Capitolo 35
Scorsi la figura di Bradley solo il mattino seguente, poiché, la sera del nostro ennesimo affronto, avevo deciso di coricarmi prima dell'usuale, onde evitare di incrociare il suo sguardo, verso il quale provavo un'insolita tenerezza, e non ero ancora pronta a far sciogliere il mio cuore.
Finalmente consapevole del mio desiderio di osservare il suo volto enigmatico, spesso, nei pomeriggi più caldi, cedevo ad una simile tentazione e mi avvicinavo furtivamente alla porta del suo studio, la quale era sempre socchiusa, giacché Bradley mi aveva confessato di essere ansioso di udire i rumori dell'androne, ed io scrutavo al suo interno.
Quel pomeriggio, egli era seduto in una posizione eccessivamente lasciva, pensai, dato l'intenso agio che trapelava dalle movenze delle sue braccia. Bradley, il busto posato sullo schienale della poltrona, allungò una mano per afferrare il suo calamaio da viaggio e, dopo averne rivestito l'estremità con una buona quantità di inchiostro nero, iniziò ad incidere -chissà quali!- parole su una carta da lettera.
Tuttavia, quando alzò lo sguardo e notò la mia figura esaminare i suoi movimenti, sigillò velocemente lo scritto senza interrompere il nostro legame visivo, e sembrò sorridere nel trovarmi smarrita dinanzi ad una simile solennità. "Prego, entrate. Cosa vi fa mia moglie allo stipite della porta?" Egli avvicinò la lettera al suo volto, stringendone l'estremità con due dita, mentre -segretamente- si domandava quale buon vento mi portasse al suo cospetto.
Ma, il punto così critico era che neppure io sapevo cosa mi avesse spinto dinanzi a lui, nonostante le sue parole, i suoi divieti, i suoi obblighi e i suoi sguardi estremamente complici di un chissà quale attentato seducente.
Congiunsi le mani in grembo, come mi era solito fare quando crollavo in un estenuante imbarazzo -caratteristica di me che egli, ne ero certa, conosceva assai bene- ed entrai, serrando le labbra in una linea sottile, giacché non riuscivo a comprendere la natura di quell'energia che mi dava la forza di avanzare.
"Dorothy!" urlò Bradley, richiamando la serva al suo cospetto, pertanto mi chiesi per quale ragione non potesse essere egli a giungere dalla buona donna, ma -ingenua Allyson!- un uomo di valore va servito!
Pochi istanti dopo, la figura affannata della donna fece irruzione nella stanza, senza tuttavia nascondere una notevole sorpresa riguardo la mia presenza. "Oh, signor Wilkinson!" Ella alzò i lembi del suo abito e si profuse in un inchino. "Signora..." Mi rivolse un cenno del capo.
Come avrei voluto dire alla buona Dorothy di non affaticarsi! Eppure, la mia ansia era troppo pesante perché io potessi riuscire ad emettere alcun suono.
Bradley, ancora seduto, allungò un braccio con un'espressione molto seriosa in volto e porse alla donna la lettera che reggeva in mano. "Fa in modo che venga recapitata al..." Poi alzò lo sguardo su di me. "signor Rayman."
Divina Provvidenza, perché hai dimenticato una Tua fedele figliola? esclamai tra i miei pensieri colmi di confusione.
Dorothy lasciò velocemente lo studio, dopo essersi congedata con i convenevoli saluti, nonostante io lanciassi delle occhiate molto curiose allo scritto che -ora- ella reggeva in mano.
Cosa vi era mai scritto? Ma, suvvia, potevo ben dedurlo!
Avrebbe trattato, con una gentile sicurezza, un esplicito divieto cui Jasper doveva legittimamente sottoporsi, affinché si negasse della mia compagnia e, di conseguenza, anche di quella del mio astuto marito, il quale -senza alcun dubbio- aveva concluso la corrispondenza con un addio, abbandonando ogni arrivederci.
Diritta ed impietrita in una stanza tanto solenne quanto a me sconosciuta, trascorsi un paio di minuti avvolta nel silenzio più tenebroso, dato da un plumbeo cielo pomeridiano di primavera, tuttavia Bradley non tardò ad esternare la sua eloquenza.
"Non parlate?" Il signor Wilkinson si alzò lentamente, poggiando i palmi delle sue mani sulla scrivania, il capo chino e lo sguardo curiosamente felino.
Oh, già, mia anima, perché non parlavo?
Mi ritrovai a sbattere le palpebre in maniera convulsa, come se dovessi respingere un pensiero negativo che ne chiedeva l'accesso. "Io... posso esservi d'aiuto?" chiesi, poi flessi lo sguardo.
Egli si avvicinò, e nel farlo, le sue dita lasciarono il materiale freddo della scrivania con una lieve carezza, dopodiché inclinò il capo, come se trovasse difficile comprendere da quale pulpito fossero scaturite le mie parole, e oh! anche io ne trovavo un'incontrollabile difficoltà!
Poi, con un piglio quasi fanciullo, sorrise debolmente e aggrottò la fronte. "Oh, no, ragazza mia, non potreste essermi d'aiuto in nulla di materiale. Ma, no, non arretrate!" sembrò ordinare, quando notò come i miei passi andavano allontanandosi dai suoi che, invece, avanzavano. "Piuttosto, la vostra compagnia mi sarebbe d'aiuto, ora come... ora."
Ah! La sua conclusione fu trafitta da un'ulteriore lama di colpevolezza che sembrò pugnalare nuovamente il mio cuore tanto fragile quanto solo.
Sciocca Allyson! -pensai- Per quale ragione ti avvicini all'uomo cui rechi una simile disperazione? Poiché, sì, non poteva essere altrimenti, mio cuore! Per quale ragione, se non ero io la causa di terribili afflizioni, egli si era preso l'onere di scrivere al signor Rayman?
Forse, mio Iddio, era la mia anima ad essere incompatibile con la sua, e la mia precedente idea che fosse, invece, viceversa, svanì istantaneamente.
Pertanto scossi il capo, rassegnata e stupita dall'idea che potessi essere io la causa di una simile sofferenza. "Scusate, credo di non sentirmi bene." E, prima che egli potesse replicare, lasciai con una paurosa fretta la stanza e mi diressi nelle mie camere, riempiendo le pareti del corridoio dell'acuto infrangersi delle mie scarpine di raso sul pavimento.
Libera la sua anima affranta, Allyson, e libera la tua attraverso la scrittura! pensai, quando mi chiusi nelle mie stanze ed iniziai a scrivere dei giorni trascorsi, nonché dei miei pensieri di preferenza riguardo il signor Wilkinson che egli -oh!- proprio non riusciva a comprendere, poiché credeva provassi una sorta di affetto nei confronti di Jasper Rayman.
Se solo avessi potuto far ritorno ad una manciata di giorni addietro! Come rammentavo con piacere l'ironia della battuta di caccia con Bradley, giacché egli appariva così spensierato e, di conseguenza, notai esserlo anche io.
E ciò non potei far altro che scriverlo, poiché la carta era la mia unica fedele interpellatrice, mai tradito mi avrebbe! Inoltre, se avessi trascorso le giornate in maniera similare, la mia vita sarebbe stata più felice.
O così, quantomeno, speravo.
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Nei giorni seguenti mi adirai molto -seppur segretamente- quando scorsi la figura di Dana inoltrarsi ripetutamente nello studio del signor Wilkinson, poiché non riuscivo a comprendere per quale ragione ella fosse sempre in nostra visita.
Spesso ero lasciata in sua presenza, per abbandonarmi a futili chiacchiere in grado di -a detta di Bradley- risollevare il mio animo, tuttavia la sola sensazione che percepivo in compagnia di Dana era un'insolita invadenza, giacché ella, invece, non permetteva che io ponessi alcune domande circa il suo, invece, di riguardo.
Era sera quando Bradley, con la convinzione di risultare inosservato, chiamò Dana nel suo studio, la quale aveva deciso di alloggiare per qualche notte a palazzo, -chissà per quale ragione!-
Chiusa nelle mie stanze, -che non erano molto distanti dallo studio del giovane- mi soffermai a riflettere, agitando nervosamente il mio corpo all'interno della camera e lanciando spesso dei pugni furiosi alle lenzuola dell'enorme letto, poiché detestavo non conoscere.
Sgualdrina, una perfida sgualdrina era Dana! Poiché, oh!, quale fanciulla di alto rango appartenente ad una famiglia virtuosa e assennata avrebbe accettato l'invito notturno di un uomo sposato?
Stavo donando il mio cuore, ora, a quel giovane così fuori di senno, e -oh!- con quale medaglia venivo ripagata, mio Dio?
Tradimento.
E, così, la rabbia fu più combattiva del mio buonsenso, tantoché non riuscii a controllare le mie azioni: agitai convulsamente la mia mano in aria, poi chiusi le dita a pugno, e sferrai quest'ultimo contro la parete.
Gridai per il dolore e feci scivolare la mia mano sul muro, chiudendo gli occhi e avvertendo la sensazione di una fiamma oscura e lancinante pulsare attorno alle mie deboli dita.
Ero sicura di poter piangere, ma non lo feci. Solo dannatamente sconvolta ed esausta ero!
Come rimpiangevo i tempi dove le mie uniche preoccupazioni erano una preda non ben focalizzata nei boschi dinanzi alla mia vecchia dimora! Una casa di modeste dimensioni, ma nella quale avevo coltivato la mia felicità e la mia cultura.
E ora, mio Signore, perché mi portasti lì, a subire tradimenti?
Ma forse, mia era la colpa!
Un giovane ricevente rifiuti avrebbe portato fiducia?
Quando riaprii lo sguardo, notai un liquido rosso sgorgare impetuoso attraverso le mie falangi. Esso scivolò lentamente e con un'amarezza insistente e furibonda lungo il mio polso, dove poi, raggruppatosi in tondeggianti e modeste gocce addolorate, iniziò a macchiare il mio avambraccio, incidendolo per tutta la sua lunghezza.
Sangue.
Da quanto tempo, oramai, non scorgevo più il colore di morte di una simile sostanza!
Tentai di massaggiare lievemente il mio polso, ma il dolore era così lancinante che fui costretta a piegarmi in una posizione tanto lasciva quanto sofferente!
Non provai neppure a ricompormi quando la porta delle mie stanze venne velocemente aperta, poiché una simile sorpresa provocò in me solamente un intenso sussulto.
"Ho udito un tonfo provenire da questa stanza, dunque sono accorso, ma..." Bradley sgranò gli occhi. "Oh, dove vi siete ferita?" Egli notò la mia mano sanguinante ed esclamò una simile domanda istantaneamente, tuttavia, quando osservò la parete alle mie spalle tinta di un leggero rosso scarlatto, si portò una mano alle tempie e chiuse fortemente le palpebre. "Perché avete colpito il muro?" Bradley urlò e non seppi a quale ipotesi credere: provava apprensione riguardo il mio stato o amarezza nell'osservare la parete della sua camera macchiata di sangue?
"Oh, non lo so..." Perché era vero, non ne sapevo la vera ragione o -se la conoscevo- non intendevo rivelarla al mio cuore. "Tuttavia posso comunque considerarvi un libertino così viscido e languido da essere un infedele rivoltoso." Pronunciai simili parole con lacrime appollaiate sul ciglio dell'occhio e labbra strette in una linea assai rigida.
Eppure, avrebbe pianto una fanciulla che non amava il suo uomo? Oh, no!
Egli sembrò non capire a cosa mi stessi riferendo, eppure ero sicura che, se avessi intravisto nuovamente la figura di Dana, ella non avrebbe trascorso una serena notte, giacché non ero padrona delle mie sciocche azioni e, per giunta, detestavo rivolgermi in toni così disperati ad un giovane sempre curioso di scrutare i miei punti deboli, ma oh! non avrei potuto vivere solamente con una penna tra le dita, ragionai.
"Cosa ho compiuto di così macabro, ora?" Bradley aprì le braccia e rivolse il capo verso il soffitto, quasi urlando e il suo volto lasciò la sua usuale maschera di tranquillità.
Oh, perdona le sue parole, mio Dio! Con quale coraggio, quest'uomo, finge di non sapere? pensai.
Nel contempo, la mia mano era ancora lasciata oscillare disperata nell'aria tesa della stanza, tinta del rosso più vivo e fiammeggiante avessi mai visto, dopodiché egli chinò il capo e mi osservò, schiudendo sinceramente le labbra.
"Forse non riuscite a comprendere la natura dello sforzo immemore che sto attraversando per rendervi felice." iniziò. "Avete detto di amare la caccia e ho provato a farvi respirare spensieratamente l'aria dei boschi, nonostante io non sappia neppure impugnare un fucile, e sì, vi ho mentito. Non ho mai cacciato."
Oh, Cielo!
"Amate la costa marittima inglese e vi ho accompagnata nella cittadina più deliziata dalle acque della nostra terra." continuò, osservando -dispiaciuto?- la mia mano sanguinante. "Inoltre, dite di preferire la mia natura scapestrata e discola all'eccessiva formalità ed eleganza del signor Rayman, quindi ve ne ho liberata per sempre, e con questo ho reso felice anche il mio animo."
Inclinai il capo, cercando di comprendere la velocità con cui egli aveva pronunciato simili parole, giacché ero certa di aver udito qualcosa di eccessivamente strano e confuso in esse.
"Oh, ma... io non vi ho mai rivelato di amare la caccia, il mare e prediligere voi al signor Rayman per le ragioni da voi elencate..." sussurrai, la voce aspra ma lievemente acuta. "Come avete fatto a...?"
Poi compresi.
E la mia mano scivolò sui fianchi. "Voi... come avete potuto?"
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E cosa accadrà ora? Quale gesto compirà Allyson e come reagirà Bradley?
Non sarà una discussione... accadrà dell'altro!
Votate e commentate!
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