2. Il contratto
L'obiettivo che il contratto prevedeva era quello di trovare, infiltrandoci a questa festa di capodanno, un lupo mannaro di nome Jack e di farci dire dove si nascondesse la sua banda.
Questa era costituita da un branco di lupacchiotti con la passione per le motociclette: i Firewolf. Non è che avessero molta originalità coi nomi questi dannati cani.
In quanto vampiro li disprezzavo con ogni fibra del mio corpo. Fisicamente meno forti di noi hanno più potenza dei normali esseri umani. Tuttavia, è durante le notti di luna piena che tali creature sono in grado di superare la nostra forza fisica, soprattutto durante la trasformazione quando risultano letali per noi vampiri: con un morso possono infettarci e ucciderci.
Come noi creature della notte, inoltre, possiedono una grande capacità rigenerativa e sono immuni da malattie e sostanze nocive invece per l'uomo; vantano di una velocità sopra la media, ma che comunque non supera la nostra.Tuttavia i loro sensi più sviluppati sono l'olfatto e il gusto, mentre i nostri sono la vista, l'udito e il particolare fiuto per il sangue.
I lupi mannari possono essere ammazzati con metodi convenzionali quando sono in forma umana, anche se sono molto più resistenti del normale. Sono vulnerabili all'argento e, al contrario nostro, invecchiano e muoiono come i comuni mortali.
Noi vampiri possiamo essere uccisi dal fuoco, tramite esposizione alla luce del sole o decapitazione, oltre al noto paletto di legno conficcato nel cuore o rimuovendo tale organo dal nostro corpo. Le croci, l'aglio e l'acqua santa sono solo favole per bambini. Non invecchiamo mai, anzi, col tempo diventiamo sempre più potenti. Come ultima cosa, guariamo più velocemente degli esseri umani e dei lupi mannari.
La persona che ci aveva ingaggiato era John Winston, il capo di una banda di vampiri chiamati Bloodlines, in perenne conflitto da decenni con i Firewolf. Non era male intascare soldi uccidendo qualche cane, e a me e Rob piaceva l'idea di trarre guadagno con una buona dose di azione.
Il mio amico, questa volta, sembrava più motivato del solito e non ne capivo il perché.
Avevamo individuato Jack: era ubriaco perso ed era in compagnia di due ragazze e di un suo amico che non sembrava fare parte dei Firewolf. Non sapevamo se quest'ultimo fosse umano o anch'egli un mannaro, cosi decidemmo di usare il nostro udito potenziato per ascoltare cosa si dicevano.
Utilizziamo questa nostra qualità a nostro piacimento: certo, le prime volte questi "poteri" sono difficili da controllare perché, ad esempio, udire tutto amplificato ti fa letteralmente impazzire. Ma poi, col tempo si prende dimestichezza: possiamo adoperare tali capacità quando vogliamo e focalizzarci su cosa desideriamo sentire in particolare. Anche se i soggetti sono a diversi metri di distanza, possiamo origliare la conversazione come se avvenisse a pochi passi da noi.
Io e Rob così ci mettemmo in ascolto, cercando di carpire qualche importante informazione.
«No, ti ringrazio ma me ne torno a casa, sono stanco e sono tre giorni che non dormo in maniera decente», disse l'amico di Jack, passandosi una mano sul viso.
Era abbastanza alto, con i capelli arruffati di un colore rosso chiaro: non riuscivo a scorgere altro del suo volto, dato che era di spalle. Sembrava piuttosto magro e gracile e se fosse stato un comune umano non ci avrebbe creato molti problemi.
Indossava un giubbotto nero e un paio di jeans usurati: non aveva l'aria del sex-symbol e, fortunatamente per le due "ragazze di Jack" probabilmente non avrebbe seguito il lupo mannaro per far loro compagnia.
«Ho intenzione di tenermi queste pollastre tutte per me, se tu non vieni con noi. Non le porterò certo al covo per gli altri! Le avrei giusto condivise con te, ma se proprio non vuoi...» gli rispose deluso Jack.
Ne seguì una fragorosa risata, dopodiché i due si salutarono con virili strette di mano e abbracci fraterni. Io e Rob ci guardammo e poi alzammo un sopracciglio quasi contemporaneamente.
«Quello rifiuta due fighe del genere e poi abbraccia quel cinghiale mannaro?! Henry, mi spiace, ma il finocchio lo segui tu! Io penso a Jack», dichiarò Rob ironico, sfoggiando un sorrisetto canzonatorio.
«Va bene, vado io, ma solo se mi prometti che non mi saluterai mai in quella maniera!» replicai ridacchiando, indicando Jack che si stava allontanando dal suo amico con le due ragazze.
Finita la nostra ricognizione ci dividemmo: come stabilito io pedinai l'uomo e lui Jack.
Dalla borsetta avevo preso le chiavi della macchina di Cassidy. Sostituivo spesso l'auto, tanto i proprietari non erano mai in grado di denunciarne la scomparsa. Periodicamente cambiavo anche casa: stavo non più di dieci anni nello stesso posto, altrimenti si sarebbero accorti che non invecchiavo. L'unica sede che frequentavo da decenni era il nostro "studio": lì non c'era bisogno di nascondere chi fossimo, inoltre venivamo contattati solo da chi di dovere.
Mi diressi verso il parcheggio alla ricerca del veicolo premendo il bottone sulle chiavi e alzandole a caso verso le vetture posteggiate. La individuai subito dopo: era una Berlina nera, come piaceva a me, semplice ed elegante a cinque porte.
«Ehi,tu! Quella è l'auto di Cassidy, chi cazzo sei?» sentii urlare maleducatamente alle mie spalle. Mi voltai e mi trovai di fronte un ragazzo alto e muscoloso, rasato, con gli occhi scuri e un'espressione minacciosa dipinta sul volto. Aveva le spalle larghe e un fisico da pugile, un vero peso massimo.
Una camicia bianca aderente risaltava la sua muscolatura e dei pantaloni neri eleganti completavano il suo abbigliamento. Si avvicinò e mi arrivò a un palmo dalla faccia.
«Sono un suo amico, le porto la macchina a casa perché lei è ubriaca persa. Sai, ha bevuto parecchio ed è proprio in alto mare», dissi portando le mani avanti in segno di resa e sorridendo appena.
In parte, stavo cercando di sembrare un innocente ragazzo che non voleva per alcuna ragione attaccare rissa, e in parte la mia ironia macabra sulla tragica fine della povera Cass mi aveva fatto ridere. Si allontanò un po' da me e mi scrutò accigliato e dubbioso.
La cura che aveva del suo volto, oltre che del suo corpo, metteva in risalto i suoi lineamenti marcati. Era il classico "uomo" che passava più tempo nei centri estetici di quanto ne passassero le donne e il resto del tempo libero lo passava in palestra.
«Ti ho visto prima con lei, vi siete conosciuti questa sera perché non sei del suo giro. Dov'è Cassidy? Non mi fido di te!» ringhiò il ragazzo puntandomi contro l'indice.
Fui io ad avvicinarmi a lui questa volta.
«La sta portando a casa una sua amica. Rilassati, bello!» risposi calmo e rilassato.
A quel punto mi prese per il colletto ma proprio in quel momento passò un pick-up rosso con a bordo l'amico di Jack. Dovevo sbrigarmi, non potevo perdere il mio bersaglio.
Mi liberai agilmente da lui e lo afferrai a mia volta per il bavero della sua camicia bianca. Rafforzata la presa, lo lanciai con una spinta poderosa contro una macchina sportiva gialla parcheggiata dietro di lui.
L'impatto tra il massiccio uomo e l'automobile fece scattare l'antifurto: il parabrezza del veicolo si ruppe, facendo finire il bestione praticamente al posto di guida.
Pensai che forse ci avevo messo troppa forza e storsi la bocca in una smorfia di finto disappunto.
Subito mi diressi a gran velocità verso la macchina nera di Cassidy, sedendomi rapidamente al volante, per poi sfrecciare all'inseguimento del pick-up.
Si fermò due quartieri più in là: fortunatamente non si accorse della mia presenza, grazie alla breve durata del pedinamento e alla mia notevole abilità di rimanere invisibile alla sua vista.
Scese dall'auto e la richiuse, dirigendosi verso il suo appartamento. Parcheggiai dietro la sua vettura e lo seguii in silenzio: poco dopo si voltò, ma io ero già davanti a lui.
«Sorpresa!» esordii ironico, inclinando la testa di lato. Gli mostrai poi i miei canini aguzzi e gli rivolsi un sorrisetto beffardo.
Guardandolo in faccia notai che era peggio di quello che pensavo: i suoi occhi erano di un verde molto spento e aveva delle lentiggini sul naso schiacciato a patata. I suoi lineamenti erano piuttosto indelicati e poco attraenti, non era decisamente il tipo di persona che mi sarei portato io a una festa.
«Fottuto succhiasangue!»rispose il ragazzo a denti stretti, estraendo dal suo giubbotto un paletto di legno.
Cercò di trafiggermi mirando al petto, ma io gli bloccai il braccio e glielo spezzai con un colpo secco, facendogli cadere l'arma. Avevo testato che era un semplice umano.
«Non è educato salutare così le persone!» lo ammonii solenne, alzando un dito nella sua direzione.
Lo trascinai vicino alla porta della sua modesta residenza, tenendolo bloccato nella presa con cui gli avevo fratturato l'arto.
«Se i tuoi propositi per l'anno nuovo sono quelli di sopravvivere a questa notte, ti consiglio vivamente di aprire», gli intimai con un sorriso smagliante stampato sulla faccia.
Lui, agonizzante e spaventato, cercò frettolosamente le chiavi nei jeans logori, usando il braccio che gli rimaneva a disposizione, e aprì l'uscio esaudendo la mia cortese richiesta.
«Vero che posso entrare?» domandai innocentemente, una volta che la porta fu spalancata.
Balbettò una sorta di invito gemendo per il dolore e per me poteva bastare.
Lo lanciai dentro con forza, facendolo finire su un tavolino di vetro posto all'entrata, che si ruppe all'impatto con il corpo del povero malcapitato.
L'appartamento era piccolo e mal arredato, fatto apposta per un single che non riceveva molte visite.
Le pareti erano di un triste color crema e ai muri erano fissati appena due ugualmente tristi quadri e un orologio fermo da chissà quanto tempo. L'arredamento si completava con un divano di pelle tutto sgualcito e un televisore vecchio di almeno dieci anni posto dinnanzi a esso. Sulla sinistra della piccola stanza c'era un tavolo per quattro persone con altrettante sedie, e probabilmente più in là stava una cucina, dalla mia posizione non riuscivo a vederla.
«Come ti chiami?» gli chiesi bruscamente.
«A-A-Arthur», disse balbettando per il dolore al braccio e il timore che potessi fargli ancora del male.
«Bene, Arty, siediti. Voglio solo fare quattro chiacchiere con te»,e lo invitai con un cenno della mano.
«Che sai dirmi di Jack e della sua banda?» domandai con tono calmo e diplomatico, indicandogli di nuovo il triste divano marrone.
Arthur si accomodò arrancando un po' e mi guardò fisso negli occhi.
«Io... io non so un cazzo! Puoi andare a farti fottere!»sbottò furente, alzandosi in piedi e puntandomi con il dito. Poi si riportò la mano sul braccio con una smorfia di dolore che lo rese ancora più brutto di quello che era. Dopodiché si sedette di nuovo e mi guardò in cagnesco.
«Risposta errata, stronzo!» gridai a mia volta.
Feci una breve pausa e lo colpii con un pugno sul viso che lo fece cadere seguito dal suo orribile divano. Rotolò fino al tavolo della cucina e cercò di rialzarsi usandolo come sostegno per il braccio che ancora gli funzionava. Mi riavvicinai a grande velocità, lo presi per il collo e lo buttai sul tavolo.
«Credo tu voglia riprovare a rispondere. Il montepremi per la risposta corretta è la tua vita. Che ne dici?» ringhiai riducendo gli occhi a due fessure e fissandolo minaccioso.
Lo mollai e mi sedetti su una sedia vicino al tavolo, davanti alla sua faccia rivolta verso il basso, a penzoloni sopra il pavimento.
«O-o-ok, va bene. Ti dirò ciò che so, ma basta! Jack deve dei soldi a un vampiro che fa l'investigatore o qualcosa del genere, ha perso con lui a poker al locale di Doyle. Jack non ha il denaro e i Firewolf non vogliono prestarglieli per pagare il debito: così ha riferito al capo dei Bloodlines dove si trova il covo della sua banda, e in cambio vuole l'eliminazione del vampiro a cui deve dei soldi», confessò tra un balbettio e l'altro Arthur mentre mi guardava sgranando gli occhi.
Ora mi era tutto chiaro: Rob era in pericolo!
Noi eravamo stati assoldati per far fuori i Firewolf, ma il nostro committente, John, il capo dei Bloodlines, pur conoscendo già dove si trovasse il loro covo, non ce l'aveva comunicato. Ci aveva invece guidati verso Jack, sapendo che sarebbe stato a questa festa con un'altra persona, in modo che io e Rob ci dividessimo.
Per ragioni personali Rob avrebbe seguito l'uomo che gli doveva i soldi, così lui l'avrebbe condotto al posto, dove stavano i Firewolf, e sarebbe stato da solo e vulnerabile. In questo modo il capo dei Bloodlines avrebbe mantenuto il patto per l'eliminazione del vampiro con cui Jack aveva il debito, e in più alcuni dei Firewolf sarebbero morti nella lotta tra noi e i mannari. Successivamente lui avrebbe potuto dar loro il colpo di grazia, cancellando l'odiata banda rivale per sempre.
«Ringrazia che mi sei stato utile e che non mangio schifezze!» ringhiai seccato ad Arthur.
Lo lasciai lì sul tavolo, senza ucciderlo: non mi restava molto tempo, dovevo muovermi.
Mentre risalivo velocemente in macchina pensai che questa situazione mi ricordava un lavoro che facemmo io e Rob negli anni '40.
New York
15 Dicembre 1947
Io e Rob, quella sera, indossavamo i nostri impermeabili neri con tanto di giacca, cravatta e borsalino ed eravamo appostati in un'automobile, parcheggiati di fronte a un condominio.
Era già da un paio d'ore che il silenzio ovattato dell'esterno riempiva anche l'abitacolo della nostra vettura Cardillac Fleetwood 75 nera. I tanti fiocchi di neve ghiacciavano i tergicristallo ricoprendo come una candida cappa scintillante anche tutto il resto.
Mi piaceva il clima tipico di New York durante il periodo invernale. Non dovendo patire il freddo potevo limitarmi a godermi i paesaggi innevati che la città poteva offrire.
Lavoravamo per Micheal Salvatori, il boss di una delle famiglie più potenti della città. Il nostro compito era quello di fare fuori due membri della famiglia Locchetti, i nostri diretti rivali. Ovviamente nessuno sapeva della nostra vera natura.
I bersagli erano appena entrati nell'appartamento che stavamo sorvegliando: io e Rob ci guardammo e scendemmo dall'auto, impugnando ognuno la propria Colt 1911, un'arma molto in uso all'epoca.
Avendo combattuto la prima guerra mondiale ed essendo stato arruolato per la seconda, avevo un addestramento militare più che completo: dalla fine del 1800 a ora avevo imparato a usare quasi tutti i tipi di arma da fuoco o armi bianche, ed ero esperto nei combattimenti ravvicinati. Di solito utilizzavo il corpo a corpo. Perché usare armi quando si ha a disposizione la forza di dieci uomini?
Camminammo guardinghi l'uno affianco all'altro osservandoci intorno mentre calpestavamo la neve soffice e immacolata. Le suole sprofondavano di qualche centimetro in quel manto bianco e intanto attraversammo la strada libera dal traffico riuscendo a raggiungere l'ingresso dello stabile.
Io e il mio amico facemmo irruzione nell'appartamento posto al secondo piano, ma con grande stupore ci accorgemmo che gli uomini all'interno erano otto invece che due: ci avevano fottuto!
Dentro alla casa probabilmente vi erano già altre persone, arrivate prima che noi ci appostassimo fuori.
Riuscimmo d'istinto a sparare a due di loro centrandoli in fronte, ma gli altri ci scaricarono addosso una manciata di caricatori di Thompson.
Alcuni colpi impattarono contro le pareti, i mobili e la porta, ma molti ci beccarono al petto, sulle braccia e sulle gambe, fortunatamente i nostri volti non furono raggiunti. Cademmo entrambi sul pavimento con un tonfo sordo e tutto rimase in silenzio per diversi lunghi minuti.
L'impatto con tutte quelle pallottole non era cosa da poco, ma ci voleva ben altro per uccidere un vampiro. Il dolore era lancinante: i proiettili che trapassavano le carni non erano mai un toccasana.
«Lavoro compiuto: il braccio destro di Salvatori sarà contento senza quei due tra i piedi. Quando Micheal morirà, prenderà lui il comando e potremmo evitare questa guerra», disse soddisfatto il più grosso dei sei uomini rimasti.
Parlarono ancora un po', dandoci il tempo di recuperare un minimo le forze. Poco dopo un uomo smilzo si chinò su di me prendendo dalla mia mano la pistola ed esaminandola.
«Quella è mia, stronzo!» gli intimai spalancando gli occhi di scatto e afferrandolo per un braccio.
Strappai l'arma dalla sua presa ed esplosi due colpi ciascuno ai tre degli uomini affiancati al tipo grasso. Successivamente spezzai il collo rapidamente a quello che avevo ghermito poco prima.
Rob si era alzato velocemente e aveva inchiodato alla parete il più magro del gruppo, ovvero il secondo obiettivo: eravamo rimasti noi due e i nostri bersagli.
«C-c-cosa siete voi?»chiese terrorizzato il magrolino con le spalle al muro e gli occhi sgranati.
«Creature del demonio!» urlò come un forsennato il ciccione facendo fuoco su di me con una rivoltella mentre gli andavo vicino.
I proiettili non mi ferivano minimamente: la rabbia e il richiamo per il sangue che avevo perso in grande quantità mi rendevano insensibile al dolore provocato da quei colpi di pistola. Sobbalzavo leggermente in seguito a ognuno di essi, ma alla fine afferrai l'uomo e lo sbattei al muro sollevandolo per il collo.
Io e Rob ci guardammo mentre tenevamo i due mafiosi alle strette.
«Cin cin, alla nostra salute», dicemmo all'unisono ridendo.
Conficcammo le zanne nelle loro giugulari sentendoli urlare e bevemmo il loro sangue fino all'ultimo goccio, facendoli poi cadere pallidi e privi di vita sul pavimento.
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