Capitolo 12 - Il ragazzo dal buio
Appena raggiunsi il punto in cui i nostri scudi si toccavano, notai subito un piccolo varco. Ad occhio e croce, decisi che il colpo doveva essere partito dal centro del giardino. La prima cosa che mi balenò in mente fu il pensiero di chi mai fosse stato così stupido da attaccare in un posto così poco protetto e nascosto nel bel mezzo della tenuta. Un pivellino, mi dissi. Planai per terra, e quando i miei piedi entrarono in contatto con la neve che ricopriva il terreno, sussultai. Dubitavo di essere passata inosservata; quella volta, chiunque fosse l'aggressore, non potevo lasciarmelo sfuggire. Lasciai andare lo spadone e congiunsi le mani come se stessi tenendo un uovo, cercando di raccogliere tutta la mia concentrazione finché una piccola lucina non comparve esattamente a metà tra le due.
'Cercalo e incatenalo,' gli ordinai, il sole sapeva cosa cercare.
Ripresi la mia preziosa arma e mi librò in aria, ma fui scossa da un brivido.
Il clima era molto più rigido che a Lys; i piccoli fiocchi di neve asterici si posavano delicatamente sui miei capelli sciolti. Avevo la pelle d'oca, tanto da desiderare ardentemente qualcosa di più pesante da mettermi addosso. La lucina si precipitò in direzione delle montagne; cercavo di starle più vicino possibile per riscaldarmi, e d'improvviso si precipitò giù fra alcuni massi, trasformandosi in una corda. L'aveva trovato e probabilmente già avvolto. Mi appoggiai su un masso a braccia conserte, turbata e divertita da quello che vidi: il bambino del mio sogno era lì, indossava un mantello nero e si divincolava stretto dalle mie corde luminose nella neve. Quando si accorse di me, i suoi occhi si spalancarono. 'Perché?' gli chiesi.
'Perché volevi ucciderlo ma hai trovato il modo di avvertirmi? Io non sono la veggente, senza di te non ce l'avrei mai fatta.'
Ero sicura che quel sogno non fosse stato un caso; avevo sentito parlare di persone dotate di poteri minori, ma non ne avevo mai conosciute, poiché nascondevano le loro doti accuratamente per paura di essere reclutati dal nostro esercito con la forza. Il bambino strinse le labbra, che si piegarono in una smorfia di disapprovazione, ma tacque. Balzai giù dalla roccia con le ali ancora aperte che illuminavano la fredda notte; qualcos'altro brillò sopra di me. Quattro paia di ali piumate, tutte diverse fra loro: Caleb, Lucifer, Crystal e Deimos. Fissai quest'ultimo infuriata.
'Perché diavolo sei qui? Ti avevo detto di rimanere alla residenza al sicuro, non di reclutare un mini esercito!' ringhiai, chinandomi a raccogliere l'arco accanto al ragazzo. A prima vista, poteva sembrare molto grezzo, ma era ben lavorato con intagli molto particolari sul dorso; l'impugnatura era dorata e luccicava sotto il bagliore delle mie ali.
'Tu mi hai chiesto fiducia, ma cosa ti aspettavi tagliandomi fuori? Che rimanessi a guardarti mentre volavi nella notte senza un motivo ben preciso?' Il suo tono era pieno di disappunto e amarezza.'Su, piccioncini, non è questo il momento di litigare!' si intromise Lucifer. 'Chi è il nostro piccolo ospite indesiderato?' mi chiese, indicando il bambino ancora steso a terra con lo sguardo perso in lontananza sulla grande distesa fredda di bianco.
'Qualcuno che mi ha avvisato in qualche modo di voler uccidere uno di voi due, Lucifer,' gli risposi, continuando a tastare il legno dell'arco con i polpastrelli.
'Cosa stiamo aspettando a farlo fuori?' mugolò Caleb, avvicinandosi e lo prese per il collo alzandolo con forza.
'Allora cosa volevi fare, pivellino?' lo interrogò con aria di sfida. Lessi il terrore sui lineamenti del bambino, che aveva distolto velocemente lo sguardo dal viso di Caleb cercandomi; non avrebbe parlato, non in quel modo almeno, ne ero certa.
'Non rispondi?' continuò, stringendo la presa mentre le guance del piccolo si riempivano di un colore rosso acceso e le sue vene pulsavano sul collo.
'Basta!' sbottai, gettando Caleb da parte con un gesto, e tutti mi guardarono sbigottiti. 'In questo modo non otterremo nulla; è innocuo sotto le mie corde, infreddolito e spaventato. È solo un bambino, Caleb!'
'Un bambino?' mi sbraitò contro mentre si rialzava, ripulendosi dalla neve. 'Un bambino che ha cercato di ucciderci e mi ha rovinato la serata!'Trovai la sua affermazione infantile e priva di senso. Se avesse voluto ucciderci davvero di sua spontanea volontà, non avrebbe rovinato tutto avvertendomi qualche sera prima. 'Me la vedrò io con lui,' dichiarai infine.
'Verrà al palazzo con noi stasera e ci resterà finché lo riterrò necessario.'
Lanciai uno sguardo, di quelli che non ammettono repliche, a Deimos, che mi fissava con le braccia incrociate al petto ed un'espressione irritata, appoggiato al masso. Sentivo i miei piedi diventare lividi sotto quello strato di compatta materia bianca che all'apparenza poteva sembrare bella e delicata, proprio come quel bambino poteva sembrare colpevole.
'Io torno a casa, tu resta pure,' dissi a Deimos, ritirando la spada e porgendo l'arco a Lucifer.
'Lo aveva con sé; domattina forse sarete in grado di trovare la freccia.'
Presi il bambino, che mi fissava colmo di gratitudine; potevo sentire i suoi denti sbattere, ma non seppi decidere se per il freddo o la paura. Spiccai il volo, decisa, finché quando già alta nel cielo, ricordai, mi voltai verso Crystal, che era l'unica a non aver mostrato disapprovazione per la mia scelta, e le urlai:
'Auguri, Crys! Tornerò a trovarti in questi giorni, te lo prometto!' Lei scosse la testa, sorridendomi. 'Adoro la tua caparbietà, Lianne. Ti aspetto!'Le sorrisi a mia volta mentre mi dileguavo nella notte gelida.
Era mattino, e fui contenta di vedere che i miei piedi erano tornati al loro colore originario, abbandonando la tonalità fra rosso e violetto che avevano assunto la notte prima. Quando ero tornata a casa, avevo sistemato il bambino nella stanza accanto alla mia, gli avevo offerto dei vestiti e l'avevo fatto mettere a letto. Come dapprima si era rifiutato di parlarmi. Presi una vestaglia e sgattaiolai nel corridoio alla ricerca di Jan e lo ritrovai di spalle, affaccendato a lucidare un busto del vecchio governatore nel corridoio. 'Psss,' gli bisbigliai; lui sobbalzò voltandosi per la sorpresa.
'Sono io,' lo rassicurai. 'Devi farmi un piacere!'
Annuì, sorridendomi, e appoggiò la pezza che teneva in mano sul busto, facendomi cenno con la mano di continuare.'Ho bisogno che mi porti dei biscotti al cioccolato, un po' di frutta, pesche magari, e una tazza di latte.'Rise di gusto, scrutandomi da testa a piedi; immaginai di non sembrare molto seria nella mia vestaglia color prugna e con i capelli ancora disordinati.
'D'accordo, Lianne, fra cinque minuti te li porto in stanza!' rispose, scomparendo frettolosamente giù per le scale. Ne approfittai per andare in camera mia e sedermi sulla sediolina di fronte al mobile con lo specchio, prendere la spazzola, pettinarmi e lavarmi in tempo record. Presi un paio di jeans scoloriti e una maglietta bianca dall'armadio; sapevo che Deimos sarebbe stato contrario al mio abbigliamento grossolano, ma la sua opinione non mi sfiorava.
Quando finalmente Jan arrivò, mi precipitai alla porta afferrando il vassoio che vacillò fra le mie piccole mani, gli rivolsi un cenno di ringraziamento con il capo. Fece una breve riverenza, come a voler imitare Mr. Abram, avviandosi per il corridoio sghignazzando, così da poter tornare alle sue solite mansioni. A mia volta, mi chiusi la porta alle spalle e mossi appena pochi passi per arrivare alla porta bianca e meno decorata accanto alla mia; bussai, ma nessuno rispose, così aprii la porta.
Il bambino ancora senza nome era seduto sul davanzale, proprio come nel mio sogno, mentre fissava stregato il sole. Non fui sorpresa; quella era la sua prima volta, non potevo immaginare che sensazione potesse dargli trovarsi davanti a quella grande palla luminosa che con i suoi sprazzi di luce gli riscaldavano e avvolgevano il viso, illuminando tutta la superficie di quel nostro mondo tanto confuso e caotico.'Uno spettacolo meraviglioso, vero?' Si voltò di scatto, con un'espressione sorpresa, come se anche io fossi nuova alla sua vista. Mi scrutò imperturbabile con i suoi grandi occhi e annuì inespressivo. Non riuscii a vedere in lui nient'altro che tristezza e innocenza, ma soprattutto solitudine e vuoto; mi ricordava il Deimos che avevo conosciuto anni prima, infelice e malinconico, seduto nella grande distesa verde fuori dal palazzo. Appoggiai la vassoietta in un angolo sulla scrivania e lo raggiunsi, mettendomi al suo fianco ed incrociando gli avambracci sul davanzale. Entrambi guardammo oltre le montagne, persi nei nostri pensieri.'Io sono Lianne, e tu?' gli chiesi, cercando di tranquillizzarlo con un sorriso. Tacque, e per qualche minuto, il silenzio calò sulla grande stanza, che mi sembrava spoglia a confronto della mia.'Cassiel,' rispose infine; la sua voce era bassa e delicata, quasi come quella di una ragazzina. 'Bel nome,' gli risposi.
'Allora, perché non sei scappato? Avresti potuto farlo questa notte.'
Chiesi sinceramente curiosa. Mi fissò, le sfumature cremisi dei suoi occhi, che sembravano ancora più vive illuminate dal sole cocente, si radicarono nella mia mente.
'Perché non ho alcun posto dove tornare,' la sua voce si fece una nota più alta, era dilaniato da un dolore che non riuscivo ancora a capire. 'Oltretutto, il tuo ragazzo dubito che mi avrebbe lasciato scappare incolume.'
Risi di gusto; era sicuramente sveglio e tremendamente più adulto di altri bambini della sua età.'Hai ragione,' osservai. 'Non ti ho ancora ringraziato.' 'Per che cosa?''Per avermi aiutato a salvare quella testa dura del governatore.'Un piccolo sorriso si affacciò sulle sue labbra, donandogli un'espressione più rilassata. Riportò lo sguardo fuori, e notai molte piccole cicatrici bianche sul suo collo. Mi sentivo furibonda; chissà quanti soprusi aveva subito quella creatura.'Non avevo mai visto nessuno luminoso come te!' disse, tirandomi fuori dai macabri pensieri che mi affollavano la mente.
'Tu sei lui, vero?' indicò il sole alto nel cielo azzurro.
'Non direi,' lo dissuasi. 'Io sono al suo servizio, e a quello del governatore; ho più degli altri soltanto la sua grazia e il suo potere. Vuoi vedere?'Ero pronta a mostrargli uno dei miei spettacolini di basso calibro, che impallidivano al confronto di quelli di Lucifer, ma pensai che si sarebbe accontentato. La porta si aprì di colpo, mostrandomi il viso furente di Deimos, che mi osservava dalla soglia, con la mano ancora appoggiata sulla maniglia.'Posso parlarti un attimo?' abbaiò. Il bambino si raggomitolò su se stesso, portandosi le gambe al petto e stringendole con le braccia; mi sembrò fragile, ed ebbi l'impressione che stesse tremando. Gli accarezzai i capelli arruffati delicatamente, e potei scorgere i suoi occhini.'Non ti preoccupare, non ti farà nulla, ci sono io,' lo rassicurai. 'Ti ho portato da mangiare.' Accennai al punto nel quale avevo poggiato il vassoio. 'Tornerò questo pomeriggio, e ti porterò a fare una passeggiata fuori!' promisi, lasciandolo lì da solo con se stesso.
Mi avvicinai, alterata, a Deimos, spingendolo fuori dalla stanza mentre accostavo la porta. Mi serrai le braccia al petto e cominciai a sbattere nervosamente il piede per terra ad intermittenza, come volerlo invitare a concludere subito quel mero spettacolo che stava per tirare giù.
'Cosa ti passa per la mente?' gridò, così forte che sobbalzai, vedendo la sua maschera ipocrita, colma di imperturbabilità, squagliarsi davanti.'Non capisco cosa intendi,' risposi con distacco, puntandogli i miei occhi, ridotti a fessure, addosso quasi come pistole alla tempia.'Sei passata dalla parte del nemico?'Risi amareggiata, e lo guardai da testa a piedi: muscoloso, alto, forte, con potere; intimorito da un bambino a cui avevano messo un'arma in mano senza spiegargli neanche come usarla. Non mi sembrava neanche più lui, somigliava sempre più a quello scorbutico, insensibile del padre, che purtroppo avevo visto nei nostri ultimi viaggi. Sbuffai.
'Hai paura di un metro e quaranta per quaranta kg, oh immortale Deimos?' l'ironia nella mia voce e la frecciatina che gli avevo appena lanciato dritta al cuore gli provocarono uno spasmo di rabbia. Sigillò le mani in pugni, digrignando i denti perfetti e bianchi.
'Sei infantile come al solito.' Aveva toccato un tasto dolente, sapeva quanto odiavo sentirsi dare dell'infantile. Non mi ero mai potuta permettere di essere una bambina; senz'altro avevo potuto fingere. A causa della morte di mio padre, di lui e soprattutto di me stessa, non ero mai stata infantile o spensierata.
'E' un bambino, Deimos!' gridai. 'Solo perché gli hanno messo un'arma in mano e gli hanno detto di ucciderci non vuol dire che quello fosse anche il suo obiettivo, o senz'altro, non mi avrebbe avvisato a modo suo! Sei diventato come tuo padre, paranoico e senza cuore. Hai subito una sostituzione nella notte? Vergognati! E' solo la vittima sacrificale del suo popolo, se lo avessi osservato per un secondo solamente, avresti visto la sua insofferenza, non troppo diversa dalla tua. Ha così tante cicatrici che puoi scorgere sulla sua pelle in mostra, chissà quante altre ne nascondono i vestiti! Tu non sai niente di lui, e neanche di te stesso. Sei diventato bravo solo a sparare giudizi e sentenze velenose. Se vuoi, ce ne andiamo stasera, io e lui. Così potrai sentirti al sicuro, protetto da un bambino che non sa neanche maneggiare un arco, ma ancora in pericolo da chi invece ha veramente intenzione di farti fuori.'
Ero stata aggressiva e letale come lui, che mi fissava ancora arrabbiato, in cerca di qualcosa da controbattere, ma evidentemente non trovò motivazioni abbastanza valide al suo delirio.
'Bene,' sibilai. Mi voltai verso la mia camera, lasciandolo imbambolato di fronte alla porta. Gli rivolsi un'ultima occhiata prima di entrare nella stanza, e con fare minaccioso sussurrai:
'Se provi a torcergli anche un solo capello, dimenticati di me, per sempre!'
**NOTE**
Ciao a tutti,
è passato un pò di tempo dall'ultima pubblicazione, siamo quasi a metà del libro, sto cercando di inserire gradualmente nuovi personaggi per dare pepe alla storia!
Aspetto un vostro feedback,
Grazie.
Come sempre - A.
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