleva essere disturbato.

«Hai ragione, scusa. Avevo bisogno di sentirti... », fece lei con la voce rotta dal groppo alla gola che le serrava il respiro.

«Eva, tutto bene? », chiese lui allarmato dal suo tono di voce.

«Veramente no... abbiamo fatto un incidente. Ho investito una donna...»,
disse lei, poggiandosi una mano sulla fronte.

Sentendo le sue stesse parole venne pervasa dall'angoscia, come se il solo pronunciare ciò che era accaduto lo rendesse finalmente reale e non più qualcosa di impossibile.

«Cosa? Mio Dio. È viva? », chiese Paolo con voce allarmata.

«Sì, sì è viva. Deve essere visitata ma non sembra nulla di grave per fortuna. Almeno spero... scusa sono un po' confusa », balbettò Eva.

«Cristo...e la macchina?»

Sentendo quelle parole Eva spalancò gli occhi. In tutto quel vortice di avvenimenti e paure, non le era passato minimamente per la testa di controllare le condizioni dell'auto, era stato l'ultimo dei suoi pensieri ma a quanto pareva il primo per Paolo.
Ancora prima di chiederle se lei stesse bene o avesse riportato qualche ferita.
Si sentì offesa, tradita dall'unica persona che in quel momento avrebbe voluto vicina, ma che in realtà si dimostrava essere ancora più lontana di quanto pensasse.

«La macchina tutto ok, Paolo », si limitò a rispondere con un filo di voce.

«Eva, devo andare. Ti richiamo stasera così mi racconti tutto », disse lui frettolosamente.

«Ok... », fu tutto quello che riuscì a dire, mentre una lacrima le scendeva lentamente sulla guancia.

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