Chapter 9. ↯
A Claudio,
Che tu abbia passato il compleanno che desideravi,
con le persone che ami.
che tu sia felice sempre, nonostante tutto.
Buon compleanno, anima bella.
*
"Anche se non respiro
e non mi vedo più
in un giorno qualunque
dove non ci sei tu.
Anche se aspetto il giorno
quello che dico io
dove ogni tuo passo
si confonde col mio"
29 settembre 2014
Era il primo compleanno di Claudio insieme a Mario. Finalmente quest'anno non sarebbe stato il solito giorno noioso e uguale come tutti gli altri anni, dove Claudio avrebbe mostrato un sorriso tirato e finto davanti alla rituale foto con la torta, dove avrebbe soffiato le candeline senza un reale desiderio, e poi avrebbe passato il resto della notte ad ubriacarsi insieme a suoi amici in qualche discoteca, farsi il primo che capitava, sentirsi invincibile e terribilmente vuoto dentro. No. Quest'anno sarebbe stato diverso. Claudio non era più solo, Claudio aveva Mario. Avrebbe avuto lui accanto quando i suoi amici gli avrebbero scattato la foto, avrebbe espresso il desiderio più importante: lui, sempre lui, ovunque lui. Claudio in quei ultimi mesi era consapevole di essere entrato in un vortice sempre fine. Ormai la sua vita non aveva un senso senza Mario, neanche riusciva ad immaginarla e si chiedeva come aveva fatto a vivere senza di lui, fino a quel momento. E poi sono bastati cinque mesi per rivoluzionargli l'esistenza. Mario era la sua droga. Mario la sua unica dipendenza. Claudio era felice e andava bene così. Gli bastava questo: aspettare la mezzanotte con lui accanto, niente feste, niente balli, niente di forzato. Lui e basta. Loro e tutto il resto fuori.
Dall'altro lato Mario faceva finta di ignorare che fosse già scoccata la mezzanotte, concentrato sui libri.
"No Mario, non so un cazzo. Domani quello mi rimanda. Io lo so. Sono fottuto." Claudio appoggiò la testa sul tavolo chiudendo gli occhi. Ah sì, Claudio il giorno del suo compleanno avrebbe avuto un esame, anzi l'esame quello che avrebbe messo in gioco la sua laurea. Accanto a lui Mario sorrise mentre lo guardava deprimersi, con in mano il libro di testo del suo ragazzo.
"Dai amò, non è vero. Hai studiato duramente negli ultimi giorni" avvicinò una mano alla sua testa e intrecciò le dita dai tra i suoi capelli. Claudio non si sentiva affatto pronto. Inoltre continuò a sbuffare quando vide l'orologio e la tarda notte che ormai era. Non riusciva più a concentrarsi, voleva solamente festeggiare i suoi 24 anni col suo ragazzo, che ancora ignorava tutto, intento a fare il professore stronzo. Mario si era offerto di aiutarlo e avevano passato giorni e notti intere suoi libri e a ripetere paragrafo per paragrafo. Mario si era preso cura di lui. Lo interrogava, lo ascoltava, lo correggeva quando sbagliava. Gli preparava il caffè, i suoi piatti preferiti, lo cullava, lo aiutava. Era indispensabile per Claudio. Mario era la sua salvezza. Ma non aveva parlato del suo compleanno neanche una volta. Ogni volta che Claudio cercava di prendere l'argomento, lui sviava il discorso, rispondeva con la prima cosa che gli passava per la testa. E sì, Claudio si sentì un po' offeso per questo.
"Hai detto bene; negli ultimi giorni. Ma negli ultimi mesi non ho fatto nulla" sbraitò il castano, lamentandosi ancora e sospirando. Alzò la testa verso quei occhi neri e lucenti e li vide spegnersi un po' per volta.
Infatti, il sorriso sul volto di Mario scomparve. Sapeva di essere lui la causa della sua distrazione. Claudio aveva perso due mesi ad inseguirlo e corteggiarlo, e poi avevano preferito trascorrere l'estate a divertirsi piuttosto che studiare. Era colpa del moro se si trovava a dover ripetere tutto il giorno prima, e se ne sentì in colpa.
"Ascolta..." disse Mario, prendendogli il volto tra le mani. "Tu domani vai li, ti siedi, fai vedere quanto vali, gli fai il culo a tutti, torni a casa e mi dedichi il tuo voto. Mi sento terribilmente in colpa, quindi per favore togliti dalla testa sta idea che non lo passi, perché altrimenti giuro me ne torno a Roma e ritorno quando termini la sessione, chiaro?" e Mario era autoritario, e serio. Era terribilmente dolce che Claudio che ne innamorò ancora un po' di più se questo era possibile. E si dimenticò del compleanno, si dimenticò degli auguri. Aveva quell'uomo bellissimo davanti che si stava preoccupando per lui, e lui lo amò così tanto che temette di star per impazzire. Era il regalo suo più grande. Si preoccupava per i suoi studi, voleva che i suoi sogni si realizzassero, che Claudio di laureasse presso per tutti e due.
"Non è colpa tua se mi sono innamorato. Domani penserò a te, i tuoi occhi e tutti i versi verranno fuori." Sfiatò, avvicinando la sua sedia a quella del moro e in contemporaneo il suo volto. Le mani di Mario erano ancora sulle sue guance, il suo respiro gli solleticò il collo. Spinse le sue labbra contro quello dell'altro e si prese quel leggero tocco quasi bramato, quel regalo che valeva più di cento regali.
"Ah, sì? E cosa pensi quando vedi i miei occhi?" Rispose curioso Mario, limitando il bacio e allontanandosi divertito. E Claudio un po' lo odiava anche, perché lo faceva apposta. Mario puntava su suoi punti deboli, sulle sue parole non dette per poi ingannarlo amorevolmente e farsi confessare tutto. Adorava metterlo in imbarazzo.
"Che sono più neri del petrolio, e preziosi ancor di più." Iniziò Claudio, portando lui sta volta una mano sulla guancia dell'altro "Gemme che brillano della notte. Diamanti di stelli in un cielo buio. Così profondi dove potrei annegarci. E le tue ciglia... ah si...
Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere.[...]
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude-"
"Si, amò D'Annunzio lo sai. Andiamo avanti." Lo interruppe l'altro divertito, aprendo di nuovo il libro e posizionandoselo sulle gambe.
Claudio alzò nuovamente gli occhi al cielo, ma poteva arrendersi, perché Mario aveva sempre dalla sua parte il coltello, Mario decideva. E se lui diceva - dobbiamo studiare - allora era obbligato a seguirlo. Forse... "Dovremmo prendere più esempio da D'Annunzio." Decise infine di provocarlo.
Mario alzò gli occhi dal libro a lui, e cogliendo il doppio senso delle parole dell'altro, sganciò un sorriso malizioso. "Ah, sì. Perché?"
"Sapeva divertirsi" disse con fare ovvio, scrollando le spalle e provocando la risata dell'altro.
"Coglione. Se non ti muovi giuro che la costala te la tolgo io tra poco" chiuse il libro davanti a se, e continuò a ridere.
"Perché la costola?" domandò l'altro col fare ingenuo, alzando un sopracciglio e facendo ridere ancora di più Mario.
"Non hai detto tu che dovevamo prendere esempio?". E Claudio non si mise molto a capire a cosa si riferisse, e si lasciò andare a una risata fragorosa, continuava a dargli dello stupido, mentre Mario, tra una provocazione e un'altra, lo prese per mano e poi lo portò nella loro camera da letto, adiacente alla cucina.
Mario spinse Claudio sul letto e gli saltò sopra, assalendo la sua bocca, senza preavviso. Lo baciò con impeto e passione, lo baciò tanto da imprimere sulla pelle dell'altro il suo tocco, il suo morso, il suo passaggio. E Claudio si sentì svenire da tanto irruenza e allo stesso tempo dolcezza del suo ragazzo. Mentre l'altro era concentrato a torturargli il collo, portò le mani ai bordi della maglia di Mario, nel tentativo di sollevarla e togliergliela. Ma il moro lo anticipò e si sbloccò di colpo, scendendo dalle sue gambe e sdraiandosi dall'altra parte del letto, interrompendo ogni contatto.
"Bene, ora dormi che domani hai la sveglia alle sei" e così facendo, gli diede le spalle con un sorriso sulle labbra, lasciando Claudio incredulo, spaesata, e terribilmente eccitato.
Bacca illude no pomo uno.
****
20 luglio 2017
Claudio era andato via. Mario aveva fissato per alcuni minuti la porta chiudere davanti ai suoi occhi. Sospirò. Si sentì più leggero. Claudio lo inquietava, aveva sempre i suoi occhi verdi addosso e per quanto Mario gliene era grato per la dolcezza con quale si stava prendendo cura di lui, dall'altra parte si sentiva terribilmente a disagio. Era come se fosse in obbligo nei confronti dell'altro. Come se l'altro si aspettasse qualcosa. Mario sapeva che il castano aspettava un segnale da parte sua, qualcosa che potesse accendere la luce su quei sei anni che aveva rimosso, rimasti in ombra, ma glielo faceva anche un po' pesare. Mario era rimasto a Verona perché sperava di disobbligarsi con lui, ma aveva paura che l'altro chiedesse di più, o volesse un approccio fisico diverso. E lì sì che il moro non sapeva come sarebbe dovuto comportarsi. Perché a lui non piacevano gli uomini, giusto? O forse si. O forse era troppo presto per porsi questa domanda.
Tornò in cucina e bevve un altro sorso di premuta, terminando anche la restante colazione. Per tenersi occupato, decise di sparecchiare la tavola, caricare la lavastoviglie, raccogliere le briciole, tutto purché tenesse il cervello occupato e i pensieri sotto controllo. Dopo aver messo a posto, non sapeva davvero cosa fare. Iniziò a curiosare in giro, osservò le foto di quelle casa. Ma era come dentro un incubo: c'era sempre lui ritratto in quelle foto, lui e Claudio, Claudio e lui. Quella casa urlava Mario. Scosse il capo e decise di ripartire dalla loro camera da letto. Aprì il comodino di Claudio estrasse l'agenda, la stessa che aveva iniziato a leggere la sera prima, dove Claudio aveva scritto le sue promesse del matrimonio. Si sedette sul letto e spogliò le pagine a una a una, soffermandosi a leggere qualche paragrafo. Erano versi, schizzi, bozze di capitoli dove si potere delineare la trama di un'opera, forse proprio il suo libro. Lesse pagina per pagina e trovò tra le righe di quelle parole, un po' di sé stesso. Ma un lui diverso. Claudio parlava di un Mario forte, un Mario determinato, un Mario che sapeva cosa volesse. Parlava di un ragazzo d'oro che aveva abbandonato tutto per lui, e lui non si ritrovò in quelle parole. Era gesti che appartenevano a qualcuno tenente lo suo stesso carattere, ma che aveva compiuto passi che lui mai si sarebbe immaginato di fare. In quelle parole Mario, imparò a conoscere Claudio. Lesse i suoi pensieri, le sue ambizioni, le sue avventure e si ritrovò a sorrise. Dopotutto non era poi tanto male. Tra le tante cose e tra tutti quegli appunti trovò una lettera. La busta era ingiallita nel tempo, ma aveva sopra il suo profumo. Il profumo di Claudio. Ormai curioso, estrasse il foglio di carta, ripiegato accuratamente in quattro e sospirò prima di leggere.
"Ciao amore,
lo so, ti metterai a ridere quando leggerai le prime righe, e sicuramente ti volterai per insultarmi perché la starai leggendo con me accanto. Però non piangere, davvero. I tuoi occhi sono troppo belli per diventare rossi e gonfi, anzi tu sei sempre bello, sei ancora più bello anche quando piangi.
Ti scrivo perché non ho il coraggio di esprimere tutto quello che sento, ti scrivo perché lo sai che con le parole faccio un casino, ma paradossalmente quando scrivo mi è tutto più facile. Questa è la prima lettera per te, e forse sarà anche l'ultima, ma sentivo la necessità di dirti tante cose che fino ad ora ho omesso.
Stai dormendo, accanto me. Ti confesso che la notte mi sveglio spesso solamente per guardarti dormire, oppure resto sveglio quando finiamo di fare l'amore, perché amo vederti stringere a me e riposare tranquillo, abbandonarti al mio corpo. Mi sento protetto tra le tue braccia, perché sono l'unico posto sicuro e perfetto nel quale tornerei sempre.
Ieri era il mio compleanno. Io pensavo che tu te ne fossi dimenticavo. Okay, non mi insultare. Eri così preoccupato per quel maledetto esame, che mi hai ignorato quella notte, e il giorno successivo quando ti ho informato di aver preso 27. Hai esultato e si è concluso tutto lì.
E mi sono sbagliato ancora con te. Ho questo brutto vizio di sottovalutarti. Ogni volta penso che tu non possa farcela su qualcosa, o che non abbia il coraggio di affrontare certe situazioni, che ti dimentichi di un avvenimento importante. E poi tu invece ce la fai, contro ogni mia aspettativa. Vinci, agisci, mi sorprendi. Sono così fiero di te. Mi hai sorpreso ieri sera, quando sono ritornato a casa e ho trovato la casa addobbata di palloncini. Mi hai sorpreso quando da dietro la tende sono apparsi i miei amici, ed erano tutti lì per festeggiare con me. Mi hai sorpreso quando hai appoggiato le mani suoi miei occhi e mi hai baciato senza pudore davanti a tutti. Mi hai sorpreso preparando i miei piatti preferiti, dolci e torta, tutti con le tue mani.
Mi hai sorpreso quando per la prima volta, quando siamo rimasti soli, mi hai invitato a ballare e mi hai sussurrato Ti amo. E quelle due parole mi hanno acceso un fuoco dentro che neanche immagini. Non lo avevi ancora detto, non ce lo eravamo detti ancora così direttamente.
E io ti amo, Mario. Ti amo così tanto che a volte ho paura che questo sentimento un giorno possa ucciderci. Ti amo, e ti ho inciso sulla pelle, sul cuore. Ti amo, perché quel tatuaggio insieme che mi hai regalato, ce lo andremo a fare davvero. Ti amo, perché hai organizzato la festa più bella della mia vita, insieme a miei amici che sai, sono la mia famiglia. Ti amo, perché in questi ventiquattro anni non sono mai stato così felice come negli ultimi mesi. Ti amo, perché aspettavo te da sempre, e so che in cuore mio tu resterai l'unico per sempre.
Grazie per sopportarmi,
Claudio."
*
Mario aveva posato quella lettera, terribilmente scosso da quelle parole. Aveva trovato però insieme un biglietto scritto dalle sue stesse mani con un anagramma: "Bacca illude non pomo uno". Mario non ci mise molto a capirlo, gli anagrammi erano il suo mondo e lui si divertiva a crearne sempre di nuove. "Buon compleanno Claudio" lo aveva scritto su un foglio di carta, fissando per minuti interi. Ma quello che lo scosse fu il buono del tatuaggio che vi era allegato. E adesso era davanti allo specchio e osservava la sua figura allo specchio. Si ritrovò più invecchiato, più sciupato. La gamba ancora avvolta nel gesso, e i graffi sul volto ormai scomparsi. Sospirò e sfilo piano la maglietta dalle braccia. Guardò il suo corpo, tracciando i lineamenti di ogni tatuaggio che aveva inciso sul suo corpo. Le rondini che aveva inciso ad ogni traguardo raggiunto, il codice a sbarre sul polso perché lui si sentiva così per i suoi genitori: un oggetto da usare e poi buttare quando non piace più, comprato coi soldi del padre e screditato per ogni suoi mancanza. Individuò le iniziali sue, di suo fratello e di sua sorella sull'altro polso, e poi salì soffermandosi su uno nuovo. Nel avambraccio quasi invisibile, c'era un cuore verde. Era piccolissimo, ma brillava messo in risalto dalla sua carnagione scura, c'era. Mario lo vedeva. Quel cuore era Claudio, quel verde erano i suoi occhi. Era davvero sulla sua pelle, era davvero una macchia indelebile che non sarebbe andata via. Restò a fissarsi ancora per un po', fino a quando non si sentiva debole e stanco. Si sentì esausto, senza via di fuga. Anche se volesse andare via, Claudio era ovunque, anche se non lo ricordava c'era in ogni pagina, in ogni foto, in uno centimetro del suo corpo. Claudio c'era, e Mario doveva farsene una ragione. Si rivestì di corsa, capendo che era arrivato il momento di agire, il mondo di capire e accettare la realtà. Voleva ricordare, voleva capire. Aveva superato la sua paura, ormai non aveva più nulla importanza. Adesso sì, era pronto, non poteva più scappare. Sapeva esattamente cosa fare. Torno nel soggiorno e prese un DVD ben preciso, accese il lettore e lo inserì.
Si sdraiò sul divano e determinato come mai prima dall'allora, diede il via.
Mario stavo per vedere il video del suo matrimonio.
****
Hola!
Scusate l'assenza ma ricominciata l'università e mi risucchia tutto il tempo libero.
Questo è un capitolo di passaggio, da ora in poi la storia riprende il suo ritmo, quindi godetevi questa pace finché potrete ahahaha.
Vi ringrazio a tutti per gli mi legge, per gli lascia una stellina o un commento, per chi mi cita su twitter e mi minaccia. Vi adoro.
Non vi prometto niente, ma spero di pubblicare prima del prossimo fine settimana.
Un baciotto,
Sabry
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