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Sera sul viale Karl Johan

Penso di aver trovato qualcosa nei vostri occhi. Penso di averci scorso l'inferno, ma naturalmente sono io quello indemoniato, altrimenti non sarei qui solo.
Colgo l'occasione per presentarvi la mia nuova amica, si chiama Solitudine.
I vostri pozzi infernali sono puntati su di me e mi guardate come se io fossi pazzo. Non la vedete? Non vedete Solitudine proprio accanto a me? Sicuramente l'avete spaventata e ha preferito fuggire.

Vi guardo. Vi osservo con attenzione uno per uno, ma potrei risparmiare il mio tempo e concentrarmi solo su uno di voi. Sembrate tutti così uguali, eppure siete nati diversi. Avete bruciato la vostra essenza? Oppure vi siete ubriacati bevendola? L'avete scambiata, perduta, venduta?

Mi avvicino al vostro viso scavato e ai vostri corpi fragili. Riesco quasi a vedere le vostra ossa, avete quasi raggiunto la perfezione. Potrei sfiorare la vostra pelle e provare a solleticarvi lo scheletro. Avete una carnagione viva, sembra quasi che abbiate intinto il pennello nel sole e che abbiate colorato il vostro viso.
Mi vergogno a presentarmi così davanti a voi. Io sono pallido, evanescente, sbiadito. Per questo mi nascondo sotto cappelli e cappotti neri, così neri da non essere visto. Sono così insignificante che divento un'ombra e mi perdo nel vostro nulla. Sono l'incubo che vi perseguita e non vi lascia dormire la notte. Sono ciò che voi definite "sbaglio" e che evitate come la peste.
Non vi biasimo. Non sono mai stato amante della perfezione e dell'utopia.

Penso di aver trovato qualcosa nei vostri occhi. Penso di averci scorso corpi fragili che lottano brutalmente per essere soddisfatti senza curarsi del piacere altrui. Si intrecciano ancora e ancora e si fondono disperatamente per colmarsi. Poi cadono esausti uno accanto all'altro: due corpi alienati, esausti e forzati. Ciascuno di questi ha conosciuto il vuoto esistenziale dell'altro pur restando estranei.
Ma no, cosa dico? Non possono essere vuoti, loro donano amore e calore a più corpi possibili. Io, invece, sono qui che non so cosa farmene di tanto amore e quindi lo ingoio infinite volte tentando di liberarmene, di nasconderlo, di segregarlo nel più profondo di me, ma invano. Il mio amore sale sempre a galla portando con sé angoscia e volete sapere perché? Perché è così superbo da credere di meritare qualcuno che si cibi solo di lui e non cerchi nient'altro altrove. Sciocco, pensi di essere sufficiente, di poter soddisfare un intero essere umano? Ti sbagli.

Avete chiuso gli occhi e l'immagine è svanita. Ho scorso la luce, la vita.
Li avete riaperti poco dopo e sono morto per l'ennesima volta.

Avvicino piano la mia mano al viso di quella donna. Sì, proprio di quella che è esattamente uguale a quella dietro e a quella dietro ancora. La vedi? Esatto, quella.
Tocco le sue labbra e sembrano così stanche di baciare, così stanche di donarsi all'infinito. Eppure mi sbaglio. Sono io lo sbaglio qui, non lei. Sono io quello che cova l'egoismo e preferisce riservare le mie per qualcuno di speciale. Patetico egoista.
Sfioro le sue guance scavate. Scavate dalla vita. Guarda il mio volto paffuto, sembra quasi che io non abbia vissuto. La sua lingua giace serena, la mia si dimena impaziente di liberare fiumi in piena di parole. Ma loro non possono sentirmi, non possono udirmi.
Faccio qualche passo a sinistra e mi ritrovo davanti ad un uomo. È leggermente più alto della donna, ma poco importa. Porto la mia mano in direzione del suo petto, ma lui fa un passo verso di me e il mio braccio attraversa il suo corpo.
Guarda, osserva fino a che punto arriva la loro perfezione. Persino una freccia o un pallottola potrebbe colpirli, ma loro sono così vuoti da non sentire niente. E continuano le loro vite come se niente fosse.

E io sono qui.
Pieno di tormenti, di parole taciute per molto tempo e poi scritte alla rinfusa su un quaderno. Ogni volta che lo prendo in mano non so bene quando lo rimetterò giù.
Ho paure che tornano una volta al mese per ricordarmi che loro mi saranno sempre fedeli e non mi lasceranno mai solo.
La mia pelle è pallida perché ho donato un po' del mio colore a troppe persone e ora sto sbiadendo, scomparendo.
Sono disidratato per aver pianto tutte le volte che ho sentito dolore e per quelle che me lo sono immaginato anche quando non c'era.
Se guardi attentamente le mie iridi verdi vedrai pagliuzze più chiare e altre più scure. Bene, queste sono i miei ricordi. A volte li tiro fuori e li stendo al sole. Ecco perché piango: scongelo emozioni che conservo in maniera possessiva.
Sono tutto questo e molto altro, ma in realtà non sono niente.
E sai perché? Perché non sono come loro.

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