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Chapter 4. ↯

"You changed my life and all my goals

And love is blind and that I knew when

My heart was blinded by you

I've kissed your lips and held your hand

Shared your dreams and shared your bed

I know you well, I know your smell

I've been addicted to you"

Paura, ansia, dolore, agitazione, delusione, tristezza, odio, rabbia, rammarico. Solo, ferito, indifeso, perso.

Tanti erano i sentimenti che contrastavano in Mario, mentre i suoi occhi correvano tra Claudio e le sue mani, tra quel ragazzo veronese, e il foglio di carta ai piedi del letto, tra le mani di quello doveva essere suo marito, alla fede finita in mezzo a loro.
Due anelli che brillavano al centro di quella stanza, che tagliavano in due le distanze che li separavano. Mario tremava, gli occhi appannati dalle lacrime che continuavano a cadere e i singhiozzi che non riusciva a fermare. Non riusciva a pronunciare una parola, e dopo aver dichiarato tutto il suo odio contro quell'uomo, adesso si sentiva senza forze, spogliato dalle sue difese, bloccato in una vita che non era neanche sua. Voleva fuggire, ritornare nella sua casa a Roma. Voleva ritornare ad essere la persona di un tempo, anche se si trattava di una persona a metà, senza obiettivi, che non aveva ancora trovato la sua strada per stare per bene, che non era in grado di realizzarsi. Voleva ritornare a giocare quella partita di calcetto con i suoi compagni di squadra, sbagliare all'ultimo minuto e segnare un autogoal, o piangere per aver portato una vittoria a casa. Voleva ritornare da Silvia, abbracciarla e dirle che le mancava, voleva portarla al cinema, o a mangiare una pizza, voleva darle tutte quelle attenzioni che in quei anni gli aveva negato. Voleva fare queste e tante altre cose. Anche se non era soddisfatto, anche se aveva il sogno, di scappare, andare lontano, ma almeno quella era la sua vita, una vita che conosceva che sapeva gestire.

Quella che aveva davanti invece, gli sembrava il capitolo conclusivo di un libro che non aveva letto. Conosceva i nomi dei personaggi ma non la trama, non sapeva come fossero mai arrivati a quel punto, chi era l'eroe, chi la principessa da salvare, quale fosse la sua casa, o gli amici di sempre. Era una realtà lontana da lui, tanto che gli faceva male, tanto da scoppiargli la testa, perché lui ci provava a ricordare, si esercitava, stringeva la mente, voleva concentrarsi su quei occhi verdi, ma davanti a lui aveva solo un vuoto e una strada tortuosa da percorre.

Ora questa strada ce l'aveva davanti. Poteva decidere se ascoltare le parole di un perfetto sconosciuto oppure scappare via lontano da lui. Dopo minuti eterni che trascorsero in silenzio, Mario tirò su col naso, e poi si volto verso Claudio. Lo vide inerme, con gli occhi arrossati ma non piangeva. Soffriva interamente, lo guardava con gli occhi di chi avrebbe voluto dirgli tutto, ma nello stesso tempo nulla. Ma stava male, tanto quanto lui, e forse era suo dovere dargli una possibilità, un alibi valido.

Perché mi hai fatto questo, Claudio? Io mi fidavo di te.

Si sdraiò esausto al letto, e chiuse gli occhi per riprendersi e trovare il coraggio di parlargli. Ma ce la faceva? Poteva mai farcela?

Si, doveva. E lo doveva proprio per sé stesso.

"Che ci fai qui. Cosa vuoi" chiese alla fine per interrompere quel silenzio assordante.

La verità era che lui si era fidato davvero di Claudio, si era abituato ad averlo accanto. Pensava fosse un amico, qualcuno di fidato, qualcuno su cui contare. Si era fidato di quei occhi estranei, di quei sorridi sinceri, e delle sue parole dolci. Non si aspettava che proprio lui che dal nulla era entrato nella sua vita, gli avesse mentito spudoratamente in faccia, gli avesse lasciato una scatola chiusa e il peso di affrontare la realtà da solo. E lui si sentiva interiormente ferito, e odiava quell'uomo perché tutto puoi fare a Mario Serpa, tranne deluderlo, tranne farsi pentire per essersi fidato. E lui non perdonava mai, non concedeva seconde possibilità. In realtà si fidava raramente delle persone, eppure con Claudio c'era riuscito.

"Io... ho capito che ho sbagliato con te", disse alla fine Claudio, facendo un passo in avanti verso di lui.

Mario alzò un sopracciglio e lo guardò scettico. Riconoscere i propri errori era un passato avanti, ma non gli bastava. "Ma che bravo" si lasciò sfuggire, ironico. Poi vedendolo ancora davanti alla porta, fece segno di sedersi, nella sedia accanto al letto. "Ti ascolto" mormorò, mentre toglieva i segni del pianto dal suo volto, promettendosi che mai, mai più si sarebbe concesso di farsi vedere così fragile di fronte a lui.

"Noi siamo sposati, Mario. E se non mi credi, ho qui i documenti che lo accertano". Claudio posò una busta gialla sul comodino, cerco di trovare un segno di assenso da parte di Mario che però non arrivò.
Mario era incazzato nero. Non riusciva a sostenere il suo sguardo, e nello stesso tempo non sopportava averlo così vicino a lui. Lo voleva lontano, molto lontano. Voleva alzarsi da quel letto e scappare, prendere il primo treno e allontanarsi il più possibile da lui e se non fosse per la gamba che gli impediva i movimenti, lo avrebbe fatto.

"Questo lo so, purtroppo. Sii più specifico". Rispose acido, guardando un punto fisso davanti a sé.

"Ti ho conosciuto la notte del 28 aprile del 2014 a Milano. Più precisamente al Plastic. Eri insieme ai tuoi amici e stavi festeggiare il tuo compleanno in giro per l'Italia. È stato... strano. Ci siamo scelti quella sera, e io alla fine sono riuscito ad averti."

"Quindi sono a Verona per colpa tua?" domandò tagliente, andando subito dritto al punto. Claudio non rispose, anzi abbassò lo sguardo quasi colpevole. "Dovevo capirlo". Mario scosse la testa. Tutto questo era ridicolo, estremamente ridicolo. Lui che stava con un ragazzo, Lui? Mario Serpa? Il ragazzo più ambito al liceo, colui che se avesse voluto, avrebbe avuto decina di ragazza da cambiare ogni settimana. Lui, che anche il solo pensiero di stare con qualcuno del suo sesso...lo nauseava.

Eppure era successo un paio di volte che si trovasse a fissare un ragazzo ben messo, ma si auto giustificava dicendo che in realtà invidiava i suoi muscoli e il suo fisico. E poi per la scienza, l'attrazione sessuale non esiste. Ogni individuo ha una percentuale minore e maggiore di attrazione verso il sesso opposto o il simile. Era tutto relativo, e Mario camuffava quei crucci con semplici spiegazioni. Solo una volta si era fermato incantato al corpo maschile di un suo compagno di squadra di calcio. Lo aveva visto mentre si spogliava ed entrava in doccia, e subito aveva sentivo come una strana morsa alla bocca dello stomaco, e la salivazione mancargli. I suoi occhi scorrevano sul corpo del ragazzo, a quelle goccioline di acqua che bagnavano la sua pelle, e riuscì a distogliere l'attenzione solamente grazio allo squillo del suo telefono, che segnata l'arrivo di una chiamata. Da quel giorno si era riproposto di non permettere più a sé stesso di spegnere il cervello, e farsi sopraffare dall'istinto.

Ma tutto questo, non era necessario che Claudio lo sapesse.

"E' tutto molto bello, Clà. Ma ci stiamo dimenticando di qualcosa di importante. Io non sono gay." Lo sputò così, quasi con disprezzo, guardandolo dritto negli occhi, e lo vide letteralmente...morire. Claudio sbiancò. Gli occhi sbarrati, la bocca semiaperta, lo guardava con stupore e meraviglia. E Mario provò quasi pena per lui, non si meritava di soffrire, né tantomeno di meritava di essere deriso, ferito da lui, ma nello stesso tempo era stato il castano a mentirgli, a lasciarlo solo. "Io... sto con Silvia" continuò poi.

"Beh io non vedo nessuna Silvia qui" rispose alla fine Claudio, svegliato quasi dal suo stato di trance. Arrogante, pungendo, freddo come il ghiaccio. Il gelo delle sue parole arrivò dritto nelle ossa di Mario. Lo guardò timoroso e per la prima volta ebbe paura di quell'uomo. Si stringe nelle sue lenzuola, dandogli le spalle. Era stanco di parlare, e quel senso di inadeguatezza stava tornando e lui voleva scappare lontano da lui.

"Ehi... scusa... io. Giuro mi fai incazzare il fatto che tu non ti ricordi di me" sussurrò dopo poco Claudio, rendendosi conto di essere stato troppo duro con lui.

"Non è colpa mia se non so chi sei, se non so neanche chi sono io." Soffocò un singhiozzo, mentre cercava di mandare giù il magone. Si sentiva sbagliato, e nello stesso tempo odiava far del male alla gente che aveva intorno. Lui avrebbe preferito morire, piuttosto che vedere qualcuno soffrire per mano sua.

"Non importa. Creeremo altri ricordi." Aggiunge dolcemente Claudio, facendosi sempre più vicino al suo corpo. Una mano finì sulla spalla di Mario, e il moro avvertì una scossa che partiva da quel preciso punto e si irradiava in tutto il corpo. Puro piacere, pura emozione.

Wow, neanche Silvia è mai riuscita a farmi rabbrividire così.

"Claudio... forse non hai capito quello che ho detto prima". Si voltò nuovamente verso il veronese, affinché la mano dell'ultimo si allontanasse dal suo corpo, e quella strana sensazione andasse via.

"Qual è l'ultima cosa che ricordi?" chiese invece cambiando discorso. E Mario lo guardò allungo, leggende nei suoi occhi la necessità di sapere, forte quasi quanto la sua.

Chiuse gli occhi, e si perse nei ricordi sfocati di quella sera, l'ultima rimasta infissa nei suoi ricordo.

"Ero a una festa... la festa di Luca, un mio amico. Ero con Silvia e..."

"Tu e Silvia vi siete lasciati più di sei anni fa."

"Ma come...?" provò a chiedere Mario, mentre il castone interruppe il suo racconto. "come lo sai?".

Claudio sorrise, un sorriso triste che non illuminò neanche i suoi occhi. Però lo fece perché quell'ingenuità di Mario lo affascinava. Alzò una mano e la posò leggermente di nuovo sul suo braccio, iniziando a massaggiarlo.

"So tutto di te" gli sussurrò, mentre Mario fu nuovamente vittima di quelle parole, di quei gesti, di quelle emozioni. "So che ti piace tutto ciò che è ricoperto di cioccolato, che non prendi mai il gelato senza la panna, che ami riempirti lo stomaco di nutella quando sei triste. So che non ami dormire con le tapparelle troppo chiuse, che temi ancora il buio, e che ti piace invece la luce. Ami il caldo, e le giornate afose, odi il freddo e il gelo veronese. Ti piace la musica. Sai suonare tre strumenti, ma hai una passione per il pianoforte. Nella musica rinasci, in essa ti ritrovi. Vivi per la musica, fa parte di te da sempre. Per accontentare i tuoi genitori, però ti sei iscritto in Economia. Non ti piace, e hai sempre sognato andare via, realizzare il tuo sogno." Mormorò, mentre con le dita tracciava cerchi sul braccio del moro, e poi scendeva giù, toccava quel punto dove la pelle divenne d'oca, sorridendo ancora. "Ti piace la domenica, e svegliarti tardi la mattina. Ti piacciono le coccole, le carezze, adori quando ti sfioro la pelle. Ti sei fatto un piercing dietro al collo perché tuo padre un saboto sera non voleva farti uscire di casa. Hai un piccolo taglio dietro l'orecchio e una fossetta sul mento che odi e per questo preferisce tenere la barba più colta. E potrei continuare con una lista infinita di cose se vuoi, eppure anche se faccio parte di un piccolo arco temporale, sappi che ho fatto di te la mia vita, e non posso, non voglio, non permetterò di lasciarti andare così." Arrestò i suoi movimenti, prendendo la mano del moro, e stringendo le sue dita forte tra quelle dell'altro. "La tua mente avrà potuto anche dimenticare, ma il tuo corpo non ha dimenticato le mie mani".

E Mario era inerme, vittima delle mani delle altro. E pianse, lacrime mute che attraversavano gli occhi, e gli rigavano le guance. Ascoltò tutto ciò che gli aveva detto Claudio, ma non riusciva a capire. Si sentiva in trappola, senza una via di fuga. Claudio sapeva tutto di lui, lo conosceva, e lui anche se cercava di liberarsene non riusciva a chiedergli di andare via. C'era qualcosa che lo teneva legato all'altro.

"So che tra due giorni ti dimettono, e hai chiesto di tornare a Roma".

Mario annuì, incapace ormai si dire anche solo una parola.

"Non andare" gli chiede come una supplica Claudio. "Resta. Concedimi una settimana. Lasciami l'opportunità di farti vedere quello che siamo stati, e se poi non dovesse andare, sei libero di andare" e lasciò un bacio sul dorso della mano. Toccò la consistenza della pelle morbida del marito col naso, e anche se si trovasse dentro le mura di un ospedale, il suo odore era sempre stesso.

Proprio nel momento in cui Mario stava cercando di aprir bocca e parlare, la porta della stanca si spalancò, e i suoi genitori gli furono davanti.

"Tu. Cosa stai facendo?" urlò l'uomo, e Mario vide Claudio abbassare la testa e allontanarsi da lui.

"Pa-papà" provò a dire, ma venne interrotto dalle urla di suo padre.

"Mi hai già portato via una volta mio figlio, non lo farei di nuovo!". Claudio si alzò dalla sedia, pronto a lasciare la stanza, ma prima di andar via lanciò un ultimo sguardo a Mario.

E Mario in quei occhi seppe che doveva fidarsi di nuovo, Mario sapeva che Claudio era buono, sapeva che avevano dei conti in sospeso. Lui doveva fare qualcosa. Sapeva anche che c'erano cose che non sapeva, non dette. Qualcosa che riguardava i suoi genitori e lui, e capì che solo Claudio poteva dargli delle spiegazioni a domande che invece erano rimaste sospese quando le aveva rivolto a sua madre o a suo padre.

"NO." Disse. Sonoro, diretto. Mentre continuava a guardarlo negli occhi. Verde nel nero. La luna e il sole. "Resta" continuò con un tono di voce più dolce, e un l'accenno di un sorriso. Un sorriso che contagiò pure l'altro, che gli fece brillare gli occhi. E dio, erano stupendi.

"Ma, Mario..." sua madre intervenne e Mario sapeva cosa stava per dirgli.

È vero, aveva espresso la volontà di voler lasciar Verona. Aveva anche detto di voler lontano Claudio. Ma adesso non poteva più. E poi tornare a Roma non era la scelta giusta, piuttosto la più facile, e non era da lui trovare una scappatoia a un problema.

C'era qualcosa di più importante sotto, e lui doveva scoprirlo.

"No, mamma. Non torno a casa con voi. Resto qui con Claudio. Abbiamo delle faccende da sbrigare, e solo allora potrò lasciare la città e chiudere questo capitolo della mia vita."

"Per cosa vivi?

per i tuoi occhi, le tue mani affusolate,

per il tuo corpo spigoloso, per il tuo cuore buono.

Per il tuo profumo,

dio, cosa darei per poterlo sentire per sempre"

***

Ciao belli!

ecco qui il nuovo capitolo.

scusate se adesso pubblicherò con meno frequenza ma sono in periodo esami.

Spero che la storia vi piaccia, aspetto i vostri commenti.

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