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Capitolo 9

"Oh, cielo! Oh!" Mia madre si agitava frenetica per la stanza, scostando le lenzuola del mio letto. "Alzati!"
Non credetti neppure ad una sua sola parola riguardo a quanto sarebbe accaduto di lì a poco, quindi portai le ginocchia al petto e i capelli sul viso, continuando a bearmi dei pochi secondi di libertá.
"Solo due ore e sarai la moglie del giovane più ricco d'Inghilterra!" La donna rivolse lo sguardo al cielo, chiuse gli occhi e sorrise, soddisfatta. Sembrava così impaziente di strappare la libertà della propria figlia!
Mi appellai alla Divina Provvidenza, affinché i miei timori potessero affievolirsi e sfilare gli artigli dalla mia anima.
Nulla conoscevo di una vita coniugale, mai avevo intrapreso discorsi il cui tema costituisse un matrimonio prematuro, pertanto le mie incertezze potevano considerarsi fondate e giuste.
"Solo due ore e la mia felicità precipiterà nel vuoto!" sussurrai, una volta poggiati i piedi per terra, i quali continuavo a fissare, assumendo un atteggiamento stoico.
Mia madre battè due volte le mani, richiamando all'ordine due giovani cameriere, le quali sembravano soffocare nelle loro uniformi bianche e consunte.
"L'abito," disse e allungò un braccio, ordinando indirettamente alle giovani di accasciare tra le sue mani il vestito da sposa, dopodiché fece un passo avanti, alzò una mano e mi schiacciò le sue dita raggrinzite sulla guancia destra. "Una nobil donna quale tu sarai non può permettersi di presentarsi dinanzi ad una folla di innumerevoli lord con un tale piglio affranto!" Ella chinò lo sguardo, rivolgendomi un'occhiata furiosa, celata in parte dalle lunghe ciglia sbiadite. "Sorridi" Alzò il mento, mimando con l'espressione l'importanza della frase che avrebbe concluso in pochi secondi. "e mostra al mondo chi diverrai."
Non risposi, poiché mi parve futile controbattere con i miei pensieri disperati, nei quali nessuno sarebbe riuscito a scorgere il mio richiamo d'aiuto.
Mia madre mi osservò intensamente per un istante, come se nei miei occhi intravedesse un bagliore di illusione che tanto attendeva con impazienza, poi virò lo sguardo. "Annabeth, acconcia i capelli della signorina Stevens -oh! Stevens ancora per poco!- secondo le istruzioni che ti ho dettato precedentemente."
La cameriera avanzò nella mia direzione, ma si arrestò al tono della mia voce squillante.
"Madre, la colazione?" dissi, prima che uscisse dalla mia stanza.
Ella si voltò rapidamente e i suoi capelli fenderono l'aria. "Spero tu stia scherzando," finse una risata sottile. "Nessuna colazione, figliola. È importante che tu non ti senta affaticata, per questo importante evento. Inoltre, la figura perfetta del tuo corpo deve rimanere intatta," e uscì dalla stanza con il tintinnio dei suoi passi che risuonò tra le pareti.
Povera me! Addirittura schiava e sottomessa al mio stesso corpo!
Le parole di mia madre -per quanto ella apparisse al circondario come una donna dall'innata calma e tranquillità- erano inappellabili, quindi mi chiesi quanto potessero essere imponenti gli ordini dello scaltro signor Wilkinson, e ciò non avrebbe retto il confronto.
Diciotto anni di sfrontatezza.
Ah, quanti altri lunghissimi anni sarei stata testimone di quella sfrontatezza di cui egli tanto si vantava!
Mentre formulavo i miei più silenziosi pensieri, indossando una maschera invisibile, non riconobbi il mio volto, incoronato da una lunga treccia avvolta su se stessa, una volta dinanzi allo specchio.
"Siete splendida!" Annabeth sorrise e capii che nel suo sguardo fosse presente un'inconscia invidia innocente.
La seconda cameriera, una ragazza robusta ed in carne, tagliò l'imbarazzante silenzio nella stanza. "Come già accennato da vostra madre, dovremmo aiutarvi per quanto concerne l'abito da sposa," disse, desiderosa di poter indossare lei il vestito che tanto disprezzavo, e di conseguenza annnuii, rendendole gioiose e gaie.
"Ammiratevi!" Annabeth poggiò le dita sulle mie spalle e con una movenza delicata mi voltai verso lo specchio.
Un lungo velo fasciava la mia acconciatura, così come lo stesso abito che, stretto sin troppo in vita, si apriva in un'ampia corolla di decorazioni; uno strascico di taffetá bianco rasentava il pavimento ad ogni mio movimento e mi stupii nell'osservare come il mio petto apparisse prosperoso e seducente, lasciando scoperta la pelle lattea dei seni.
"Oh, il bouquet!"
Quando ricevetti il mazzo di rose bianche tra le mani, pensai alla differenza tra la gioia di Bethan e la mia disperazione, invidiando segretamente il suo sorriso.
"Allyson, cara, spero tu sia pronta!" Udii la voce ululante di mia madre avvicinarsi, finché quest'ultima non aprì la porta della mia stanza, entusiasta ed emozionata. "Quanta bellezza in un'unica figura! Ma di grazia, la carrozza ci attende e persino l'anziano cocchiere Harris è impaziente di osservarti nel tuo splendore!" Ella si avvicinò, seguita da mio padre, stranamente taciturno e silenzioso, e posò una mano sulla mia schiena, incitandomi a lasciare le mie stanze.
"Aspettate!" Rivolsi un ultimo sguardo alla mia camera, sussurrandole un commosso addio.

"Padre, credo che il cocchiere abbia errato strada," borbottai, non riconoscendo il vicolo nel quale eravamo stati introdotti, poiché esso non portava alla chiesa di Woburn. Quindi allungai una mano all'esterno della vettura e battei le dita sulla portiera della carrozza. "Harris!"
"Oh! Che Iddio possa tranquillizzare questo tuo carattere istintivo!" Mio padre afferrò il mio braccio. "Lascia che ti spieghi."
Egli rimase in silenzio per un momento, dopodiché, inspirando rumorosamente, disse: "Il signor Wilkinson ha scelto personalmente la chiesa dove sará celebrato il vostro matrimonio. Evidentemente la cappella di Woburn è troppo piccola per accogliere tanti invitati!" ragionò, come se avesse trovato risposta ad una domanda che lo tormentava assai da tempo.
Scossi il capo mortificata, finalmente a conoscenza del potere che quel giovane inverecondo poteva essere orgoglioso di avere sulla nostra famiglia.
Non potevo neppure celebrare la mia rovina nella chiesa simbolo della mia devozione nel Signore!
Ah, quante sventure ero destinata ad incrociare!
Il tragitto verso l'ignota chiesa si rivelò aspro e complesso e, nell'esatto momento in cui decisi di chiudere gli occhi per crogiolarmi nei miei pensieri, intravidi una struttura gotica celata dal fogliame dei boschi. "Eccoci giunti alla nostra meta!" Mia madre destò la sua agitazione. "Ammirate voi, invitati ad un evento di tale importanza, la donna che annuncerà le sorti del Bedfordshire!"
Come rimasi allibita alle parole di mia madre! Ne avrei riso per qualche minuto, se non fossi stata consapevole di avere dinanzi una folla immemore di lady e di lord  pronti a prender parte alla mia rovina!
Essi brulicavano sotto la luce cocente del sole, agitando i loro fazzoletti al vento, salutando la nostra carrozza che avanzava impetuosa nel viale ghiaioso.
La struttura gotica della chiesa si innalzava solenne verso il cielo, con le sue guglie e le sue vetrate istoriate, che rimasi ad ammirare, tentando di trovarne conforto.
Mio padre scese e fu accolto da un trofeo di grida gioiose, mentre apriva lo sportello della carrozza dalla quale sarei dovuta scendere: i suoi occhi esprimevano impazienza e tergiversai prima di poggiare la mia mano sulla sua.
Quella folla, quel lusso e quei fasulli sorrisi non appartenevano alla mia persona!
Piuttosto avrei desiderato sposare un giovane di infimo rango che un diciottenne ribelle e lussioroso quale il signor Wilkinson!
Gente sconosciuta! perchè mai gioivate della mia disfatta?
Non era forse ben visibile, nei miei occhi, la disperazione che mi stava accompagnando verso quello che voi chiamavate altare, ma che io definivo ghigliottina?
Il boato di un'orchestra.
Le pareti spesse della chiesa vennero rincuorate da una sinfonia imponente, quando i battenti del luogo sacro vennero aperti per consentire il mio passaggio.
I presenti si voltarono all'unisono: essi congiunsero le mani in grembo e scambiarono qualche commento riguardo il mio aspetto, bisbigliando furtivamente.
Mi aggrappai con più forza al braccio di mio padre quando, in lontananza, avvistai in maniera confusa la figura del signor Wilkinson, poiché il velo scivolato dinanzi ai miei occhi mi impediva di osservare chiaramente ciò che, in quell'istante tanto tragico, mi circondava.
Primo giorno di prigionia! pensai.
Sulla navata centrale era adagiato un lungo tappeto che evidenziò il mio ingresso, seppur i miei passi fossero incerti e indecisi; la solennità degli interni apparve quasi di gusto barocco, mentre l'altare era adornato con l'oro più lucente avessi mai potuto ammirare.
Una mano accarezzò la mia, una volta giunta dinanzi all'altare: Bethan allungò un braccio, tentando di infondermi coraggio ma, benché apprezzassi il suo gesto amichevole, i suoi sforzi risultarono inutili.
Osservai il suo giovane volto, ammirando il bagliore luminoso nei suoi occhi grigi e quando mi voltai, invece, la freddezza delle iridi di Bethan si contrappose all'intensitá del verde sguardo del signor Wilkinson.
La sua capigliatura spettinata gli conferiva un'aria eccessivamente ribelle, che cozzava con la rigidità di un luogo di culto. Il suo busto era avvolto da una lunga giacca nera, il cui bavero alzato accarezzava la pelle chiara del suo collo, mentre -non seppi come definire tale caratteristica- il primo bottone della camicia bianca era slacciato, a rivelare le clavicole sulle quali era adagiato il ciondolo di un crocifisso.
Bugiardo! Come poteva schernire così vistosamente l'importanza della fede?
Iniziai a tremare e a sbattere ripetutamente le palpebre, quando lo vidi alzare le mani e avvicinarle al mio volto. Schiuse le labbra, vi passo la lingua e, nell'afferrare i lembi del velo dinanzi al mio viso, le sue dita sfiorarono intenzionalmente il mio petto e, con una nauseante lentezza, lo adagiò sulla mia capigliatura, poi osservò i miei occhi per un lungo istante, sino a quando non fui costretta a chinare lo sguardo, tanta era l'avidità con cui mi esaminava.
Salvami, oh Signore! urlai mentalmente.
Durante la lunga cerimonia, non prestai attenzione alle parole confuse del curato, tuttavia mantenni il capo chino e il piglio amareggiato.
Oh, con quanto ardore volli alzare i lembi del lungo abito e fuggire da tanta angustia!
Quanti minuti trascorsi immersa in quella sofferenza? Non seppi definirlo, ma in un lasso di tempo molto breve il giovane al mio fianco si voltò, un anello tra le dita.
Sgranai gli occhi, timorosa. Egli se ne accorse e, quando prese la mia mano sinistra, alzò lo sguardo, per poi infilare l'anello dorato attorno al mio anulare, senza interrompere il contatto visivo.
Quanto dolore avrebbe comportato il legame spirituale al quale ero incatenata con quel giovane sfacciato?
"Io prendo voi, Allyson Stevens, come mia legittima sposa, per onorarvi, giurarvi fedeltá"
Fedeltá? Quali menzogne ero costretta ad udire!
"e amarvi per il resto dei miei giorni," con voce calda, concluse la frase, improvvisamente agitato.
Rimasi in silenzio, mentre un brusio fastidioso si faceva largo tra la folla, chiedendomi cosa avrei dovuto dichiarare in quel momento.
L'anziano curato ammiccò all'unico anello rimasto adagiato sul cuscino di velluto rosso, pertanto lo presi e lo rigirai tra le dita, mentre avvertivo accrescere in me un'apatia tale da offuscarmi la vista.
"Io prendo voi," deglutii. "Bradley Wilkinson, come mio legittimo... sposo, per" Silenzio. "rispettarvi... finché vivrò."
Poco avrei vissuto al fianco di quel giovane!
Egli annuì leggermente, certo che io non avrei mai ripetuto il discorso da lui enunciato.
Notai mia madre mutare espressione, ma come potevo giurare dinanzi a Dio il falso? Non avrei mai potuto amare il signor Wilkinson, neppure se costretta.
Pochi minuti dopo la celebrazione terminò e, mentre una folla di invitati si riversava accanto a me e al giovane -ahimé!- ormai mio marito, rimasi impietrita a fissare la mia mano, comprendendo il significato profondo e indiscutibile che quel cerchio dorato racchiudeva in sé.
"Allyson." Freddamente, mia madre si avvicinò a me e notai il signor Wilkinson attento alla conversazione, fingendo tuttavia indifferenza.
"Ora non resta che tu, prossimamente, ci dica la lieta notizia!"
"Quale lieta notizia può esservi in questo contesto che mi sta distruggendo, madre?" ribattei, afferrando il mazzo di rose.
"Suvvia, Allyson!" Il suo sguardo s'illuminò. "Vogliamo un erede!"
Il sangue arrestò il suo ciclo nelle mie vene e il mio cuore, come se non fosse già abbastanza pesante, incassò un ulteriore colpo, tagliente come una lama.
"Cosa?"
Bradley, alle sue spalle, sorrise.

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