-Capitolo 54-
Ero sicura del passo che stavo andando a fare. Ero sicura di voler morire e sentirmi libera da ogni barriera. Credevo di poter superare il legame che ci teneva saldamente ancorati, e di poter tornare alla mia solita routine. Ma era tutta un'utopia.
Sentii i seni sodi freschi, dove i capezzoli si erano appena induriti, per il vestito madido e per i brividi che i suoi occhi glaciali mi stavano lanciando, percorrendo piacevolmente la mia pelle, illuminata dai fari che sprigionavano attraverso la finestra bianca.
Sembrava come immobilizzato, dalla mia figura, mentre non avevo più inibizioni, avevo giocato la carta del cuore.
"Hope, Dio...io non cre..." non lasciai finire il suo sproloquio mentale, con voce filamentosa, che avrebbe rovinato il momento più magico di tutta la mia esistenza, avvicinandomi a passi lesti ma sensuali verso di lui, premendo l'indice ed il medio sulle sue labbra carnose che si dischiusero e zittirono sotto il mio gesto, riportando piena attenzione sul mio volto. Scopandomi con gli occhi più belli che avessi mai visto in tutta la mia vita.
"Sono sicura Alan. Voglio concedermi a te." Ribattei più convincente e ferma, anche se l'emozione tradiva i falsetti della mia voce.
Lo sentii sospirare in modo disperato e grave, portando la fronte contro la mia, e mi accarezzò con la mano, il polso, per farmi ritrarre le dita dalle sue labbra.
"Sei stata con Simon?" Mi fece la domanda, con una voce talmente cupa, da poter sentire la sua paura che mi fossi unita nuovamente a chi non era lui. Avvertivo il suo cuore correre frenetico, per una mia risposta, mentre il mio batteva mille ritmi diversi, in trepidazione.
Dissentii con la testa, strusciando appena la punta del mio naso arrossato e freddo, contro il suo.
"Non potevo, non ci son..." ma questa volta fu lui a fermarmi, spingendomi contro il suo torace caldo, al contatto con il mio corpo fresco, e sorreggendomi dal fondoschiena con il palmo aperto, portandomi ad ansimare debolmente, e prendere pieno possesso delle mie labbra, senza aggiungere altro. Spiegazioni futili, che in quel momento non servivano per due animali affamati d'amore.
Ci staccammo nello stesso istante, combaciando le nostre fronti, con i respiri pesanti ed in pieno affanno, che rimanevano compressi tra quelle pareti, tanto sconosciute quanto conosciute, come era sempre stato con lui.
Le sue mani salirono, facendomi dolci carezze sulle spalle.
"Era ciò che volevo sentirmi dire" confessò, vedendo i tratti del suo volto distendersi, e tornare come se volesse infuocarmi con il suo corpo.
Gli feci un dolce sorriso, ed ero sicura che anche i miei occhi brillassero come le lucciole nel vaso, di notte.
"Voglio essere come il tuo tatuaggio" ammisi con una spudoratezza, che con lui veniva fuori in modo prepotente, sfociava dal cuore, si faceva sentire nel sangue caldo e bollente, che scorreva come un fiume in piena nelle vene, riverberandosi addosso al mio corpo preso da brividi.
Notai le sue pupille dilatarsi e diventare dello stesso colore delle sue iridi, più scure, più magnetiche. Iridi per cui mi perdevo, totalmente, sempre.
"Lo sei già, e neanche lo sai" rispose con la voce roca e bassa, salendo con la mano verso la mia guancia, facendomi una carezza, ed ammirarmi con il suo solito ardore, mentre chiusi gli occhi.
Nello stesso momento che li riaprii, sapevo che era arrivato l'istante di accantonare le vocali e le sillabe, per lasciare tutto dentro il corpo, che fremeva.
"Dimostramelo" sussurrai assuefatta da lui, che in un attimo, emise un verso che conteneva compresso, quasi esasperato. Portai le mani sulle sue spalle piazzate, solleticandole con le mie unghia che avrebbero voluto graffiarlo, per lasciargli le mie impronte. Mi sentivo un giaguaro.
Prima che potessi fare qualsiasi altra cosa, mi alzò di peso, facendomi avvinghiare le gambe intorno al suo bacino, e la sua erezione che pigiava prepotente contro il mio basso ventre, lasciandomi cadere con il collo all'indietro, e la sua bocca non peccò neanche di un secondo, ad aprirsi a ventaglio, per assaggiarmi.
Ansimai, tentando di aggrapparmi di più a lui, anche se le mani sudavano, spinsi debolmente le unghia dentro la sua pelle, facendolo gemere di dolore e piacere, che si mescolavano.
Camminò all'indietro come un granchio, stando attento agli scalini, che ci avrebbero condotto nell'inferno e nel paradiso, nessuna via di mezzo. Bruciavamo per poi tornare a spiegare le ali e volteggiare, candidi e puri, come quel sentimento che era sbocciato, e temevo che non sarebbe mai appassito.
Ricacciai il collo in avanti, scontrandomi famelica con la sua bocca carnosa, intrecciando subito le nostre lingue bisognose, confondendo i nostri ansimi, che parlavano per noi, mentre mi muovevo sinuosa, per sentire di più la sua erezione prorompente, che volevo sentire sprofondare, tra le pareti della mia intimità calda e bagnata per lui.
Mi sbatté la schiena, contro il muro freddo al contatto con il mio corpo in calore e liquefazione, facendomi sfuggire una sillaba filante, quando eravamo a due scalini dal piano di sopra.
"Se ti muovi così...ti scopo su queste scale" si staccò, per rivelarmi quelle parole, che accrescevano solo la voglia urgente che sentivo.
Roteai il collo, mordendomi il labbro inferiore, vedendolo ancora più provato di quanto già non fosse.
Finché non rafforzò la presa, finendo gli ultimi scalini, ed entrare dentro la sua stanza proibita, facendomi scendere lentamente dal suo corpo, strusciando i capezzoli turgidi, sul suo petto marmoreo e caldo.
Mi guardai un attimo intorno, vedendo un letto a baldacchino in ferro battuto nero, ed una tenda color crema a rifinire la struttura.
Una porta finestra, che conduceva al terrazzo, semi aperta, per far passare aria fresca che ci avvolse come un manto, nell'oscurità totale.
Ammirai con gli occhi puntati all'insù, il lampadario a goccia, vedendo dei disegni astratti, ricoprire il perimetro del soffitto, tentando di capire cosa fosse.
Quando sentii due braccia forti, stringermi da dietro, ed intrecciarsi sul mio ventre, mentre appoggiò il mento sulla mia spalla esile, lasciandomi cullare da quella fortezza per me.
"È la stanza dove...si insomma..." non riuscivano ad uscirmi quelle parole che facevano male, e quel nome, che al solo pensiero, faceva contorcere il mio stomaco.
Sentendolo dissentire con il mento puntato sulla mia scapola appena sporgente.
"È camera mia. Non ti porterei mai in nessun'altra camera. E non è speciale solo perché è camera mia" fece quella rivelazione con voce dolce e carezzevole, infondendomi amore, e fidarmi ciecamente di lui.
Mi girai di scatto, verso il suo corpo che mi prese tra le braccia, guardandoci un attimo negli occhi in cui i colori si erano confusi e sfumati insieme, come acquerelli, rendendo di nuovo partecipi le nostre labbra.
Avanzai verso il letto, vedendo il suo sguardo tra ghiaccio e lussuria piena, divorarmi interamente. Sentivo le gambe tremare per l'emozione, il corpo divenire molle, e la testa vorticare, spazzando via ogni pensiero, ogni cosa che poteva nascere da un impulso moriva, sotto il suo sguardo da incendiario.
Sentii la frescura notturna, soffiare dietro al mio corpo, ridonandomi vigore, e mi spostai i capelli di lato, restando a carponi sul letto, per invitarlo.
Lo vidi innalzare un angolo delle labbra, con quel sorriso che sapeva come uccidermi, e farmi bagnare maggiormente, con fitte prepotenti tra le labbra che erano castigate dal tessuto, che comunque mi stimolava, poiché tentavo di contrarle, ma tutto ciò era inutile, e si imbattevano solo contro il tessuto di pizzo, che strusciava, e raccoglieva i miei umori.
Analizzai e memorizzai, come se stessi registrando ogni cosa, il suo modo composto e virile, di togliersi i pantaloni di dosso, rimanendo con un boxer nero aderente, che mostrava perfettamente il suo cazzo duro e pronto per me.
Mi leccai le labbra, nel vedere il suo scorpione, attorcigliarsi, stavo esplodendo.
Si girò di spalle, lasciandomi quella visuale dei suoi muscoli, che guizzavano ad ogni movimento. Aprii un cassetto, ed era l'unico rumore secco, oltre al rumore debole della pianta del suo piede, che si sentiva, poiché il mio cuore combinava mille sinfonie diverse.
Mi aggiustai meglio sul letto, notando le pieghe sulle lenzuola grigie ricamate, facendole frusciare tra loro.
Estrasse un accendino, e lo vidi andare verso delle candele di vari colori, disposte sul comò nero, accendendole accuratamente, con una mano a parare la fiamma, e l'aroma dolce ed aggrumato, diffondersi ed elevarsi tenue, nell'oscurità della camera.
Posò l'accendino, sfilandosi in un colpo deciso i boxer, che caddero mogi a terra, gustandomi il suo culo marmoreo e tonico.
"Mi stai facendo morire" tentai di dire, sembrando seducente e scherzosa, ma le parole uscivano piene di frustrazione ed eccitazione che era arrivata al culmine.
Potevo notare anche da dietro, che stesse sorridendo, ed era fiero di tenermi così ancorata alla sua corda, dove il gioco era di nuovo in mano sua, ed io volevo essere monopolizzata da lui, perché lui sapeva dove portarmi e come farmi arrivare.
"Sono morto tante volte io, ad aspettare...te" replicò con un tono più grave e vibrante, come se davvero avesse aspettato una vita, solo e sempre me. Ed io in cuor mio volevo crederci, con tutte le forze che avevo, perché stavo incassando troppe parole importanti, e non me le sarei mai dimenticate. Come tatuaggi indelebili, marchiano la pelle, lui con le parole e le sue mani, aveva fatto la medesima cosa.
Era l'inchiostro che scriveva sulla mia tela bianca.
Si rigirò di nuovo, vedendo la luce dei suoi occhi argento, ed avanzare verso il letto, lentamente senza fretta, perché quando due corpi si devono unire, non c'è mai fretta, e comunque sai che si uniranno per forza, contro tutto, contro tutti.
Mi spostai all'indietro sul letto, finché non sentii la sua mano ruvida, avvinghiarsi intorno alla mia caviglia, facendomi scivolare all'indietro e ribaltarmi sul letto, con il suo corpo che mi sovrastò in un attimo.
Ci guardammo negli occhi, scoppiando a ridere, e cercai di levarmi i capelli che mi erano ricaduti sul viso, con degli sbuffi buffi, in cui anche lui rise, ricevendo un cazzotto debole sul braccio, da parte mia che alzai il mento in segno di sfida.
Finché i nostri occhi non tornarono puro fuoco, guardandoci con me sotto di lui, e le sue braccia in tensione, per reggere il peso del suo corpo.
Scivolò con lo sguardo, dai miei occhi alle mie labbra, fino in giù, vedendo i miei seni rotondi ed il pendio dove sarebbe atterrato.
Sospirò pesantemente, socchiudendo quel ghiaccio che amavo.
"Non lo sai cosa sei per me Hope, non ne hai la minima idea, non puoi ave..." non riuscivo più a sentire altre parole d'amore, perché io non sapevo dirle così bene, senza tremare con la voce, che mi alzai appena, zittendoli con le mie labbra, che sfiorarono le sua, e la sua lingua dolce, richiedermi accesso che gli diedi. A lui avrei concesso ogni accesso, perché ormai la mia anima ed il mio cuore erano suoi, ancora prima di avere il mio corpo, e non lo sapeva lui.
Mi fece abbassare lentamente di nuovo sulle lenzuola, sentendo quando fossero fresche e morbide, senza staccare mai le nostra labbra, che facevano magie, ed il mio cervello era dirottato fuori da me, viaggiavo sulla stazione del cuore, sentendo anche il suo quanto batteva feroce.
Aprii di più le gambe, per farlo posizionare meglio, ed in un attimo avvertii la punta del suo glande rosso e gonfio, strusciarsi tra le mie labbra, facendoci sfuggire degli ansimi capaci di distruggere tutto. Finché non affondò lentamente e completamente in me, facendomi sentire tutta la sua lunghezza che mi riempiva, proprio come mi ero sempre immaginata, e sognata tante notti, quando venivo con i suoi occhi misteriosi.
Spalancai gli occhi, sentendo le pupille ingigantirsi come le sua, che non si staccavano da me, dicendoci tutto ciò che stava avvenendo dentro la nostra fusione.
Sentii un colpo forte arrivare ed elettrizzare le corde del mio cuore, preso da un battito animale, come se non fossi stata più Hope. La mente viaggiava, come se il mio corpo fosse stato creato per combaciare con il suo. Come se fossi stata il pezzo mancante di quel puzzle di vita, per essere completi in tutto.
"Non lasciare i miei occhi...t...ti prego" sussurrai eccitata, con la voce smorzata dalla voglia, che usciva appena udibile, e sentire i suoi colpi precisi e netti, farmi tremare come una foglia, con il vento che ci avvolgeva i corpi accaldati.
"Mai" mi rassicurò rauco, prendendo le mie mani, per portarle al lato della mia testa, ed intrecciare le nostre dita, stringendole forte, mentre continuava a spingere. E volevo piangere per l'emozioni troppo dirti che stavo provando. Per aver trovato l'amore vero. Perché Alan lo amavo. Non sapevo da quando, ma ero sicura che lui era l'unico che avrei amato in un passato, in un presente, ed in un futuro da scrivere con lui.
Ansimammo fortemente, riprendendo possesso della mia bocca, lasciando che la sua lingua scivolasse urgente, come i suoi affondi sempre più coincisi.
Finché non sentii qualcosa montarmi, dal basso ventre espandersi fino al mio petto, togliendomi il respiro già in affanno, guardandoci ancora con amore e lussuria pura e tangibile. Le lenzuola sotto di me, si stropicciavano sempre di più, mentre le mani si stringevano talmente forte da far male le nocche.
Mi allacciai come se fosse stata la mia ancora, sentendo quell'orgasmo irraggiungibile, travolgermi in pieno, ed annullare tutto intorno, divenendo bianco e puro, fino a lasciarmi completamente andare con la bocca spalancata, ed un ansimo spossante. Vedendo il secondo dopo Alan fare la medesima cosa, stringendo più forte le mie mani, ed i palmi sudati, guardando le sue pupille nere risucchiare il suo argento eccitato, di cui ero persa, ed il suo liquido invadere la mia intimità che pulsava ancora di desiderio, ed ancora gonfia ed arrossata dal suo cazzo duro e perfetto.
Lasciò lentamente la presa dalle mie mani, uscendo lentamente da me, per stendersi al mio fianco. Ma come tentai di muovermi, mi alzai appena e la sua mano prontamente mi strinse il fianco destro, ributtandomi giù, facendo finire la mia coscia tra le sue gambe, ed i miei capelli a solleticargli la spalla.
"Volevi fuggire piccola furbetta?" Mi derise in tono scherzoso e gioioso, notando il suo argento splendere come mille lucciole, che ormai non avevano più senso se non vederle dal vero nelle sue iridi.
Feci finta di pensarci su, ondeggiando la testa, e posizionarmi sopra di lui, con le molle del letto che scricchiolarono, come a lamentarsi dei nostri pesi, ma non c'importava nulla.
Mi avvicinai al suo volto, ancora con l'eccitamento dipinto sopra, e le mie guance arrossate, strusciando la punta del naso al suo, in modo dolce e sorriderci come due bambini.
"Mai" riportai la sua sorta di promessa, perché per me lo era, come lo era essere sua sempre e comunque, baciandoci di nuovo con la consapevolezza che questo era un nuovo inizio dei vecchi noi. Perché se eravamo stati qualcosa in un passato sconosciuto, in questo presente reale, era il mio salvatore, era il mio scorpione invisibile.
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