Capitolo 12
Conoscevo ben poco della dimora nella quale avrei dovuto risiedere per il resto dei miei giorni, quindi decisi -solamente quando non notai più il signor Wilkinson aggirarsi tra le stanze- di passeggiare nel dedalo erboso dinanzi alla villa.
Se solo l'ammirazione che provavo verso l'eleganza di quei fiori avesse potuto mutare il mio stato d'animo!
La bellezza del giardino antistante la casa poteva essere definita come un groviglio variopinto di aiuole e vegetazione, curato con la più avida attenzione ai dettagli.
Voltai il capo ed osservai un'antica fontana troneggiare al centro del cortile, pertanto feci per raggiungerla, poiché il pomeriggio era assai soleggiato e afoso, quindi quel frescore avrebbe fatto gioire la mia pelle, ma quando udii delle voci ormai conosciute poco distanti, mi addossai ad un muretto, nascondendomi dalla presenza altrui.
"Avete visto, Caroline, quanto poco rispetto riservi il signor Wilkinson nei confronti del nostro sesso? Oh, cacciarci dalla sala da pranzo!" Riconobbi la voce stridula di Phoebe, la giovane dama slanciata accompagnata dalla sua amica bionda, la quale aveva sciolto la treccia con la quale ornava precedentemente la sua capigliatura. La mia curiosità divenne acuta, quindi poggiai il capo contro il materiale ruvido della parete, senza badare ad una possibile sgualcitura del largo cappello rosso che indossavo. Furtivamente, allungai il collo e spiai le due donne, osservando come il viso di Caroline fosse del medesimo colore del suo abito porpora. Ella sospirò e scosse il capo, come se non volesse rammentare l'accaduto di quella mattina. "Quale ingratitudine possono celare gli uomini!" esclamò con tono rassegnato. "E poi avete notato con quanta veemenza ha difeso quella giovane canaglia?"
Il mio cuore mancò un battito, colpito e ferito da quelle parole che -ne ero certa- avrebbero creato una profonda cicatrice sull'opinione che avevo di me.
Canaglia! Quali insulti ero costretta a ricevere!
Non bastava il torto che la vita mi aveva assegnato, portandomi all'altare al fianco di un giovane a me indesiderato? Con quale audacia poteva, a volte, l'Altissimo mettere alla prova i Suoi figli!
"Oh, mia cara, mi domando come Bradley abbia avuto l'onere di prendere le difese di una furfantella simile!" Phoebe, la giovane dalla corta capigliatura scura, scrollò le spalle, visibilmente infastidita.
Mi ritrovai a pensare a quanta perfidia potesse nascondere quella dimora, poi il mio pensiero virò su Bethan, mia unica confidente nonché amica, quindi le mie insinuazioni tacquero per un istante.
"Non avrebbe mai dovuto sposare una tale bambina!"
Dannate loro, sciocche parole! Come se avessi avuto io l'ardire di imporgli la mia mano!
Concordavo perfettamente sull'appelativo di bambina con cui mi avevano indicata, poiché reputavo anche io i miei comportamenti quasi infantili, attratti da piccole cose alle quali prestavo attenzione con una calda ingenuitá data dai miei sedici anni.
"Se solo potessi vendicarmi del comportamento del signor Wilkinson nei miei confronti! L'amarezza che ho provato quando mi ha osservata con un tale odio è indelebile," ribatté Caroline, mentre continuava ad affiancare Phoebe nella passeggiata. "Mia cara, non distruggete il vostro animo! Avete solo espresso un giusto pensiero e, inoltre, come poteva contraddire le vostre parole?" Phoebe tentò di rabbonire la sua amica con condiscendenza. "Non credo vi potesse essere alcun male nell'ammetere che il dolore che provava la signora Wilkinson fosse causato da un'intensa pulsazione tra le gambe!" gesticolò, arrotolando una ciocca di capelli attorno all'indice. "Sappiamo bene come Bradley non appaia affatto aggraziato nell'intimitá con una donna. Il suo desiderio di piacere è troppo forte," concluse l'ignara Phoebe.
Sappiamo bene! Quale rivelazione!
I miei occhi furono colmati inaspettatamente da lacrime salate pronte ad emergere e ricordai le parole di Caroline pronunciate in mattinata.
Inoltre, non credo affatto che Bradley sia delicato.
Con quanta sicurezza avevano parlato! La consapevolezza di aver scoperto parte del passato di mio marito mi avvolse tumultuosamente ed ebbi una motivazione aggiuntiva per disprezzare la sua persona, già sin troppo rivoltante.
Era palese come il signor Wilkinson fosse propenso al piacere fisico, ma per quale ragione sia Caroline che Phoebe affermavano il tutto senza tergiversare nemmeno un poco?
Disgustevole! Entrambe schiave dei suoi piaceri!
Povera Allyson, destino malvagio!
Le osservai sfociare in una fragorosa sghignazzata isterica, la quale si contrappose al mio animo incenerito e spossato, tantoché dovettero portare una mano alle labbra per contenere la risata di scherno.
Posai una mano sul petto, stringendo tra le dita la fascia che avvolgeva il mio busto sotto i seni, e chiusi gli occhi, per riscuotere un ulteriore colpo al cuore.
Avrebbe mai retto il mio inconscio ad una simile vita?
Mi abbandonai all'istinto e alzai i lembi del mio abito blu per facilitare la corsa sugli scaloni della casa, poiché mai avevo provato un tale desiderio di nascondermi, nonostante la mia anima fosse ancora casta e pura e quindi non avrei avuto nulla di cui vergognarmi.
Iniziai a singhiozzare, persino sotto gli occhi della servitù, e imboccai il corridoio correndo a scavezzacollo, come una sciocca forsennata.
Udii a malapena i richiami della governante, tanto erano accesi la foga e il desiderio di rinchiudermi nelle mie stanze.
Il tacchettio frenetico delle mie scarpe risuonò tra le pareti, ma esso si arrestò quando, da una stanza laterale della villa, provenne un indiretto richiamo inappellabile.
"Chi è che si precipita con tanto impeto?"
"Credo sia vostra moglie, signore." Qualcuno rispose a colui che compresi fosse il giovane Wilkinson, ancora chiuso nel suo studio.
Una sedia rasentò il pavimento e alcuni passi veloci risuonarono all'interno della stanza, i quali si fecero sempre più vicini alla soglia.
Oh, no!
Non avrei sopportato la vista di quell'uomo esecrando e spudorato, quindi tornai a correre verso le mie stanze, ma udii la porta dello studio di Bradley aprirsi con uno scatto repentino.
"Fermatevi!" ordinò, prima di iniziare a seguirmi, una volta notata la mia disobbedienza.
Giunsi dinanzi alla nostra camera e le mie dita iniziarono a tremare sulla maniglia della porta quando avvertii i suoi passi poco distanti da me.
Una lacrima cadde sulla mia mano quando, finalmente, riuscii a precipitarmi all'interno della stanza, chiudendone velocemente i battenti alle mie spalle.
Quale fortuna!
Infatti, egli percosse la porta con il pugno pochi istanti dopo averla assicurata con la serratura, quindi lodai Iddio per avermi donato una tale velocitá di movimento.
Mi accasciai contro di essa.
"Aprite immediatamente!" Il signor Wilkinson fece leva sulla maniglia e avvertii sulla schiena il pomello alzarsi e abbassarsi sotto la sua presa.
"Lasciatemi sola! Non voglio vedervi!" riuscii ad urlare, facendo scivolare con stizza le mie braccia lungo i fianchi.
Alzai il capo verso il soffitto e avvertii la lentezza nauseante con cui le mie lacrime bagnarono il mio collo, per poi scivolare sui miei seni.
"E per quale ragione, ora?"
Molto probabilmente mi avrebbe considerata un'insulsa ingrata, viste le difese che egli aveva preso nei miei confronti, alleviando così il mio cuore dalle parole bugiarde delle due dame, ma non potevo sciorinare indifferenza su un tale argomento.
Ah, quante donne frivole si erano, senza dubbio, donate a lui!
Mi chiesi disperatamente con quale coraggio avevo trascorso la prima notte di nozze, nonché di prigionia, al suo fianco, e dedussi che la mia era una sciocca costrizione che avrei dovuto mutare in rassegnazione.
I miei singhiozzi divennero più aspri e coprii velocemente la mia bocca con una mano quando compresi quanto essi fossero acuti e, di conseguenza, facilmente udibili.
Egli sostò per un altro istante dinanzi alla porta, probabilmente disorientato da quelle mie lacrime ai suoi occhi sicuramente tropo abbondanti, poi lo sentii sospirare, girare sui tacchi e allontanarsi.
Inerme, sdraiata sul pavimento freddo della mia stanza, con il riflesso distrutto disegnato sul largo specchio dinanzi a me, compresi di avere l'indiscutibile bisogno di sentirmi amata sinceramente.
"Signora Wilkinson, aprite, ve ne prego." Dorothy bussò leggermente alla porta, mentre mi destavo da quello che doveva essere stato un sonno afflitto e senza speranze.
Le mie dita sfiorarono il materiale gelido del pavimento e il mio braccio indolenzito tremò nella sua posizione lasciva: esso era steso accanto al capo, allungato a rasentare il tessuto della lunga rivestitura di raso della poltrona rossa.
Freddo.
Fu disastroso sapere di avvertire il bisogno di essere salvata, eppure tentavo, da giorni oramai, di lanciare senza l'ausilio di terzi una corda per rialzarmi, tuttavia non ero mai riuscita ad afferrarla.
"Signora Wilkinson!" Dorothy insistette.
Quando riuscii ad aprire la porta, seppur continuando a rimanere accasciata sul pavimento, Dorothy cadde ai miei piedi, prendendo maternalmente il mio viso tra le sue mani, scuotendolo e accarezzando le mie guance.
"Che aspetto distrutto che avete, signora!"
Avrei desiderato ardentemente risponderle che non era solo il mio aspetto ad essere distrutto, poiché esso poteva vantare di avere la compagnia del mio animo affranto e del mio cuore lacerato, eppure non risposi.
"l signor Wilkinson si è preoccupato assai per voi." I suoi occhi blu scrutarono i miei.
"Quale ipocrita bugiardo vi detiene al suo servizio!" mormorai, disgustata e chiudendo gli occhi per celare la rabbia.
"Oh, no, signora mia! Dico sul serio." La sua voce appariva così innocente,
povera credulona!
"Come potete credere alle parole di un giovane tanto corrotto?" Scossi il capo, poiché volevo liberarmi dalla sua presa. "Non v'è giorno in questa casa in cui io non mi accorga di quanto siano deviati i suoi abitanti dalle parole di un simile pervertito!"
Ella aggrottò la fronte, dissentendo alle mie parole sincere. "Perché dite così?"
"Oh, Dorothy, conoscete così poco il vostro padrone!" Arretrai, strisciando sul pavimento con l'aiuto delle mani.
La serva mi osservò per una manciata di secondi, espirò, chinando il capo, dopodiché alzò nuovamente lo sguardo, schiudendo le labbra screpolate. "Potrei dire la stessa cosa di voi." Le sue parole rotolarono come un fiume in piena e, accortasi di aver parlato troppo e a sproposito, si ricompose. "Comunque, il mio padrone mi ha detto di riferirvi che vuole parlarvi."
"Mai converserò con un simile sfacciato!" Mi alzai velocemente, una volta riacquistate le forze, domandandomi per quale ragione avrei dovuto incontrare la compagnia di un tale individuo, ma barcollai.
Dorothy annuì, oramai certa che non avrei cambiato idea al riguardo, pertanto rivolse l'attenzione su un altro argomento. "Riferirò. Ora chiedo la vostra licenza per ritirarmi, poiché devo avvertire gli stallieri di preparare una carrozza per il padrone." Con mio stupore, si protrasse in un breve inchino, rivelando il suo rispetto e la sua formalità.
Un inchino! Signore mio, per quale ragione v'è chi si pone al servizio di un uomo qualunque e non al Tuo? pensai.
"E ditemi... dove deve dirigersi mio marito?2
Quale fastidio provai nel pronunciare una parola simile!
"È appena giunta una lettera e il signor Wilkinson ha ordinato di preparare una carrozza per domani, in vista di un incontro al quale dovrete prendere parte anche voi." Ella alzò lo sguardo, timorosa, e mi chiesi quale ragione avesse per mostrarsi diffidente nei miei confronti.
Forse l'unione con un giovale simile aveva reso anche me un individuo da evitare?
Pregai affinché Iddio potesse preservarmi da una tale ingiustizia.
"Chi ne è il mittente?"
Dorothy tentennò e lisciò il tessuto del suo grembiule, oscillando lievemente, come vittima di pensieri che non avrebbe voluto esporre.
"Io non credo di poter..."
La interruppi. "Mi avete appena accennato della mia obbligata presenza a questo incontro, pertanto è giusto che io ne conosca la natura, non credete?"
Notai con quanta facilitá fossero malleabili i pensieri della donna, vista la facilitá con cui si arrese al mio desiderio, gesticolando con una mano, lasciando intendere che avrei dovuto seguirla.
"Avete il permesso di entrare nello studio del vostro padrone?" Mi trattenni dal sorridere ad una parola tanto frivola, tuttavia mantenni la mia compostezza, affinché il mio intento giungesse a buon fine.
"Certo che no, mia buona signora, però vorrei accontentare..." Sembrò indugiare, quando si voltò per osservarmi, "il vostro animo affranto."
Oh, buon Dio! Quale felicitá mi arrecò sapere dell'esistenza di una creatura che comprendesse i miei pensieri!
Dorothy iniziò a frugare tra le carte del signor Wilkinson adagiate sulla sua scrivania, mentre accarezzavo la rivestitura di un libro ancora intonso, ammirando la finezza con la quale era stato rilegato.
"Ecco a voi, signora Wilkinson." Dorothy adagiò una lettera sulle mie mani, per poi poggiarvi sul dorso le sue dita. "Tuttavia vi prego, mia buona ragazza, siate così indulgente da non riferire al mio padrone chi vi ha consegnato la lettera." Nei suoi occhi lessi un insolito timore.
"Non dubitate di me," risposi.
La donna uscì velocemente dallo studio, chiudendone la porta, e rimasi ad accarezzare il sigillo di ceralacca mentre riconobbi -oh, no!- il lieve profumo della pelle di mio marito oscillare nell'aria fresca della stanza.
Nostro caro signor Wilkinson,
vorremmo rinnovare i più sinceri omaggi nei vostri confronti, dato il grande evento recente che coinvolge anche noi.
Io e mia moglie speriamo di ricevere una vostra visita -quando vi è più conveniente, ovviamente- per discutere del comportamento di nostra figlia, la quale preghiamo si stia rivolgendo alla vostra persona con il più vivido rispetto, in quanto deve, come da noi insegnatole, lodare e onorare un marito quale voi.
Attendiamo con ansia la vostra venuta e in questa trepidante attesa siamo e rimarremo
I devoti signori Stevens.
Che tradimento ingiusto da parte degli artefici della mia rovina!
Lodare o onorare il signor Wilkinson... Dio me me scampi! pensai.
La porta alle mie spalle si schiuse. "La vostra curiosità non si è affievolita, a quanto pare." Bradley si avvicinò, la sua giacca blu sotto braccio, e prese delicatamente lo scritto tra le mie mani.
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Votate e fatemi sapere cosa ne pensate!
Inoltre, vorrei ringraziarvi, perchè le vostre parole per me sono molto importanti. Siete la mia ragione di vita, così come lo è la scrittura. Grazie infinite.
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