Capitolo 43
Era appena giunta l'alba quando Bradley lasciò le lenzuola -lo dedussi dalle carezze lievi che non avvertivo più sulla pelle-, dunque aprii gli occhi e lo trovai immerso in un silenzio quasi nauseabondo.
Quando udì i miei gemiti di risveglio, egli si voltò repentinamente ad osservarmi, mentre era intento a stringere al collo il bavero della sua camicia, innalzando il capo a giudicare il suo riflesso attraverso lo specchio. "Oh, no, continua pure a riposare." sibilò, dopodiché fece il giro del letto e s'inginocchiò al mio fianco, scostando un lembo di lenzuolo affinché potesse scrutare lo stato dei lividi sulle mie braccia. "Ora, mia cara, devo salutarti: la Berlina è pronta, e so bene quanto il buon cocchiere sia restio ad un mio possibile ritardo." Ammiccò un flebile sorriso, ma mutò espressione quando notò la mia agitazione, pertanto afferró il mio polso e mi costrinse a guardarlo. "Rimani a letto, ti dico." Sembrò un ordine.
Tuttavia, quando osservai un simile bagliore di piacevole stupore nello sguardo, mi limitai ad inclinare il capo e a sorridere, allungando il braccio per afferrare uno scialle. "Suvvia, sono -senza dubbio- nello stato di poterti accompagnare all'uscio."
Eppure, veritiere erano le sue parole! Giacché avvertivo le mie gambe cedere, ma pensai una buona moglie dovesse partecipare solennemente alla partenza del proprio marito, dunque fasciai le mie spalle con la calda mantella e non badai alla veste da camera che rasentava il pavimento, oh no!
Ero troppo in pena per Bradley!
Lanciai una breve occhiata alle mie spalle, prima di lasciare le stanze, e constatai come il cielo fosse, come me, tanto avverso alla partenza del giovane da inviare miriadi di gocce -sue messaggere- a impregnare il suolo di umidità e instabilità.
Forse, la pioggia rifletteva il mio stato d'animo.
Il braccio di Bradley fu il mio unico sostegno, sino all'androne della villa, ed egli era ben ligio a stringermi a sé, quando approdammo sul brecciato antistante. Notai Dorothy giá desta, e le sfumature perlacee della volta -non più- celeste ombravano il suo volto, quasi rigido ed impassibile.
La ristretta servitù era intenta a salutare il proprio padrone con i gesti più affabili, ed io, -povera me!- invece, non potevo far altro che compatire la mia anima affranta quando Bradley chiese dello stato dei suoi bagagli.
Poiché, sino a quel momento, credevo fosse solo un sogno malconcio, quasi un incubo -avrei potuto definirlo- ma ora! oh, or ora!
Egli mi avrebbe lasciata.
E io attendevo con ansia un rassicurante risveglio da un simile e temibile sogno!
La pioggia continuava incessantemente a macchiare le distese del Bedfordshire, e quando un umile e deferente servitore si apprestò a coprire con un piccolo ombrello il capo di Bradley, questo replicò dicendo che non ve ne era alcuna necessità, spiegando inoltre che la pioggia avrebbe messo a tacere la sua capigliatura ribelle.
Era così apprezzabile, a volte, la sua tenera ironia!
Ero affiancata dalla buona Dorothy e da una modesta cameriera, quando Bradley si avvicinò al mio cospetto, senza badare agli sguardi curiosi di queste: una nobile indifferenza verso le loro effusioni di rispetto.
Il mio petto iniziò a sussultare ad ogni suo lento e melodioso passo avanzante, ma non avevo nessun appiglio cui reggermi quando egli prese le mie mani, ne osservò le dita e impresse numerose e brevi carezze sulla fede stretta attorno al mio anulare, come a rassicurare se stesso di come io fossi indiscutibilmente sua , per poi alzare il capo ad osservare la mia reazione.
Che stesse continuando ad esaminare le mie espressioni?
Successivamente, le sue dita si arrestarono sulla mia guancia, e avvolsero questa in una stretta confortante, tantoché chiusi gli occhi e -istintivamente- intrecciai le mie dita alle sue, nonostante covassi un singolare imbarazzo.
Fui tentata ad arretrare, quando Bradley si sporse verso il mio viso.
Le sue labbra erano così vicine!
Ero certa di poterne gustare giá il sapore.
Ma esse si spostarono amaramente sulla mia guancia e la baciarono. "Abbi cura di te, amore mio."
Perché, d'un tratto, temevo il peggio per lui?
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Oh, inutile era scrivere!
Posa il calamo, sciocca! mi accusai.
E così feci, dunque: mi adagiai sullo schienale della poltrona in raso e fissai la mia grafia distorta e incomprensibile sulla carta, scrutandone le parole, dopodiché, notato un particolare analogo, socchiusi le palpebre e mi donai il tempo di ragionare un poco.
Perché, Signore mio, avevo scritto come quel dì fosse il primo di una lunga serie di giornate malinconiche?
Non desiderando confermare un mio improvviso dubbio, mi alzai e mi diressi in biblioteca, dove trovai una Dorothy affaccendata a spolverare le pile di volumi intonsi sulle mensole, così ne raccolsi una mezza dozzina e li posai sull' -oramai- mio scrittoio.
Ma dovevo assolutamente trovare un impiego con cui distrarre i miei pensieri, pertanto aiutai la donna ad ordinare la biblioteca ed ella si sorprese molto, tuttavia non espresse numerosi dissensi e mi diede la possibilità di esserle d'ausilio.
In tarda mattinata, inaspettatamente, ricevetti la visita dei miei genitori, e come potevo non invitarli a pranzo?
Non fui costretta a incalzare la mia richiesta, poiché essi acconsentirono con una viva gioia, aggiungendo che, però, avrebbero preferito vi fosse anche il signor Wilkinson.
Mi portai una mano alle labbra quando risposi: "Oh, anche io." Poiché essi credevano ancora io lo reputassi un giovane sfacciato ed inverecondo, senza comprendere che, ora, apprezzavo persino simili difetti.
Giacché questi facevano parte della sua anima, del suo essere, e annullando essi non sarebbe stato Bradley Wilkinson.
Quando sedevamo a tavola, mio padre chiese del mio umore e, benché in quell'istante fossi malinconica, con mio grande stupore gli dissi che vivevo un'intensa felicità, ed egli non poté far altro che attribuire i meriti a mio marito.
Aveva ragione?
Mia madre, come suo solito, si concentrò sull'aspetto estetico ed esterno della situazione, puntualizzando su quanto sembrassi improvvisamente appartenente alla più alta aristocrazia inglese, nelle mie movenze.
Se solo fossi stata più nobile d'animo da non avere il timore di decifrare i miei sentimenti!
Tuttavia, sembrarono dissentire indirettamente quando dissi loro del mio desiderio di passeggiare anche in compagnia della buona Dorothy, una volta consumato il nostro pasto, eppure spiegai che ella, per me, era molto più di una modesta serva, ma prestai molta attenzione quando il desiderio di aggiungere che Dorothy somigliava più ad una figura materna mi travolse.
Poiché era così! Anche io ero stata abbandonata a me stessa a soli sedici anni.
E quei frammenti li stava raccogliendo Bradley.
Era ovvio come egli tentasse di accostarli per crearne un unico quadro.
Mio padre si congedò dicendo di attendere una mia venuta per un'originale battuta di caccia, pertanto risi quando rammentai la figura di Bradley alle prese con un fucile, ma mi riservai l'accortezza di non descrivere nulla al riguardo, poiché la sua opinione riguardo mio marito sarebbe senza dubbio crollata.
Quando fu notte e mi ritrovai tra le lenzuola, compresi come questi fossero solamente dannati pretesti per risollevare il mio animo.
Infatti, mi ritrovai a domandare a me stessa dove fosse giunto Bradley, se il soggiorno a Londra fosse ottimale, o meglio, mi chiesi se egli fosse riuscito a raggiungere a Londra.
Ero sola.
La notte tingeva il firmamento di una lucida ebbrezza dubbiosa, mentre la luna era offuscata dalla tenue ombra delle nubi plumbee.
La finestra era spalancata e da essa spirava un vento omicida, un assassino gelido per la mia pelle, poiché desideravo solamente calore.
Ma la fonte non c'era più.
Non avendo più alcun tipo di protezione, avevo il terribile timore che qualche spettro oscuro potesse giungere alle mie spalle inaspettatamente, quindi iniziai a fissare il soffitto.
Le pareti erano buie e mi spaventai persino per la mia ombra su esse riflessa quando mi alzai a sedere.
Dopodiché tornai ad accasciarmi sul cuscino, continuando a divincolarmi, in preda all'agitazione, ma proprio non riuscivo a trovare pace!
Quindi mi spostai, e avvolsi le lenzuola attorno al mio corpo, stringendo il cuscino di Bradley al petto, inspirando il sentore di brina che esso aveva incastonato.
Il vento urlava, come la mia anima.
Essa richiedeva aiuto, nonostante mi reputassi una sciocca per una simile reazione esagerata, ma esplosi ugualmente in un pianto disperato.
Quella mancanza, oh! La sua mancanza tinse le mie lacrime di una fulgida intensità maliconica.
Allungai un braccio, quasi sicura di poter accarezzare la sua pelle, ma v'era solo un austero vuoto.
E compresi.
Si apprezza la presenza di una persona solo quando si avverte la sua mancanza.
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Allyson, finalmente, ha compreso.
Accadrá veramente qualcosa a Bradley?
Il prossimo capitolo sarà decisivo!
Votate e commentate!
Leggete "Blood" di mecylascema!
P.S: Domani partirò per le vacanze, spero di riuscire a scrivere ugualmente, postando i capitoli dal cellulare. Mi auguro che riescano a vedersi tutti, in caso contrario, dovete togliere e rimettere la mia storia alla vostra biblioteca, anche più volte.
Grazie per il vostro gentilissimo sostegno!
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