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-Capitolo 56-

Pov. Alan

Mi svegliai lentamente, avvolto da quel fascio di luce appena accentuato, del nuovo giorno che stava cominciando.
La tenda perlata che si muoveva avanti ed indietro, facendo riempire la stanza di una frescura.
Non avevo avuto incubi per tutta la notte, e capivo il motivo. Lei era con me. Mi rigirai con accortezza sul letto, per non fare rumore, sentendo solo il materasso sprofondare dal lato dove mi misi di fianco, ad ammirarla.

I capelli sparpagliati sul cuscino, come un ventaglio perfetto. I tratti del volto rilassati, e quelle labbra fameliche e rosee, appena dischiuse, lasciando uscire i suoi respiri armoniosi.
Solo le sue spalle esili, uscivano dal lenzuolo che avvolgeva il suo corpo perfetto, che avevo avuto l'onore di riassaporare e gustarmene centimetro dopo centimetro. Il modo in cui i nostri movimenti si scontravano perfettamente. Sapevo che lei ricordava in una parte remota della sua testa, ma mi bastava che anche da Hope lei avesse scelto me. Di nuovo. Ancora. Non faceva alcuna differenza, per me era sempre lei.

Mi studiai perfettamente ogni dettaglio. Delle leggere lentiggini che con la luce che filtrava dalla porta finestra aperta, si notavano. Le lunghe ciglia scure, a coprire quella distesa azzurra, dove passavo le mie giornate ed i miei anni.
Sorrisi dolcemente, nel vederla così assolta nel suo sonno beato, distesa sul mio letto.
Finché non mi alzai debolmente, andando fuori il terrazzo.
I miei occhi argentei, si sentirono rinvigoriti da quel dolce refolo di vento che mi pervase, come il mio corpo accaldato ed il ciuffo pece si elevò appena, per tornare normale.
Per una ragione, non avevo bisogno della mia nicotina mattutina. Mi sentivo in pace con me stesso, non appieno, ma volevo abbandonare quell'aura di paura, che molto spesso prendeva campo nel mio cuore, che ora batteva sinfonico.

Poggiai gli avambracci sull'inferriata fresca, sporgendomi appena con il busto in avanti, e socchiusi gli occhi, lasciandomi e beandomi del vento.
Miranda ed i suoi giochetti, potevano andare a fare in culo. Niente di ciò che mi avrebbe detto, mi avrebbe allontanato dalla mia speranza, dalla mia guerriera.

Fin quando non sentii un dolce mugolio, che mi fece riaprire gli occhi, e girarmi con metà volto verso di lei, vedendola muoversi sinuosa tra le lenzuola di lino, che provava a scalciare.
Cristo, era sempre una visione che mi fotteva, e mi montava la voglia di prenderla e farci di nuovo l'amore, fino a quando non avrebbe avuto più fiato per esalare i suoi ansimi così leggiadri e di puro eccitamento.

Riportai lo sguardo, verso il giardino che vidi dall'alto. Il profumo dei fiori si sentiva sempre di più.
Rimasi così assolto per minuti, quando potei udire, le molle del letto scricchiolare tenue, ed i suoi passi febbrili e lenti, avvicinarsi a me che le davo le spalle.
Mi girai lentamente, trovandola appoggiata allo stipite bianco della porta finestra, con il fianco premuto contro di esso.
Il lenzuolo intorno al suo corpo, che reggeva dalla mano serrata in un pugno, sulla parte superiore, che enfatizzava il suo seno rotondo e sodo, facendomi eccitare alla vista di quei seni schiacciati e premuti contro la stoffa morbida.
Un ginocchio piegato in avanti, mentre l'altro rimaneva disteso normale. Finché non risalii con lo sguardo, vedendola scuotere i lunghi capelli, che scivolavano lungo le spalle e dietro la schiena diafana, ed i suoi occhi ammaliatrici, fissarmi intrisi di passione abbagliante, più del sole che si era elevato nel cielo sereno, come il colore delle sue iridi e le pupille un piccolo puntino nero.

"Buongiorno" mi salutò con voce ancora assonnata ma che la rendeva ancora terribilmente sensuale, da sentire una scarica verso il basso.

Sorrisi malizioso, incurvando le labbra lateralmente.
"Buongiorno" dissi di rimando, avanzando verso la sua figura, che si spostò appena, per portare la schiena premuta contro lo
Stipite.
"Dormito bene?" Le domandai vibrante, spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio, in modo delicato, vedendola socchiudere appena le palpebre per imprimere sempre tutto di me.

"Splendidamente" soffiò melensa, ancora assorta nel mio tocco, nell'emozioni della notte dolce e passionale appena passata.
"E tu?" Riformulò la domanda, riaprendo quel cristallo dove piccole lucine di lussuria, si stavano accendendo ad intermittenza, ed una volta raggiunta la luce piena, sarebbe equivalso al doverle spegnere.

Andai più vicino, dividendo quella misera distanza, per pressare il suo corpo contro il mio, sentendola sussultare.
"Divinamente" le confidai il più veritiero possibile e rauco, portando il pollice a disegnare il suo labbro inferiore, notandola affascinata e persa, con il respiro più corto.
Finché non le strappai dal pugno racchiuso, il lenzuolo che faceva da barriera, per due animali famelici, facendolo cadere a terra mogio.
La guardai portare in alto le braccia, come arresa al mio volere, inarcando la schiena per schiacciare maggiormente i suoi seni freschi sul mio petto che emanava bollore.
Le parole erano uno sforzo troppo immenso, e solo i fatti sarebbero serviti.
Mi avvicinai con il volto, assaporando il suo alito caldo che soffiava dalle labbra dischiuse, seguendo con la punta del naso il profilo della sua mascella, fino ad arrivare al suo lobo, prendendolo tra le labbra e leccarlo. Le sfuggì un ansimo, portando le sue mani tra i miei capelli, tirandoli appena, e cazzo! Lo sapeva l'effetto che mi faceva, quando sembrava in pieno risveglio, ancora intorpidita e alla mia mercé.
"Dio...quanto sei bella" rivelai vibrante, con la voce che graffiava da quanto desiderio avevo, ed il tessuto dei boxer sembrava divenire sempre più stretto.

Annuì senza un valido motivo, solo per non rovinare la magia che avremmo creato di lì a poco.
Spinsi ancora di più, per farle avvertire il mio membro duro, guardandola spalancare le labbra, e chiudere le palpebre. Finché non le riaprì, sbattendo le lunghe ciglia, e le sue iridi trasformarsi in voglia irrefrenabile.
Fece scivolare le dita dietro la mia nuca, mentre i nostri fiati, si confondevano così vicini, e le sfiorai il suo labbro inferiore, fino a prendere completamente possesso delle sue labbra.
Ansimammo all'unisono come disperati, avvolgendo la lingua alla sua in modo troppo passionale, portando le mie mani a stringerle i fianchi e pressarla ancora di più contro lo stipite duro, vedendola ardere ancora di più contro la mia bocca, strusciandosi contro il mio membro.
Cazzo! Era come risorgere con lei.

Scivolai con le labbra, sul suo mento, leccandola fino al collo, solo per sentirla boccheggiare ed ansimare. scese con le unghia per piantarle sulle mie spalle e graffiarle, avvertendo un pizzicore che si espanse fino al mio membro sempre più duro e castigato nel tessuto, richiedendo di liberarsi e riempire la sua fica. Potevo ancora sentire nell'aria l'odore del nostro sesso, come sapeva invadere bene il mio olfatto.
Mi abbassai ancor di più con il busto, baciandole le spalle e mordendole, arrivando al suo capezzolo turgido, accogliendolo tra le labbra come un bocciolo, picchiettandolo con la lingua.
Si muoveva presa da spasmi incontrollabili, e tentava di serrare le gambe, poiché sapevo che le sue labbra erano già gonfie e madide di umori.
"Alan" mi invocò quasi con voce appena percettibile, mentre ero concentrato solo a donarle piacere.
Alzai appena gli occhi, senza smettere di leccarle il capezzolo dal sapore salino della sua pelle, vedendola incrociare il suo sguardo di peccato su di me.
Quello sguardo era una supplica silenziosa, come il suo modo di torturarsi il labbro inferiore, accrescendo in me la voglia di farla ancora e sempre, solo mia.

Mi abbassai maggiormente, sapendo dove andare, piantando le ginocchia sul pavimento freddo, ed il mio viso davanti alla sua fica che pulsava come il mio cazzo eretto.
Sfoggiai un sorrisetto lascivo, inumidendomi le labbra, per gustarmi il momento che sarei scivolato tra le sue pieghe.
"Appoggia i palmi allo stipite difronte" le intimai vigoroso, sentendo le sue mani staccarsi dalle mie spalle indolenzite dai suoi graffi, e chinarsi appena con il busto in avanti, per poggiare i palmi con un tonfo sordo.
Si spostò con un gesto della testa, i capelli sull'altra spalla, vedendo del sudore imperlare l'attaccatura dei suoi capelli.
Era stupenda illuminata dal fascio di luce sempre più potente e caldo, che si abbatteva su i nostri corpi febbricitanti. Neanche con Krys era mai stato così intenso. Ma a quei tempi era un piccolo frutto acerbo. Inconsapevole che il suo corpo sapeva soggiogarti e non viceversa.

Spostai le mani dai suoi fianchi sinuosi, fino all'interno coscia, sentendola tremare e le spalancai, poiché non oppose resistenza, non lo faceva più. Sapeva cosa il mio corpo riusciva a donarle, ed il suo donava lo stesso a me. Ma io le donavo anche amore, e speravo che in cuor suo sarebbe riaffiorato anche quel sentimento, oltre all'odio, quando avrei ritrovato la sua parte completa.
Mi feci più vicino con il viso, solleticandole con la ricrescita più lunga e trascurata sul mento, il suo interno coscia dolce e succulento, lasciandole un bacio umido. Finché non mi spostai verso le sue pieghe, passandoci la lingua tra di esse, mentre emise un ansimo strozzato, e spalancò le labbra aride, incitandomi con la testa di continuare. Non mi sarei fermato neanche sotto supplica.
Aveva un sapore celestiale, che mi mandava in quella dimensione in cui pochi avevano accesso, la perdizione.
Chiusi un attimo gli occhi, attirandola da dietro le ginocchia, verso di me, fino a risalire con i palmi verso le sue natiche sode, per infilarle in un attimo l'indice nell'ano stretto, mentre sobbalzò di nuovo, presa alla sprovvista ed asciutta dietro, per poi riempirla con la lingua, succhiando avidamente il clitoride, ed i movimenti circolatori per assaporare ogni singola parte.
Non riusciva a parlare anche se ogni tanto apriva la bocca, pronta per dire qualcosa che le moriva in gola, per il troppo piacere, quindi iniziò ad andare al mio ritmo, muovendo i fianchi come se avesse avuto un hula-hoop, e dovetti resistere per non cacciare un grugnito che mi avrebbe graffiato la laringe, ma non ci riuscii poiché lo soffocai dentro la sua intimità, sentendo il rumore strascicato delle sue unghia, sul legno bianco dello stipite.

Uscii lentamente, passando in modo avido tra le sue labbra arrossate, la mia lingua che sapeva di lei, risalendo piano, insieme alle mani, che ancorai sotto le sue natiche, tirandola su per farle allacciare le sue gambe intorno al mio bacino, con i respiri affannati, come una corsa spedita, verso il limbo del piacere.

Non parlò, ma incatenò solo quei cristalli che sapevano tenermi sempre dentro di lei, dopo anni, ammirandomi come se da un momento all'altro potesse capire che ero sempre stato io. Ma era immaginazione, e finché non mi avrebbe odiato, l'avrei amata come nessuno mai.
La riguardai intensamente, e potei notare ancora le sue pupille dilatate. Finché non si fiondò veemente sulle mie labbra, senza darmi modo di pensare ad altro. Faceva tabula rasa.
Mi morse il labbro inferiore, come a voler imprimere i suoi denti, ma era tutto vano, perché lei era impressa nel mio cuore macchiato.
Gemetti sulle sue labbra, facendo scivolare la lingua dentro la sua bocca, dove ansimò, sbattendola più forte contro lo stipite, cacciando urli tra dolore e passione sfrontata.
Inarcò appena la schiena, scendendo con il suo palmo delicato e liscio, sul mio petto, tracciando con le dita esili ogni mia linea, facendomi impazzire di piacere.
Quando arrivò a passare il palmo tra la mia peluria, circondando con la sua mano la mia asta dura, prendendola saldamente ed iniziando a pompare in modo lento ed estenuante, che mi staccò completamente dalla realtà, lasciando solo che facesse di me ciò che avrebbe voluto. Mi avrebbe potuto ridurre in cenere, e le avrei lasciato l'agio di farlo. Per lei sarei morto, a costo di proteggerla.
"Ti voglio dentro...di me" rivelò con la voce mozzata dall'intensità con cui ci eravamo divorati.

"Dio" mi lasciai sfuggire, perdendo anche l'ultima facoltà, mentre il mio cazzo diveniva sempre più marmoreo sotto il suo tocco, ed il glande sembrava voler scoppiare, avvertendo le vene tendersi.

Staccai la sua schiena dallo stipite, arretrando fino al letto, buttandola sopra senza gentilezza. In quel momento non serviva che fossi carino nelle maniere, ma volevo solo marchiarla ancora e farle capire che il mio cuore ed il mio corpo, sarebbero stati suoi fino alla fine dei miei giorni.
Spalancò appena le labbra, esterrefatta e rianimata dal materasso morbido, che cigolò come un lamento, sovrastandola con il mio corpo.
Portai i palmi a pressare e stropicciare ancor di più il copri materasso sotto di noi, ai lati della sua testa, avvicinandomi con il volto al suo, che non smetteva di guardarmi e staccare la connessione.
Avvertivo come il suo corpo era ancora un tremolio costante, lo stesso che si elevava nel mio cuore, tanto da spingermi a dire quella fatidica parola, ma non la dissi. Non ora, non così.

"Ti prego" mi supplicò al limite, girando più volte il volto, non trovando pace per il suo piacere che voleva esplodere.

Sorrisi sfacciato, incurvando le labbra all'insù e quell'attesa logorava anche me, ma mi eccitava anche, nel vederla così confusa e combattuta per avere il mio cazzo, a riempirla interamente.

"Shh" sillabai delicato e sarcastico, sentendola esalare un respiro di piena estasi. Come drogati in cerca della nostra sostanza. Ubriachi disperati per avere quel sorso di veleno.

Scesi giù, rimanendo con i miei occhi fissi su i suoi, passando con le labbra aperte a ventaglio, a baciarla tra la spaccatura dei seni, che oscillavano come onde armoniose.
Scendendo verso il suo ventre piatto, passando la lingua intorno al suo piccolo ombelico. Finché non mi tirai appena su, vedendola socchiudere un attimo le palpebre, entrando in un colpo netto che la fece ansimare in modo graffiato, quasi quanto il mio gemito rauco, che mi avrebbe spezzato le corde vocali ma non quelle del cuore che pompava ad un ritmo elevato, mandando scariche di adrenalina che riportavo all'interno della sua intimità.
Sentivo la sua figa stringersi intorno al mio pene, come a risucchiarselo e non lasciarlo andare, sprofondando dentro di lei con stoccate precise, mentre uscivo lentamente per farle sentire tutta la lunghezza che le provocava un piacere sublime, poiché i nostri ansimi cantavano come i cinguetti degli uccellini al di fuori di questa stanza che era il nostro mondo magico.
Correvo con le mani, lungo tutto il suo corpo, mentre i suoi palmi lisci, si poggiarono sulle mie natiche, spingendomi e trattenendomi il più possibile dentro di lei, che inarcava la schiena, facendo scricchiolare le molle del letto, come se fossimo stati su una barca in mezzo al mare, quel mare erano i suoi occhi per me. Naufragavo e mi perdevo come sempre.
Il cuore batteva feroce, tanto da poter sentire delle fitte atroci sullo sterno, ma ciò che mi provocava lei andava ben oltre ogni forma di male.
Passai le mani dietro la schiena, prendendo i suoi polsi, per sbatterlo in modo irruente sul materasso ai lati rispettivi della sua testa, intrecciando le mie dita alle sua, mentre i suoi seni si strusciavano sul mio torace.
Finché non sciolsi il legame delle dita, ma mai quello del cuore, prendendola dalle caviglie, per posizionarmele sulle spalle, ed affondare dentro di lei crudo. Cacciammo dei gemiti graffiati, mentre con le mani arrancava per trovare un appiglio dietro di lei, e l'unico furono le lenzuola che strinse nel pugno della mano che tremava come il suo corpo, raggiungendo il suo punto magico, il punto del non ritorno, quello che firmava il nostro legame per sempre.
Notai le sue pupille ingigantirsi tanto da far sembrare l'iride solo un contorno del bulbo oculare, e i denti affondare sul suo labbro inferiore, staccandosi quasi da questo mondo, come stava succedendo al mio corpo. Sentivo il sangue divenire bollente, un bruciore ed un immenso piacere elevarsi e diramarsi al mio interno. Finché come lei i miei occhi non divennero solo ghiaccio riempito di lussuria e amore incondizionato, donandoci tutti i sentimenti possibile, ed un orgasmo talmente spossante da far cessare il cuore di battere, quel cuore che era sempre stato suo.

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