Epilogo ⇜
A Claudio e a Mario.
Alle mie ragazze dei "Cazzi nostri noi noi"
In particolare a Chiara, Maggie e Anto fulmine.
È tutto voluto per voi.
"E scusa se ti amo, e se ci conosciamo
Da due mesi o poco più.
E scusa se non parlo piano
Ma se non urlo muoio.
Non so se sai che ti amo."
Settembre 2014.
"Dai Mario, smettila!" Claudio cercò di alzarsi dal letto, ma le braccia forti dell'altro lo imprigionarono nel letto, mentre con l'altra mano continuava a solleticargli i fianchi.
"Te lo meriti!" ribatté Mario e rise ancora più forte di Claudio, mentre lo vedeva contorcersi sotto le sue mani.
Questo era uno di quei momenti perfetti, uno di quello da immortale.
Era una domenica mattina.
Era il giorno della settimana preferito di Claudio, perché nessuno dei due lavorava e potevano viversi a pieno. La domenica mattina non c'erano per nessuno, ormai gli amici di Claudio lo sapevano. Stavano insieme solo da pochi mesi eppure c'era quel legame tra di loro come se stessero in insieme da tutta la vita.
E Mario pensò questo, mentre guardava il suo ragazzo ridere a crepapelle, mentre lo supplicava di smetterla di torturarlo. Pensava di non essere stato mai così felice in tutta la sua vita, e Verona era stata davvero la scelta migliore che potessero mai fare.
Claudio lo rendeva felice, in ogni modo possibile. Se conosceva tutte le forme di amore in questo mondo, era per merito di quel ragazzo con due pezzi di giada al posto degli occhi.
Claudio gli aveva aperto la porta di casa e lo aveva accolto quando una mattina di settembre, Mario aveva bussato, bagnato fradicio, gli aveva chiesto se la sua proposta di iniziare una nuova vita insieme fosse ancora valida.
E semplicemente Claudio gli aveva fatto spazio nell'armadio e automaticamente nella sua vita.
Fermò le sue dita sul basso ventre e gli concesse un momento di tregua.
"Tu stai male." Lo accusò il veronese.
"Ah si? Vedi che ricomincio." Gli sussurrò, mentre le dita accarezzarono la pelle.
"Ah! Quello è un punto sensibile." Protestò Claudio, cercando di muoversi ancora.
Fu Mario stavolta a ridere e a sdraiarsi sul corpo del suo ragazzo.
"Ma non è vero. Li conosco tutti i suoi punti sensibili." Gli sfiatò a un millimetro dalle labbra con quel tono di voce malizioso che usava sempre per comprarlo. Claudio sospirò e chiuse gli occhi per un secondo.
"Non guardarmi così che poi non riesco ad essere arrabbiato con te." Sbuffò. Mario era la persona al mondo che lo faceva incazzare di più, ma anche quella che sapeva moderlarlo con un solo sguardo.
Claudio era perso in quelle perle nere che ogni volta che si posavano sulla sua pelle, prendeva fuoco. Letteralmente, Mario lo mandava a fuoco.
Il moro amava provocarlo, portarlo al limite dell'esasperazione, fallo sentire desiderato per poi lasciarlo insoddisfatto.
E lo aveva fatto, solo per il gusto di vederlo impazzire. Ma durava poco perché in meno di due secondi erano di nuovo l'uno sull'altro a consumarsi in un bacio che racchiudeva tutto il loro amore.
Era un angelo nero Mario, anzi un diavolo nascosto sotto la facciata di un bravo ragazzo per bene.
Proprio come adesso che imprimeva le sue dita sui suoi fianchi solo per chiedere "Così come?"
"Così!" insistette ancora Claudio, facendolo ridere a sua volta.
Erano strani quei due. Erano strani in quel loro modo di amarsi
"Non posso smettere di guardati allora. Non posso più". Rispose e gli baciò il bacio e poi appoggiò le sue labbra sulla fronte. Occhi negli occhi, cuore contro cuore.
"E perché?" domandò Claudio, iniziando ad accarezzargli la schiena per tenerlo più vicino a sé.
E Mario lo disse. Per la prima volta. Lo disse guardandolo negli occhi, aprendogli il suo cuore. Lo disse con i battiti accelerati, le palpebre umide di lacrime trattenute, lo disse con una voce ferma e sicura, ma calda e accogliente che a Claudio tremarono le gambe e ogni parte del suo corpo.
Lo disse e a Claudio sembrò di morire. Perché era vero, e lui aveva aspettato questo momento per mesi. Lo disse e tutto adesso era pieno di una nuova consistenza, come se il loro amore avesse preso una forma più definita.
Lo disse e Mario non voleva fare altro che ripeterglielo per il resto della sua vita.
"Perché ti amo, Claudio."
****
Verona, 2 maggio 2020 – sei mesi dopo.
Claudio non sapeva se Mario sarebbe ritornato. Non si faceva sentire da due giorni e lui non aveva intenzione di scrivergli.
Mario aveva sbagliato e stavolta toccava a lui ritornare sui suoi passi, non poteva di certo fare sempre tutto lui.
Eppure, andava a finire sempre così. Si iniziava da cavolate e si finiva tirandosi i piatti contro.
Era una cosa strana, che prima non avevano mai sperimentato così intensamente.
La verità era che questo Mario era diverso, diverso da quello che aveva conosciuto da ragazzo, diverso dall'uomo che aveva sposato.
Era un altro, ma sempre lui stesso.
Era un altro e Claudio aveva dovuto imparare a conoscerlo. Questo Mario era pure più testardo del primo, e possessivo, e geloso.
E si, erano ritornati insieme alla fine.
Anzi no, aveva cominciato di nuovo daccapo.
Quel viaggio a Berlino lo fecero davvero. Quattro giorni nella capitale tedesca che nessuno dei due aveva ancora visitato. Come incominciare da un posto nuovo per dare inizio alle danze di un nuovo e inaspettato futuro. E lì che avevano parlato, si erano conosciuti e Claudio dovette fare i conti con una realtà bollente.
Quel Mario, il suo Mario, era morto davvero. Era morto quella mattina di luglio, era morto in quello schianto. L'uomo che aveva davanti non aveva nulla a fare con quel ragazzo spensierato, padrone della vita. Era più fragile, portava il peso di anni che non avrebbe ricordato ma più.
Eppure, eppure era sempre Mario.
Claudio aveva imparato a riconoscere tutto di lui. Lo aveva ascoltato parlare, aveva scoperto altro che non aveva mai saputo prima, aveva messo insieme i pezzi del loro puzzle e aveva riscoperto che dopotutto combaciavano ancora.
Mario sarebbe stato sempre perfetto per lui, in qualsiasi altra veste, aspetto, corpo, pianeta, vita. Sarebbe stato sempre e solo l'unico capace di muovergli il cuore e mandarlo in crisi con un solo gesto.
Erano anime affine, di quelle che si cercano per un lungo periodo e poi si ritrovano sempre. Anche se non si ricordano. Anche dopo migliaia anni luci trascorsi lontani. Si sarebbe sempre amati.
E Claudio, di questo nuovo Mario se n'era innamorato di nuovo. Senza se e senza ma. Se l'era preso con i difetti perché quello lo rendevano unico, se l'era preso con le sue paranoie e semplicemente era ritornano a vivere.
Ma ora se n'era andato di nuovo. Per un cazzata, per una discussione che non sapeva affrontare e allora reagiva con l'unico modo che conosceva: Mario scappava.
Claudio sbuffò, mentre guardò fuori dalla finestra il temporale che sta per arrivare. Era sera ormai, un'altra giornata si concludeva e di lui nemmeno l'ombra.
Ma sarebbe ritornato, o almeno così sperava.
Sarebbe ritorno oppure sarebbe stato lui stesso ad andare a riprenderselo.
****
Berlino, 24 dicembre 2019
"Voglio fare una cosa." Mario si avvicinò pericolosamente al suo volto, mentre Claudio indietreggiava. Deglutì. La vicinanza dell'altro gli faceva ancora troppo male, perché prima quel corpo e quell'anima erano sue e adesso?
Adesso si trovavano in una città sconosciuta. Erano appena arrivati. La notte era calata e la pioggerellina di dicembre, bagnava i loro capelli.
"Cosa?" chiese con un filo di voce. Gli occhi di Mario brillavano. Era la prima scintilla che vedeva dopo secoli. Brillavano così tanto che le luci della città a confronto erano solo lucciole.
Brillavano e Claudio non sapeva ancora che quella luce era proprio lui a causarla.
"Baciarti."
E non gli aveva dato tempo di rispondere che le labbra del moro erano di nuove sulle due, dopo due lunghissimi anni. E andava bene come sempre. Combaciavano alla perfezione, create per assaporarsi e viversi, a sigillare l'inizio di una nuova storia che aveva ancora tanto da raccontare.
****
Mario si accarezzò le labbra con un dito. Sulla sua pelle il sapore di ancora quel primo bacio. Sorrise, mentre fissava la luna.
Succedeva sempre. Lui si incazzava per qualcosa, Claudio cercava di calmarlo, ma era solo peggio, lo faceva inalberare ancora di più. Perché Mario era questo, benzina sul fuoco, la miccia che da inizio all'incendio. Partiva sempre in quarta e per sbollire ci metteva un bel po'.
Non era bravo con le relazioni e Claudio era la sua prima storia seria da quando ne aveva memoria. Per lui era tutto nuovo, svegliarsi e averlo accanto, cenare insieme, la colazione pronta, la domenica mattina a rotolarsi nel letto. Erano cose che mai con nessuno aveva fatto, cose che però sapeva di aver vissuto in un'altra vita, una vita di cui non aveva memoria, una vita dove Claudio era abituato ad averlo accanto, invece lui no.
Sbuffò, aspirando il fumo di una sigaretta. Sapeva di aver esagerato questa volta, ma era più forte di lui. Aveva paura di vedere Claudio scomparire, aveva paura che il ragazzo potesse lasciarlo, come aveva fatto quella volta di due anni, lo aveva lasciato libero di scegliere che vita intraprendere, ma lui si era solo sentito abbandonato.
E due sere fa poi lo aveva chiamato dicendogli che avrebbe fatto tardi per cena, perché era stato trattenuto a uno dei tanto e inutili colloqui a scuola. Mario aveva pensato allora di andare a prenderlo in macchina, piuttosto che farlo tornare con l'autobus, ma davanti al cancello della scuola, lo aveva visto parlare in modo troppo intimo con Marco, nonché un suo collega e lui fu accecato dalla gelosia. Non fece nessuna scenata, aspettò che arrivassero a casa e poi scoppiò la guerra.
Era più forte di lui. Il tema "Marco" era ancora un punto debole e neanche le raccomandazioni di Claudio che gli diceva ogni giorno fino allo sfinimento che per lui era solo un amico, bastavano. Mario sapeva che Marco provava qualcosa di più per il suo uomo e proprio non riusciva a digerire quella mezza tresca che avevano avuto in passato.
E sapeva che non aveva il diritto, non con Claudio che in tutti questi anni non aveva fatto altro che aspettarlo, non con Claudio che era a uno stato di sentimenti avanzato, mentre lui non sapeva ancora a che punto fosse.
Ma aveva paura, quella paura ceca che ti spinge a fare cose che non vorresti, che ti fa perdere il senno. Aveva paura che Claudio un giorno si stancasse di lui, o che non gli piacesse la persona che ora era. Aveva paura che Claudio sarebbe rimasto legato alla memoria di qualcosa che ormai non esisteva più.
E quindi per evitare malintesi, semplicemente quella sera aveva preso la sua giacca ed era andato via. Non si era ancora trasferito definitivamente a Verona. La sua famiglia era cambiata, finalmente si sentiva a casa e non voleva mettere delle distanze nette tra la sua vita a Verona e a Roma. Così faceva il pendolare, scendeva a Roma una volta ogni quindici giorni e ci rimaneva per qualche tempo. Ed era proprio per questa ragione che Mario sapeva che Claudio non lo avrebbe cercato.
Ma quello che Claudio non sapeva era che Mario da Verona non si era mosso. Aveva chiesto ospitalità a Cristiano, un amico di Claudio con quale si era trovato subito in sintonia e aveva aspettato di calmarsi prima di tornare da lui e chiarire.
E adesso se ne stava di fronte a piazza Bra', a guardare l'Arena nel suo splendere e per la prima volta pensò che avrebbe anche potuto sostituirla con Colosseo. Avrebbe potuto considerare quella città davvero casa.
La pioggia scendeva a picco insieme alla notte.
Mario finì la sigaretta e sollevò il cappuccio della felpa.
Era l'ora di tornare a casa. Era l'ora di andare da lui e dirglielo che sapeva che aveva sbagliato e che era pronto davvero a vivere con lui, a sposarlo di nuovo forse, ad amarlo come meritava di essere amato. Doveva solo avere la forza di affrontarlo, mettere per una volta l'orgoglio da parte e fare il primo passo.
Ma poi accadde tutto di colpo.
Un momento stava camminando in direzione di casa, quello dopo, solo i fari di una macchina puntati contro.
Accadde in un attimo, non se ne rese conto.
Tutto ciò che vide fu la luce e poi le tenebre più oscure.
Tutto ciò che sentì fu uno schianto e poi il dolore.
****
1° luglio 2017 – il giorno dell'incidente.
Luci, pioggia, urla, sangue.
No.
Tiratemi fuori.
La testa che faceva male da impazzire, il corpo non rispondeva ai suoi comandi.
Voci, voci, voci.
Voci di gente che sembravano lontane, inaccessibili. Era tutto sfocato, era tutto nero.
E faceva male, faceva un male cane.
E poi c'era una voce, una che sopra tutte prevaleva e continua a ripetere "Andrà tutto bene, Mario. Andrà tutto bene."
Mario? Chi era Mario?
Ma non importata, perché non andava bene un cazzo. E quella voce vellutata non lo aiutava affatto. Andava tutto male e quindi l'unica cosa che poteva fare era urlare, chiamare aiuto, pregare affinché qualcuno spegnesse quel fuoco che gli stava bruciando tutto il suo corpo.
Stava andando a fuoco.
Se apriva gli occhi non vedeva niente e sulle labbra aveva il sapore del sangue.
Il sangue, lui che ne aveva sempre avuto paura.
Una corsa contro il tempo. Qualcuno lo tirò per le braccia e lo fece uscire fuori. Anche stavolta cercava di aprire gli occhi ma non ci riusciva.
E poi quella voce ancora, che stavolta era più preoccupata, più insiste. "Mario, vi prego aiutate il mio Mario."
Qualcuno gli chiese di calmarsi, che questo Mario sarebbe stato bene. Ma lui non capiva e voleva sapere di chi parlassero a chi si riferissero. Anzi no, voleva solamente insultarli per pensare a un tizio a caso piuttosto che aiutare lui.
Lo misero su una barella, gli abbassarono sul volto una mascherina, nelle braccia aghi.
Poi la sirena di una autoambulanza sempre più vicina.
Ma lui sentiva solo il sangue, le fiamme, il dolore sordo. Era come se gli stessero strappando il cuore.
Una corsa contro il tempo, la testa che lo stava abbandonando e poi mentre gli veniva iniettato qualcosa del corpo, sicuramente per il dolore arrivò tutto, i ricordi, i baci, gli occhi.
E poi un lampo di lucidità.
Mykonos, l'estate, il viaggio. Il ritardo, il taxi. Le risate.
Un ragazzo.
- Mario, te lo giuro se perdiamo il volo come l'ultima volta, parto solo e ti lascio a casa.
- Ma perché è sempre colpa mia? Se magari mi aiutassi piuttosto che fare lo sbruffone ci avremmo messo la metà del tempo.
La stessa voce vellutata di poco fa, il suono della sua risata.
Spezzoni di dialoghi nella sua mente ai quali non sapeva dare un senso.
- Quanto sei bello.
- Non mi compri così, Sona. Tu e queste idee strane dei tuoi viaggi last minute. Mi spieghi perché non so mai dirti di no?
- Perché mi ami.
Le labbra sul ragazzo delle sue. Il sapore dolce e pungente.
Il profumo, quello che avrebbe riconosciuto tra tutti.
Claudio. Il suo Claudio.
E poi capì. Era lui che lo chiamava.
Era lui Mario.
E ricordava tutto adesso, l'incidente, lo schianto, il temporale.
E voleva fare qualcosa, voleva aprire la bocca e chiedere di lui, voleva sapere come stesse. Il suo Claudio, l'uomo della sua vita, e avrebbe tanto voluto farlo se avesse saputo come aprire la bocca, come muovere la lingua.
Non lo sapeva e le forze lo abbandonavano a poco a poco. Era una lotta persa in partenza.
E pensò agli occhi verdi del suo uomo, mentre a poco a poco invece le sue palpebre si chiudeva e perdeva i sensi.
E che quella fosse stata l'ultima volta che si sarebbe ricordato di lui, questo non gli era dato ancora saperlo.
****
"Fatemelo vedere!" Claudio urlò, mentre l'infermiera cercava di calmarlo invano.
"Signor Sona non può entrare in questo momento. Lo stanno visitando, stia calmo."
"Calmo? Vengo chiamato alle nove di sera dall'ospedale dicendomi che il mio compagno è stato investito da una automobile e io devo stare calmo?"
La paura e le lacrime, il terrore negli occhi di rivivere tutto di nuovo. Era un incubo, sì, doveva essere un incubo mentre questo déjà-vu lui non lo meritava.
Non poteva essere che stava risuccedendo di nuovo. Non ora che avevano trovato un equilibrio.
E Mario non doveva essere neanche a Verona, anzi sì, doveva essere a casa con lui. Se solo avesse messo l'orgoglio da parte, se solo lo avesse chiamato, per ora sarebbero stati sul divano a guardare un film e perdersi tutte le parti, solo perché avrebbero preferito baciarsi. E invece no.
Non ce la faceva, non poteva sopporto di rivivere di nuovo lo stesso inferno. E aveva paura, perché ancora una volta gli stava scappando via, scivolando tra le dita come la sabbia.
Si porto le mani alla testa esasperato, sedendosi nella poltroncine fuori la porta della camera.
L'infermiera lo seguì, e prese posto accanto a lui.
"Mi ricordo di te" gli sussurrò, appoggiando una mano sulla spalla. "Mi ricordo di quello che vi è successo. Dell'amore che hai perso, ma sta bene. Davvero, questa volta sta bene."
Ma Claudio non la sentiva. Voleva piangere, ma non ci riusciva. Doveva vederlo a tutti i costi.
Quindi rimase in silenzio e la donna ebbe rispetto della sua totale non risposta, rimanendogli accanto.
Poco dopo la porta della stanza si aprì e il medico fece capolinea davanti a lui. Sorrise, e bastò quel sorriso per fargli tirare un respiro di sollievo. "Grazie." Sussurrò solamente, per poi alzarmi in piedi e fare irruzioni dentro la camera.
E quando lo vide stupendo, sveglio, con ancora i vestiti addosso e seduto sul letto, finalmente lasciò ricadere le lacrime che aveva trattenuto per tutto quel tempo.
"Ehi." Lo chiamò Mario, che notò la sua presenza. "Perché piangi? Sto bene, Claudio. Davvero."
Lo aveva chiamato per nome. Non era successo niente, andava tutto bene.
Si avvicinò al letto e gli gettò le braccia al collo, piangendo sulla sua spalla. E non si può spiegare il senso di pace che avvertì quando lo strinse tra le sue braccia e gli baciò il collo.
E fu Mario che si ritrovò a consolarlo, a dirgli che andava tutto bene, ad abbracciarlo e baciarlo fino a quando lui non si calmò.
"Ho avuto tanta paura di perderti. Non farlo più, Mario. Non scappare mai più." Tirò su col naso e notò il cerotto sulla fronte del suo ragazzo. Passò un dito su quel punto e vide la sua espressione di dolore dipinta sul volto.
"Non è niente davvero. Solo un taglio. Mi hanno dato qualche punto. Quella macchina mi è venuta addosso e pioveva e io non volevo farti preoccupare."
La pioggia.
Sempre lei quella maledetta. Li tormentava e li accompagnava nei solo momenti migliori e peggiori.
"Non fa niente. Solo non farlo più." Gli chiese ancora. Gli prese le mani e aveva bisogno di toccarlo, perché lui era davvero qui, davanti a lui, e stava bene.
Mario sorrise e gli accarezzò la guancia. "Ma dove devo andare senza di te?" gli chiese dolcemente.
Claudio alzò la testa stupito. Ormai stavano insieme da sei mesi eppure Mario non si mai sbilanciato su nulla, né sentimenti, né apprezzamenti e adesso...
"Stavo tornando da te." Iniziò Mario, togliendogli quel dubbio sul volto dell'altro. "Avevo capito che avevo sbagliato e stavo tornando a casa. E mi dispiace per essere andato via ma avevo avuto paura di dire qualcosa che avrebbe rovinato tutto. Avevo paura di perderti e non voglio mai più provare una cosa del genere, Claudio. Mai più." Gli sussurrò guardandolo fisso negli occhi.
Aveva paura anche lui. Si dice che quando sei sul punto di perdere una persona allora capisci quanto essa valga, e probabilmente era successo anche lui. Mario stava aspettando un suo passo, ma a volta si finisce per litigare e tenere il punto solo per una questione di orgoglio e perché uno era più testardo dell'altro.
Ma tenere il punto a cosa serve se non si riesce ad andare avanti? Era solamente stato uno stupido, perché l'amore alla fine vince tutto, su tutto, abbatte tutto e loro avevano solo perso tempo.
"Una volta mi avevi chiesto una cosa." Ritornò a parlare Mario, stavolta più imbarazzato e abbassò lo sguardo sulle loro mani intrecciate. "Se ti avrei mai amato ancora." Respiró "E oggi la mia risposta è sì."
E il cuore di Claudio si fermò. "Cos-cosa?"
"Mi sono innamorato di te." Gli sussurrò con un sorriso sulle labbra e con il tono di voce più dolce al mondo. "Non chiedermi quando è successo perché non me lo ricordo. Forse due anni fa, forse quando ho aperto gli occhi in una dannata stanza di ospedale e lo sapevo, sapevo che dentro di me c'era qualcosa che mi legava a te, ma non sapevo cosa fosse. E poi ho avuto paura, o semplicemente non volevo provare niente. E credo di essermi innamorato di te quella volta che abbiamo fatto l'amore sulla spiaggia. E tu poi mi hai lasciato e negli ultimi anni non ho fatto che pensare a te, a come sarebbe stato darti una possibilità piuttosto che vivere di rimorso. Mi sono innamorato dei tuoi occhi, quella sera che ti ho visto a Milano e ho scoperto di essere geloso di quello lì. Mi sono innamorato mentre ti baciavo a Berlino, mentre tornavo con te a Verona, mentre ti conoscevo. E più scoprivo cose di te e più mi innamoravo e più mi innamoravo e più aveva paura che tu non avresti mai potuto amare me ma solo il ricordo di me. E forse non volevo ammetterlo, forse perché sono solo un codardo. Ma ti amo, anche se non mi ricordo di noi, ma non importa perché io amo la persona che sei adesso e amo me stesso quando sono con te. Quindi potresti anche rinunciare a tre anni della tua vita che ormai sai non torneranno mai più, per vivere ciò che resta di questa esistenza insieme a me? Puoi farlo ancora?"
E lo disse tutto d'un fiato, come lo aveva detto la prima volta. E Claudio semplicemente pianse. Lacrime mute che attraversarono il suo volto, ma non era il solo anche Mario piangeva, e non capiva come questo fosse possibile.
Mario gli aveva appena detto di amarlo.
A lui.
Lui che non ci sperava più.
"Ti-ti sei ricordato di me." Riuscì a rispondere alla fine. Si era ricordato. Inspiegabilmente era successo.
"Anche se la mia mente non l'ha fatto, il mio cuore sì, si è ricordato di te."
E le labbra che corsero ad assaporarsi, le mani ai lati delle guance, le lacrime che bagnavano i loro volti, e tutto che era improvvisamente così perfetto.
E non importava più niente. Non importato nulla della vita passata, di ciò che avevano avuto e di ciò che non sarebbe più tornato.
Gli importava solamente di essere lì con lui, a baciarlo, a sentirsi amato.
Ad essere felice.
E lo riempì di baci, sul tutto il viso, il collo, le mani. Se lo baciò come mai aveva fatto, togliendogli il fiato, col cuore che batteva all'impazzita, un cuore vivo. Felice.
"Non ho mai smesso di amarti." Sussurrò mentre appoggiava la fronte alla sua.
E Mario sorrise, uno di quei sorrisi che coinvolgevano gli occhi e il cuore. Un sorriso pieno d'amore e tutto per lui.
"E allora non smettere mai di farlo."
"Mai."
Gli promise.
E si sa che certi amori non finiscono.
Certi amori si vivono e basta.
- Fine –
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Okay, non ci credo ancora di essere arrivata alla fine.
So di avervi fatto aspettare tanto, ma lasciare questa storia proprio non ci riuscivo.
spero che non abbiate fatto confusioni con le dati. C'è lo spezzone dell'incidente dove riprendo parti nel prologo, mentre poi alterno passato e presente.
se ve lo chiedete, no. Mario non ha recuperato la memoria. Ma a cosa serve se tanto il suo cuore ha riconosciuto Claudio?
si è rinnamorato di lui. lo ha scelto di nuovo e come andrà poi non ci è dato saperlo, almeno per ora.
Vorrei ringraziare tutti quelli che mi hanno accompagnato da quel pomeriggio di luglio, dopo ho pubblicato il primo capitolo, ma mi dilungherei troppo.
Quindi vi dico solo grazie a tutti.
A chi mi legge su wattpad, a chi commenta, lascia stelline, alla squad, alla mie ragazze principalmente e a chi ha iniziato a leggerla anche solo per caso.
Grazie di tutto e chissà forse un giorno loro ritorneranno, forse chi lo sa.
Per ora è un ciao, e poi mai dire mai.
A presto.
Sempre graDa, di tutto.
Sabry
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