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capitolo 13

Un anno dopo
1789
Cara madre, vi scrivo queste ultime righe per dirvi quanto rammarico provo per non essere con voi in questo periodo.
Come temevamo la guerra è ormai cominciata e con molta probabilità, io sarò già in paradiso quando questa lettera sarà tra le vostre mani tremolanti e le vostre lacrime bagneranno questi fogli.
State serena, morirò felice sapendo che la mia vita, per quanto breve, è stata adoperata per il bene, ho una moglie meravigliosa, la mia Paulette che ha reso la mia esistenza serena e renderà tale anche la mia diparita. Nostra figlia Gigliola sarà mandata con una serva il più lontano da qui e prego Dio ogni giorno a finché viva, questa speranza mi cullerà fino a quando l'ultimo alito di vita spiccherà il volo dalle mie labbra irrigidite dalla morte.
Combattete fino all'ultimo madre mia.
Il mio pensiero è rivolto soprattutto alle mie sorelle e i miei i fratelli.
Dite loro queste mie ultime parole:
A Hyacinte che è la fanciulla più bella di tutta la Francia e che nemmeno a Versailles qualcuna la eguaglia in splendore, a Ophelie che è la rosa più dolce che possa esistere, a Aurélie e Laurent che la loro allegria e le loro risa gaie mi suonano ancora nelle orecchie e che insieme a OscarJavier, a Edmund, a Marius e Theodore i loro visi saranno con me quando i plebei metteranno fine alla mia vita.
Vi amerò per sempre e, un giorno, saremo dinuovo insieme per il resto dell'eternità.

JanMichelle Chavalier

Dominique Blanchard stringeva con fierezza la lettera del figlio, se pur i suoi occhi piangevano non aveva abbandonato il suo portamento regale.
JanMichelle era già morto e lei presto lo avrebbe seguito, stava seduta al capezzale del suo letto quando, in lontananza, fuori dalla sua finestra iniziarono ad essere visibili le luci delle torce.
Cento piccoli fuochi simili a lucciole si incamminavano verso la sua proprietà, minacciando di portarle via tutto ciò a cui teneva.
Il respiro divenuto pesante la constrinse a raggomitolarsi sul letto priva di forze, cercò di calmarsi ma ogni tentativo fu vano.
Aveva in mente un piano da diversi giorni, sapeva che se le cose fossero andate per come aveva previsto almeno qualcuna delle sue figlie si sarebbe salvata, eppure in quel momento, mentre la morte le veniva in contro era difficile, troppo difficile seguire i piani.
Traballando si alzò in piedi, camminava con affanno ma riuscì a spalancate le porte della sua immensa stanza.
Corse via, percorrendo ogni corridoio e stanza della sala fino a raggiungere la camera dei suoi figli maschi.

-Correte, andatevene finché siete in tempo!

-Cosa dite?! Non vi abbandoneremo mai con le nostre sorelle!

Urlò Oscar in preda alla paura, era nervoso e desiderava solo fuggire, ma l'amore verso la propria famiglia gli impedì un atto così vile.

Theodore si alzò dal letto a baldacchino in cui era seduto, il viso rigato da cento e più lacrime, era percorso da tic frequenti dovuti alla forte pressione a cui era sottoposto.
Sì avvicinò alla madre e cadendo ai piedi della sua gonna iniziò a piangere angosciato. La donna prese tra le mani il viso del figlio e lo accarezzò dolcemente.

-Farò in modo che le vostre sorelle vivano, non temete so cosa debbo fare. Ma voi fuggite, vi supplico figli miei!

Ognuno di loro restò al loro posto, impassibile. Se il loro destino era quello di morire, lo avrebbero accettato con dignità.
Un groviglio di emozioni si fece largo nel petto di madame Dominique ma incontrastata regnava regina una sola: la paura.

I servi erano ormai fuori controllo, in ogni angolo della casa persone scappavano attraverso i passaggi nascosti e urlavano spaventati.
In tutto quel trambusto le voci delle quattro sorelle di distinsero dalla marmaglia.

Aurélie pinageva angosciata e Hyacinte si mangiava freneticamente le unghia della mano per il nervoso, si sentiva impotente e questo la distruggeva.
Laurènt che consolava la sorella, non aveva più lacrime da versare, stava silenziosa con la mente e i pensieri rivolti altrove.

Il ticchettio dei loro stivaletti le precedette mentre entravano a passo funereo nella stanza.
Dominique si voltò ad osservarle, doveva mettere in atto il suo piano il prima possibile.

-Dov'è Ophelie?

Ruggì inferocita quando si accorse dell'assenza della figlia prediletta.

-Lei...lei è andata giù nella sala di musica. Ha detto che morirà con l'unica cosa che ha potuto conoscere come amore vero in questa vita, dopo il matrimonio di Javier sapete bene che il suo piano forte è stata la sua unica salvezza- rispose mentre gli occhi languidi non reggevano più il peso del dolore.

-Stupida sciocca! Non le hai impedito un atto tanto egoista?- le gridò contro Hyacinte cingendole un braccio. Laurènt si liberò con uno strattone e la spinse.

-Lasciami!-

-Smettetela! Siete così sciocche da non rendervi conto cosa sta per succedere. Venite con me tutti quanti, andremo da Ophelie.-
Dominique si voltò verso le quattro cameriere più fidate della casa, loro erano le uniche che erano rimaste al suo fianco e che avevano accettato di buon grado l'ultimo ordine di madame Dominique Blanchard de Chavalier.
Fece segno anche a loro di seguirla e le ragazze a testa bassa fecero come da comando.

Passo dopo passo furono udibili le voci dei rivoluzionari che velocemente si avvicinavano.
Ad ogni statua rotta, a ogni vetro che andava in frantumi il cuore di Dominique si svuotava sempre di più, lasciando solo un'immensa voragine al centro del petto.

Quando spalancò le porte della sala di musica sua figlia si trovava seduta al pianoforte, lo sguardo si muoveva dai tasti agli arazzi, ogni cosa si trovasse lì dentro, la piccola Ophelie voleva fissarlo nella sua mente.

Tutti loro erano consci che sarebbero dovuti scappare, ma nessuno di loro voleva separarsi consapevole che sarebbe potuto essere l'unico sopravvissuto.

Ophelie si alzò e si voltò lentamente verso la madre, era venuta a conoscenza del suo piano mesi prima, ma sperava che giunto il momento non lo avrebbe fatto davvero.

-Ophelie, Hyacinte, Laurènt e Aurélie. Togliete gli abiti di seta che avvolgono i vostri corpi e copritevi con gli stracci che indossano le donne qui presenti.

-Ma, madre! -

-Fatelo!

La dama si portò una mano tremante davanti la bocca per cercare di nasconde un singhiozzo. L'atto che stava per compiere era degno di un mostro, ma la vita delle sue figlie non aveva prezzo, avrebbe pagato a breve, non appena il suo sangue denso avrebbe tinto di rosso scarlatto i suoi preziosi tappeti persiani e la sua anima avrebbe bruciato all'inferno.

Le quattro serve le si avvicinarono permettendosi l'audace gesto di sfiorarle le spalle, gli sguardi che la donna si trovò di fronte non furono lucidi e in procinto di piangere. Judith più di tutte aveva lo sguardo fermo e deciso, alla marchesa doveva la sua vita, senza ella sarebbe stata già morta e morire per salvare qualcuno che per madame Dominique era più importante della sua vita sarebbe stato un onore.

-Addio madame, spero di poterla servire ancora, magari in un'altra vita.

Disse infine la cara Judith, nonostante il tono della voce fosse spaventato. A quelle parole anche i signorini non poterono osservare quella scena oltre, si voltarono di spalle e attesero per attimi che parvero infiniti.

Le serve si misero ognuna di fronte alla rispettiva signorina con cui scambiarsi le vesti e, con movimenti veloci ma dolorosi come rovi di spine, le aiutarono a spogliarsi.

-Non voglio morire con addosso degli stracci! Se il mio corpo marcirà per questa tenuta che lo sia con tutto ciò che mi appartiene!- Lo schiaffo arrivò talmente forte da far traballare le belle gambe di Aurélie.

Theodore l'aveva colpita, annaspando pesantemente le afferrò i polsi.

- Pensi che uno solo di noi voglia morire in questo modo? Sei sempre stata scarsa di intelletto Aurélie e non sai com'è il mondo lì fuori. Sai cosa accadrà fra pochi attimi? Una mandria di bifolchi sfonderà le porte di casa nostra, frugherà tra le tue belle cose cara Aurélie. Romperanno e ruberanno ogni cosa vedranno, profaneranno con le loro mani sudice ogni angolo di questa casa in cui tutto ci appartiene e poi... Quelle stesse mani affonderanno nei tuoi morbidi boccoli biondi.
Quelle dita sporche toccheranno ogni centimetro del tuo corpo, facendoti desiderare che qualcuno ti pianti un coltello nella gola e ti faccia smettere di respirare.
Ecco, cara sorella cosa accadrà e con i tuoi abiti preziosi non potrai più farci nulla.- concluse infine mentre si asciugava con il braccio la fronte madida di sudore.

Theodore era proprio come lei, pochi attimi prima aveva pensato la stessa cosa, ma quando si rese conto di quanto era stato stolto, sentire quelle stesse parole uscire dalle labbra della sorella lo aveva inferocito, sperava in cuor suo che lei non fosse tanto orgogliosa da morire così.

Infine piangendo angosciata acconsentì.

Hyacinte aveva osservato la scena in silenzio, digrignando i denti e torturando le labbra.
Non capiva perché stesse accadendo tutto ciò, perché quegli animali volevano distruggere la sua bellissima vita. No, non sarebbe successo.
Potevano portarle via tutto, ma lei sarebbe sopravvissuta.
Lei non era come Aurélie, potevano distruggere tutto ciò a cui teneva, Hyacinte Chevalier lo avrebbe ricostruito.

Finalmente i posti furono scambiati e gli ultimi abbracci furono dispensati.
Le urla strazianti di alcune donne annunciarono che i rivoltosi erano giunti dentro le mura della casa.

-Tenete.- disse infine, porgendo a ognuno dei suoi figli e le sue figlie un ciondolo d'oro.
- Mi raccomando nessuno di voi dovrà mai separarsi da essi. Che Dio abbia pietà di voi, su andate via! Via!-

-Madre!

Gridò Ophelie, ma Hyacinte prontamente la trascinò via, alzò lo sguardo verso il portone e l'inferno le si parò dinnanzi.

-Correte!

-Fratelli, a presto!

I quattro giovani uomini sguainarono le spade e le loro disgrazie ebbero inizio.

Tre uomini si misero in cerchio intorno al corpo della povera Laurent, ella tentò di liberarsi spingendoli e graffiandoli, ma fu tutto vano. Il più grosso di loro la colpì sul viso facendola cadere sulle scale dietro lei, i fratelli troppo impegnati a combattere non si resero conto dell'avvenimento. Quell'uomo dalla stazza mastodontica si gettò su di lei, che a pancia in giù, tentava di gattonare verso il piano superiore, lui le afferrò i capelli e la trascinò a sé, il viso della fanciulla era inondato di lacrime e muco e non riusciva a distinguere nulla, sentiva solo una forte pressione che l'attirava a sé mentre sudice mani le cingevano i fianchi con forza.
Poi, d'un tratto il rombo di uno sparò risuonò incredibilmente vicino al suo orecchio e la pressione sui suoi fianchi di allentò.
Laurènt si voltò di scatto, in piedi davanti il cadavere del bifolco c'era Aurelié che teneva tra le mani tremanti una pistola.

<<Scappa.>>

Sussurrò, prima che gli altri due la facessero cadere sul pavimento e si gettassero su di lei.

Laurènt restò inerme, troppo provata per muoversi, ad osservare con la morte nel cuore il corpo di sua sorella che con prepotenza veniva violato. Tutto intorno a lei si fece lontano, i rumori e le immagini persero la loro consistenza fin quando Marius la strattonò per le spalle.
Anche il viso del fratello era coperto a un rivolo di sangue rosso scarlatto.

Non capiva cosa le diceva, vedeva le labbra muoversi freneticamente e sentiva che la spingeva indicandole di andare via, di abbandonarli lì.

Non ebbe scelta, le sue gambe decisero per lei.

Corse via.

Marius le copriva le spalle, e continuò ad osservarla finché la sua figura non sparì fuori dal portone di quella che era sempre stata la loro casa, un colpo netto infine mise fine alla giovane vita di quel ragazzo, che abbandonò questa terra con un sorriso, pregando che almeno una delle sue sorelle si salvasse.

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