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Chapter 22.↯

Ricordati di me anche se di me non ci sarà più niente
Il cielo sta piangendo ma nessuno sente
È come se ci stessimo aspettando da sempre ma...


Dedicato a Maggie e a Chiara che mi amano
e a tutti coloro che mi hanno insultato amichevolmente

per il capitolo scorso.

Vi adoro!

*



Dicembre di due anni dopo – Verona

"Dai Claudio, è l'ultimo pacco!" Claudio sorrise mentre scese velocemente le scale del suo nuovo appartamento per prendere l'ultimo pacco. Era felice, lo era davvero. Non vedeva l'ora di iniziare questo nuovo capitolo della sua vita.

Aveva aspettato questo giorno con ansia e finalmente era arrivato. Gli dispiaceva lasciare la sua vecchia casa, quel piccolo bilocale dove aveva trascorso tutta la sua adolescenza, quelle mura che lo avevano visto crescere, scoprirsi, piangere e ridere. Avevano visto ogni suoi momento più bello ma anche ogni suoi momento più triste.

Eppure, era felice. Aveva avuto finalmente l'occasione di prendere una casa nuova, più grande, più ariosa e non ci aveva pensato neanche un attimo su: l'aveva vista e l'aveva scelta. Era la casa che sempre aveva sognato, quella che da sempre aveva voluto. La casa perfetta per una nuova famiglia.

Si trovava non distante dal centro storico della sua amata Verona. Con una cucina enorme e luminosa, un soggiorno e due camere da letto con doppio servizio. Il balcone dava su una delle vie principali della città e la vista era assolutamente mozzafiato. Era lei, e lui non vedeva l'ora di riempiere quelle nuove mura con tutte le sue foto, i suoi ricordi, i soprammobili e gli oggetti a lui più cari.

"Dammi!" gli disse allora col cuore che batteva a settemila. Era l'ultimo pacco da scartare, ma anche il più importante. Ritornò nel suo nuovo appartamento e si sedette per terra per scartarlo. Sorrise mentre tirava fuori ogni ricordo che vi era dentro.

Gli sarebbe mancata la sua vecchia casa, ma aveva portato con sé nella nuova ogni singola memoria. Voleva ricreare di nuovo quell'atmosfera di pace e di serenità, solo che adesso avrebbe avuto più spazio.

La porta di ingressò venne chiusa e Claudio si voltò verso lui per sorridergli. Il ragazzo avanzò e si inginocchiò accanto a lui, baciandogli una guancia.

"Sei felice?" gli chiese.

"Sì!" esclamò convinto Claudio e si voltò verso di lui e gli scompigliò i capelli. "Non puoi neanche immaginare quanto."

Ritornò con lo sguardo sul quel pacco e scartò anche quella foto che a tutti costi non era riuscito a togliere dal suo comodino. Tanto lui ci sarebbe stato sempre, qualunque cosa fosse cambiata nella vita di Claudio, lui sarebbe sempre stato un punto fisso in ogni sua giornata, anche se il dolore si era attenuato, anche se il suo ricordo non faceva più così tanto male, anche se era cresciuto e ormai non erano più niente, lui sarebbe rimasto.

"Ti manca ancora, vero?" gli chiese il ragazzo dietro di lui, passandogli le mani sulle braccia.

Claudio annuì e si lasciò abbracciare, ricambiando lui stesso l'abbraccio caldo dell'altro.

Perché sì, Mario non era ritornato.

E Claudio dopo il giorno del matrimonio del fratello, risalente ormai a due anni prima, non lo aveva più visto.

Ed era stato male, era stato davvero male. Era stato difficile lasciare Roma e sentirsi perso, perché lui aveva perso. Anche se si ostinava a dire di no, anche se sapeva che il suo amore aveva vinto, alle volte l'amore non basta ed è necessario lasciare libere le persone di scegliere quale futuro intraprendere.

E Mario aveva scelto di non far intrecciare più la sua strada con quella di Claudio.

E no, non si era ricordato di lui. La memoria non era tornata, il suo cuore non si era svegliato.

C'era stata attrazione, un interesse forse, ma non era amore. Non era lo stesso amore che Claudio aveva provato nei suoi confronti.

E purtroppo la risposta la ebbe quando un giorno ritornano da casa, trovò nella casella della posta i documenti per la procedura del divorzio. È vero che in Italia non erano sposati, che non aveva valore il loro legame, ma in Spagna sì. Fu lì che Claudio era caduto letteralmente a pezzi, ritrovandosi a firmare quei documenti. E pianse una settimana intera, si maledisse, chiese al destino perché tutto questo era successo proprio lui. Lasciò che il dolore lo attraversasse, lo soffocasse. Non lo evitò, non fece finta di nulla. Una volta aveva sentito dire in un film che era importante far entrare tutto il dolore in noi, farci trafiggerci, ucciderci, toglierci le forze, e solamente quando avevamo toccato il fondo, ci si poteva rialzare. E così era stato per Claudio. Si lasciò trasportare da quel calvario, si lasciò andare a pianti disperati, a pugni contro il muro, a strapparsi i capelli con le mani, a nocche sanguinanti, e poi un giorno si era semplicemente alzato, si era guardato allo specchio e si era ritrovato di fronte una persona che non conosceva: un fantasma di sé stesso.

Da lì, era ricominciato, ero ripartito, era rinato.

Si era alzato dal letto, aveva cambiato le lenzuola, e in quel momento si era reso conto di come la sua casa fosse diventata una discarica. Allora spalancò le finestre e pulì tutto. Spolverare, lavare, far brillare i vetri, stirati, profumare l'ambiente. Tante azioni che lui non aveva mai compiuto da solo, e quando aveva finito si sentì bene per la prima volta. Buttò le bottiglie di birra che aveva bevuto ogni sera, fino a vomitare l'anima, la pila di carta che strappata da quel taccuino dove non riusciva a formulare più un pensiero coerente.

Ma il peggio arrivò dopo. Il peggio arrivò quando aprì l'armadio e si ritrovò tutta la roba che apparteneva a Mario. E fu difficile impacchettare tutto, sistemare i suoi vestiti, le scarpe, il dopobarba. Fu difficile recarsi in posta e spedire quei pacchi a Roma. Di lui aveva tenuto solamente due cose: una felpa grigia e il suo profumo. Di quel profumo ne era ancora dipendente, e quella felpa era diventato il suo pigiama.

A volte quando la sua mancanza era troppa, prendeva la boccetta del suo profumo e la spruzzava in aria. Sentire la sua essenza lo calmava. O si stringeva in quella felpa che portava ancora addosso l'odore dell'altro. Ed era un po' come abbracciarlo.

Mario tanto sarebbe rimasto sempre lì, inciso nel suo cuore, e quel cuore se lo volle tatuare.

Al centro del petto, dentro una teca di cristallo. Gelato, congelato, il suo cuore. E non perché si sentisse di ghiaccio, assolutamente. Il suo amore nei confronti dell'altro non mai scemato, anzi se fosse possibile aumentava di giorno in giorno. Eppure, lo volle in quel modo per come era il suo amore, congelato, in standby come se aspettasse che da un giorno all'altro Mario ritornasse, e togliesse il gelo intorno a quel amore e riprenderselo, intatto. Era come tutelarlo, perché qualunque altra persona ci fosse stata nella sua vita, avesse potuto capire che quel amore non si tocca, quello era lì, chiuso a chiave, e sarebbe stato sempre e solo per una persona.

E tra le costole e il suo cuore che aveva anche deciso di tatuarsi il suo nome. Sì, si volle scrivere il nome di Mario sulla sua pelle, perché anche se non era più suo, anche se non gli apparteneva più, col passare del tempo sarebbero invecchiati insieme, sullo stesso strada di epidermide e lo avrebbe avuto per sempre vicino in ogni tappa della sua età.

E così a poco a poco, il suo amore per Mario riuscì sempre di più a contenerlo, almeno quando era in mezzo alle persone. Poi quando la sera era solo, in quel letto troppo grande, troppo freddo, cadeva la sua maschera e più volte si era ritrovato a piangere, stringendo il cuscino che un tempo era stato di Mario.

Si era buttato a capo fitto sul lavoro, sui suoi libri, sui i ragazzi che a scuola amava. Amava insegnare a loro la poesia, l'amore, i grandi poeti, perché nonostante tutto, Claudio nell'amore ci credeva ancora.

E come si era buttato sul lavoro, si era buttato in altre braccia. Dicono che ognuno di noi ha più di un sosia di noi stessi in giro per il mondo, e Claudio cercò il suo. Baciò labbra con occhi neri e capelli corvini, toccò la pelle ambrata di altri uomini, ma mai nessuno era lui, mai. Anche se esistevano persone migliore, anche se Mario per il lui non era più un bene, era solo veleno, nessuno avrebbe mai potuto sostituirlo, e per questo che alla fine, finì di cercare. Solo con lui era riuscito ad essere sé stesso.

E finì anche di cantare. Perse l'abitudine di sfoggiare le sue doti canori sotto la doccia o in macchina. Era come se le sue corde vocali si ribellassero. Però la musica la continuava a sentire, si appassionava ancora a certe canzoni, anche se conduceva ogni singolo brano a lui.

Mario sarebbe stato sempre la colonna sonora della sua vita, non sarebbero bastate mille canzoni per dimenticarlo, o altri persone al suo posto.

Claudio aveva accettato di averlo perso, perché tutto ciò che è bello è destinato a finire, e lui doveva viverci con la consapevolezza che loro due non sarebbero più tornati insieme. Avevano giocato a farsi male, fino a uccidersi insieme, e da quelle cicatrice ormai ricucite, si doveva ricominciare

Lui arrivò in uno di quei giorni. Claudio lo incontrò per caso. I suoi riccioli castani lo avevano ammaliato e il suo sorriso lo aveva accecato. In lui ritrovò la serenità che aveva perso. E ricominciò a uscire insieme a quella persona, riscoprì quei piccoli momenti che da troppo tempo non riviveva più. Venne ricoperto di attenzioni e carinerie, si sentì meno solo.

Anche se Claudio sapeva, lo sapeva. Un cuore si può rompere mille volte, ma solo una volta lo ci si perde e per una sola persona. Tutti quelli che sarebbero venuti dopo Mario, sarebbero stati una copia di una storia che lui già sapeva a memoria. Lo sbaglio lo si fa una volta sola nella vita, ma non per questo doveva privarsi di non riprovarci.

E aveva ceduto, aveva ceduto a quei occhi marroni come le mandorle, belli da star male. Erano cioccolato fuso, anche se non brillano come gli occhi di Mario, era belli e gli davano pace.

Con lui era riuscito a chiudere per sempre quel capitolo della sua vita. Era riuscito a mettere in un cassetto tutte le loro foto, tranne una, quella che era sempre stata sul loro comodino e da li non sarebbe mai stata tolta. Sistemò i regali, tolse ogni traccia di Mario in quella casa e lo chiuse in una scatola infondo all'armadio.

Aveva ricominciato a sorrise, aveva ricominciato a stare bene, aveva ricominciato ad amare la vita.

E quel doppio lavoro adesso gli aveva dato la possibilità di cambiare anche finalmente casa.

"Non sai quanto aspettavo questo momento" disse a Marco, il ragazzo coi boccoli castani e gli occhi marroni che gli aveva salvato l'esistenza.

Marco, sorrise e lo abbracciò da dietro. "E quasi Natale, Claudio. Il primo in questa tua nuova vita."

E sì, era in arrivo un nuovo Natale, che profumava di serenità e pace. Un nuovo natale che lo separava da quello di due anni fa, quando gli vennero tolte le forze a l'amore della sua vita.

Questo era di nuovo il suo e solo suo, Natale.

"Già" sussurrò con un sorriso, e sistemò la scatola di Mario nel secondo cassetto dell'armadio appena comprato. "Ma dobbiamo anche festeggiare anche per domani!" gli disse sempre più entusiasta.

"Domani a Milano farai un figurone. Sii fiero di te stesso." Lo ammiccò Marco.

Già domani, domani avrebbe presentato il suo nuovo libro. Stupito dal successo inaspettato del primo, il pubblico reclamava il secondo e dopo due anni finalmente sarebbe stato pubblicato.

"C'è anche lui, Cla'. Hai parlato di lui in ogni pagina."

Certo che aveva parlato di lui. Nella scrittura di concedeva il lusso di aprire quella teca che custodiva il suo amore e lo lasciava libero di imbrattare le pagine bianche.

C'era in ogni virgola, in ogni punto, in ogni parola.

E "Andrà tutto benissimo" ripetette Claudio, più a sé stesso che a Marco e sorrise col cuore.

Sarebbe andato tutto bene.

Perché tutto alla fine andrà bene.

E se non va bene,

allora non è la fine.









***

Ciao!

Ben ci siamo, siamo quasi alla fine. Ho fatto il punto della situazione e dovrebbero mancare davvero 4/5 capitoli alla fine.

Per la scrittura di questo mi sono ispirata a una canzone che se non conoscete, dovete ascoltare assolutamente. Il nome è "Ipernova" di Mr. Rain.

Cercherò di pubblicare il capitolo successivo col punto di vista di Mario, il prima possibile.

Purtroppo (per fortuna per me) domenica parto e starò via un bel po' di giorni. Per questa ragione metterò un po' in standby "Hai imprigionato la mia anima", mentre cercherò di concludere al più presto questa.

Grazie sempre a tutti,

alla prossima.

Sabry 

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