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Capitolo 44

La situazione non migliorò la notte seguente.

Continuavo, senza sosta, ad allacciare braccia e gambe attorno al cuscino di Bradley, tentando di non trascendere il fragile equilibrio di razionalitá che aveva l'arduo compito di rendermi impassibile.

Tuttavia, era così difficile apparire indifferente dinanzi ai propri sentimenti!

Eppure, potevo ben crogiolarmi nella rilassante sensazione data dalla consapevolezza dell'imminente venuta del giovane, che ero sicura avrebbe fatto ritorno durante la sera.

Tre dì e un paio di notti.

E allora gioisci, Allyson! ripetevo simili parole come un mantra.

Nonostante ciò, non avrei mai avuto il coraggio di fargli comprendere come era lacerante la sua assenza.

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Quando udii un frenetico bussare alla porta delle mie stanze, non badai alla brusca interruzione dei miei daffari, no!

Poiché il mio cuore fu colmato da un'insaziabile gioia, una salda serenità e un improvviso sollievo, con il fermo credere del ritorno del signor Wilkinson.

Eppure, la mia letizia fu infranta da un particolare distorto.

Bradley non aveva l'abitudine di bussare all'uscio, e ne era consapevole.

E infatti -santi Numi, quale disgrazia!- non udendo una mia risposta, poiché ero troppo immersa nelle mie estenuanti riflessioni, la porta venne lentamente aperta, rivelando la capigliatura dorata e sinuosa di Bethan.

Arretrai.

"Amica mia! Quale piacere rivedere il tuo volto!" Ella tentò affabilmente di avvicinarsi e, avvolta nel suo abito in stoffa argentea damascata, mi cinse le spalle con un lieve abbraccio fraterno.

Che io reputai essere simile al tocco di Lucifero.

Tuttavia, ricambiai il suo sorriso, ma con uno -di gran lunga- molto più flebile, pertanto non lasciai spazio a futili ed ipocrite effusioni di un falso affetto: esse erano svanite dal mio essere e dalle mie abitudini, ma oh! forse non erano mai esistite.

"Mi auguro di non essere in errore, mia cara, ma ti trovo molto" Sembrò tentare di trovare le parole. "robusta." Bethan increspò le labbra, ed istintivamente iniziò a confrontare le nostre immagini dinanzi allo specchio, quasi segretamente, ammirando la sua figura afrodisiaca in contrasto con il mio corpo oramai martoriato, ebbe l'audacia di definire una volta notati i resti violacei delle percosse.

Quasi avesse visto il diavolo, ella arretrò con un rumoroso sussulto e portò le dita alle labbra, come a soffocare un gemito. "Ma ah! Allyson! Il tuo volto! Lividi, oh, Padre Eterno!"

E compresi come, secondo il suo formale parere, l'immagine femminile dovesse rappresentare lo stereotipo della più alta perfezione innata nella figura umana.

Gesticolai. "Suvvia, non badare ad essi. Sono caduta durante una passeggiata a cavallo."

"Eppure" Aggrottò la fronte. "credevo tu non cavalcassi."

"É così, infatti." Mi voltai rapidamente, intenzionata a celare il vivido imbarazzo. "Ma avevo un forte desiderio, e nella mia incapacità di domare un destriero, oh! la povera Allyson si é ferita!"

Pochi istanti e questa fanciulla urlerà di piacere, vero, bellezza?

Deglutii.

Come dolevano i tragici ricordi!

Tuttavia mi congratulai con me stessa per la ferrea falsità con cui mi ero rivolta alla dama, poiché -mi ritrovai a pensare- essa avrebbe potuto fare invidia alla sua!

"Come sono in pena per te!" Bethan sfoderò quella che compresi fosse una fasulla espressione di rammarico. Dopodiché, congiunse le mani in grembo e, non dopo aver tratto un ampio sospiro gaio, disse: "Ma ora, ti prego di seguirmi! Ho deciso di farti visita con le mie due care amiche!"

"Oh, davvero? Chi sono costoro?"

"Caroline e Phoebe!"

Le percosse di Algar, forse, avrebbero nuociuto meno alla mia anima rispetto ad una simile notizia! Pettegole e prive di verecondia! pensai, ricordando le loro parole successive alla mia prima notte di nozze, benché una simile definizione non era corretta.

Bethan afferrò il mio polso e mi trascinò alla soglia delle mie stanze, eppure gemetti quando il suo pollice affondò sulla carne viva delle mie ferite.

La pregai di allontanarsi, spiegando che ero propensa a seguirla nell'androne, e forse la mia richiesta risuonò simile ad un ordine inappellabile, poiché ella sembrò corrucciarsi, un velo di offesa nello sguardo.

Eppure esso svanì, quando ella sorrise alla sue due raffinate compagne di conversazione, sedute a sorseggiare un té londinese in sala.

Prima di rivolgere i miei saluti, però, mi chiesi chi avesse dato loro l'ardire di entrare, giacché, durante le assenze di mio marito, avrei dovuto badare io alle decisioni relative la nostra dimora, nonostante questo pensiero potesse risultare tinto di superbia.

Ma, evidentemente, ero stata così sciocca da non rammentare il senso di potere che Bethan nutriva riguardo la villa, una volta sua dimora.

Repressi un gemito di dissenso e mi ricomposi, con il desiderio di far comprendere alle donne di non trovarsi oramai più dinanzi ad Allyson Stevens, giovane fanciulla maledettamente ingenua.

Ma ad Allyson Wilkinson.

Eppure, quando mi ritrovai a formulare un simile pensiero, trasalii dinanzi all'improvviso rispetto miscelato alla deferenza nei confronti nel mio nuovo appellativo, riflettendo, inoltre, su quanto somigliassi a Bradley, or ora.

Ma la Provvidenza mi indicò la ragione di tali comportamenti: dovevo pur mascherarmi con l'essenza di mio marito, per avvertire la sua vicinanza.

Bethan prese posto accanto alle dame, e io dinanzi ad esse, osservando i tratti visivi molto più distesi di entrambe.

Mi invitarono a sorseggiare il té in loro compagnia, ma declinai l'offerta, preferendo di gran lunga osservare i lembi del mio abito piuttosto che intrattenere una conversazione con simili individui impertinenti.

Caroline iniziò a discutere delle sue vecchie e nuove conquiste sentimentali -come le definì- e pregai Iddio di non udire dalle sue labbra il nome del mio consorte, poiché ero sicura di avere abbastanza forze per avventarmi sulla giovane, qualora lo avesse fatto.

In risposta, Phoebe replicò aggiungendo di non reputare i giovani del circondario assai cortesi, sottolineando la quantità, invece, ristretta di gentiluomini dall'eloquenza gelida e distaccata, e oh! per una buona bocca come Phoebe, solamente un maggiordomo fidato di buona presenza avrebbe potuto addirsi al suo esigente caso! pensai.

E formulai simili giudizi non eccessivamente affrettati provando a scorgere le sfumature ritraenti l'inconscio delle donne nelle loro rapide parole di conversazione, alla quale raramente prendevo parte con lievi cenni del capo.

Bethan, invece, sosteneva le idee delle sue compagne, e pensai che, se avessi compreso la sua vera essenza molti mesi addietro, non avrei allacciato amicizia con una simile doppiogiochista.

Fui salvata dalla grazia del buon Dio, poiché, quando esse domandarono della mia situazione coniugale, Dorothy irruppe incespicando in sala, spiegando della venuta di Dana Field.

Rabbrividii udendo il suo nome ma, dopo aver lisciato il tessuto della mia lunga gonna ed aver rammentato l'errore da me compiuto nel reputare questa una sguattera di mio marito, acconsentii. "Lasciatela entrare."

Mentre Caroline e Phoebe iniziarono a ciarlare sommessamente, Bethan alzò un sopracciglio, quasi fosse piccata da un simile imprevisto, poiché era evidente come avrebbe desiderato continuare a calcare la scena.

Ma forse doveva accontentarsi della platea.

Dana era elegantemente vestita e, nel suo ingresso in sala, la sua capigliatura fiammante arse nei bagliori della tenue luce pomeridiana, mentre scioglieva la sua acconciatura intrecciata da un ampio cappello in tulle.

Con un improvviso senso di colpevolezza, sorrisi alla giovane, quando questa sciorinò un piglio solare e affabile. "Signora Wilkinson!"

Ma, buon Dio, erano passi felpati i suoi? Poiché sembrò dovesse agire in incognito quando si sedette al mio fianco e prese le mie mani tra le sue! "Devo porgervi le mie scuse, signora, giacché vostro marito mi ha parlato, giorni fa, del vostro timore riguardo i nostri incontri." Lanciò una breve occhiata alla compagnia a noi antistante e sussurrò. "E di come voi ne avete abilmente scoperto la natura! Tuttavia," spalancò gli occhi. "simili situazioni non si ripresenteranno mai più, oh! Ve lo giuro sul nome della mia cara madre scomparsa!"

"Oh, non giurate!" Sussultai, ma non lasciai la presa calda delle sue mani.

Ella deviò il discorso. "Io vorrei veramente essere una vostra amica."

Un velo di commozione sembrò attanagliarmi la gola, perché nessuno mai aveva espresso il desiderio di avere un legame saldo con la mia persona in una maniera tanto esplicita!

Apprezzavo molto le sue parole e le sue scuse, benché solamente il mio sciocco istinto avrebbe dovuto richiedere indulgenza!

Ma non riuscii ad esprimere la mia sincera gratitudine, dunque mi limitai a chiudere gli occhi e ad assentire con il capo, muovendo le mie labbra in un sorriso.

La giovane sembrò rilassarsi, quando inclinò il capo. "Ma oh! Stavo quasi dimenticando! All'ingresso v'é un certo signor Rayman, dice di voler vedervi."

Bethan, seguita dalle sue amiche, si destò improvvisamente, e la tazza di tè tra le sue dita sembrò paurosamente barcollare.

Come erano ligie ad esaminare le mie faccende private!

Un girone dell'inferno anche per loro, dovrebbe esservi! pensai.

"Non lo voglio vedere."

"E per quale ragione, signora Wilkinson?" Dana si sporse lievemente verso di me, tentando di trovare risposta nei tratti del mio volto. "Non vorrei interferire, quindi perdonatemi, ma so che la situazione con vostro marito non pullula di serenità coniugale, pertanto una spalla maschile cui reggervi potrebbe esservi utile, non credete?"

Ah, dannazione! La sua voce era troppo acuta! Infatti le altre giovani si voltarono, ad eccezione di Bethan, la quale non aveva cessato di osservarmi sin dall'entrata di Dana.

Quella cretura -malvagia!- sembrava attendere con ansia un'illuminazione, una parola in grado di spezzarmi, poiché iniziavo ad ansimare.

"Oh, concordo!" bofonchiò Caroline. "Abbiamo compreso come Bradley non rientri nei vostri canoni di preferenza, ma oh! Jasper Rayman è un così brav'uomo, giovane e dai saldi princìpi!"

"E tutte noi sappiamo come voi, signora Wilkinson, prediligete i sani princìpi in un uomo..." aggiunse Phoebe, increspando le labbra in un ghigno soddisfatto. "Dunque, perché non invitarlo ad unirsi a noi?"

Santo Cielo! Credevano forse di aver decifrato i miei pensieri, le mie riflessioni, la mia anima, i miei desideri?

Oh, no!

Poiché sembrarono mutarsi in pietre quando risposi: "Perché io amo Bradley."

La verità iniziò a circolare nelle mie vene, e la mia testa a pulsare, in sincronia con i miei timori oramai spezzati, sciolti.

Freddo.

Poi caldo.

Non riuscivo neppure a distinguere le sensazioni, in un vortice di spensieratezza colmata dall'improvvisa consapevolezza.

Cosa avevo detto?

Ma ah! perché lo avevo detto?

Il galoppo del mio cuore inchiodò frettolosamente nel mio petto, quando constatai lo stato di incredulità delle donne a me circostanti, eppure non potei fare altro che fissare un punto indistinto ai miei piedi, gli occhi sbarrati, come inebriati da un'autentica allucinazione, e la voce flebile, ma dalle parole maledettamente intense.

Poi annuii, quasi volessi convincere me stessa. "Sì, io lo amo." dissi. "E amarlo è la sensazione più bella del mondo."

*************

*Rullo di tamburi* Ta dan!

Ce l'ha fatta, finalmente!

Un applauso ad Allyson!

Che ne pensate?

Votate e commentate!

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