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Capitolo 36

"No, mio Dio, non potrei crederlo possibile!" Quando chinai il capo, portai una mano dinanzi al viso, la quale poi scivolò alle mie labbra, come per sopraffare quei gemiti di disperazione che da esse scivolavano.

Dopodiché alzai lo sguardo ed incrociai, nel riflesso dello specchio, gli occhi -forse, sinceramente- affranti di Bradley, il cui colore delle iridi aveva un'impressionante analogia con il pallore della luna già pendente in cielo.

Una goccia di tristezza rigò le mie guance e, in un altro momento, avrei gioito che non vi fossero altre lacrime pronte a solcare il mio volto, eppure -nonostante essa potesse apparire insignificante per le sue modeste e anguste dimensioni- iniziò a brillare, illuminata dalla fioca scia serale che filtrava dalle vetrate.

Il crepuscolo aveva presto lasciato il Bedfordshire, prima del tempo consono, dunque -come se l'intero firmamento compatisse le mie sofferenti sensazioni- anche il manto celeste si tinse di sfumature funeree ed opprimenti.

Dopo qualche istante di esitazione, iniziai a fendere il silenzio che ci avvolgeva. "Ripeto che io non ho mai rivelato a voi di amare la caccia," Mi voltai e osservai i suoi arti scivolare nel vuoto. "solo Dana Field ne era al corrente." Poi giunsi alla tragica conclusione e, d'un tratto, mi vergognai persino ad apparire così disperata in sua presenza, ma non potevo tingere la mia anima di una felicità che non provavo. "Ora tutto ha una risposta, signor Wilkinson! Oh, no, non dovrei chiamarvi signore, poiché è un appellativo troppo nobile per addirsi a voi."

Ed il mio sguardo colmo di disprezzo che avevo accantonato nei meandri bui del mio essere tornò sul campo di battaglia, tuttavia il mio cuore era troppo debole per reggere lo scontro.

"Vi prego, posso spiegarvi." Il giovane allungò una mano e tentò di avvicinarsi, ma bastò una mia occhiata perché arrestasse la sua avanzata.

"Non toccatemi." iniziai, alzando le mani, sperando che egli non lo considerasse un futile segno di resa.

Giacché il mio corpo si era arreso, non il mio spirito.

"Sapete, per un breve periodo vi ho creduto un lottatore, un combattente, in quanto avevate espressamente enunciato di voler premiarvi con la mia conquista, ma" Osservai la sua figura, quasi con pietà.

Egli chiuse gli occhi, come provando dolore nel ricevere le mie parole, ma -Cielo!- egli aveva forse prestato attenzione alle sue azioni nei miei confronti?

Continuai. "Ma voi avete assunto quella donna per estorcere informazioni utili riguardo i miei interessi, con la convinzione che ciò vi avrebbe reso affabile ai miei occhi." dedussi, amaramente, tantoché avvertii una gelida fitta al petto. "Invece ciò vi rende un incapace, sapete? Non vi siete soffermato a sforzare le vostre sciocche capacità, oh no! Avete assunto qualcun altro che lo facesse al posto vostro!" urlai, sperando che le mie accuse potessero ferire anch'egli, così come lo ero io, poiché -in un momento così disgraziato- soffrire in solitudine mi avrebbe uccisa.

Bradley non replicò, pertanto si limitò a voltare il capo in un'altra direzione e una simile indifferenza e una chiusura così esplicita nei miei confronti mi fecero trasalire.

Eppure era così ovvio! Come avrebbe potuto ribattere in modo giusto un peccatore ad un'innocente?

Mondo crudele, come sforni velocemente i tuoi figli prediletti! pensai.

D'un tratto, il signor Wilkinson allungò un braccio e si resse alla parete, il viso nuovamente chino a riflettere riguardo le mie parole, dopodiché assentì lievemente con il capo, ma il suo orgoglio non gli avrebbe mai permesso di scusarsi con l'uso della parola.

Non provavo più pena, tenerezza, compassione o qualunque altro sentimento simile alla comprensione, poiché notai che -invece- nessuno era in apprensione per i miei stati d'animo, per la mia sciocca follia emotiva, per una simile sensibilità che qualunque individuo a me affiancato era sempre pronto a calpestare con durezza e crudeltà.

"Mi avete accompagnata in una gita nell'Essex, una cittadina marittima, poiché avete appreso il mio amore per il mare, eppure questa caratteristica di me non l'ho rivelata neppure a Dana!" Non comprendevo i suoi movimenti. "E oh! mai vi ho rivelato di preferire voi a Jasper, nonostante sia vero!"

Poi espirai fortemente, portandomi una mano al petto per sfogare la mia ira, la mia ansia e la mia dannata incredulità dinanzi ad una così chiara consapevolezza. "Voi..." Immagazzinai un po' di respiro. "avete letto il mio diario." balbettai e sfociai in un pianto disperato.

Tutto seguiva un filo logico! Quanto tempo perduto a trovare una sciocca spiegazione!

Sciocca me! Come ero sciocca quando credevo di essere io una semplice e innocua fanciulla disordinata, mai soffermandomi a pensare al fatto che potesse essere stato Bradley a posare le sue luride mani sui miei scritti!

Avrei -probabilmente- potuto accettare la strana vicenda della complicità di Dana, poiché una simile deduzione mi dava la gioia di non reputarla la sgualdrina di mio marito, ma oh! il mio diario! Leggere e scrutare i miei pensieri accatastati nelle poche pagine di un cumulo stinto di carte, alle quali ponevo la mia anima, assieme al mio fedele affidamento, i miei sfoghi e la spiegazione delle mie torture psicologiche erano un colpo sferrato bruscamente alla mia dannata ingenuità!

La sola idea che egli avesse potuto leggere la mia opinione mutata nei suoi confronti creava in me una sorta di soffocante panico che attanagliava le mie membra, senza escludere la mia povera mente ed il mio esausto cuore, il quale avrebbe -ben presto- cessato di battere sotto la presa ferrea di simili notizie degradanti.

Così impetuose erano le mie lacrime! "Un abominio! Siete un giovane così perfido! Quando vi reputai un inverecondo e un diciottenne sciocco privo di pudore, oh! non erravo!" gridai, tantoché udii i passi veloci di Dorothy giungere dinanzi alla porta delle mie stanze.

Alzai un dito e indicai il volto di Bradley: egli sostava diritto, in una posizione rigida, quasi impassibile, tuttavia i suoi occhi non riuscivano a celare la sfumatura di rimorso, eppure poco me ne curavo dei suoi dannati implori visivi!

Ero ferita nell'animo. La cicatrice si era aperta nuovamente, era stata strappata, lacerata e pugnalata ulteriormente.

"Dite che vi devo rispettare," Le mie grida esasperate erano soffocate dai singhiozzi. "e voi siete in prima lista a frantumare il mio cuore! Come vi siete permesso, io dico di..." La mia mandibola iniziò a tremare convulsamente. "violare i miei scritti, i miei pensieri, le mie riflessioni e a leggere di un... legame che mi stava unendo a voi." Conclusi la frase in un triste sospiro, mentre tentavo di asciugare disordinatamente il mio volto con il dorso delle mani, ma a poco sarebbe servito!

La mia povera munificenza era stata tradita!

Bradley alzò improvvisamente lo sguardo, tra il sorpreso e il disperato, nell'udire le mie parole, e ciò mi rese stupefatta, molto!

Ma buon Dio! non aveva forse già dedotto quanto l'antico odio nei suoi confronti si stava lievemente mutando in... oh, taci, Allyson! pensai.

"Avete compiuto questi gesti macabri proprio ora che..." Non riuscii a terminare la frase, chinai il capo, scrollando lievemente le spalle, mentre un' ultima goccia salata accarezzava la pelle candida del mio sterno, per poi posarsi sui miei seni.

Bradley si avvicinò, incalzando. "Proprio ora che...? Oh, no, aspettate!" urlò poi, quando mi vide alzare i lembi del mio abito e lasciare la stanza correndo come una scavezzacollo.

"Non voglio vedervi!" Entrai nella prima camera a me facilmente accessibile, giacché avvertivo la sua presenza alle mie spalle e, quando aprii gli occhi, addossata alla larga porta, trovai dinanzi a me un corredo nelle più tenue sfumature grigio perla, dai cuscini imperlati di ricami in pizzo e dai lumi ancora nuovi affissi alle pareti, ma -successivamente- dedussi non si dovesse trattare delle stanze di una gentil nobil donna, poiché l'arredamento appariva così infantile!

Aborrendo il pensiero fosse la camera dei nostri futuri figli, assicurai velocemente quest'ultima con un chiavistello in argento e mi addossai alla parete spoglia di mobili, poiché essa appariva così vuota, come il mio cuore, d'altronde.

Poteva esservi anima più affranta?

Quando udii il ripetuto ed incessante bussare di Bradley ai battenti, mi coprii la bocca con una mano, giacché i miei singulti ed i miei singhiozzi erano troppo intensi ed acuti, non avrei mai permesso egli potesse avere un'ulteriore conferma del suo potere di distruzione ai miei danni!

Trascorsero minuti, forse ore, non avrei saputo decifrare la quantità di tempo in solitudine che vissi all'intero di una stanza così austera, pertanto mi limitai solo a dedurre che fosse notte inoltrata, visto il silenzio regnante nel palazzo e il bagliore ancor più accecante della luna.

Vittima di movimenti spinti da chissà quale forza esterna, mi accasciai sul piccolo letto accostato in un angolo della camera, rivolgendo talvolta numerose occhiate furtive alle mie spalle, come per assicurarmi che il signor Wilkinson non fosse entrato con un -a me sconosciuto- stratagemma.

Suvvia Allyson, la porta è chiusa a chiave! Non continuare a trastullarti, sciocca! mi accusai.

Solo la finestra, infatti, era aperta. Da essa spirava un intenso freddo serale, che avvolgeva la mia pelle in un'unica morsa di drammaticità e demoralizzazione, mentre portavo le ginocchia al petto per riscaldare il mio debole e deperito corpo.

E poi, mai avrei pensato che un simile pensiero e una tale decisione pericolosa e priva di reale significato potessero invadere la mia mente, poiché essa era troppo offuscata per permettersi di ragionare correttamente.

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